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La formalizzazione dello spazio politico urbano: i capitanei e le istituzioni milanes

2.1 Un “laboratorio consapevole” Verso l’affermazione della cittadinanza nella politica urbana (1111-1135)

2.1.4 La gerarchia dei capitanei urbani e l’autorità cittadina

La documentazione permette, per questo periodo, oltre alle considerazioni già effettuate sui soggetti politici, anche una prima analisi sugli schieramenti delle famiglie capitaneali. Infatti, gli atti pubblici presentano una lunga serie di personaggi intervenuti in determinate azioni giuridiche e che furono i maggiori rappresentanti politici della comunità milanese61. Questi elenchi (TABELLA 1) erano costruiti sulla base di una gerarchia

prestabilita strutturata a partire dall’honor dei singoli attori, ma non solo; infatti, l’appartenenza a uno schieramento politico avrebbe modificato l’ordine degli intervenuti. L’analisi di queste differenze permette, quindi, l’identificazione dei cambiamenti di potere all’interno del regime. I documenti presi in considerazione sono quelli di valore pubblico nei quali si possano trovare liste adeguate di testimoni62. A questo gruppo di atti si deve

59 A. ALBUZZI, Per una prosopografia dei da Bovisio. I secoli XI e XII attraverso le pergamene di San

Vittore di Meda in Deus non voluit, pp. 219-232.

60 Vedi capitolo 4°, pp. 210-212.

61 L’identificazione di questi personaggi con i rappresentati più influenti nello spazio politico cittadino

è confermata dalla presenza degli stessi personaggi in vari documenti, segno di una rilevanza attestata per un lungo arco di tempo. La conservazione sporadica della documentazione sarebbe un’altra prova poiché questi personaggi furono presenti in atti provenienti da azioni giuridiche differenti, accomunate solo dal valore pubblico che si volle assegnare al documento. Alcuni di questi personaggi furono capitanei urbani: Ariprando da Rho è attestato nell’assemblea del 1119 e nel documento del 1125; nel 1130, invece, venne sostituito dal figlio Arnaldo poiché probabilmente morto; Arialdo e Marchesio Visconti sono presenti, invece, nel 1117, nel 1119, nel 1129 e nel 1130; Manfredo e Lanfranco da Settala sono presenti nel 1119, nel 1125 e nel 1130; Ariprando, Anselmo e Landolfo da Pusterla sono attestati nel 1119, nel 1125 e nel 1130.

62 Si prenderanno in considerazione i seguenti documenti: la sentenza riguardo i benefici ecclesiastici

del vescovo di Lodi del 1117 (MANARESI, n. 1, pp. 2-3), il giudicato sulla diatriba tra decumani e cappellani del 1119 (GIULINI, vol. VII, pp. 84-88); l’arbitrato su Sant’Ambrogio del 1123 (ZERBI, Tra Milano e Cluny, pp. 218-223); la sentenza su Precipiano e Savignone nel 1125 (Lodi, n. 38); il contenzioso tra la chiesa milanese e la casata dei da Besozzo (BESOZZI, Hoboedientia, pp. 130-132) e la sentenza consolare su Calusco del 1130 (MANARESI, n. 3, p. 5-7).

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aggiungere un documento di natura incerta giuntoci solo attraverso due trascrizioni del XV secolo. Alcune caratteristiche dell’atto fanno credere che, almeno l’elenco di personaggi riportati, possa essere veritiero63.

Una prima considerazione concorda con l’opinione già espressa da Chris Wickham: in questi atti, vi è un’ampia presenza di famiglie aristocratiche di alto livello64. Anche

l’ordine gerarchico avrebbe esaltato la presenza di questi personaggi: i capitanei cittadini, il cui honor primeggiava nella realtà milanese per i legami particolari con il presule, furono sempre nominati nelle prime posizioni. Sebbene le famiglie dei capitanei fossero poche rispetto al numero di milites cittadini, la loro esposizione in questi documenti è altissima65:

nel documento del 1117 su diciannove consoli attestati, i capitanei furono sei, corrispondenti ai primi sei nominati66. Nel 1125 su trentasei nomi ben quindici appartennero a famiglie di

capitanei67. Una buona presenza è riscontrabile anche nell’elenco del 1119 con sette

personaggi provenienti da questo gruppo68. I capitanei (TABELLA 2) non furono gli unici

personaggi vicini al presule a essere nominati; furono citate altre famiglie di milites appartenenti, o che ne avevano fatto parte, dell’entourage arcivescovile come i da Carate, i Crivelli o i Medici69.

Diverso si presenta, invece, l’elenco del 1123 (TABELLA 3)70. Per primo, la

presenza di capitanei fu percentualmente minore con cinque attestazioni su trenta nominati71. Tuttavia, la differenza maggiore si riscontra nella gerarchia interna all’elenco.

