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I capitanei e il Barbarossa: la divisione tra città e territorio (1155-1185)

3.1 I capitanei cittadini: la fedeltà alla città

3.1.3 I capitanei urbani e il consolato

La maggiore apertura del consolato dopo gli anni Cinquanta, corrispondente alla sua piena istituzionalizzazione, spiegherebbe il diminuito numero di attestazioni dei capitanei negli anni del Barbarossa rispetto al periodo precedente35. Anche in questo caso, però, non

32 OTTONE MORENA, p. 623: «Quocirca Mediolanenses omnes vel multos ex suis, qui capti

ducebantur, recuperaverunt et etiam de Laudensibus ceperunt octo milites; inter quos fuit unus filius Lafranci de Trexeno, Bernardus de Bagnolo, Albericus Lomelinus, Ottobellus Cagamustus, Otto Mezoparentus et quidam alii quatuordecim. Plures tamen de Mediolanensibus in carcerem sunt ducti; inter quos fuit Codeguerra Vicecomes et Monachus de Pallatino et Brunus de Concorezo et filius Burri de Burris et Iohannes Sallarius et Ambrosius Palliarius et Iohannes Faroldus et Ugo Camarius et Otto Bellabocca et Obizo Paganus et quidam alii».

33 OTTONE MORENA, p. 631: «Et tunc Mediolanensibus ad illa parte armatis exeuntibus, magnoque

prelio cum Papiensibus aliisque Lombardis incepto, captus est quidam nobilis Mediolanensis, qui vocabatus Adam de Palatio»

34 Sulle modalità della guerra medievale e in particolare di quella delle città italiane vedi A. SETTIA, I

milanesi in guerra. Organizzazione militare e tecniche di combattimento in Milano e il suo territorio, Spoleto

1988, vol. I, pp. 265-290; ID., Comuni in guerra: armi ed eserciti nell’Italia delle città, Bologna 1993; BARGIGIA-SETTIA, La guerra nel Medioevo, Roma 2006; P. GRILLO, Cavalieri e fanti negli eserciti

comunali italiani in Cavalieri e città. Atti del III convegno, Ospedaletto (Pisa) 2009, pp. 121-136; F.

BARGIGIA, Gli eserciti nell'Italia comunale: organizzazione e logistica (1180-1320), Milano 2010; P. GRILLO, Cavalli, cavalieri e cavallate nell’Italia comunale in Cavalli e cavalieri. Guerra, gioco, finzione, Ospedaletto (Pisa) 2011, pp. 163-176; ID., Cittadini in armi: eserciti e guerre nell’Italia comunale, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2011.

35 L’analisi dell’istituzione consolare deve confrontarsi con lo stato della documentazione di questo

periodo: negli archivi milanesi il periodo intercorso tra il 1155 e il 1170 segna una forte diminuzione della documentazione conservatosi, in generale e in particolare per quella prodotta dai consoli. La soppressione del consolato nel periodo del regime imperiale provocò una sospensione nella creazione di nuovi atti; per questo motivo non vi sono citazioni dei consoli dal 1161 al 1169. Si consideri, inoltre, che la produzione in questo periodo non fu particolarmente superiore a quella della prima metà del XII secolo. Come abbiamo visto tra il 1138 e il 1155 furono prodotti circa 31 atti, mentre tra il 1155 e il 1185 si sono conservati 43 documenti; di questi ben 24 si inseriscono nel periodo tra il 1170 e il 1180, mentre tra il 1180 e il 1185 sono stati prodotti 11 documenti. In base alla conservazione della documentazione possiamo mettere a confronto le due epoche proprio perché la base documentaria è simile. Di questi 35 atti solo in 16 troviamo il riferimento a dei consoli

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è una tendenza uniforme: infatti, la presenza dei capitanei è minore nel primo periodo successivo al ritorno in città, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, per poi tornare a crescere negli anni Ottanta. Durante questo periodo, il consolato rafforzò la propria posizione giustificando sia l’aumento dei capitanei sia la partecipazione di famiglie capitaneali, precedentemente, completamente estranee al sistema dei consoli, come i da Vimercate e da Terzago36. La presenza dei capitanei nei documenti consolari non è uniforme

neanche nella tipologia di cause in cui intervennero: i vassalli arcivescovili agirono solo in atti di evidente rilevanza per tutta la cittadinanza37. Una tendenza che venne smorzata verso

