La formalizzazione dello spazio politico urbano: i capitanei e le istituzioni milanes
2.1 Un “laboratorio consapevole” Verso l’affermazione della cittadinanza nella politica urbana (1111-1135)
2.1.7 La pars Chunradi e la rottura dell’equilibrio: l’epoca di Anselmo V (1126 1135)
La realtà politica milanese subì importanti mutamenti alla morte di Olrico da Corte92.
Le avvisaglie di uno scontro tra coalizioni opposte si ebbero già tra il 1123 e il 1124 ma la situazione si normalizzò dopo alcuni accorgimenti dell’arcivescovo, visti positivamente anche dallo schieramento avverso. Tuttavia, la concordia cittadina era ormai compromessa come testimoniato dalle modalità dell’elezione di Anselmo V. Le difficoltà affrontate dal nuovo arcivescovo andarono ben oltre l’impreparazione personale; la Coniuratio, al vertice dell’autorità cittadina fin dall’ascesa di Giordano da Clivio, non riuscì più a controllare lo spazio politico. Il gruppo avverso fu capace di utilizzare il peso dei nuovi soggetti formalizzati e il dominio sulla concio, divenuta ormai un’istituzione cittadina pari all’arcivescovo, per ribaltare le gerarchie di potere. La contrapposizione tra i due schieramenti si sarebbe sanata ancora una volta con un compromesso: l’incoronazione di Corrado del 1128 rappresentò il patto tra la nuova coalizione al potere e parte del gruppo dei fedeli dell’arcivescovo. L’appoggio totale allo Svevo e successivamente a papa Anacleto II avrebbe legittimato il nuovo regime e concesso un piano ideologico sul quale basare le azioni del gruppo. La pars Chunradi, identificabile grosso modo con la coalizione opposta a Olrico da Corte nel 1123 più alcuni membri della vecchia Coniuratio, avrebbe dominato lo spazio cittadino almeno fino al 1135; l’evoluzione nel quadro sovralocale avrebbe, però, favorito il rafforzarsi della pars Lotharii, costituita dai membri della Coniuratio che non avevano supportato il nuovo regime e che avevano deciso di sostenere Lotario III e Innocenzo II.
L’acuirsi dei contrasti tra i vari gruppi cittadini fu favorito dall’ascesa all’arcivescovato di un uomo che, già nella carriera precedente, aveva mostrato una certa titubanza nelle proprie scelte politiche. Anselmo della Pusterla inizialmente fu uno dei fedeli di prete Liprando e, quindi, oppositore di Grossolano. Tuttavia, la sua entrata nel Capitolo maggiore negli stessi di Olrico da Corte e Giordano da Clivio fa ipotizzare che egli possa
92 Per queste vicende sono ancora fondamentali le ricostruzioni effettuate da Pietro Zerbi tra gli anni
Sessanta e Settanta del Novecento: ZERBI, I rapporti di S. Bernardo da Chiaravalle; ID., La Chiesa
Ambrosiana; ID., San Bernardo di Clairvaux e Milano in San Bernardo e l’Italia, Milano 1993, pp. 51-68. La
cronaca di Landolfo Iuniore fa riferimento alle due coalizioni d’interesse con il termine di pars pur non utilizzando mai il riferimento diretto all’imperatore; si è preferito inserire il rinvio al sovrano più che riportare la formula utilizzata da Pietro Zerbi – egli fece riferimento a una fazione romana, identificata con la Coniuratio al potere tra il 1117 e il 1127 e quindi con la pars Lotharii, e a una fazione tradizionalista, quel gruppo in minoranza fino al 1127 e poi divenuto la pars Chunradi – per rimanere legato alla fonte. Un’altra motivazione è quella di voler dare un connotato più politico alla divisione; sebbene l’unica motivo di questa discordia, di cui siamo a conoscenza, faccia riferimento al mondo ecclesiastico, gli scontri ebbero una chiara matrice politica. Inoltre, l’opera di Landolfo allude più allo scontro tra imperatori che alla divisione tra i pontefici.
119
essere stato vicino alla Coniuratio. La preferenza per scelte di compromesso, le quali, avrebbero scontentato entrambe le parti, è testimoniata dall’identificazione nella sua persona di quel diacono Anselmo che firmò prima il documento del 1123 e poi la sua refuta nel 1124; due documenti dal valore opposto voluti da due forze avversarie93. Si può quindi concordare
con l’impressione tramandataci da Landolfo Iuniore: pur considerandolo decisamente migliore rispetto ai suoi predecessori, egli evidenziò come avesse un carattere volubile e poco deciso, inadatto a guidare la struttura episcopale in un momento rilevante per la storia politica cittadina94.
