l’origine dei capitanei urbani e rurali (1045-1111)
1.1 Il periodo della frammentazione: l’assenza di un modello alternativo (1045-1085)
1.1.5 Un regime delle partes? La politica ai tempi della lotta tra Impero e
Papato
Sul piano politico tra il 1072 e il 1075 vi fu il primo tentativo di creare un assetto politico duraturo, fondato sull’autorità della coniuratio patarina guidata da Erlembaldo. Le informazioni sono limitate e molti dubbi rimangono sugli effettivi rapporti di potere. L’appoggio totale a Erlembaldo dei pontefici Alessandro II e Gregorio VII, testimoniato dalla consegna del vessillo di S. Pietro, trasformò le rivalità tra le coniurationes cittadine77:
la Pataria ebbe l’appoggio del pontefice, allargando le controversie cittadine su un piano sovralocale. Inoltre, Erlembaldo riformulò la propria coniuratio dandogli una precisa struttura, come evidenziato dalla preparazione alla battaglia finale nel 107578. Le iniziative
andarono oltre una semplice formulazione attorno a un giuramento; si iniziò a costituire una chiara gerarchia interna basata su riunioni prestabilite. La formula permise al gruppo di operare su ambiti nuovi e più generali: si data al regime di Erlembaldo, la prima azione tributaria da parte di un soggetto politico non pubblico. Infatti, Landolfo Seniore scrive che, a causa dei costi di mantenimento del proprio apparato interno, Erlembaldo «statim quasi imperator» decretò un’imposta sui sacerdoti e delegò a trenta cittadini la riscossione della somma79. Le esigenze fiscali nascevano dagli aumentati costi della politica, sempre più
76 Il papato di Innocenzo III segnò una svolta nei rapporti tra la Curia romana e la Chiesa ambrosiana,
infatti Filippo da Lampugnano, eletto nel 1196, fu «l’ultimo arcivescovo di una generazione che vedeva nei rapporti con la Chiesa di Roma collaborazione e non dipendenza» (PELLEGRINI, L’«ordo maior», p. 85). La fine ingloriosa del suo episcopato, con l’abbandono della cattedra di Ambrogio, fu l’inizio dell’interferenza del pontefice nelle elezioni degli arcivescovi, evidente nelle nomine di Gerardo da Sesso (1211-1212) ed Enrico da Settala (1213-1230). Per un approfondimento sulle vicende vedi PELLEGRINI, L’«ordo maior», pp. 70- 84.
77 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 15, p. 84: «Alexandro et Oldeprando in uno consentientibus,
vocato Herlembaldo et Arialdo, astantibus multis, vexillum manu quoddam tenens, ac ipsum prout poterat benedicens, sub quandam obedientiam et inauditam ei attribuit». Vedi, inoltre, VIOLANTE, I laici nel
movimento patarino.
78 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 30, pp. 96-97: «Haec Herlembaldus haec omnia suo studio
parari existimans, et animam iam esse in manibus diiudicans, solus quasi dux theatrum suos confortando ac cohortando ad bellum regens praelii necessaria ordinabat; quin etiam in primis sibimet vexillum, milites et pedites exinde, qui scalas ad capiendas domos et cellaria machinasque diversas portarent, ordinabat».
79 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 21, p. 89: «Cum autem nummos aut aurum, e quibus cottidie
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strutturata e complessa: oltre alla riscossione sui sacerdoti, egli usurpò i beni della curia arcivescovile sottraendoli all’amministratore episcopale80.
L’autorità della coniuratio è esemplificata nei rapporti con i propri avversari: infatti, i più grandi oppositori di Erlembaldo non poterono far altro che allontanarsi dalla città81. Il
nuovo potere dei patarini obbligò gli avversari a uscire dalla città. La volontà e le capacità di Erlembaldo furono esemplificate in un passo di Arnolfo: «Arlembaldus ut semper per consortis inpaciens, astantibus sibi concionabatur more suo»82. La formula «consortis
inpaciens» è di origine classica, utilizzata da Lucano nell’incipit della Pharsalia, in riferimento all’incapacità di dividere il potere da parte di chi avesse conquistato la massima autorità83.
