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I rapporti tra episcopato e soggetti politici cittadini tra Giordano da Clivio (1112-1120) e Olrico da Corte (1120-1126)

La formalizzazione dello spazio politico urbano: i capitanei e le istituzioni milanes

2.1 Un “laboratorio consapevole” Verso l’affermazione della cittadinanza nella politica urbana (1111-1135)

2.1.1 I rapporti tra episcopato e soggetti politici cittadini tra Giordano da Clivio (1112-1120) e Olrico da Corte (1120-1126)

L’obiettivo dell’arbitrato del 1111, con il quale si è concluso il capitolo precedente, era quello di temperare le rivalità tra le varie coalizioni scegliendo un arcivescovo che potesse tornare a essere arbitro del sistema politico. La nomina di Giordano da Clivio ebbe proprio questo scopo8. Il presule fu appoggiato dai gruppi moderati di entrambi gli

schieramenti, pur in presenza di un forte gruppo di intransigenti fautori di Grossolano; anche a causa della loro presenza, il nuovo arcivescovo avrebbe subito cercato di rafforzare la propria legittimità9. La politica operata dal gruppo di Giordano non evitò, al ritorno di

Grossolano dalla Terrasanta, che vi fossero una serie di scontri cittadini10. La pacificazione

tra tutte le varie forze, avvenuta attraverso un compromesso, inaugurò un periodo di

7 L’esempio migliore del periodo precedente furono gli anni Settanta e Ottanta dell’XI secolo: la nuova

configurazione, incentrata sulle strutture della coniuratio patarina, negli anni successivi divenne la base della capacità della pars ecclesiae di contrapporsi efficacemente all’arcivescovo Tedaldo da Landriano. Per approfondimenti vedi capitolo 1°, pp. 59-62.

8 Giordano da Clivio era stato un fedele di Grossolano come testimoniato dalla sua presenza alla sinodo

romano del 1105 e dalla sua assenza in città durante i periodi di esilio dell’arcivescovo dopo il 1107. Tuttavia, nel gruppo che lo elesse presule vi furono anche oppositori di Grossolano come Olrico da Corte. La Coniuratio, coalizione dietro alla nomina di Giordano, sarebbe quindi composta da elementi provenienti dai gruppi favorevoli e contrari a Grossolano, probabilmente identificabili con i segmenti “moderati” di entrambi gli schieramenti, disposti a un compromesso per superare l’empasse politica rappresentata da Grossolano.

9 LANDOLFO IUNIORE, cap. 41, p. 38. Giordano da Clivio cercò l’appoggio di Pasquale II per

rafforzare il proprio potere, che non era ancora saldo, come testimoniano le vicende intorno al ritorno di Grossolano dalla Terrasanta: dopo uno scontro cittadino, si tentò una mediazione tra gli schieramenti attraverso la convocazione di una sinodo regionale che avrebbe dovuto deliberare sulla questione. I fautori di Giordano, però, preferirono rimandare la questione al pontefice. La buona volontà del papa permise al da Clivio di essere confermato nella sua posizione, attestando il lavoro di avvicinamento tra il gruppo di Giordano e l’entourage papale. Le motivazioni dietro all’appoggio del pontefice probabilmente sono da identificare nella ricerca da parte di Pasquale II di alleati dopo la sconfitta subita da parte di Enrico V nel 1111.

10 LANDOLFO IUNIORE, cap. 38, p. 36: «Ipsius autem Grosulani caterva undique concurrens, ferendo

et inferendo vulnerationes, orbitationes et occisiones multas in equis et in homiinibus, fortiter et prudenter ipsum Grosulanum per quindecim dies in turribus de porta Romana servavit»

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concordia durato fino agli ultimi anni dell’episcopato di Olrico da Corte, succeduto nel 1120 a Giordano da Clivio. Il regime affermatosi a partire da questa pacificazione è accompagnato dal rafforzarsi di determinati soggetti cittadini; queste realtà avevano ormai acquisito un loro preciso spazio nel sistema. Possiamo anche supporre che queste forze avessero, ormai, una determinata funzione sebbene la limitata quantità di atti per questo periodo non permetta ulteriori ipotesi11.