La contrapposizione alla Coniuratio, però, non nacque sotto Anselmo V. Gli oppositori di Giordano da Clivio, dopo il 1116, pur indeboliti, non scomparvero dal panorama cittadino. Inoltre, due trasformazioni sul piano istituzionale avrebbero favorito la loro azione: da una parte il rafforzamento dei soggetti politici cittadini, con la formalizzazione della concio e il potenziamento dei consoli nella struttura arcivescovile, dall’altra una rinnovata consapevolezza da parte della cittadinanza del proprio ruolo nella difesa delle prerogative della Chiesa ambrosiana, le cui violazioni furono considerate come limitazioni all’honor civitatis95. Il primo punto avrebbe permesso al gruppo d’opposizione
di costruire una propria azione politica al di fuori dell’apparato episcopale; il secondo avrebbe concesso una potente arma con cui colpire il gruppo dominante, poiché lo stesso arcivescovo poteva essere accusato di ledere l’honor civitatis. Infatti, le vicende al I concilio lateranense, in cui Olrico da Corte dovette fronteggiare l’assalto al primato della sede milanese dalle mire dell’arcivescovo di Ravenna, appoggiato da papa Pasquale II, furono considerate dalla cittadinanza come un attacco alle prerogative della città96. L’arbitrato del
1123, avvenuto al ritorno del presule da Roma, fu un tentativo di ribaltare le posizioni politiche sfruttando l’incertezza di Olrico da Corte rispetto alla questione con Roma. La reazione dell’autorità politica, cioè della Coniuratio, si attuò su due fronti: da una parte una risposta intransigente poche settimane dopo, con la rassicurazione da parte dell’arcivescovo alle forze favorevoli al regime cittadino di non aver leso alcun diritto del gruppo97; dall’altra,
93 ZERBI, Tra Milano e Cluny, pp. 218-225.
94 LANDOLFO IUNIORE, cap. 52, p. 33: «De cuius Anselmi morte nimirum valde suspiro, quia, licet
ille fuerit mollis et dulcis suspectis meis meisque adversariis et suis proditoribus, tamen ipse non fuit ceu Yordanus furiosus, nec immemor mei ceu Olricus».
95 AMBROSIONI, Gli arcivescovi di Milano e la nuova coscienza, pp. 193-197; ZERBI, La Chiesa
Ambrosiana.
96 LANDOLFO IUNIORE, cap. 50, p. 43. ZERBI, La Chiesa Ambrosiana, pp. 127-136.
97 Il documento si presenta come una guadia dell’arcivescovo volta ad avere la certezza che Olrico non
120
con alcune aperture verso i rivali, per esempio un riavvicinamento all’imperatore attestato dall’invio delle palme in Germania nella Pasqua del 112598.
Tuttavia, il gruppo avverso aveva ormai affermato la propria capacità di opporsi allo schieramento dominante. Inoltre, si profilò uno scontro tra le istituzioni cittadine poiché se la Coniuratio basava la propria azione sul controllo dell’apparato arcivescovile, i suoi avversari potevano vantare un maggiore peso nella concio e nel consolato. L’opposizione si vide già nella stessa elezione di Anselmo, la quale avvenne in un’assemblea prettamente ecclesiastica, a cui parteciparono gli stessi soggetti intervenuti nella refuta del 112499,
documento nel quale intervennero solo i membri della Coniuratio. La contrapposizione in due blocchi è testimoniata dall’opposizione delle due istituzioni: mentre Anselmo V andò a Roma per discutere la propria posizione con il pontefice, la contio decretò l’esilio per tutti coloro che avessero provato a intercedere presso Roma riguardo a questioni di natura cittadina100. L’insuccesso delle trattative con il pontefice, soprattutto riguardo la questione
del pallio, rafforzò gli oppositori di Anselmo101. L’esilio dell’arcivescovo nel 1128, prima a
Lecco poi a Brebbia, è la prova del cambiamento ai vertici del regime cittadino102.