membro di una famiglia di capitanei; inoltre questi documenti tendono a concentrarsi verso gli anni Ottanta. I documenti sono i seguenti: MANARESI, n. 39, pp. 59-60 (19 ottobre 1156) [Lanfranco da Setala], n. 46, pp. 66-67 (6 giugno 1159) [Arialdo Visconti]; n. 68, p. 98 (25 febbraio 1169) [Arderico della Torre], n. 75, pp. 111-113 (20 settembre 1170) [Anselmo da Mandello, Niger Grasso, Manadrago da Soresina, Manfredo Visconti], n. 76, pp. 113-114 (16 ottobre 1170) [Manfredo Visconti]; n. 84, pp. 119-120 (10 gennaio 1173) [Rogerio da Soresina, Manfredo Visconti]; n. 85, pp. 121-122 (27 gennaio 1173) [Manfredo Visconti]; n. 88, pp. 123-124 (29 maggio 1173) [Manfredo Visconti, Bevulco da Rho]; n. 115, pp. 157-160 (17 maggio 1178) [Enrico Grasso]; n. 116, pp. 160-161 (3 giugno 1178) [Enrico Grasso]; n. 117, pp. 161-162 (13 giugno 1178) [Enrico Grasso]; n. 121, pp. 166-169 (31 dicembre 1179) [Pressonerio da Pusterla, Rambotto da Rho, Benno da Corte]; n. 126, pp. 173-174 (27 febbraio 1182) [Ottone Visconti]; n. 129, pp. 177-178 (6 novembre 1182) [Ottone Visconti]; n. 131, pp. 179-180 (9 marzo 1183) [Pietro Visconti, Bevulco da Rho]; n. 142, pp. 208-210 (17 febbraio 1184) [Guido da Vimercate]; n. 143, pp. 210-211 (4 luglio 1184) [Guido da Vimercate, Giacomo da Terzago]; n. 149, pp. 220-221 (23 dicembre 1185) [Nazario Visconti, Alberto da Vimercate]. In questo periodo è testimoniata la prima divisione all’interno del consolato con la formazione di almeno due gruppi, corrispondenti ai consoli di giustizia e ai consoli del comune (o della res publica) a cui furono affiancati, in breve tempo, anche i consoli della mercatura, nei quali non è stato possibile individuare nessun capitaneo: M.F. BARONI, Il consolato dei marcanti a Milano nel periodo comunale, «Nuova rivista storica», 59 (1975), pp. 257-287.

36 Non disponiamo, per nessuna delle due famiglie, di un quadro d’insieme complessivo della loro storia.

I da Vimercate furono una casata di origine capitaneale come testimoniato dal placito del 1088, nel quale Alcherio da Vimercate sottoscrisse insieme ad altri membri di famiglie capitaneali; i da Vimercate furono estranei alla vita politica della città almeno fino alle guerre contro il Barbarossa, quando ricoprirono importanti cariche nello schieramento antimperiale come attestato dalla carriera di Pinamonte. Alcune informazioni su questa famiglia in R. PERELLI CIPPO, Cenni sulle origini e vicende della Pieve di Vimercate in Mirabilia Vicomercati. Itinerario in un patrimonio d’arte: il medioevo, Venezia 1994, pp. 25-42 e R. MAMBRETTI,

Associazioni laicali e ordini religiosi nella pieve di Vimercate tra XII e XIV secolo in Mirabilia Vicomercati,

pp. 43-69. I da Terzago non furono attivi nella politica cittadina nella prima parte del XII secolo come i da Vimercate. Tuttavia, questo dato trova una spiegazione: i da Terzago furono legati, con una relazione feudale, agli Avvocati e quindi, come i loro signori, furono estranei alla vita politica consolare preferendo le istituzioni arcivescovili. Questo fatto avrebbe reso la loro posizione meno visibile rispetto alle famiglie consolari per la tipologia dei documenti arcivescovili. Devo anche specificare il motivo per cui si è inserita questa famiglia all’interno degli elenchi dei capitanei pur se un documento del 1183 provi come i da Terzago avessero beni in feudo dagli Avvocati, loro sicuramente capitanei, e quindi dovessero appartenere all’ordine dei valvassori. Questa categorizzazione, però, contrasta con le informazioni riguardanti la famiglia, una delle grandi casate politiche nella seconda parte del XII secolo. Inoltre, non ci spiegherebbe la figura di Oberto da Terzago, che già prima di essere eletto arciprete di S. Giovanni a Monza, ricoprì una posizione rilevante all’interno della canonica della cattedrale, posizione usualmente in mano alle famiglie più vicine all’arcivescovo. L’influenza sul piano ecclesiastico testimonia come i da Terzago, pur non di origine capitaneale, fossero considerati come una delle famiglie più rilevanti nel mondo cittadino, comparabili a casate capitaneali fin dalla nascita. Per i da Terzago vedi R. MAMBRETTI, Oberto da Terzago, «Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana», 10 (1981), pp. 112-143; GRILLO, Milano in età comunale, pp. 331-336.