Una prova dell’effettivo periodo di pace seguito alla vittoria della Coniuratio di Giordano da Clivio nel 1116 sarebbe contenuta nella cronaca di Landolfo Iuniore. Durante tutta la narrazione, egli non evitò mai di citare singoli eventi di opposizione alle politiche perpetrate dalla coalizione a lui contraria; tale avversione è molto utile per conoscere lo spazio politico cittadino poiché, quasi sempre, questo gruppo coincise con la coalizione dominante nel quadro urbano. Infatti, la prima parte dell’opera è costellata da una serie di opposizioni al regime cittadino12. Eppure, dal capitolo 39 al capitolo 52, nei quali sono

narrati gli eventi dal 1116 al 1126, non viene descritto un singolo episodio riguardante i rapporti politici interni alla città13; non è menzionata nessuna opposizione agli arcivescovi

11 Il problema della funzione di questi soggetti si inserisce nello studio delle funzioni giuridiche

all’interno delle città tra l’XI e il XII secolo, una delle tematiche principali nella storiografia relativa alla nascita del comune urbano. Gli approfondimenti, incentrati su una visione giuridica della questione, si sono concentrati sulla ricerca di due poteri pubblici: la districtio e la iurisdictio. Con il primo termine si identifica la capacità di costringere all’obbedienza di una sentenza, con il secondo la possibilità di giudicare. Questi poteri di natura pubblica furono in mano ai funzionari del Regnum almeno fino all’indebolimento della struttura pubblica a metà dell’XI secolo. Gli studi di natura giuridica, il cui massimo rappresentante per il milanese è Antonio Padoa Schioppa, sottolineano come vi sia stato un periodo di intermezzo nel quale questi poteri furono in mano sia all’autorità episcopale sia ai rappresentanti della cittadinanza. In alcuni documenti della fine dell’XI secolo, la figura del vescovo fu centrale ma sempre con il sostegno della cittadinanza come nel lodo delle due torri emesso dal vescovo di Pisa Daiberto tra il 1088 e il 1092 (ROSSETTI, Il lodo del vescovo Daiberto); la funzione del presule, in questo atto, sarebbe molto simile a quella degli arcivescovi milanesi filoromani che, come si è mostrato, furono al centro di una serie di azioni giuridiche di una certa rilevanza per il mondo cittadino. Il rafforzarsi della componente urbana si verificò con l’ascesa del potere consolare, soprattutto dopo che la documentazione non li presentò più come funzionari del vescovo (TABACCO, La sintesi istituzionale). Infine, sarà la pace di Costanza a definire una gerarchia precisa dei poteri giurisdizionali nel quadro delle città inserite nel Regnum. Per un’analisi approfondita del problema della iurisdictio nelle città tra l’XI e il XII secolo vedi G. MILANI, Lo sviluppo della giurisdizione nei comuni italiani del secolo XII in Praxis der

Gerichtsbarkeit in europäischen Städten des Spätmittelalters, Francoforte 2006, pp. 21-46. Gli studi di natura

giuridica sui poteri urbani hanno, però, il limite di considerare solo le autorità inserite in un preciso quadro di natura formale; come si mostrerà successivamente, di fianco a questa giurisdizione, ancora per lunghi anni, vi fu la possibilità di operare in un quadro informale basato sulla capacità di utilizzare il peso della cittadinanza o l’autorità di una coalizione. La vicenda della causa di Landolfo Iuniore, riportata più avanti, testimonierà come nel 1117 si potesse ancora utilizzare, per perorare le proprie questioni, delle modalità informali in una configurazione urbana nella quale ormai la struttura arcivescovile si era affermata e dove si stavano costituendo altri poli del sistema, come la contio e il consolato.

12 Si sono ricostruite in parte queste opposizioni nel capitolo 1°, pp. 80-85; 90-96.

13 Già in un periodo precedente, tra il 1107 e il 1108, Landolfo Iuniore non ci riporta alcun avvenimento

politico, ma in quel momento la motivazione fu l’esilio dalla città. Tra il 1116 e il 1126, invece, non sembra esserci stato un altro periodo di allontanamento; questo periodo coinciderebbe con quello in cui Landolfo fu

consulum epistolarum dictator. La parentesi come funzionario dell’apparato consolare andrebbe dalla

requisizione delle rendite della chiesa di S. Paolo in Compito, avvenuta dopo la nomina di Nazario Muricola a nuovo primicerio dei decumani nel 1116, alla nomina di cappellano personale da parte dell’arcivescovo Anselmo V nel 1125.

