l’origine dei capitanei urbani e rurali (1045-1111)
1.1 Il periodo della frammentazione: l’assenza di un modello alternativo (1045-1085)
1.1.4 La vittoria dei capitanei urbani: l’ascesa di Tedaldo da Landriano (1075-
1085)
La realtà cittadina cambiò con l’inizio degli anni Settanta, nei quali si tentò una prima formalizzazione della configurazione politica. Le scelte effettuate, d’altro canto, rispecchiarono le trasformazioni socio-politiche degli anni precedenti. Conclusa la fase convulsa degli episcopati di Gotofredo e Attone, nel 1075 si tenne una nuova elezione arcivescovile. La designazione avvenne con una modalità non dissimile da quella utilizzata ai tempi di Guido da Velate, prova ulteriore di come la cittadinanza si rifacesse ancora a una
misericordia, sed ira et ambitione et vesania detestabili suffulto, ut postea apparuit et visum est in aperto, sub iureiurando constricti mutuo firmaverunt, quatenus sacerdotes omnes et levitas a die illa et deinceps uxorem habere non paterentur, et sollicite ac manifeste, nec vitam nec mortem timentes, et omnium sacerdotum acta quae usque ad id tempus egerant, quanti periculi sunt quantaeque iniquitatis, populo ac civibus universis oberrare panderetu».
62 LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 15, pp. 84: «Hoc facto Arialdus quasi leo confidens et in
omnibus congratulans, hospitio receptus est; et veniens Mediolanum, omnia quae Romae fecerat, suis collectis operuit. Cum autem in urbe Herlembaldus et Arialdus venissent, paulo plus in solito sacerdotes sub uxoria occasione in cunctis actibus et verbis laicorum perplurimis illis adiunctis vituperabant. Cumque illis omnia prosperabantur in manibus, magis ac magis accendebantur. Si enim casu sacerdotem invenirent ministerium divinum celebrantem, qui suis non obtemperasset monitis, illico quasi facti vesani a sacris multis obiurgationibus retrahebant altaribus. Interea Herlembaldus ut a placiti initium habuit, secrete die ac nocte iuvenes civitatis ordinis utriusque populi et nobilium fortissimos duci ad se faciebat; quos complectens, in singulorum colla ruens, ad iusiurandum quod antea Arialdus et Landulfus fecerant, ut pataliae placitum tenerent, multis donis multisque pro missis studiose alliciens impingebat. At illos quos nec donis nec promissis nec ullis adulationibus sibi adiungere poterat, aut minis aut blanditiis illorum filios de fontibus trahens sacris sibi adsociabat. Dum haec agebantur, Herlembaldus Landulfus et Arialdus theatrum et inopinate prosilientes, turpiter de sacerdotibus coram omni populo concionati sunt. Itaque animis universorum sciscitatis, sacerdotes quos uxoratos invenire poterant, iuvenum freti iuramentis ac multitudine vulgi conducta, quorum voces et facta vile pretium movebat, turpiter tractari permittebant».
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cultura tradizionale63. Tuttavia, un piccolo particolare testimonia come la configurazione
politica stesse cambiando: Landolfo Seniore, infatti, afferma che la delegazione inviata a Enrico IV era stata selezionata «communi conscilio», un termine utilizzato tra la fine dell’XI secolo e la prima metà del XII secolo per identificare un’iniziativa presa con il coinvolgimento e l’appoggio dell’intera cittadinanza. Enrico IV, come il padre, decise di non nominare nessuno dei rappresentanti inviatigli; invece, nominò nuovo arcivescovo Tedaldo, membro della corte regia e uomo di fiducia del sovrano64. Eppure, in questo caso, la
decisione dell’imperatore non causò in città nessuna opposizione come ai tempi di Guido da Velate; Tedaldo, infatti, prese possesso della cattedra arcivescovile, apparentemente senza opposizione, a differenza di Gotofredo e di Attone. Arnolfo esemplifica il rapporto senza contrasti tra l’arcivescovo e la popolazione con la formula «susceptus est presul ille a clero et a populo»65. Lo stesso Gregorio VII, tenace avversario nel decennio di arcivescovato di
Tedaldo, ammise in una lettera il vasto appoggio iniziale dell’arcivescovo: ammonendolo di non farsi consacrare, sostenne che, in caso contrario, non lo avrebbero salvato neanche «quanta tibi sint in rege presidia quanta in tua nobilitate potentia quanta etiam in civibus adiutoria»66 presentandoci, così, le fondamenta del potere cittadino del nuovo presule.