37 Possiamo dividere gli interventi in tre segmenti distinti: il primo è costituito da quei documenti nei

quali troviamo l’attestazione di entrambi gli ordini di consoli, nei quali si fece riferimento a tutti i consoli di quell’anno e quindi anche ai capitanei, un esempio è il documento del 1170 con il quale gli organi politici cittadini cercarono di riordinare i rapporti tra i rustici e i loro domini dopo che le invasioni del Barbarossa avevano rotto gli antichi legami costituiti nei decenni precedenti (MANARESI, n. 75, pp. 111-113); il secondo

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la metà degli anni Ottanta, segno ulteriore di una rinnovata attenzione dei capitanei verso il sistema consolare. I membri del gruppo iniziarono ad apparire anche in documenti che potremmo considerare di “normale amministrazione”38. Si può, quindi, affermare che i

capitanei urbani, sebbene meno presenti rispetto ai decenni precedenti, fossero ancora al centro dell’istituzione consolare.

Tale presenza è enfatizzata almeno in due momenti chiave dello scontro con il Barbarossa: la resa incondizionata del 1162 e il ritorno in città del 1167. In entrambi i casi i consoli furono protagonisti degli eventi e intervennero in rappresentanza di tutta la cittadinanza; in ambedue le vicende, la posizione dei capitanei fu messa in evidenza.

Nel complesso rituale con il quale la città di Milano si arrese all’imperatore, durato più giorni e costruito sulla pluralità dei soggetti politici, si può rilevare che gli unici riferimenti precisi vennero utilizzati per il consolato: il 1 marzo 1162 i consoli Ottone Visconti, Amizzone di Porta Romana, Anselmo da Mandello, Goffredo Mainerio, Arderico Cassina, Osa, Anselmo dall’Orto, Ariprando Giudice, Arderico di Bonate giunsero nel palazzo imperiale di Lodi Nuova e, con le spade in mano in segno di resa, si sottomisero alla volontà dell’imperatore e promisero di far giurare la medesima obbedienza a tutti i milanesi39. I primi tre nominati erano capitanei e provenivano da famiglie con rapporti

altalenanti con l’istituzione consolare: se i da Porta Romana erano stati molto attivi nel consolato post 1135, i Visconti riapparvero solo in tempi recenti nell’ente, mentre i da Mandello furono una famiglia, come i da Vimercate o da Terzago, che non troviamo testimoniata nella documentazione consolare precedente alle guerre contro il Barbarossa40.

L’attestazione di queste nuove famiglie prova come la posizione acquisita dal consolato all’interno del regime cittadino avesse reso tale carica molto più ricercata, anche da parte di famiglie rimaste estranee alla magistratura fino a quel momento. È probabile che il consolato, in questo periodo, fosse un’istituzione particolarmente aperta e l’introduzione di nuove famiglie di capitanei, cioè la presenza maggiore di casate poco interessate, fino a quel

è il gruppo degli atti riguardo i monasteri, soprattutto nella difesa delle antiche prerogative a discapito dei tentativi di autonomia delle comunità sottoposte (i monasteri coinvolti sono S. Ambrogio, MANARESI, n. 88, pp. 123-124; S. Vittore di Meda, n. 115, pp. 157-160; S. Maria Orona, n. 121, pp. 166-169; il monastero Maggiore, n. 126, pp. 173-174 e il monastero di Cogliate, n. 143, pp. 210-211); l’ultimo gruppo fa riferimento alle cause che videro protagonisti almeno un membro dello schieramento al potere come nell’atto del 10 gennaio 1173 in cui venne risolta una lite tra Gerardo Cagapisto, uno dei più importanti uomini del consolato, e Gaulderico da Pirovano, membro di un’importante famiglia di capitanei (MANARESI, n. 84, pp. 119-120) o di un documento del 6 novembre 1182 in cui venne citato in causa Arnaldo da Terzago (MANARESI, n. 129, pp. 177-178) o di un altro in cui si fa riferimento ad alcuni membri della famiglia Menclozzi (MANARESI, n. 131, pp. 179-180).

38 Non si possono inserire nelle categorie presentate nella nota precedente i seguenti documenti:

MANARESI, n. 142, pp. 208-210; n. 149, pp. 220-221.

39 OTTONE MORENA, p. 636

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momento, all’istituzione, possa essere un fenomeno generale che coinvolse l’intero apparato sociale dell’istituzione.