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Giordano da Clivio e Olrico da Corte, sebbene questi facessero parte dello stesso gruppo che aveva requisito la chiesa di Landolfo. Tale assenza è ancora più sorprendente poiché dalla documentazione archivistica sappiamo che vi fu, almeno, un tentativo di opposizione a Olrico tra la fine del 1123 e gli inizi del 1124.

Questo vuoto dell’autore è coerente con l’impressione proveniente dalla documentazione pubblica. L’idea di una concordia avvenuta attraverso una politica di equilibrio tra le parti avrebbe ripreso l’azione dei presuli filoromani. Si deve, però, rilevare una differenza tra i due periodi. Gli atti della fine dell’XI secolo furono limitati a una giurisdizione urbana, invece negli anni Venti e Trenta del XII secolo il sistema cittadino allargò la propria capacità di azione14: nel luglio 1117 vennero dichiarate nulle tutte le

investiture effettuate dai predecessori di Arderico vescovo di Lodi; invece, nel dicembre 1125 si sentenziò l’appartenenza dei monasteri di Precipiano e Savignone alla diocesi di Lodi, in lite su questo punto con quella di Tortona15. I documenti “locali” fecero riferimento

a contenzioni rilevanti per l’intera cittadinanza come nel 1119 la sentenza sulla lunga diatriba tra decumani e cappellani o nel 1123 l’arbitrato sulle offerte nella basilica di S. Ambrogio16. La giurisdizione acquisita dal regime in questo periodo è testimoniata, anche,

dall’utilizzo di tipologie giudiziarie dal forte valore pubblico e dall’ampia legittimazione: l’atto del 1117, infatti, fu costruito sul modello del placito imperiale. I soggetti politici erano quindi in grado di utilizzare un modello dal forte impatto politico17.

Una certa uniformità si raggiunse, invece, nella determinazione dei soggetti cittadini inseriti nello spazio politico. La sentenza del 1117, pur presentando una classica formula allusiva alla legittimità proveniente dall’intero sistema urbano, enfatizzò l’autorità dei consoli, divenuti parte integrante della struttura arcivescovile18. Ulteriore attestazione del

peso del consolato fu il loro inserimento negli elenchi dei soggetti politici del Regnum Italiae19. Gli ordinari furono sempre presenti in questi atti, raggruppati in una serie di

14 Per la documentazione prodotta da Anselmo IV vedi capitolo 1°, pp. 67-69. 15 MANARESI, n. 1, pp. 2-3; Lodi, n. 38.

16 GIULINI, vol. VII, pp. 84-88; ZERBI, Tra Milano e Cluny, pp. 218-223.

17 Per la giustizia milanese di questi secoli vedi A. PADOA SCHIOPPA, Aspetti della giustizia milanese;

ID., Note sulla giustizia milanese del XII secolo in Miscellanea Domenico Maffei dicata. Historia Jus Studium, Goldbach 1995, vol. IV, pp. 219-230.

18 MANARESI, n. 1, pp. 2-3: «Dum in Dei nomine in civitate Mediolani in arengo publico quo erat

domnus Iordanis religiosus Mediolanensis archiepiscopus, ibique cum eo eius presbiteri et clerici maioris ordinis ac minoris predicte Mediolanensis ecclesie, presentibus ibi Mediolanensibus consulibus et cum eis quamplures de capitaneis atque vavassoribus seu populo […] His ita per ordinem [auditia] iam dicto domno Iordanes archiepiscopo et iam dictis consulibus qui predictam lamnetationem inbreviare fecerant in eorum consularia […] Tali dato ab ipsis tribus testibus iuramento, statim palam et quoram omnibus hominibus, ibi stantibus et audientibus prenominatis Mediolanensibus consulibus, quorum nomina subter leguntur, per testimonium de predicta consularia dixerunt [...]».

