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La destinazione di scopo dell’art 2645 ter c.c.

2. L’atto di destinazione patrimoniale

La singolarità dell’art. 2645 ter è nella commista disciplina sostanziale e pubblicitaria del patrimonio separato. Benché la collocazione sistematica, tra le norme sulla trascrizione del sesto libro del codice civile (e non tra i singoli contratti del quarto libro), deponga per altra conclusione, specie ove si propendesse per la tassatività degli effetti (art. 2645) e non già dell’atto oggetto di trascrizione (art. 2643) (553), è tuttavia plausibile la qualifica dell’art. 2645 ter in termini di norma di diritto sostanziale, avente ad oggetto un autonomo tipo negoziale, dotato di proprio sostrato causale quale è, appunto, la destinazione allo specifico scopo: è in questi termini che l’art. 2645 ter definirebbe la forma della separazione patrimoniale, ne delimiterebbe ratione temporis l’efficacia, disciplinando l’indistraibilità dei beni vincolati ed il corrispondente regime espropriativo.

I dubbi sollevati, specie in giurisprudenza, sulla valenza sostanziale della norma derivano dalla constatazione che in tal guisa il legislatore avrebbe introdotto la controversa figura del negozio traslativo atipico (554), dovendosi perciò ritenere che l’art. 2645 ter non disciplini un autonomo tipo negoziale, ma solo un effetto negoziale accessorio ad altri, obbligatori (555) e finanche reali (556), prodotti da altro negozio complesso, a causa tipica o atipica (ma meritevole di tutela), che per i beni immobili e mobili registrati postuli, poi, il veicolo formale dell’atto pubblico.

Valga osservare, a questo proposito, che già s’è escluso che il trasferimento dal

settlor al trustee potesse reputarsi, sic et simpliciter, gravato da nullità, in quanto negozio

astratto: anche il negozio traslativo atipico, quando sorretto da causa lecita, trarrebbe fondamento nello stesso principio d’autonomia contrattuale dell’art. 1322, comma 2, c.c.,

possono formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori dell’imprenditore o del prestatore di lavoro.

(552) Così è, limitandoci alla fattispecie del codice civile, per il fondo patrimoniale (art. 167) e per i fondi speciali di previdenza ed assistenza (art. 2117).

(553) Sul tema, GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Milano, 1998, p. 71 ss. L’A. osserva come non si tratti di questione solo teorico-ricostruttiva: convenutosi che la trascrivibilità riguardi gli effetti, non l’atto, potrebbe ritenersi valido, e dunque opponibile erga omnes, anche il trasferimento di proprietà erroneamente trascritto in forza d’una permuta (o d’una donazione), in luogo d’una compravendita.

(554) Trib. Trieste, Ufficio del Giudice tavolare, 7 aprile 2006, in Notariato, 2006, 539, dove l’art. 2645 ter è definito «anomala disposizione normativa».

mentre la causa traslativa deriverebbe dal (collegato) negozio istitutivo del trust, la cui meritevolezza è stata sancita per legge, e segnatamente con la ratifica della Convenzione de L’Aja del 1985 (557).

In senso non dissimile, l’esegesi più restrittiva che disconosce valenza sostanziale all’art. 2645 ter darebbe per presupposta l’esistenza, nel nostro ordinamento civilistico, d’un atto di destinazione disciplinato aliunde e tale da non poter essere opposto ad alcuno in difetto della trascrizione dell’art. 2645 ter, il che, ovviamente, non sarebbe, per la soggezione del trust interno alla legge straniera.

3. L’unilateralità

S’è detto che destinazione e separazione non sempre convergono, adducendo il regime delle pertinenze, destinate in modo durevole a servizio o ornamento d’altro bene (art. 817 c.c.), ma non per questo separate dal restante patrimonio del proprietario della cosa principale. Orbene, dal vincolo pertinenziale la destinazione dell’art. 2645 ter diverge perché costituente un patrimonio separato di fonte negoziale (558), diversamente dalla destinazione pertinenziale che, quale «atto giuridico in senso stretto» (559), sarebbe di contro sottratta alle norme di diritto comune sui vizi del consenso.