La lettera del pontefice contiene un primo indizio per capire la pacifica accettazione di Tedaldo: tra gli elementi favorevoli al suo governo vi sarebbe l’appartenenza a una nobile
63 LANDOLFO SENIORE, lib. IV, cap. 2, p. 99: «Post paucos interea dies clerici et laici
Mediolanensium communicato ex communi conscilio, eorundem civium et malorum, callidorum et simulatorum, qui provocant iram Dei, faece eliminata, sectarumque nequissimarum errore purgato, clericorumque multorum zinzaniis fugatis, tres viros diacones et notarium ad imperatorem, ut quem cumque anulo et virga laudando consentiret, archiepiscopum tenerent, unanimiter direxerunt». ARNOLFO, lib. V, c. 5, p. 158-160: «Interea legatis Mediolanensium ex clero et populo re prefeta regem adeuntibus, Tetaldus quidam Mediolanensis ecclesie subdiaconus capella militabat in regia».
64 LANDOLFO SENIORE, lib. IV, cap. 2, p. 99: «Quibus curiae regali representatis, imperator tacite
quid isti aut Thealdus, quem diu animi et corporis scientia praepollentem cognoverat, valerent recogitans, tandem domnum Thealdum virum valentissimum, ex regia camera honorifice ornatum, ac anulo et virga sublimatum, cunctorum astantium vocibus laudatum, praesentibus civibus et absentibus universis dedit, atque ut honorifice Mediolanum reciperetur ac haberetur amicabiliter imperavit». Landolfo Seniore lo identificò come un notaio della chiesa ambrosiana incaricato di portare la lancia dell’imperatore durante una battaglia: LANDOLFO SENIORE, lib. III, cap. 31, p. 99: «Cum altera autem dies venisset, imperator Henricus summo die crepuscolo suorum militum universorum viribus collectis et animatis, et domno Tealdo sanctae Mediolanensis ecclesiae notario lanceam ipse custodiente, cum viginti mille militibus hoc in praelio nimia cupiditate anelantibus, armatorum virtute et animorum sagacitate hostes unanimiter continuo invadendo, fortiterque lanceis et ensibus atque sagittis feriendo in fugam convertit». Le scarse informazioni sui chierici della diocesi ambrosiana nella cappella imperiale non ci permettono di conoscere la posizione di Tedaldo, seppur la sua non dovevano essere un’eccezione. Infatti, nel 1037, quando Corrado II nominò un nuovo arcivescovo al posto di Ariberto da Intimiano, la scelta ricadde su un prete Ambrogio che oltre a essere ordinario della Chiesa milanese era pure cappellano dell’imperatore. ARNOLFO, lib. II, cap. 14, p. 96: «Stabilita igitur deliberatione, presulatum tradidit Ambrosio Mediolanensis ecclesie cardinali presbitero suoque capellano, etsi videntibus, non tamen volentibus episcopis».
65 ARNOLFO, lib. V, cap. 5, p. 160.
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stirpe67. Il pontefice non fu l’unico a sostenere la nobiltà della famiglia di Tedaldo, la quale
venne identificata da Hagen Keller con quella dei da Landriano68. Originari di una località
compresa tra Milano e Pavia, i da Landriano si inserirono nel mondo urbano prima della metà dell’XI secolo come certificato da un atto del 105369. Testimonianze successive
pongono i da Landriano nella vassallità vescovile70. Si può quindi affermare, con relativa
certezza, che Tedaldo appartenesse all’aristocrazia cittadina. La sua nomina fu un profondo cambiamento nelle dinamiche dell’elezione episcopale: fino a quel momento, gli arcivescovi di Milano erano originari di famiglie appartenenti a capitanei rurali. Sebbene molti di questi religiosi fossero attivi già da diverso tempo nella Chiesa cittadina, li avrebbe accomunati una sostanziale estraneità all’ambiente urbano. La famiglia di Landolfo da Carcano (979- 998) era originaria di una località a poche miglia da Como e, nel XI-XII secolo, giocarono le proprie carte più sulla città di Como che sul capoluogo lombardo71; Arnolfo II (998-1018)
era un da Arsago, località nel Seprio72; Ariberto (1018-1045) apparteneva ai da Intimiano,
luogo non lontano da Carcano73. Di Guido e Gotofredo si è già detto.
