La destinazione di scopo dell’art 2645 ter c.c.
9. L’interesse meritevole di tutela, nell’art 2645 ter
L’expressio causae dell’art. 2645 ter è, in tutta evidenza, nell’interesse soddisfatto dal vincolo di scopo, prima facie riferito a terzi diversi dal conferente ed avente natura ora patrimoniale, ora morale, e finanche egoistico-individuale (629), quando se ne escludesse la necessaria pubblica utilità che sola avrebbe giustificato, un tempo, il limite imposto alla libera circolazione della ricchezza (630).
Se è ultronea una qualificazione della meritevolezza in termini di utilità sociale, pare
(626) La critica è qui rivolta alla teorica della predeterminazione causale, che peraltro non darebbe ragione dell’illiceità del contratto nominato: cfr., sul punto, la Cass., 15 ottobre 2001, n. 12510, in Foro pad., 2002, I, 20, ove è deciso che anche nei contratti tipici potrebbe configurarsi una illiceità della causa, quando le parti direttamente perseguissero uno scopo contrario a fondamentali principi etico-giuridici.
In senso analogo si legga, da ultimo, la Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, in
www.cortedicassazione.it.
(627) La cui liceità (in concreto), che giustificherebbe ex se l’effetto di segregazione, va valutata con riguardo alla Convenzione dell’Aja ed al limite (dell’ordine pubblico) dell’art. 16, l. 31 maggio 1995, n. 218.
(628) Così come non potrebbe parimenti trascurasi la utilità sociale della libera iniziativa economica privata (art. 41, comma 2, Cost.).
(629) A veder bene, già l’estensione a «qualsiasi interessato» della legittimazione ad agire per la realizzazione dello scopo potrebbe associare la meritevolezza ad un interesse generale non dissimile da quello sotteso all’azione di nullità (art. 1421 c.c.), oltre i limiti altrimenti imposti dalla relatività del contratto (art. 1372 c.c.).
(630) Il riferimento è, ovviamente, al requisito già richiesto per il riconoscimento della fondazione.
manchevole, tuttavia, ridurla al solo vaglio di liceità dell’art. 1343 c.c.: lo scopo deve poter essere positivamente apprezzato, all’esito d’una valutazione assiologico-comparativa degli interessi coinvolti, parimenti leciti ma affatto contrapposti. Solo a queste condizioni il vincolo di destinazione potrebbe prevalere sull’affidamento del terzo alla libera circolazione dei beni, una volta assolto, s’intende, l’onere di trascrizione. Se così non fosse, d’altra parte, dovrebbe coerentemente concludersi che anche la stravaganza, la futilità o vanità, ancorché lecite, prevalgano, per ciò solo, sull’interesse del creditore all’integrrità della garanzia dell’art. 2740 c.c. (631).
Il criterio comparativo non altererebbe l’equilibrio istituzionale tra iurisdictio e
legislatio (632), poiché è proprio il legislatore che, con l’ausilio della clausola generale (o elastica), ha demandato alle magistrature il rinnovamento della razionalità assiologica del sistema giuridico (633). In ogni caso, né al giudice, né al notaio rogante è devoluta una discrezionalità tale da esorbitare nell’arbitrio, poiché anche la meritevolezza dell’art. 2645
ter deve conformarsi a valori obiettivi, espressione del diritto positivo (634).
Quest’esegesi collima con quelle dottrine che, prima dell’introduzione dell’art. 2645
ter, fondarono la responsabilità limitata sull’interesse ad una destinazione qualificata d’una
quota del patrimonio, se ed in quanto si fosse trattato d’interesse degno di prevalere
(631) GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter c.c., in Giust. civ., 2006, 169.
(632) Contra VETTORI, Atto di destinazione e trust: prima lettura dell’art. 2645 ter, in
Obbligazioni e contratti, 2006, 777.
(633) Esclude che simile conclusione avalli un eccessivo ampliamento della discrezionalità dell’interprete FRANCO, Il nuovo art. 2645 ter cod. civ., in Notariato, 2006, 232, argomentando che la norma invero asseconda la funzione dell’esegeta di «sviluppare ed integrare l’immanente portata storica, logica ed assiologica implicita nell’astratta ipotesi normativa; in coerenza con la funzione promozionale – in una con quella regolamentare – del diritto e con la definizione di questo come esperienza giuridica complessiva ovvero come cultura».
(634) Solo così potrebbe mitigarsi l’obiezione, parimenti plausibile, per cui non spetti né al notaio, né al giudice, ma al legislatore soltanto, la valutazione di sintesi degli interessi meritevoli di tutela, tra i quali selezionare quelli degni di prevalere: VETTORI, Atto di destinazione e trust: prima
lettura dell’art. 2645 ter, in Obbligazioni e contratti, 2006, 777, dov’è concluso che «eventuali dubbi
sulla scelta normativa che consente la separazione patrimoniale e l’opponibilità di ogni vincolo di destinazione volontario e lecito può solo essere oggetto di un controllo da affidare ai Giudici della legge, senza forzare ciò che essa dice o privarla del suo contenuto impegnativo».