Sennonché, posta la negozialità dell’atto destinatorio, se ne dovrebbero poi precisare la natura e struttura, non avendo il legislatore all’uopo statuito alcunché.

Al pari del trust autodichiarato e del patrimonio destinato allo specifico affare (art. 2447 bis), l’atto costitutivo del vincolo (reale) di destinazione potrebbe esaurisi nell’atto unilaterale del proprietario (560), o titolare d’altro diritto reale di godimento (561), avendo il nostro legislatore consentito quel che sarà vietato in Francia, una volta approvata la legge sulla fiducie che non consentirebbe, per converso, alcuna sovrapposizione soggettiva tra

(556) S’intende, in caso d’attribuzione traslativa della massa separata dal conferente al fiduciario.

(557) Trib. Bologna, 1 ottobre 2003, in Vita not., 2003, 1297.

(558) QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contr. e

impr., 2006, 1722.

(559) BIANCA, Diritto civile, VI, Milano, 1999, p. 67.

(560) In questo caso, la struttura sarebbe la stessa dell’atto di dotazione della fondazione, già qualificato quale negozio unilaterale di destinazione da FERRARA, Le persone giuridiche, Trattato di diritto civile diretto da Vassalli, III, t. 2, Torino 1956, p. 240. D’altra parte, nell’art. 2645 ter chi costituisce il vincolo è, con formula indifferente alla struttura dell’atto di destinazione, il «conferente», non il disponente.

(561) Sulla falsariga di quanto prevede il capoverso dell’art. 817 c.c. per la destinazione al vincolo pertinenziale.

disponente e trustee (562). L’unilateralità dunque risolverebbe l’effetto di destinazione (statica) nella sfera giuridica del disponente, in assenza d’attribuzione traslativa al terzo gestore (563).

Si tratterebbe d’atto recettizio, a tutela della sfera personale del beneficiario, altrimenti invasa dall’altrui determinazione volitiva (564), mentre non rileverebbe l’assenza di onerosità-corrispettività, poiché nulla osta alla gratuità dell’atto atipico, quando diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela (565).

La fattispecie è simile alla fondazione o alla concessione (unilaterale) di ipoteca (566), salva l’assenza d’effetti reali, ove si convenisse che il disponente s’obblighi soltanto (567), nei confronti dei beneficiari (568), a non distrarre la massa separata dal vincolo di destinazione apposto nell’interesse altrui. Se così fosse, la destinazione unilaterale dell’art. 2645 ter non darebbe luogo ad una nuova forma di proprietà, contrariamente a quanto ritenuto, in forza degli artt. 2 e 11 della Convenzione de L’Aja, per la separazione dei beni in

trust da quelli personali del trustee (569).

L’unilateralità dell’atto di destinazione potrebbe consentirne l’inclusione tra le promesse unilaterali: l’effetto obbligatorio si produrrebbe perché previsto dalla legge, senza

(562) S’osservi, a questo proposito, che già l’art. 1, comma 4, del Progetto di legge n. 3972, recante la disciplina della destinazione di beni in favore di soggetti portatori di gravi handicap per favorirne l’autosufficienza, previde che il disponente potesse assumere le funzioni di gestore.

(563) Quanto al trattamento fiscale, poiché non produce effetti traslativi, né avrebbe valore patrimoniale, l’atto dovrebbe assoggettarsi ad imposte fisse di registro ed ipotecaria.

(564) L’atto di destinazione patrimoniale sarà perciò notificato al beneficiario, a cura del notaio rogante e nell’indirizzo dichiarato dal conferente.