Un’altra testimonianza è la lapide commemorativa della ricostruzione delle mura cittadine datata al 1171. L’iscrizione, inserita nella monumentale porta Romana, fu un’opera di propaganda antimperiale voluta dai vertici cittadini41. Infatti, la lapide presenta in

principio la data del rientro nella sede urbana della popolazione milanese avvenuto, proprio da questa porta, il 25 aprile 1167; nella seconda parte i committenti, cioè l’autorità politica, vollero esaltare la loro funzione nella ricostruzione delle mura cittadine. I consoli nominati furono Passaguado da Settala, Arderico della Torre, Pinamonte da Vimercate, Oberto dall’Orto, Malconvento Cotta, Arnaldo da Mairola, Addobato Butraffo, Malagallia de Alliate, Malfiglio Ermenulfi, Rogerio Marcellini42. Anche in questo caso i primi tre nominati

erano capitanei e avrebbero rispettato la distinzione tipologica presente nell’atto precedente: uno proveniente da una famiglia che aveva già ricoperto ruoli rilevanti (i da Settala), uno da coloro che erano intervenuti poco nel sistema politico (i della Torre), un altro da una famiglia che si affacciava solo in quegli anni al consolato (i da Vimercate)43.

La differente attenzione delle famiglie capitaneali alle istituzioni del sistema politico è ancora evidente in un documento molto interessante. All’interno di una serie di atti con i quali le città della Lega Lombarda entrarono in relazione con Lodi, vi è la promessa fatta della cittadinanza di Milano di rispettare tutte le prerogative della città lodigiana: questo atto presenta l’unico elenco di membri dell’assemblea cittadina, la concio, a noi giunto per questo periodo44. Se diamo uno sguardo ai 47 nomi presenti, i capitanei riportati appartennero a

casate già citate nella documentazione politica della prima parte del XII secolo, senza nessun rimando alle nuove famiglie di vassalli45. Questo dato evidenzia come la prima parte della

41 Per la costruzione di Porta Romana e il suo carattere propagandistico vedi M. BOTTAZZI, La porta

Romana (1171). Un luogo della memoria e della distruzione della città in La distruzione di Milano (1162): un luogo di memorie, Milano 2015, pp. 55-84.

42 Riporto la trascrizione della lapide: «Anno dominice incarnationis centesimo sexagesimo septimo die

iovis quinto kalendi magii mediolanenses intraverunt civitatem. Anno dominice incarnationis millesimo centesimo septuagesimo primo mense martii hoc opum, turrium et portarum habuitinitium consule reipublice quit vi erant et hoc opus fieri fecerunt fuerunt passaguadus de setara, ardericus de la turre, pinamonte dei vimercato, obertus de orto, malconventus cotta, arnaldus de mariola, adobardus butraffus, malagallia de alliate, malfilliocius ermenulfi, rogerius marcellinus et ipsi met opus de la clusa fieri fecerunt».

43 I della Torre non ricoprirono mai incarichi consolari nel periodo precedente al Barbarossa ma furono

lo stesso attivi in documenti pubblici come nel caso della diatriba tra i conti di Castelseprio e la comunità di Mendrisio: MANARESI, n. 5, pp. 9-11. Per i da Settala vedi capitolo 4°, pp. 215-216.

44 MANARESI, n. 54, pp. 78-81. Il documento di alleanza tra le varie città venne firmato il 22 maggio

1167 mentre l’approvazione da parte della concio milanese avvenne il 31 dicembre dello stesso anno.

45 I capitanei citati in questo elenco furono Guido da Landriano, Ardengo Visconti, Lanfranco da Settala,

Ruggero Visconti, Guido da Rho, Guarnerio Grasso. Riporto anche il resto dei nomi: Malagogia de Alliathe,

Cizionus de Ermenulfis, Dominicus Abbas, Rogerius Marcellinus, Georgius Corbus, Ubertus Paganus, Arnaldus de la Mairola, Guasconus Chegia, Iohannes Gastoldus, Niger Malovra, Cagainosa, Guazina de Aliathe, Ubertus de Orto, Ardericus de Bonate, Albertus Boldizonus, Abiaticus Marcellinus, Raul Bocardi,

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guerra tra il 1155 e il 1162 e gli anni di scontro tra Lega Lombarda e imperatore tra il 1169 e il 1175 furono un periodo di cambiamenti del sistema politico, in cui molte famiglie di capitanei, che fino a quel momento avevano tessuto le proprie relazioni e il proprio potere con autorità diverse da quelle consolari, iniziarono a considerare tale magistratura una buona opzione per affermare la propria posizione in città.

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