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I capitanei e il Barbarossa: la divisione tra città e territorio (1155-1185)

3.2 I capitanei rurali: la sfida alla città

3.2.1 La difficile ricerca di un’identità

Dopo la metà del XI secolo, le trasformazioni nel sistema cittadino si accompagnarono a un rafforzamento dell’identità comunitaria. Questo fattore permise la costituzione di una peculiare cultura cittadina che permeò le realtà italiane proprio per la forza aggregante del mondo urbano. Milano fu una delle prime città a costruire una forte concezione identitaria, affermatasi attorno alla tradizione ambrosiana, e a mostrare quelle

72 Su questo punto rimando alla ricostruzione effettuata nel capitolo 1°, pp. 45-48.

73 Il Seprio era una vasta area compresa tra il Lago Maggiore e quello di Como, alle propagini della

catena alpina, oggi appartenente alle provincie di Varese e Como e, parte, in territorio elvetico. La regione ebbe una sua componente geografica molto antica, probabilmente da ricollegare ai molteplici distaccamenti longobardi nella zona; di epoca carolingia è, invece, la costituzione del comitato locale. Geograficamente, é possibile dividere il Seprio in due aree, caratterizzate da due tipologie ambientali diverse: il basso Seprio, dominato dalla pianura, e l’Alto Seprio, delineato da un ambiente collinare e montagnoso. Nell’intersezione tra le due aree era ubicato il centro di Castelseprio che ebbe un grande sviluppo nell’Alto Medioevo. Pur essendo una regione centrale per gli insediamenti in pianura, con la presenza nel suo territorio dei passi per la Germania, non si svilupparono grandi centri demici; tuttavia, le comunità di questa zona, come quelle del comasco e del milanese, furono attive, già in epoche precoci, nella difesa dei loro diritti rispetto ai molteplici soggetti che reclamarono prerogative signorili e territoriali sull’area. La regione del Seprio non ha ancora avuto un approfondimento di rilievo perciò si deve rimandare ancora alle informazioni contenute in RIBOLDI, I

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caratteristiche che divennero costitutive della cultura cittadina italiana. Non è documentata una medesima rapidità nelle aree esterne alle mura urbane, quelle zone che avrebbe costituito, in piena epoca comunale, il contado della città. In questi territori, la frammentazione politica seguita al collasso del potere pubblico non favorì la creazione di una cultura unitaria e, soprattutto in quelle località prossime alla città, le disgregate realtà rurali, durante i momenti di razionalizzazione del sistema, non riuscirono a resistere alla forza centrifuga della cultura cittadina. Dall’altra parte, in territori nei quali la struttura pubblica riuscì a resistere o a ricostituirsi in breve tempo su basi differenti, il più delle volte fondate su una cultura signorile, i vertici di potere tentarono di resistere all’espansione della civiltà urbana74. Nel caso del milanese, e in particolare della regione del Seprio, una serie di

fattori favorirono l’affermarsi della realtà cittadina. Ciononostante, l’élite locale, in un certo modo, riuscì ad affermare una dimensione differente da quella urbana, ponendo al centro della propria identità una forte opposizione al primato milanese.

Il Seprio era una delle giurisdizioni pubbliche di origine carolingia inserite nella vasta diocesi ambrosiana; di origine antica, tale circoscrizione aveva subito fin dall’VIII-IX secolo la pressione della città di Milano per il suo valore strategico verso i passi montani e le valle alpine ambrosiane75. Alla metà del X secolo, nello scontro tra Berengario II e Ottone I, la

posizione titubante dei comitati lombardi e l’appoggio del presule milanese all’imperatore tedesco favorirono le mire espansive della città. Ottone, infatti, consegnò all’arcivescovo ambrosiano tutta una serie di fortezze di natura pubblica, le quali costituirono la base del potere episcopale in questo territorio. Le conseguenze di questi eventi ebbero ripercussioni anche nei decenni successivi poiché non si ebbe più nella regione un soggetto con una tal potere da riunire tutte le forze del comitato. Infatti, gli eredi del titolo comitale, i conti di Castelseprio, continuarono a risiedere in zona ma senza una vera e propria autorità politica: il loro potere non riuscì a trasformarsi in una struttura signorile e la stessa difficoltà di ricostruire le loro vicende è segno di una famiglia di funzionari pubblici senza più un’autorità effettiva76. Un parallelo utile a evidenziare le difficoltà dei Castelseprio è quello con la

famiglia comitale che, nello stesso arco di tempo, si accingeva a occupare la riva opposta

74 GAMBERINI, La legittimità contesa, pp. 25-116. Il testo ripercorre il complesso rapporto che si

costruì tra città e campagna dopo la rottura della struttura pubblica, analizzando i numerosi lavori che negli ultimi decenni hanno studiato tali relazioni, incentrandosi in particolare sull’affermazione di una cultura politica peculiare, costruita attraverso la creazione di un’identità specifica.

