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L’opponibilità del vincolo di destinazione alle obbligazioni da fatto illecito

Il fondo patrimoniale

8. L’opponibilità del vincolo di destinazione alle obbligazioni da fatto illecito

Diversa questione è se anche l’impignorabilità dei beni destinati ai bisogni della famiglia dipenda dalla natura dell’atto o fatto alla fonte del debito (personale) inadempiuto.

Quando se n’è occupata, la dottrina s’è espressa, in sostanza, favorevolmente alla più ampia precettività del principio di equivalenza delle fonti dell’obbligazione: premesso che

(415) BIANCA, Questioni di diritto patrimoniale della famiglia, Padova, 1989, p. 117.

(416) Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, cit., in motivazione. Va qui segnalato che la prevalenza del vincolo di scopo sul titolo dell’obbligazione non è motivata dal S.C. attraverso l’applicazione analogica, della quale si dirà più oltre, del limite all’espropriabilità concepito per l’obbligazione da contratto, né poteva essere altrimenti, atteso che l’inopponibilità del vincolo di scopo alle obbligazioni da fatto illecito (connesse ai bisogni della famiglia) costituisce una applicazione, non già un’eccezione, del più generale principio dell’art. 2740 c.c.

Nel senso che sarebbe legittimato a soddisfarsi sui beni del fondo anche il creditore ignaro della estraneità del debito ai bisogni della famiglia,AULETTA, Il fondo patrimoniale, Comm. al cod.

civ. diretto da Schlesinger, Milano, 1992, sub art. 170, p. 325. Al riguardo, v. anche GALASSO e TAMBURELLO, Del regime patrimoniale della famiglia, cit., 305.

(417) BIANCA, Questioni di diritto patrimoniale della famiglia, cit., 116, le cui argomentazioni sono fedelmente riprodotte nella parte motiva della Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, in Famiglia e

dir., 2004, 351.

l’elemento distintivo delle obbligazioni per le quali non possa procedersi in executivis sul fondo patrimoniale è dato dalla estraneità ai bisogni della famiglia, s’è concluso che il vincolo di destinazione potesse opporsi anche alla obbligazione ope legis, quando in alcun modo connessa allo scopo dell’art. 167 c.c. Diversamente, s’argomentò, il fondo patrimoniale avrebbe risposto anche dell’arricchimento ingiustificato (art. 2041 c.c.) del patrimonio (personale) di ciascun coniuge (420), menomando la ratio della separazione patrimoniale del diritto di famiglia.

L’equivalenza delle fonti dell’obbligazione è così estesa anche al fatto illecito del coniuge, attraverso l’applicazione analogica del limite d’inespropriabilità dall’art. 170 c.c. riferito alle obbligazioni ex contractu (421). In questo modo, quale ne sia la fonte, è esclusa una responsabilità del fondo patrimoniale per obbligazioni che esulino dal vincolo di scopo (422) che dunque prevarrebbe, in ogni caso, sulla natura (contrattuale o aquiliana) del titolo esecutivo.

Una simile impostazione è coerente col principio di equivalenza già enunciato dal S.C., alllorché il criterio identificativo dei crediti ammessi a soddisfarsi in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo fu individuato non già nella natura delle obbligazioni (ex contractu o

ex delicto), bensì nella relazione esistente tra il fatto che le avesse generate ed i bisogni della

famiglia, con la conseguenza che, ove la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio, ancorché consistente in un fatto illecito, avesse avuto inerenza diretta ed immediata con le esigenze familiari, dovesse ritenersi operante la regola della piena responsabilità del fondo (423). In tal modo, il patrimonio separato dell’art. 167 c.c. differirebbe dai beni in comunione

(419) Questo, in estrema sintesi, il fatto deciso dalla Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, cit.

supra.

(420) GABRIELLI, voce Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 301: «Qualche dubbio è sorto, invece, con riguardo alla determinazione obiettiva delle obbligazioni di cui è escluso il soddisfacimento coattivo: che secondo alcuni interpreti, puntigliosamente attenti alla formulazione letterale, sarebbero soltanto quelle di fonte contrattuale; ma la sostanziale infondatezza d’una simile limitazione appare evidente, sol che si consideri, per esempio, un credito per ingiustificato arricchimento del patrimonio personale d’uno solo dei coniugi».

(421) BIANCA, Diritto civile, 2, Milano, 2001, p. 137: «Sebbene la formula normativa faccia riferimento ad obbligazioni nascenti da contratto, s’impone la sua applicazione analogica ai debiti aventi titolo extranegoziale, nel senso che il fondo non risponde per debiti aventi un titolo extranegoziale estraneo ai bisogni della famiglia (es.: illecito extracontrattuale)».

(422) Sulla estensione del vincolo di destinazione ex art. 170 c.c., Cass., 7 gennaio 1984, n. 134, già citata.

(423) Cfr. Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, nella motivazione che può leggersi per esteso in

Famiglia e dir., 2004, 351 ss., della quale è qui di seguito riportato un passo piuttosto significativo:

«il tenore dell’art. 170 c.c., ai sensi del quale non è consentita l’esecuzione sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale per debiti estranei ai bisogni della famiglia, e sempre che i creditori siano edotti di tale finalità, rende evidente che è l’oggettiva destinazione dei debiti assunti alle esigenze familiari che segna la possibilità di aggressione di detti beni e frutti da parte dei creditori, in piena coerenza

legale: poiché i creditori personali del coniuge non possono agire sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale, né chiedere la liquidazione della quota del coniuge loro debitore, la disciplina della comunione legale, che patrimonio separato non è, potrà esser richiamata solo per regolare la gestione e l’amministrazione del fondo patrimoniale, non anche per definirne il regime di responsabilità (424).

S’è obiettato che, in questo modo, si ridurrebbe sensibilmente la garanzia generica dei creditori personali da fatto illecito, assecondando finalità elusive che assicurerebbero al coniuge una immunità aquiliana in violazione di principi di ordine pubblico, giacché la vittima dell’illecito, specie quando parte offesa dal fatto-reato, sconterebbe le limitazioni temporali dell’azione pauliana, dovendo altresì provare la conoscenza e la dolosa preordinazione del pregiudizio (scientia e consilium fraudis) per potere agire esecutivamente sui beni del fondo patrimoniale (425). All’obiezione potrebbe replicarsi, tuttavia, che l’universalità della responsabilità patrimoniale da tempo non è più concepita quale principio d’ordine pubblico, come dimostrato dal riconoscimento di modelli giuridici stranieri di limitazione della responsabilità, come il trust e l’Anstalt (426), e nondimeno, ora, dalla destinazione atipica dell’art. 2645 ter.

D’altra parte, è pur vero che dalla condanna aquiliana inflitta al singolo coniuge deriverebbe un debito personale: benché alla separazione patrimoniale non corrisponda alcuna alterità soggettiva, è plausibile che, negando l’opponibilità del vincolo di scopo alla obbligazione derivante da fatto illecito, s’introduca, in sostanza, una responsabilità per debito altrui, dunque un criterio di imputazione non contemplato nel titolo nono del quarto libro del codice civile (427).

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