98 LANDOLFO IUNIORE, cap. 51, p. 43: «Sed sperans in Domino, persensi, quod dominus Olricus,
Mediolanensis archiepiscopus, prout moris et legis consuetudo exigit, pro rege Henrico oravit, et ei ramos palmarum per Landriansem Tealdum, Mediolanensis ecclesie egregium notarium, in Germaniam misit»; ZERBI, La Chiesa Ambrosiana, pp. 136-158.
99 LANDOLFO IUNIORE, cap. 52, p. 44: «Et subsequenter compulsus a promiscuo sexu mee
cognationis et vicinie, ab ipso meo offitio surexi atque ad Dominum Anselmum de Pusterla, a presbitero Nazario primicerio et ceteris clericis ordinariis et episcopis suffraganeis in archiepiscopum ellectum, perveni». Vi è un parallelismo con i soggetti intervenuti nel 1124, tutti di natura ecclesiastica: decumani, ordinari e suffraganei. La differenza principale rispetto alle elezioni precedenti è la mancanza di un qualsiasi riferimento a soggetti cittadini.
100 LANDOLFO IUNIORE, cap. 52, p. 44: «Sed cum idem archiepiscopus, secutus conscilium
quorundam capelanorum et primicerii, Petri vero Terdonensi episcopi, contra publicum interdictum cleri et populi Mediolanensis Romam ivit, michi quidem non sedit»; ZERBI, La Chiesa Ambrosiana, pp. 159-165.
101 LANDOLFO IUNIORE, cap. 52, p. 44: «Verumtamen ipse, ceu vir prudens et sapiens, cum papa
Honorio et cardinalibus ejus multa contulit, et conferendo ecclesiasticas consuetudines Ambrosiane ecclesie et honores eius archiepiscopatus et urbis vivis et bonis rationibus defendit. Unde ipse papa huic prudenti viro dixit: “Frater meditatus et episcopus venisti. Sed si vis frui auctoritate archiepiscopi in temporibus meis, necesse est ut stolam suscipias a manibus meis, aut sicut ego suscepi, ad altare sancti Petri”. Hinc dominus iste Mediolanensis Ribaldum, Albensem episcopum, adjuravit, ut sibi consuleret. Tunc Robaldus ille Albensis sic ait, quod prius sustineret nasum suum scindi usque ad occulos, quod daret sibi conscilium, ut susciperet Rome stolam, et ecclesie Mediolanensi prepararet hanc novam et gravissimam, quam Honorius papa dicebat sibi imponere, mensuram. Mediolanum igitur iste Anselmus archiepiscopus sine stolla rediit, et eundem Albensem episcopum secum reduxit. Verumtame archiepiscopalem sedem non ascendit, donec Ubertus de Meregnano, ejus scriba, non juravit, quod ipse dominus suum Anselmus nulli minuimento honoris ecclesie Mediolanensis consensit, et id ipsum Albensis ille episcopus Robaldus auctoritate sua confirmavit». ZERBI, La Chiesa
Ambrosiana, pp. 165-169.
102 LANDOLFO IUNIORE, capp. 52-53, p. 44-45: «Deinde pontifex iste Anselmus sedem et castella
archiepiscopatus in beneplacito cleri et populi recuperavit. Anselmus, in castelis habitans, intelexit, quod clerus et populus Mediolanensis nobilem principem Conradum cum ecclesiastica pompa et civili triumpho, conveniente regi naturali, suscepit. Cum autem clerus et populus idem de coronando rege ipso tractaret, pontifex idem Anselmus a Leuco descendit ad Modoetiam, qui est primus locus corone regis Ytalie. Ibique pernoctavit et conscilium redeundi ad montana suscepit. Et post trium dierum interpositionem castelum, quod dicitur Plebia, ascendit».