Questa non rispetterebbe a pieno l’honor dei capitanei: sebbene i primi tre nomi facciano

63 Il documento si presenta come la volontà da parte di un’assemblea cittadina, nel 1119, di esentare da

qualsiasi carico fiscale verso Milano la comunità monastica di Pontida. La testimonianza è presente in due opere, una del XVI secolo (B. CORIO, Storia di Milano, vol. I, p. 140) e una del XVII secolo ma prodotta da un autore del XV secolo (T. CALCO, Historiae Patriae. Libri viginti accesserunt epitome singulorum

librorum, Milano 1627, pp. 152-153; per la difficile redazione di quest’opera vedi F. PETRUCCI, Tristano Calco, «DBI», 16 (1973), pp. 537-541). Le due testimonianze differiscono per alcuni particolari ma fecero

riferimento entrambe a una lapide appesa sulle mura del teatro, apposta per commemorare il fatto. La tipologia giuridica utilizzata sembra fare riferimento ad un’azione extra istituzionale. La veridicità di questo atto può essere provata dalla coerenza dei nomi citati con i personaggi attivi negli schieramenti cittadini di questo periodo. La trascrizione utilizzata è quella presente in MANARESI, n. 2, pp. 4-5.

64 WICKHAM, Sonnambuli verso un nuovo mondo, pp. 47-50.

65 MAIRE VIGUEUR, Cavalieri e cittadini, pp. 277-287.

66 MANARESI, n. 1, pp. 2-3.

67 Lodi, n. 38

68 MANARESI, n. 2, pp. 4-5.

69 Sui da Carate si consideri la rilevanza di Pietro da Carate all’interno della coalizione favorevole a

Grossolano: LANDOLFO IUNIORE, cap. 30, p. 18. Sui Crivelli vedi A. CASO, I Crivelli. Una famiglia tra

politica, società ed economia nei secoli XII e XIII, Roma 1994. Sui Medici emblematico è il caso di Loterio

«qui dicor Medicus» che avrebbe partecipato alla crociata del 1101 come provato dal suo testamento prodotto nell’eventualità della morte «in via de Ierusalem»: Atti privati, IV, n. 895, pp. 634-635.

70 ZERBI, Tra Milano e Cluny, pp. 218-223.

71 Nel documento del 1123, quindi, i capitanei sarebbero il 17% degli intervenuti; una cifra inferiore

rispetto alle altre attestazioni: nel documento del 1117 erano circa il 31%, nel 1119 circa il 20%, nel 1125 circa il 44%, nel 1130 circa il 43 %.

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riferimento a vassalli arcivescovili, gli altri due membri furono inseriti in posizioni meno rilevanti (decima e undicesima attestazione) dopo personaggi collocati, in altri elenchi, in posizioni inferiori rispetto all’alta aristocrazia.

Un caso emblematico è quello di Malastreva: importantissimo iudex, attivo in varie istituzioni cittadine fino agli anni Quaranta, proveniva però dai Burri, una famiglia sicuramente rilevante nell’ambito urbano che, tuttavia, non poteva vantare concessioni arcivescovili72. Perciò, la sua posizione nei vari elenchi corrispose alla natura della sua

famiglia: non solo fu secondario rispetto ai capitanei urbani ma anche ai milites più vicini all’arcivescovo73. Nel documento del 1123, invece, il suo nome fu posizionato come quinto,

in una posizione rilevante e prima di alcuni capitanei. Per comprendere le anomalie di questo documento bisogna considerare le motivazioni della scrittura di questo atto: il documento testimonia il tentativo da parte di un gruppo di potere di attaccare le posizioni della coalizione dominante, la Coniuratio, ed esautorare gli uomini al comando attraverso cambiamenti radicali nei rapporti tra la città e il Papato. L’operazione non andò a buon fine poiché la Coniuratio riuscì a rispondere al tentativo di opposizione e a consolidare, momentaneamente, la propria posizione. L’elenco testimonierebbe, quindi, un tentativo di sovvertire l’autorità politica; perciò nella scelta della gerarchia fu considerata la rilevanza dei singoli personaggi all’interno della coalizione oltre che l’honor degli intervenuti. Il confronto con documenti prodotti in un periodo successivo, dopo che la Coniuratio perse il proprio potere e lo schieramento avverso acquisì il primato in città, confermerà questa ipotesi. L’elenco del 1123 prova come le motivazioni di una determinata distribuzione dei testimoni non obbedirono a un singolo parametro, ma fecero riferimento a una serie di fattori politici sussistenti in un determinato momento.