(565) Principio espresso, con riguardo al contratto, dalla Cass., 28 gennaio 2002, n. 982, in

Giur. it., 2002, 1836: «Il contratto atipico non può essere limitato solo ai contratti a prestazioni

corrispettive, o più in generale ai soli contratti a titolo oneroso, in quanto la lettera dell’art. 1322 c.c., pone come unico limite quello che essi siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento, e non può certamente ritenersi che sia meritevole di tutela solo ciò che è oneroso. Ne consegue che, in astratto, ben possono le parti, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, porre in essere contratti atipici a titolo gratuito, salva la meritevolezza degli interessi cui sono diretti (nella fattispecie in esame il contratto atipico posto in essere dalle parti è assimilabile ad un contratto di mandato a vendere le auto o ad una commissione, privo di corrispettivo, quindi, a titolo gratuito, dotato di una propria causa, cioè di una obiettiva funzione economico - sociale)».

(566) Nel senso che l’atto costitutivo d’ipoteca ben possa configurarsi come negozio unilaterale, potendo constare anche della sola volontà del concedente, senza che vi sia bisogno, per la nascita del vincolo, dell’accettazione del creditore (dalla quale deriverebbe, invece, un negozio a struttura contrattuale, risultante da un accordo bilaterale tra concedente e beneficiario), v. Cass., 14 ottobre 2005, n. 19963, in Giust. civ. Mass., 2005, 10.

(567) Tanto da poter configurare una obbligazione reale atipica.

(568) Ai quali non sarebbe trasferito, né a titolo di godimento, né in garanzia, alcun ius in re. (569) Trib. Bologna, 1 ottobre 2003, in Vita not., 2003, 1297.

alcun vulnus, dunque, alla tassatività dell’art. 1987 c.c. (570), benché la destinazione patrimoniale dell’art. 2645 ter soggiaccia, al pari d’ogni altro atto atipico, al vaglio di meritevolezza del capoverso dell’art. 1322 c.c. (571).

L’assenza d’una proposta contrattuale all’indirizzo del beneficiario escluderebbe, infine, un contratto con obbligazioni del solo proponente (art. 1333 c.c.).

4. La contrattualità

L’atto unilaterale dell’art. 2645 ter è, dunque, l’omologo del trust autodichiarato, dove il disponente conserva, in qualità di trustee, la proprietà della massa separata. Diversamente, alla mera devoluzione di scopo potrebbe aggiungersi la cessione della massa destinata al terzo chiamato a gestirla (572): in quel caso, la destinazione (c.d. dinamica) originerebbe da un contratto, la cui causa fiduciae giustificherebbe, al pari delle altre cause traslative tipiche (vendita, donazione, permuta), l’effetto traslativo in favore del fiduciario (573).

L’attribuzione al terzo fiduciario ovvierebbe agli inconvenienti d’una separazione patrimoniale statica che perdurasse oltre la vita del disponente e favorirebbe l’azione di realizzazione del fine di destinazione, che l’interessato potrebbe esercitare quand’anche il conferente fosse deceduto.

Potrebbe forse ammettersi, qui, la configurabilità d’un contratto a favore del terzo (574), tanto più ove si considerasse come la fattispecie non sconti limitazioni sulla natura e contenuto della prestazione da rendersi al beneficiario (575). L’interesse dello stipulante certo

(570) A norma del quale, giova ricordarlo, la promessa unilaterale di una prestazione non produce effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge.

(571) La clausola del controllo giudiziario sulla meritevolezza dell’interesse perseguito dal disponente è espressamente richiamata dall’art. 2645 ter, in applicazione dell’art. 1324 c.c. che estende le norme sui contratti agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.

(572) L’attribuzione traslativa al trustee potrebbe peraltro precedere l’istituzione del trust che, in tal modo posticipata alla dichiarazione del trustee, assuma la struttura del trust autodichiarato: cfr. LUPOI, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod. civ. quale framento di tust, in Trusts e

attività fiduciarie, 2006, 171.

(573) QUADRI, La destinazione patrimoniale, Napoli, 2004, p. 284 ss.

Il fisco è invece propenso a riconoscere valore patrimoniale all’attribuzione fiduciaria (che la dottrina qualifica come atto gratuito non liberale: cfr. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, in

Riv. dir. civ., II, 2006, 167), con applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale con

l’aliquota del tre per cento.