19 LANDOLFO IUNIORE, cap. 35, p. 35: «in ecclesia et in regno per pontifices et abates et sacerdotes

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sottoscrizioni autografe, in base a un modello di natura papale che divenne lo standard per i successivi diplomi arcivescovili per tutto il XII secolo20. Il peso politico degli ordinari

avrebbe portato la coalizione dominante a occupare tutte le cariche maggiori del Capitolo21.

Tuttavia, non furono gli unici ecclesiastici presenti più volte nelle questioni interne: i decumani consolidarono il loro peso dopo la nomina come successore al primicerio Andrea Dalvultum di Nazario Muricola, anch’egli membro della Coniuratio22. L’ascesa nello stesso

ordine di Stefano Guandeca, uomo a lui fedele, proverebbe il controllo che il Muricola acquisì sui decumani23. Infine, in questi anni, per la prima volta è testimoniato nelle

elencazioni pubbliche il riferimento ai monasteri cittadini.

Altre due caratteristiche del sistema politico sono state espunte da questo paragrafo perché trattate successivamente in modo più approfondito: la comparsa di lunghe liste di personaggi autorevoli e l’esistenza di un’assemblea formalizzata, con una cadenza regolare e una ritualità specifica.

«De ipsis apud sacerdotes, pontifices, milites, cives, consules et reges justitiam quesivi et quero». Il primo riferimento è collocato dopo le varie operazioni seguite all’arbitrato del 1112; il secondo si ricollega all’assise convocata per la guerra contro Como.

20 Su questo tema sono ancora attuali le considerazioni in M.F. BARONI, La documentazione

arcivescovile milanese in forma cancelleresca (secc. XI-metà XIII) in Atti del Congresso Internazionale di Diplomatica, 8 (1993), pp. 305-318.

21 Le due cariche più importanti del Capitolo maggiore erano occupate da due rappresentanti della

Coniuratio: l’arcidiacono era Arderico da Carimate, antico fedele di Grossolano ma entrato nel gruppo di

Giordano da Clivio, invece l’arciprete era Olrico da Corte, antico nemico di Grossolano ma parte di coloro che avevano accettato il compromesso. Un altro personaggio vicino a questo gruppo fu probabilmente Guazo Cumino, divenuto in questo periodo cancelliere. Coloro che ricoprirono le due massime cariche degli ordinari dopo Arderico e Olrico fecero anche loro parte della medesima coalizione: l’arcidiacono Amizzone della Sala e l’arciprete Tedaldo da Landriano. Essi ricoprirono tali ruoli dagli anni Venti almeno fino alla fine degli anni Trenta e proseguirono la politica professata dai loro predecessori come testimoniato dalla fedeltà alla pars

Lotharii nel 1135.

22 LANDOLFO IUNIORE, cap. 40, p. 26: «Igitur hac cautione facta per presbiterum Nazarium Muriculam et Lanfranchum Ferarium, prout dicitur, contingit, quod presbiter Andreas bone memorie primicerius obit».

23 Non vi è uno studio analitico della vicenda di Stefano Guandeca, primo preposito dell’ordine minore

di S. Tecla – carica che apparentemente venne creata appossitamente per lui poiché non abbiamo nessuna attestazione precedente – e successivamente primicerio dei decumani dal 1150 al 1171. Tale assenza non riguarda solo la biografia del personaggio ma anche le politiche seguite durante il periodo di controllo dell’ordine, una fase caratterizzata dal forte peso nello spazio urbano dei decumani: in particolare egli fu il centro della realtà milanese dal 1162 al 1167, quando, dopo la distruzione di Milano, l’arcivescovo Oberto da Pirovano si era rifugiato da papa Alessandro III. Durante questo lasso di tempo, Stefano rimase l’unica autorità di natura urbana della città – l’apparato politico fu in mano ai funzionari imperiali – ricoprendo la carica di “coepiscopo”, punto di riferimento della dispersa popolazione milanese. Per il ruolo nella struttura ecclesiastica del primicerio vedi G. MONZIO COMPAGNONI, Primicerio in Dizionario della Chiesa Ambrosiana, Milano 1992, vol. 5, pp. 2954-2957.

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