121
L’arrivo di Corrado di Svevia in Italia inserì la contrapposizione, di nuovo, in uno scontro tra due schieramenti: da una parte la pars Chunradi, identificabile con la coalizione delle forze di opposizione durante gli anni di Giordano da Clivio e di Olrico da Corte, e dall’altra la pars Lotharii, cioè la Coniuratio che aveva dominato dal 1116 al 1128. Ovviamente non vi fu una corrispondenza precisa dei gruppi: per esempio Landolfo Iuniore, strenuo oppositore di Giordano da Clivio e dei suoi alleati, finì in esilio con Anselmo V che era appoggiato dalla stessa coalizione che aveva supportato il da Clivio103. I rapporti tra le
due parti, probabilmente, non furono mai interrotti; l’obiettivo era quello di presentare una comunità cittadina unita durante le trattative con l’aspirante imperatore. Il compromesso venne trovato nel 1128 ed enfatizzato dalla cerimonia di incoronazione di Corrado104. Dal
patto sarebbe nato un nuovo regime politico: la pars Chunradi avrebbe dettato la linea politica e avrebbe favorito quei soggetti di cui deteneva la maggioranza. Emblematico fu il rinnovato potere dei consoli attestato sia nella documentazione cronachistica che in quella archivistica: nell’opera di Landolfo i consoli furono, per la prima volta, presentanti come forza autonoma e distinta dalle altre autorità cittadine. Due atti consolari del 1129 e del 1130 testimoniano, invece, come i consoli non solo agirono indipendentemente dall’arcivescovo ma furono capaci di giudicare lo stesso presule105. Tali ipotesi sono in continuata con quelle
già proposte da Paolo Grillo sui cambiamenti politici avvenuti attorno agli anni Trenta, giustificandoli, però, non solo con l’indebolimento del potere arcivescovile ma anche con la presa di potere da parte di una nuova forza politica106.
Il compromesso tra le partes, come già quello del 1111, scontentò alcuni soggetti, tra cui coloro che, durante il regime precedente, avevano occupato le posizioni di vertice per esempio la famiglia da Rho. Queste forze affrontarono la medesima emarginazione che gli
103 LANDOLFO IUNIORE, cap. 52, p. 43: «In illa enim die, in qua ellectionem iste Anselmus
archiepiscopatus suscepit, me, ut preessem suis capellanis, ellegit»; LANDOLFO IUNIORE, cap. 53, p. 43: «Et ego, non in amaritudine, ab ipso pontifice audivi, ut citissime Mediolanum adirem, et affectum civium omnium super hujusmodi regale negotium sibi renuntiarem».
104 LANDOLFO IUNIORE, cap. 53, p. 44: «sed ad plenitudinem contionis cleri et populi, convocatam
et congregatam Mediolani, quasi in hora tertia perveni […] De cetero ipse, quasi consentiens communi omnium gentium voto, in ecclesia sancti Michaelis, que est Modoetie, benedicxit et uncxit, et coronam ellecto Conrado in festi Sancti Petri posuit, altero episcopo astante regi coronando». ZERBI, La Chiesa Ambrosiana, pp. 169- 177.
105 Per il documento del 1129 vedi L. BESOZZI, Hoboedientia de Abiasca et de Clari, «Bollettino storico
della Svizzera italiana», 96 (1984), pp. 103-132, pp. 130-132; il documento, datato il 26 maggio 1129, trascritto nell’Arengo cittadino, si presenta come una carta finis nella quale la consorteria dei signori di Besozzo cedette tutti i beni fondiari spettanti alla Chiesa milanese, rappresentata dall’arcivescovo Anselmo e dai due Capitoli cattedrali cittadini. Questo documento fu prodotto per volontà dei consoli che avevano giudicato la causa e avevano imposto la scrittura dell’atto di refuta. L’importanza del documento è evidenziata in GRILLO, A
Milano nel 1130, pp. 225-230; A. LUCIONI, Gli esordi del monachesimo fruttuariense nella diocesi di Milano: il priorato di San Nicolao di Padregnano, «Archivio storico lombardo», 116 (1990), pp. pp. 11-74, p. 32. Per
il documento del 1130: MANARESI, n. 3, pp. 6-8.
122
intransigenti del 1111 avevano subito durante gli episcopati di Giordano da Clivio e Olrico da Corte. Le forze opposte al regime della pars Chunradi furono agevolate dalle difficoltà che l’autorità urbana stava affrontando sul piano sovralocale. Infatti, poco dopo l’incoronazione di Corrado, Anselmo V fu scomunicato da una sinodo tenutasi a Pavia107.
Le criticità aumentarono nel momento in cui alla diatriba imperiale si sovrappose una divisione in seno al papato: dal 1130 Innocenzo II, appoggiato da Lotario, e Anacleto II, appoggiato da Corrado, si scontrarono per il soglio pontificio. La conferma milanese dell’alleanza con lo Svevo e con il pontefice Pierleoni (Anacleto II) indebolì, ulteriormente, la posizione sovralocale della città: nel 1133 Innocenzo II innalzò la diocesi di Genova ad arcivescovato, depauperando la metropoli ambrosiana di una delle più importanti sedi suffraganee108. Le sconfitte sul piano extracittadino segnarono i destini della pars Chunradi
e la riscossa dei suoi oppositori.