(574) In tal prospettiva, stipulante sarebbe il disponente, promittente il fiduciario, terzo il beneficiario (persona con disabilità, pubblica amministrazione, ovvero altro ente o persona fisica cui possa riferirsi la meritevolezza del capoverso dell’art. 1322).

(575) Cass, 14 novembre 1986, n. 6688, in Giust. giv. Mass., 1986, fasc. 11: «Nel contratto a favore di terzo (per la cui validità si richiede un interesse dello stipulante, ancorché di qualsiasi natura e quindi anche solo morale) non sussistono limiti in ordine alla qualità ed al contenuto della

dovrebbe coincidere con l’interesse meritevole di tutela del capoverso dell’art. 1322, mentre la destinazione di scopo potrebbe esser revocata o modificata solo sino a quando il beneficiario non avesse dichiarato, anche in confronto del fiduciario, di volerne profittare (art. 1411, comma 2). Anche in questo caso la costituzione o il trasferimento del diritto reale (al fiduciario) avverrebbe senza la partecipazione del terzo beneficiario all’atto costitutivo o traslativo: se si muove dal principio della libertà delle forme, l’adesione del beneficiario (ovvero la dichiarazione di volerne profittare), non incidendo sulla perfezione del vincolo ma limitandosi piuttosto ad eliderne la caducità, non richiederebbe forma alcuna (576), sì da potersi validamente desumere da facta concludentia (577).

La configurabilità d’un contratto a favore di terzo peraltro colliderebbe col principio per cui il credito per la prestazione promessa possa essere azionato dal solo beneficiario (578): a norma dell’art. 2645 ter, per la realizzazione dello scopo è invece legittimato ad agire «qualsiasi interessato», compreso lo stesso conferente; legittimazione, questa, ben diversa da quella concessa, sebbene iure proprio, al genitore promissario del trasferimento immobiliare a titolo di mantenimento del figlio minore, che pure non ha escluso la fattispecie dell’art. 1411 c.c. (579).

Ove il vincolo contrattuale fosse riferito al rapporto tra conferente e beneficiario, con l’impegno di questi a non esigere alcunché dal terzo gestore, potrebbe prospettarsi un contratto simulato, come tale improduttivo d’effetti tra le parti (art. 1414 c.c.). La illiceità del contratto dissimulato, concluso in frode ai creditori (art. 2740 c.c.), renderebbe ammissibile la prova per testi richiesta dall’interessato.

prestazione da rendersi al terzo, la quale può consistere in un “dare”, in un “facere”, in un non “facere”, presente o futuro, od anche nella costituzione di un diritto reale. Pertanto, con detto contratto, ben può costituirsi una servitù prediale a vantaggio di un fondo altrui, purché tale costituzione risponda ad un qualsiasi interesse (non necessariamente patrimoniale) dello stipulante».

(576) In specie non sarebbe richiesta, nemmeno per attrazione, la forma solenne, indispensabile per l’opponibilità, mediante trascrizione, dell’atto destinatorio.

(577) Si leggano, in questo senso, i motivi del Trib. Cagliari, 30 marzo 2005, in Foro it., 2006, I, 1247, circa l’obbligo assunto dal coniuge nei confronti dell’altro, incluso tra le condizioni di divorzio, di trasferire alla figlia minore la nuda proprietà d’un immobile, e quindi sulla dichiarazione resa dal curatore, e trasfusa nel verbale di udienza, di volerne profittare ai sensi e per gli effetti dell’art. 1411 c.c.

Altro dal contratto a favore di terzo è la fattispecie, per vero non molto dissimile, dell’usufrutto che il donante può riservare, sui beni donati, a vantaggio (proprio e poi) del terzo beneficiario che deve tuttavia accettare l’offerta in suo favore (poiché, diversamente, il donatario della nuda proprietà acquisterebbe il pieno dominio, alla cessazione dell’usufrutto del donante) (art. 796).

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