La scelta di nominare un arcivescovo più vicino alla realtà cittadina fu una novità, che sarebbe divenuta in breve tempo una consuetudine. Infatti, tranne due casi – Grossolano (1102-1112) e Robaldo (1135-1145)74 – di presuli esterni alla diocesi e due arcivescovi di
cui non si può essere sicuri della provenienza urbana - Giordano da Clivio (1112-1122) e Milone da Cardano (1187-1195)75 – tutte le altre nomine, fino agli inizi del XIII secolo,
provennero dai capitanei urbani. La localizzazione dell’autorità cittadina da metà dell’XI
67 L’appartenenza a uno strato sociale tra i più elevati era fondamentale nella politica milanese per poter
ascendere alle posizioni più alte della gerarchia politica; si può così comprendere l’enfasi di Andrea da Strumi, all’inizio della sua opera, nel dimostrare la nobile nascita di Arialdo: ANDREA DA STRUMI, capp. 1-4, pp. 54-66.
68 KELLER, Signori e vassalli, p. 85, nota 57; ZUMHAGEN, Tedald von Mailand (1075-1085):
Erzbischof ohne civitas in Bene vivere in communitate: Beiträge zum italienischen und dutschen Mittealter, Hagen Keller zum 60. Geburstag überreicht von seinen Schülerinnen und Schülern, Münster 1997, pp. 3-24,
p. 8, nota 28; ID., Religiosë Konflikte, p. 99 nota 5.
69 Gli atti privati, III, n. 366, pp. 41-45.
70 Landolfo Iuniore presentò Amizone da Landriano nel 1104 come «rigidus et sapiens capitaneus
Mediolanensium» (cap. 19, p. 13); invece, nel 1128 è presente «Guido de Landriano ellectus capitaneus»: LANDOLFO IUNIORE, cap. 53, p. 33.
71 TROCCOLI-CHINI–LIENHARD, La diocesi di Como (fino al 1884) in La diocesi di Como.
L’arcidiocesi di Gorizia. L’amministrazione apostolica ticinese, poi diocesi di Lugano. L’arcidiocesi di Milano, Basilea-Francoforte sul Meno 1989, pp. 109-114; P. GRILLO, Il vescovo Guido Grimoldi e il gruppo dirigente comasco in due documenti inediti del secolo XII, «Archivio storico della diocesi di Como», 11 (2000),
pp. 115-130.
72 E. BERETTA, Note sulla famiglia dell’arcivescovo Arnolfo II d’Arsago (secc. VIII-XI) in Ricerche
storiche sulla Chiesa ambrosiana, VII, Milano 1977, pp. 32-41.
73 M. BASILE WEATHERILL, Una famiglia “longobarda” tra primo e secondo millennio. I parenti e
le proprietà di Ariberto in Ariberto da Intimiano, pp. 311-333.
74 A. LUCIONI, Robaldo, «DBI», 87 (2016), pp. 759-761.
75 Su Giordano da Clivio vediI. SCARAVELLI, Giordano da Clivio, «DBI», 55 (2000), pp. 238-239;
per Milone da Cardano vedi M. PELLEGRINI, L’«ordo maior» della Chiesa di Milano (1166-1230), Milano 2009, pp. 57-61.
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secolo avrebbe comportato una chiara affermazione della comunità milanese nella scelta del proprio pastore. In questo periodo, inquadrabile grossomodo tra la metà dell’XI secolo e il papato di Innocenzo III, la nomina dell’arcivescovo fu prerogativa della cittadinanza e figlia, quasi esclusivamente, delle dinamiche di potere interne alla città76.