Il regime di Erlembaldo fu il primo tentativo di egemonizzare lo spazio politico cittadino, facendo coincidere quest’ultimo con le strutture della propria coniuratio. Tale politica favorì la creazione di forze di opposizione, che, riunitesi, fecero cadere il regime nell’aprile del 1075. Le varie istanze si riunirono in S. Ambrogio, proclamando la remissione generale di tutte le colpe, il ritorno della concordia e la volontà di ricostituire un regime dischiuso alle diverse realtà84. Prova di questa apertura fu la politica iniziale di Tedaldo,
nominato da poco arcivescovo. Egli cercò un equilibrio tra le varie componenti del sistema cittadino: infatti, vi è un riferimento nelle lettere di Gregorio VII a trattative tra il presule e il papa attraverso la mediazione di alcuni personaggi milanesi che vennero nominati come, simultaneamente, fedeli di Gregorio e amici di Tedaldo85. Altro indizio di una politica di
compromesso fu la rinuncia a un’immediata ordinazione, al fine di concludere la questione del già consacrato Attone.
Queste prime mosse, volte alla pacificazione tra le coniurationes cittadine, fallirono all’irrigidirsi dello scontro tra Enrico IV e Gregorio VII. La conflittualità cittadina tese a
80 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 18, p. 87: «Itaque Herlembaldus nimia indignatione commotus,
quoniam super hoc negotium, ut sibi soli episcopatum refutaret, permultum ipse laboraverat, sub quadam occasione custodiae intromittens se de omnibus villis, castellis, munitionibus et redditibus archiepiscopatus, quasi dux fugatis hostibus omnia haec adversus Gottofredum terribilibus iruamentis, ut nec unum haberet, vellent nollent, firmaverat».
81 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 21, p. 89: «Cuma haec acta fuissent, Herlembaldo de his
omnibus ignorante, quasi hostis ab urbe expulsis capitaneis, populi parte maxima per nimium cum ipso praelienate, omnem iram omnemque furorem supra sacerdotes, ut antea numquam est auditum, furiose convertit». ARNOLFO, lib. IV, cap. 10, p. 149: «Unde factum est ut simul diebus aliquot ectra urbem exeuntes suam sibi iurarent magna plebis cum parte iustitiam et sancti Ambrosii honorem ac dono regis accepturos sese pastorem».
82 ARNOLFO, lib. IV, cap. 10, p. 149.
83 LUCANO, De bello civili sive Pharsalia, lib. I, riga 92-94: «nulle fides regni sociis, omnisque potestas
inpatiens consortis erit, nec gentibus ullis credite nec longe fatorum exempla petantur».
84 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 30, p. 97; ARNOLFO, lib. IV, c. 10, pp. 148-150. 85 Das register Gregors VII, lib. III, n. 8, p. 259; n. 9, p. 262.
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semplificarsi, presentando uno schema di contrapposizione tra due partes86. Simile divisione
(pars imperii vs pars ecclesiae) caratterizzò quasi tutte le realtà italiane87. Dopo il periodo
della Pataria, in cui le differenti e complesse anime politiche della città furono ben identificate in un passo di Andrea da Strumi, gli schieramenti si cristallizzarono in uno scontro tra due gruppi88. La radicalizzazione della lotta costrinse Tedaldo a una scelta di
campo, favorendo l’imperatore, del quale fu uno dei più fedeli sostenitori.
La sua partecipazione all’assedio di Roma del 1083 permette di conoscere la cerchia dei sostenitori milanesi dell’imperatore: infatti i cronisti ricordano che Tedaldo, nelle sue peregrinazioni al seguito del sovrano, era accompagnato da una vasta schiera di armati, molti dei quali di stirpe aristocratica 89. Più difficile, invece, identificare la pars avversa: Arnolfo
descrive che, poco dopo la pacificazione a Canossa tra Enrico IV e Gregorio VII, il «Mediolanensium populus» avesse mandato una legazione al pontefice al fine di richiedere il perdono per aver accettato lo scomunicato Tedaldo come arcivescovo90; il cronista è ben
informato sull’ambasceria poiché ne aveva fatto parte. Pur non conoscendo nessun altro dei negoziatori, alcuni riferimenti fanno ritenere che la pars ecclesiae avesse un vasto supporto dalla popolazione. Un primo indizio è la stessa risposta di Gregorio all’ambasceria milanese: egli decise di inviare due legati papali, Anselmo II da Baggio, vescovo di Lucca, e Geraldo, vescovo di Ostia, in città. I due ecclesiastici, dopo un viaggio burrascoso, riuscirono a entrare in città e predicarono per tre giorni91. L’arcivescovo Tedaldo cercò in ogni modo di far fallire
86 La creazione delle partes a Milano si daterebbe agli ultimi anni dello scontro tra la Pataria di Arnolfo
e Landolfo e i sostenitori di Guido, quando l’appoggio papale ai riformatori divenne più netto; non è un caso che Arnolfo, personaggio più inserito nelle dinamiche di potere di Landolfo Seniore, inizi proprio in questo periodo a utilizzare il termine pars: ARNOLFO, lib. III, c. 18, p. 126.