Un altro documento contiene un elenco ancora più particolare. La sentenza del 1119 (TABELLA 4) riguardante la disputa tra decumani e cappellani introduce una lista completamente diversa dalle altre74: nessuna delle quattordici famiglie nominate è presente

non solo negli altri elenchi analizzati ma in nessun altro documento pubblico fino alle guerre contro il Barbarossa. Sicuramente non fecero parte della cerchia arcivescovile ma è possibile che non appartenessero neanche al gruppo dei milites. Alcune di queste famiglie presentano una formula del cognomen molto particolare e desueta per personaggi rilevanti75: alcuni

72 Per la famiglia Burri vedi WICKHAM, Sonnambuli verso un nuovo mondo, pp. 52-54.

73 Un esempio è quello della famiglia dei Mainerii, inserita nella cerchia dei da Rho; vedi capitolo 4°, p.

218.

74 GIULINI, vol. VII, pp. 84-88.

75 Per il rapporto tra cognomi e azione politica vedi S. COLLAVINI, Sviluppo signorile e nuove strategie

onomastiche in Studi di storia offerti a Michele Luzzati, Pisa 2009, pp. 73-85; un interessante studio sull’area

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fanno riferimento a un mestiere (Berclerius de Piscaria, Petrus qui dicitur Pristinarius), altri a un luogo cittadino (Lanterinus de inter duos muros, Ubizonus de Compodo), altri ancora non presentano una formula del cognomen ma solo riferimento al patronimico (Lanfrancus filius quondam Lotarii, Amizo filius quondam Maginfredi)76. È praticamente impossibile

poter identificare dal punto di vista sociale queste famiglie poiché sono pochissime le loro attestazioni nel XII secolo. Alcuni indizi si trovano nelle prime citazioni di queste famiglie nelle magistrature cittadine tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo: gli incarichi coinciderebbero, in alcuni casi, con periodi identificati come popolari nel regime comunale. Un caso emblematico è quello dei Marcellini, una delle famiglie più importanti nella societas popolare nel XIII secolo, intervenuti in questo atto con due membri (Ardericus qui dicitur Marcellinus e Bregungius qui dicitur de Marcellinis)77. Si può ipotizzare che queste famiglie

facessero parte del gruppo delle vicinie, che, già dai tempi di Anselmo IV, furono particolarmente attive nell’acquisizione e nella difesa delle proprie prerogative78. Infatti,

l’atto riguardava uno dei temi che appaiono più importanti per questi soggetti: la cura animarum cittadina79. Pur non avendo certezza di questa identificazione, sembra chiaro che

i nominativi facessero parte di un gruppo di potere attivo in città, differente da quelli precedentemente nominati. Sebbene anche loro fossero parte del sistema cittadino non furono mai citati esplicitamente con i rispettivi nomi, se non in questo caso80.

437-456. In quest’epoca molte delle famiglie dell’élite cittadina facevano riferimento al proprio luogo di origine (da Rho, da Landriano, da Settala) altre invece alla propria funzione (Visconti, Avvocati); più difficile trovare un metro di riferimento nei cognomi delle famiglie di strati sociali inferiori, le quali, però, non sembrano adottare i riferimenti utilizzati dalle famiglie del 1119.

76 I riferimenti al proprio mestiere non furono comuni negli altri personaggi intervenuti nei documenti

pubblici; invece, esistono famiglie di stirpe aristocratica che facevano riferimento ad alcuni luoghi cittadini (da Porta Romana, da Porta Orientale, da Palazzo) ma erano sempre edifici dalle chiare valenze pubbliche. Infine, il ritardo della presenza del cognomen è inusuale nell’area milanese, dove già dalla fine dell’XI secolo, tutte le famiglie aristocratiche presentavano un cognomen standardizzato, segno di una concezione di casata ormai formalizzata.

77 GRILLO, Milano in età comunale, pp. 338-343.

78 Sui rapporti tra vicinie e apparato politico a Milano l’analisi si limita ancora alle informazioni, relative

al XIII secolo, in GRILLO, Milano in età comunale, pp. 485-493.

79 La città di Milano vide uno dei primi esempi di strutturazione di un preciso sistema parrocchiale a

seguito delle esigenze pastorali della cittadinanza; per approfondimenti vedi M. RONZANI, Aspetti e problemi

delle pievi e delle parrocchie cittadine nell’Italia centro-settentrionale in Pievi e parrocchie in Italia nel basso Medioevo (secoli XIII-XV), Roma 1984, vol. I, pp. 307-349; A. PALESTRA, Considerazioni e note sulla formazione e sviluppo delle parrocchie nella diocesi di Milano, «Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana»,

2 (1971), pp. 137-169.

80 La difficoltà di individuare la base di potere di queste famiglie deriva dalle caratteristiche della

documentazione: il numero di atti riferiti ad attività cittadine è molto limitato e pochi di questi riguardano attività produttive o commerciali. Una realtà documentaria del genere tende a enfatizzare il potere derivante dai beni fondiari e signorili e mettere in secondo piano le altre attività.

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