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Il termine di durata della destinazione patrimoniale

La destinazione di scopo dell’art 2645 ter c.c.

7. Il termine di durata della destinazione patrimoniale

Come nel diritto inglese (rule against perpetuities), anche il nostro sistema positivo non ammette vincoli di scopo perpetui, imponendone la durata massima di novant’anni, e comunque non oltre la vita del beneficiario (599). Allo stesso modo, il contratto di fiducie non può eccedere i novantanove anni, benché nelle discipline del trust internazionale proliferino modelli per i quali non è prescritta alcuna limitazione temporale (600).

(594) Che pure caratterizza, unitamente alla limitazione di responsabilità dell’art. 2740, ogni patrimonio separato siccome destinato ad uno specifico scopo, sia esso di pura liquidazione ovvero d’altra natura.

(595) Cass., 14 ottobre 2004, n. 20292, in Arch. locazioni, 2005, 430, onde la conclusione che al creditore che avesse pignorato i crediti per canoni di locazione dovuti al proprio debitore sia inopponibile il decreto di omologazione della separazione consensuale che assegni l’immobile locato al coniuge di quest’ultimo, qualora il provvedimento fosse stato trascritto in epoca successiva al pignoramento.

(596) E’ appena il caso di osservare, a questo riguardo, come gli artt. 2643 e 2645 bis si riferiscano ad atti che «devono» rendersi pubblici col mezzo della trascrizione.

(597) A norma del quale, è bene ricordarlo, il notaio (o altro pubblico ufficiale) che ha ricevuto l’atto deve trascriverlo nel più breve tempo possibile.

(598) Cfr. la Circolare 7 agosto 2006, n. 5/T.

(599) Quando si tratti, ovviamente, di beneficiario persona fisica.

(600) La costituzione di un trust potrebbe dunque esser preferita alla destinazione atipica di diritto interno che soggiace, diversamente dal primo, ai limiti temporali dell’art. 2645 teri c.c.

Il favore legislativo per la piena proprietà accomuna il termine di durata massima della destinazione patrimoniale dell’art. 2645 ter alla temporaneità dell’usufrutto (art. 979 c.c.), sì da escludersi, ove beneficiaria fosse una persona fisica, la disponibilità mortis causa del diritto correlato alla destinazione reale (601).

Rispetto alla indistraibilità dei beni destinti, come l’ottava parte del prezzo con riguardo all’inadempimento di non scarsa importanza nella vendita con riserva di proprietà (artt. 1455 e 1525 c.c.), così le limitazioni temporali della norma in commento corrispondono al conveniente limite di tempo dell’art. 1379 c.c. (602), esteso dalla giurisprudenza anche a fattispecie diverse dal patto di non alienare (603).

Trattandosi di limitazione d’ordine pubblico economico, la clausola che contemplasse una durata eccedente quella di legge risulterebbe nulla e sarebbe perciò sostituita dalla norma imperativa violata (art. 1419, comma 2), quando se ne escludesse l’essenzialità che, diversamente, invaliderebbe l’intera destinazione patrimoniale (art. 1419, comma 1), nonostante la meritevolezza, in astratto, dell’interesse perseguito dal conferente (604).

Diversa, e ben più problematica, sarebbe l’eventualità, affatto verosimile, in cui l’atto di destinazione non contemplasse alcun termine di durata. Specie in caso di destinazione c.d. statica, la separazione s’esaurirebbe nella sola sfera del disponente che assumerebbe una obbligazione, in difetto d’attribuzione traslativa a terzi, nei riguardi del beneficiario. Alle carenze del regolato potrebbe perciò supplire il giudice, che deciderebbe, sulla falsariga di quanto disposto per l’art. 1183 c.c. (605), secondo equità (art. 1374 c.c.), oppure avendo riguardo alla finalità perseguita dal conferente (art. 1362 ss.) (ciò che sottintendererebbe una determinazione temporale già dedotta, seppur implicitamente, nell’atto di destinazione) (606).

(601) Decisamente complesso è, invece, stabilire se possa ammettarsi, com’è per l’usufrutto (Cass., 27 marzo, 2002, n. 4376, in Giust. civ., 2002, I, 2781), la cessione inter vivos del credito (nei confronti del conferente o terzo fiduciario), che lo renderebbe suscettibile di successione testamentaria, quando il cessionario decedesse prima del cedente primo beneficiario.

(602) Col quale evidentemente riceve tutela, oltre la pienezza del diritto dominicale inficiata dalla indistraibilità del bene dalla destinazione di scopo, anche l’interesse del mercato alla più ampia circolazione della ricchezza.