Potrebbe peraltro sostenersi che la meritevolezza della destinazione dell’art. 2447 bis talvolta non discenda dalla mera liceità dello specifico affare intrapreso dalla società per azioni, come dimostrerebbe la clausola di responsabilità illimitata per le obbligazioni derivanti da fatto illecito (art. 2447 quinquies, comma 3) che evidentemente esprime una valutazione legislativa, formulata ex ante, sulla prevalenza dell’interesse della vittima ex delicto a soddisfarsi sull’intero patrimonio della società debitrice, benché l’integrale risarcimento non assurga a principio di rango costituzionale.
L’interesse alla separazione patrimoniale prevarrebbe in termini assoluti in materia finanziaria, dove la confusione del patrimonio dell’intermediario col patrimonio dell’investitore è configurata quale ipotesi di reato (art. 168 T.U.F.).
sull’affidamento dei creditori nell’universalità della garanzia generica (635). Per questo la Corte di Cassazione, prima della novella del n. 3 dell’art. 46 l. fall. (636), decise che i beni del fondo patrimoniale fossero esclusi dal fallimento, in quanto, pur appartenendo al fallito, avrebbero composto un patrimonio separato, destinato a soddisfare scopi meritevoli di prevalere sulle istanze di giustizia distributiva dell’art. 2740 c.c. (637). Ed a logiche analoghe corrispondono le limitazioni alla sostituzione fedecommissaria, ammessa solo a tutela dell’interdetto, non per soddisfare altro diverso fine o interesse del testatore (contrastante col principio della libera circolazione dei beni).
Per il prossimo futuro non è escluso possa assistersi, quale correttivo del vaglio notarile (638) ed in funzione della maggior certezza del diritto, ad una progressiva tipizzazione giurisprudenziale dei modelli di separazione patrimoniale dell’art. 2645 ter.
(635) BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, 251, nel presupposto del numerus clausus dei patrimoni separati.
(636) Giusto l’art. 43, comma 1, lett. a), d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, giova ricordarlo, tra i beni non compresi nel fallimento espressamente ora compaiono, oltre ai frutti derivanti dalliusufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’art. 170 c.c.
(637) Cass., 20 giugno 2000, n. 8379, in Giust. civ., 2000, I, 2584.
(638) Poiché l’opponibilità dell’atto di destinazione ne richiede la forma solenne (sia pure ad
transcriptionem), va da sé che il primo giudizio di meritevolezza dell’interesse del conferente è
compiuto proprio dal notaio, il che non escluderebbe, ovviamente, l’eventualità d’un successivo sindacato giudiziale sul punto, oltre che sull’illiceità o revocabilità dell’atto destinatorio. Pur assumendo quale referente un dato obiettivo, quale è il trattamento riservato dal diritto positivo agli interessi contrapposti, il giudizio di meritevolezza si presta a valutazioni affatto discrezionali e, potenzialmente, dagli esiti discordanti. Per questo la sentenza che, ex post, giudicasse immeritevole l’interesse del conferente potrebbe esporre il notaio alla responsabilità dell’art. 28 della Legge 16 febbraio 1913, n. 89 (che vieta la ricezione di atti espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico). All’inconveniente prima facie rimedierebbe una meritevolezza che si risolvesse nella ponderata verifica della mera liceità (cfr. Cass., 6 febbario 2004, n. 2288, in Resp. civ. e prev., 2004, 1049, dove la validità del contratto atipico, siccome diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, è condizionata alla sola conformità alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume) equiparando, almeno sotto questo aspetto, la destinazione dell’art. 2645 ter al trust di diritto straniero, ma al costo d’una irragionevole sperequazione con la limitazione di responsabilità del fondatore o dell’associato, che pure soggiace a penetranti sistemi di controllo, amministrativo e giudiziale, sulle modalità di gestione del patrimonio autonomo, dunque sull’effettività della sua destinazione allo scopo.
Circa i presupposti dell’autonomia patrimoniale degli enti del primo libro del codice civile, valga qui osservare, incidentalmente, come le immobilizzazioni improduttive imposero, in un sistema che privilegiò la massima circolazione della ricchezza, una caratterizzazione dello scopo in termini di pubblica utilità, poi divenuta utilità sociale, quindi nei limiti della possibilità e liceità del terzo comma dell’art. 1, d.p.r. 10 febbraio 2000, n. 361 che potrebbe ora non precludere la possibilità d’una destinazione patrimoniale in funzione d’un più ampio spettro di interessi, anche individuali, purché meritevoli di tutela.