75 RAPETTI, L’organizzazione distrettuale in Lombardia, pp. 22-26.

76 Sui titolari della qualifica comitale del Seprio manca ancora un lavoro esaustivo. Per alcune

informazioni sulla famiglia vedi G.P. SIRONI, Dei conti del Seprio e delle loro vicende, «Rivista della Società storica varesina», 14 (1979), pp. 31-38; A. BEDINA, Signori e territori, pp. 119-138; U. BRUNHOFER, Arduin von Ivrea und seine Anhänger. Untersuchungen zum letzten italienischen Königtum

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del lago Maggiore: i conti di Biandrate. La casata superò la fase di instabilità seguita alla frammentazione del comitato di Pombia e si affermò al vertice della struttura politica e sociale nelle campagne tra Novara e Vercelli, ponendosi alla testa dei numerosi milites che stavano affermando il loro potere personale dopo aver sciolto i vincoli con l’autorità pubblica. Questo successo permise ai da Biandrate di coordinare, da una posizione di vertice, il resto delle forze inserite nel proprio territorio; al contrario, i Castelseprio non riuscirono mai ad affermare la propria autorità sulla grande massa di milites del Seprio e le uniche interazioni, come si mostrerà, si ebbero su un piano di paritaria considerazione. Si può così comprendere come i conti da Biandrate, tra l’XI e il XII secolo, riuscirono a confrontarsi efficacemente con la città di Novara e a divenire un attore nella diplomazia milanese, mentre i conti da Castelseprio non ebbero mai un rapporto diretto con il mondo cittadino, accentuando la loro subordinazione a Milano.

Le cause del mancato accentramento del potere comitale furono almeno due e intrecciate tra di loro: da una parte l’influenza dell’arcivescovo di Milano, e quindi dell’ambiente cittadino, e dall’altra le preferenze dei capitanei rurali. Il presule milanese rappresentò una forza centrale in questo territorio; la sua autorità era fondata sulle fortezze e sulla forza del proprio esercito. Tale influenza condizionò le scelte dell’aristocrazia ed ebbe come corollario la creazione della vassallità arcivescovile e l’attenzione dei vertici sociali al mondo cittadino77. La rottura di metà dell’XI secolo colpì duramente queste

relazioni: da una parte l’arcivescovo subordinò le proprie azioni alle esigenze del sistema cittadino e dall’altra si ebbe la rottura delle relazioni tra il presule e i capitanei rurali. L’aristocrazia del Seprio fu costretta, quindi, a ritirarsi nei propri territori d’origine, in un’area senza un potere centrale che potesse coordinarli. Nessuna delle numerose casate capitaneali del Seprio riuscì ad affermare la propria superiorità sull’intero comitato. La perdurante disgregazione dei diritti politici in uno spazio dominato dall’autorità milanese, oltre a una mancata affermazione della supremazia signorile, generò un concetto identitario peculiare: non basato su una realtà cittadina o comitale ma su base regionale. L’aristocrazia sepriese creò un coordinamento comunitario che generò un’identità locale: tale realtà non ebbe nulla della complessità cittadina e si incentrò su un comune atteggiamento di ostilità a Milano. La contrapposizione alla città di riferimento sembra essere l’unico motivo di unione delle aristocrazie del Seprio; infatti, tale cultura non avrebbe portato nulla di innovativo,

77 VIOLANTE, La società milanese, pp. 135-168; KELLER, Signori e vassalli, pp. 220-268. un caso

emblematico è quello dei da Porta Romana, una stirpe di piccoli milites originari dell’area di Velate che, legandosi alla struttura episcopale, riuscirono a urbanizzarsi e a divenire una delle casate più rilevanti nel mondo urbano; il loro legame con la città fu tale da riuscire a sostituire il proprio cognome con uno dal chiaro riferimento cittadino: CASTAGNETTI, I da Porta Romana.

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costituendo i propri modelli politici su quelli utilizzati dall’odiata metropoli. Quest’ultimo punto testimonia come le relazioni tra Milano e il Seprio non si possano semplificare nella contrapposizione tra due modelli, evidente nell’epoca del Barbarossa: infatti, nel secolo precedente, le interazioni furono ben più complesse, caratterizzate da varie fasi, ognuna di queste da mettere in relazione con i mutamenti politici che stavano avvenendo in città.

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