In questo paragrafo si è presentata una continuità tra le forze dietro all’arbitrato del 1123 e la pars Chunradii. La prova di ciò deriva da un’analisi dei capitanei nelle liste documentarie: in particolare da un confronto tra la lista del 1123 e quella del documento del 1130 (TABELLA 5). Infatti l’atto del 1130 presenta dieci consoli capitaneali tutti appartenenti a famiglie già citate almeno una volta nei documenti degli anni precedenti109.
Tuttavia, la gerarchia con la quale furono disposti differisce da quelle antecedenti: in particolare i de Raude furono collocati in quinta posizione quando, nei passati elenchi, erano stati sempre i primi. Gli Advocatii, famiglia con forti legami con la struttura arcivescovile, nominati in terza posizione nel documento del 1125, furono posizionati in decima posizione. I primi tre nominati, invece, furono Arialdus Vesconte, Arialdus Grassus e Lanfrancus Ferrarius. Se la prima posizione dei Visconti si può comprendere – sebbene nel documento
107 LANDOLFO IUNIORE, cap. 55, p. 44: «Johanes igitur Cremensis, cardinalis Romanus, episcopos
sufraganeos et comprovinciales Mediolanensis ecclesie, ut excommunicaret Mediolanensem pontificem convocavit Papie. Quibus convocatis et cardinali per plures viros et sacerdotes ipse pontifex Mediolanensis mandavit, ne presumerent; sed ipsum per unius diei spatium expectarent. At Papienses, Cremonenses, Novarienses quoque et eorum episcopi et aliarum civitatum, predicantes hoc regium opus Anselmi contrarium Deo et magno regi Lotario, nequaquam illius pontificis legationem susceperunt; sed ipsum, prestante cardinale illo Johane, excommunicaverunt».
108 Le motivazioni dell’atto non furono incentrare solo nell’opposizione alla città lombarda ma
riguardarono anche i rapporti tra il Papato, Genova e Pisa. Su questo argomento vedi V. POLONIO, San
Bernardo, Genova e Pisa in San Bernardo e l’Italia, pp. 69-99; EAD., Tra universalismo e localismo: costruzione di un sistema (569-1321) in Il cammino della chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni, Genova
1999, pp. 77-210; EAD., Identità ecclesiastica, identità comunale: la memoria a Genova in Comuni e memoria
storica. Alle origini del Comune di Genova, Genova 2002, pp. 449-482.
109 I Visconti intervennero nel 1117 (Arialdo), nel 1119 (Marchisio) e nel 1129 (Arialdo); i da Corte
(Lanfranco), oltre a essere rappresentati dall’arcivescovo Olrico, furono nominati negli atti del 1119 (Ottone), del 1123 (Benno e Uberto) e del 1125 (Ottone e Lanfranco); i da Rho (Arnaldo) nel 1119 (Ariprando) e nel 1125 (Ariprando e Pellegrino); i da Settala (Manfredo) nel 1119 (Manfredo), nel 1125 (Lanfranco e Benno), i Della Torre (Arderico) nel 1125 (Arderico); i da Sesto nel 1117 (Arialdo); i Fante (Azzone) nel 1117 (Ottone); gli Avvocati (Anselmo) nel 1125 (Anselmo).
123
del 1119 fossero citati dietro ai da Rho, da Pusterla e da Landriano – più difficile giustificare il ruolo di primi piano degli altri due nomi; infatti, i Grassi e i Ferrari, nella prima parte del XII secolo, furono famiglie capitaneali di secondo piano110. Perché vennero nominate
davanti a famiglie evidentemente più rilevanti di loro? Un confronto con il documento del 1123 può aiutare nella risposta: dopo Anselmo della Pusterla, omonimo del futuro arcivescovo, troviamo gli stessi Arialdo Grassi e Lanfranco Ferrari dell’atto del 1130. I due gruppi sarebbero quindi in continuità e la posizione di rilevanza nel 1130 fu una conseguenza del rafforzamento della pars Chunradi nello spazio politico cittadino. All’innalzamento dei corradiani corrispose un abbassamento dei da Rho, leader del gruppo al potere fino al 1127 e rimasti fedeli alla pars Lotharii anche dopo il 1128111.