87 FIORE, Il mutamento signorile, pp. 9-13.
88 ANDREA DA STRUMI, cap. 10, pp. 90-91: «His namque verbis multi viri ac mulieres sic sunt
accensi, ut non solum deinceps simoniacorum actus omnes contemnerent, sed etiam cum eis nullo modo in uno oratorio orare vellent. In his autem diebus, si per illam urbem incederes, praeter huius rei contentionem undique vix aliquid audires. Alii siquidem simoniacam excusantes, alii eam constanter damnantes, nec mirum quoniam una domus tota erat fidelis, altera vero tota infidelis, tertia autem mater erat credula cum uno filio, pater incredulus cum altero. Et hac quidem confusione et contentione civitas tota erat plena et permixta». Vedi K. SCHULZ, «Poiché tanto amano la libertà», p. 52.
89 LANDOLFO SENIORE, lib. IV, cap. 2, p. 100: «Hoc facto, protinus sese e turribus
ostendentes, signum scutis secretissime ut sibi imperator citissime occurreret faciebant. Domnus interea hoc videns Thealdus, pavore suorum attactus virorum, ut imperator citissime sibi et suis occurreret adortatus est. Itaque imperator indignatis Teutonicis, geris invida Longobardis, omnibus ilico armatis militibus urbem paucis truncatis cepit; quin etiam ipsum Gregorium insequentes, in locis tutissimis et turritis in veteri Roma semetipsum colligentem obsiderunt».
90 ARNOLFO, lib. V, cap. 9, pp. 164: «Cum se sentiret Mediolanesium populus Tedaldi presulis
societate culpabilem, divina prohibente lege communicari excomunicato, missi domino pape legatis solutionem implorant. Cui legationi ipse ego interfui, de preteritis satisfaciens, in futuro castigari promittens».
91 R. BELLINI, La missione di Anselmo II da Baggio vescovo di Lucca, «Diocesi di Milano – Terra
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la loro azione attraverso l’intervento di una folla armata, ma non riuscì nel proprio intento; questo fallimento richiama i mutamenti politici avvenuti negli anni Cinquanta e Sessanta92.
L’impossibilità di egemonizzare l’ambiente per un lungo periodo, come ho già dimostrato, fu una delle caratteristiche del regime delle coniurationes. Ora, invece, una pars cittadina avrebbe consolidato la propria posizione politica in modo tale da resistere, con successo, alle iniziative dei nemici. Emblematica è la differenza tra le turbolenze che caratterizzarono la legazione di Pier Damiani nel 1059 e la relativa tranquillità dell’operato dei due vescovi nel 1077. L’esperienza del regime di Erlembaldo avrebbe permesso agli attori cittadini di attingere a una serie di strumenti utili ad affermare, in modalità più durature, la propria autorità sullo spazio cittadino.