(603) Cass., 17 novembre 1999, n. 12769, in Contratti, 2000, 456.

(604) In buona sostanza, quando risultasse che il disponente avrebbe comunque costituito il patrimonio separato, nonostante la minor durata di legge del vincolo reale, s’attua una sostituzione di diritto della clausola nulla, analogamente a quel che accade per la locazione eccedente i trent’anni (art. 1573), ovvero per il patto di non concorrenza ultra quinquennale (art. 2596), in ordine ai quali i termini di durata saranno ridotti, rispettivamente, a trenta e cinque anni: cfr. GALGANO, Diritto civile

e commerciale, II, 1, Padova, 1993, 336.

(605) PARTISANI, Il termine d’adempimento, in FRANZONI (a cura di), Le obbligazioni, I, 1, Torino, 2004, 401.

(606) Nell’un caso, al giudice spetterebbe un potere determinativo-costitutivo (com’è per il termine d’adempimento dell’art. 1183); nell’altro, per converso, un potere di mero accertamento.

Altro dal termine finale d’efficacia sarebbe, ove se ne ammettesse l’applicabilità, l’avveramento della condizione sospensiva dell’art. 462 c.c., che subordinerebbe l’iniziale efficacia della destinazione patrimoniale, oggetto di disposizione testamentaria, alla nascita del beneficiario. La designazione, quale beneficiario, del concepito o del nascituro non ancora concepito potrebbe avvenire anche inter vivos, ove l’art. 784 c.c. non fosse considerato norma di stretta applicazione, ai sensi dell’art. 14 prel. (607).

Altro dall’ordine pubblico interno, quale limite all’autonomia privata (artt. 1343 e 1418 c.c.), è l’ordine pubblico internazionale dell’art. 18 della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, che ha invece riguardo a principi di nazioni di civiltà affine, in modo da poter consentire il riconoscimento, in Italia, del trust per il quale la legge straniera richiamata consenta un vincolo di destinazione sine die.

Del pari, altro dal vincolo reale di destinazione sono le servitù prediali che impongono un peso sopra un fondo per l’utilità d’altro fondo appartenente a diverso proprietario (art. 1027 c.c.), non a diretto vantaggio del diverso proprietario-beneficiario: la maggior utilità sociale giustificherebbe, in questo caso, la costituzione d’un vincolo perpetuo, che pure partecipi dell’atipicità della destinazione oggettiva dell’art. 2645 ter (608). Per questo la clausola del regolamento di condominio che apponga un vincolo d’indisponibilità sulle singole unità immobiliari mutua la perpetuità dalla costituzione d’una servitù reciproca, senza scontare le limitazioni temporali dell’art. 2645 ter (609).

Nulla osta a che le parti accludano al regolato specifiche cause di scioglimento del vincolo di scopo, distinte dal decorso del termine finale, in conformità a quanto

(607) CATAUDELLA, Successioni e donazioni. La donazione, nel Trattato diretto da Bessone, V, Torino, 2005, p. 79, nel senso che «l’art. 784, pur non comportando un’anticipazione della capacità giuridica del nascituro, detta una disciplina speciale rispetto alle regole comuni sulla capacità giuridica, almeno nel senso che pone in essere un congegno volto a preservare l’esplicarsi anche in relazione al passato di una capacità giuridica futura».

(608) PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., II, 2006, 189. (609) Nemmeno si tratterebbe d’una obbligazione propter rem, quando l’onere esuli dalla tipicità d’una previsione legale, menomando il basilare principio di relatività del contratto, che ha forza di legge soltanto tra le parti (art. 1372).

Qualifica come servitù reciproca il vincolo del regolamento condominiale con efficacia anche nei confronti degli aventi causa delle parti originarie l’App. Milano, 9 giugno 2004, in Giur.

milanese, 2004, 406. Sulla qualificazione in termini d’obbligazione propter rem (come tale passibile

d’estinzione per prescrizione) del divieto di esercitare attività scolastica negli appartamenti in proprietà esclusiva dei condomini, si veda, invece, la Cass., 5 settembre 2000, n. 11684, in Giur. it., 2001, 446. Nello stesso senso il Trib. Firenze, 15 settembre 1990, ivi, 1993, I, 2, 373, con riguardo alla convenzione stipulata tra Comune e privato concernente l’obbligo di destinazione perpetua di aree a parcheggio.

espressamente previsto, per i patrimoni destinati allo specifico affare, dall’ultimo capoverso dell’art. 2447 novies (610).

Diversamente dal fondo patrimoniale, la destinazione dell’art. 2645 ter potrebbe esser revocata o consensualmente risolta, infine, senza necessità d’una pronuncia giudiziale (611).

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