Uno di questi strumenti fu il fuoriuscitismo. Il periodo più duro della guerra tra Gregorio ed Enrico (1077-1084) fu caratterizzato da un alto tasso di allontanamento dalla città: è probabile che Tedaldo e tutta la sua pars siano stati lontani dalla città dagli ultimi mesi del 1077 al 108193, quando il 14 aprile l’imperatore Enrico IV fu accolto in città94. Il
ritorno sarebbe stato breve se già in luglio Tedaldo fu al seguito dell’imperatore durante la campagna per la conquista di Roma e vi rimase almeno fino al giugno 108395. Non sappiamo
più nulla delle sue operazioni fino alla morte avvenuta il 25 maggio 1085 presso la fortificazione arcivescovile di Arona96. L’intermezzo tra il 1083 e il 1085 avrebbe visto il
ritorno del presule vittorioso da Roma, caduta sotto le armate del suo imperatore, e un nuovo tentativo di entrare in città, approfittando di un indebolimento della pars avversa. La sconfitta imperiale a Sorbara nel luglio 1084 e l’allontanamento di Enrico IV dall’Italia resero precaria la posizione del presule, portando Tedaldo a uscire di nuovo dalla città,
92 ARNOLFO, lib. V, cap. 9, p. 166: «Papa vero sapienti usus conscilio venerabiles viros Lucensem et
Ostiensem eipscopos direxit Mediolanum, daturos veniam quibuscumque poscentibus. Ubi vero ingressi sunt urbem, letata est civitas universa. Qui toto illo triduo confluentibus ad eos civibus divina predicantes eloquia, cunctos absolvunt, benedicunt universos. Quod Tedaldus indigne satis ac moleste tulit, adeo ut seditionem in populo bellumque conaretur inferre, set minime valuit. Interea prefati duces Teutonici, comites et episcopi illis in partibus de sua inter se ipsos concordia ac statu regni, novi quoque regis electione cottidie tractare non cessant, asserentes Heinricum, multis ex causis diademate indignum».
93 Intervenne a Pavia al fianco dell’imperatore nell’aprile 1077 (Diplomata Heinrici IV, n. 293, p. 384)
e il 23 giugno 1080 fu presente durante il sinodo di Bressanone ove venne deposto Gregorio VII (Die Briefe
Heinrichs IV, a cura di C. Erdmann, in MGH, Deutsches Mittelalter, Leipzig 1937, vol. I, p. 72).
94 La presenza dell’imperatore in città è rilevata dalla data topica di due documenti a favore del
monastero di S. Simpliciano e di S. Maria d’Aurona: Diplomata Heinrici IV, nn. 330-331, pp. 432-433.
95 Il 20 luglio 1081 è documentato in un placito trascritto a Lucca dall’imperatore e in altri documenti
fino al 15 giugno 1083: Diplomata Heinrici IV, nn. 338-339, pp. 446-447; n. 345, p. 456; n. 350, p. 461. Intervenne anche durante l’assedio di Roma del 1083. LANDOLFO SENIORE, lib. IV, cap. 2, p. 100: «His ista gestis, imeprator domni Thealdi III Kalendas Iulii magnifice in auro et argento novis honoratis militibus, quorum audacia atque exercitiis Roma capta imperiatori subiacuit, ac ceteris primatibus diversis exaltatis muneribus, variis fultis honoribus, cunctis gratiam dedit, solos secum Teutonicos retinens in palatio sedit ceasariano».
96 F.SAVIO, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni: Milano, Bologna
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questa volta fino alla morte. Un raffronto tra i periodi di affermazione della pars imperii e della pars ecclesiae dimostra come quelli dei primi siano pochi e brevi, mentre i secondi abbiano governato per anni interi. Un dato che fa ipotizzare un diverso peso delle partes in città: la stessa formula con la quale Arnolfo presenta i mandanti della legazione a Gregorio ha caratteristiche generali che non venivano utilizzate in riferimento a un’iniziativa della cittadinanza dall’arresto di Ariberto di Intimiano97.
Gli anni Settanta segnarono uno scarto nella capacità dei soggetti cittadini di agire sullo spazio politico. Il superamento della tradizionale configurazione pubblica, il cui esempio fondante era stato il regime patarino di Erlembaldo tra 1073 e 1075, segnò la fine del periodo di informalità che aveva caratterizzato il lungo regime delle coniurationes (1056- 1073). L’inserimento della lotta politica in un quadro più ampio, quello dello scontro tra Papato ed Impero, permise alle coniurationes di fare un salto di qualità nel proprio intervento urbano, trasformandosi in vere e proprie partes. La nuova configurazione permise alla pars ecclesiae, che aveva un appoggio maggiore nella cittadinanza rispetto alla pars imperii, di consolidare la propria azione cittadina. Si può, quindi, affermare che la città sia stata coinvolta in uno scontro tra partes solo per un breve periodo, tra il 1072 e il 1077, dopo il quale, tranne per momenti specifici (i primi mesi del 1081 e, forse, tra il fine 1083 e i primi mesi del 1084), la città venne retta dal regime della pars ecclesiae.