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Il trust di common law

4. Il trust e la fiducia

Nella struttura basilare, il trust è assimilabile alla fiducia (463), e segnatamente alla fiducia c.d. dinamica, quando il settlor trasferisca il cespite vincolato al trustee, che ne divenga intestatario obbligandosi però ad amministrarlo nell’esclusivo interesse del disponente o di un terzo (beneficiary) (464).

(460) ZOPPINI, Fondazioni e trusts (spunti per un confronto), in Giur. it., 1997, 41.

(461) MANES, La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è, dunque, norma sugli

effetti, in Contr. e impresa, 2006, 629.

(462) LUPOI, Gli atti di destinazione nel nuovo art. 2645 ter cod. civ. quale frammento di trust, in Trusts e attività fiduciarie, 2006, 172, nel senso che tutto ciò che è nell’atto di destinazione dell’art. 2645 ter è anche nel trust che tuttavia presenterebbe, rispetto allo schema fiduciario di diritto interno, maggior completezza regolamentare.

(463) Sui concetti di proprietà fiduciaria e di contratto fiduciario, GALGANO, Diritto civile e

commerciale, II, 1, Padova, 2004, 517 ss. Sul tema anche PUTTI, Negozio fiduciario, cit., 927; GRASSETTI, Trust anglosassone, proprietà fiduciaria e negozio fiduciario, in Riv. dir. comm., 1936, I, 548 ss., dove si osserva come il trust estate assecondi le stesse esigenze pratiche sottese allo

Zweckvermögen: la destinazione permanente d’un dato patrimonio (o sua frazione) ad un determinato

scopo; sulla Zweckvermögenstheorie, (ovvero teoria dei patrimoni destinati ad uno scopo), più diffusamente M.BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, 99 ss.

(464) Sul distinguo tra fiducia c.d. statica, nella quale il fiduciario è già titolare del diritto che si obblighi a trasferire all’altro contraente o al terzo, e fiducia c.d. dinamica, dove il negozio

La semantica tradisce il limite della fiducia, che è nell’affidamento che il fiduciante riponga nella probità e lealtà del fiduciario che potrebbe validamente disporre del diritto trasferitogli, anche in violazione dell’obbligo assunto. Il discrimen è, dunque, nella mera obbligatorietà del vincolo di destinazione che non ne consentirebbe l’opponibilità ai terzi (465), mentre l’istituto anglosassone garantisce una segregazione patrimoniale ad efficacia reale (466) che, attraverso i rimedi reipersecutori (tracing o following the trust) approntati dall’equity, accorda al costituente (ed al beneficiario) una tutela ben più incisiva di quella altrimenti riconosciutagli in civil law (467).

Altro dalla fiducia romanistica, basata sul trasferimento al fiduciario del diritto, pieno ed assoluto, dell’art. 832, è la fiducia c.d. germanistica, specie ove si convenga che non attribuisca al trustee alcuna proprietà di diritto comune (468), legittimandolo piuttosto ad esercitarla (469), nelle forme del deposito in amministrazione o della gestione patrimoniale che tuttavia attribuirebbe al fiduciario ogni potere, compreso quello di alienare i beni del

fiduciario è invece preceduto da un atto di trasferimento del diritto del fiduciante al fiduciario, v. Cass., 18 ottobre 1991, n. 11025, in Giust. civ. Mass., 1991, fasc. 10.

(465) E’ appena il caso di osservare che nell’eventualità in cui il bene fosse alienato in violazione del vincolo di scopo, il fiduciante potrebbe agire nei riguardi del fiduciario per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, ma non anche nei riguardi del terzo avente causa, rispetto al quale il pactum fiduciae non produce effetto alcuno. Sullo iato tra fiducia romanistica e trust, anche PUTTI, Negozio fiduciario, cit., 927.

(466) GRASSETTI, Trust anglosassone, proprietà fiduciaria e negozio fiduciario, cit., 552 ss. (467) GAMBARO, Trust, in Dig. disc. priv., XIX, Torino, 1999, p. 457: «La particolarità della

law of trust rispetto al nostro diritto delle relazioni fiduciarie nasce dal fatto che il diritto inglese ha

avuto meno esitazioni del nostro, e degli altri diritti di civil law, a considerare che se un bene è affidato ad un terzo fiduciae causa con una destinazione di scopo, esso non entra nel patrimonio di costui al medesimo titolo di altri beni, e quindi non è a disposizione dei suoi creditori i quali possono aggredire solo i beni che appartengono a quest’ultimo nel senso che essi sono destinati a soddisfare il suo interesse al quale quello dei creditori è preferibile, mentre qualunque bene entri nella sfera formalmente proprietaria di un soggetto per essere da questo gestito al fine di soddisfare un interesse alieno rimane al servizio di quello scopo e non vi è ragione che ne sia distratto per soddisfare l’interesse dei creditori del suo occasionale gestore».

(468) Nella fiducia germanica, la proprietà, nei termini noti al civilista italiano siccome trasfusi nell’art. 832 c.c., è stata talvolta riconosciuta al fiduciario ricorrendo all’espediente della soggezione a condizione risolutiva.

(469) La diversa conformazione, basata sulla ammissibile scissione tra titolarità ed esercizio del diritto, derivava, nel sistema tedesco, dal § 185 B.G.B., per cui anche il non titolare avrebbe potuto validamente disporre della res, purché autorizzato dal titolare. Sul tema, GAZZONI, Manuale

di diritto privato, Napoli, 2003, 958.

Sulla titolarità del fiduciante, Cass., 14 ottobre 1997, n. 10031, in Notariato, 1998, 307: «La separazione dei beni conferiti dai fiducianti rispetto al patrimonio della società fiduciaria è principio vigente nel nostro ordinamento fino dalla emanazione della disciplina della società fiduciaria. Nel rapporto con la società fiduciaria al fiduciante è riconosciuto lo status di “effettivo proprietario”, in virtù del quale gli è attribuita una tutela di carattere reale, azionabile in via diretta ed immediata nei confronti di ogni consociato».

fiduciante reinvestendone i frutti percetti, con l’obbligo di rendere il conto della gestione (470).

Poiché il settlor non è esposto agli abusi del trustee, già nei primi decenni del secolo scorso la dottrina italiana ritenne di non poter svilire il trust ad un mero rapporto fiduciario (471). E’ la realità del vincolo di scopo connaturato alla proprietà fiduciaria la ragione della progressiva diffusione del trust anche in ambito continentale, giacché la dual ownership preclude la pignorabilità dei beni segregati ai creditori personali del trustee, salvaguardando l’affidamento del beneficiario dalla pretesa del terzo creditore o avente causa del trustee (472). L’atto dispositivo produce una deminutio patrimonii per il disponente, non anche un corrispondente arricchimento del trustee, che non potrà ritrarre alcun vantaggio (se si eccettuano i compensi dovuti per l’attività gestoria) dalla titolarità del fondo fiduciario, così da escludersi un contratto di donazione. Ciò non significa, tuttavia, che si tratti d’un atto traslativo astratto, poiché l’indefettibile requisito causale può trarsi aliunde, e segnatamente nella segregazione patrimoniale divisata nell’atto istitutivo (473): il pactum fiduciae assurge a

(470) Trib. Trani, 29 settembre 2003, in Società, 2004, 488: «Nell’ambito dell’amministrazione fiduciaria delle azioni e dei valori mobiliari (di tipo germanistico) deve distinguersi tra una fiducia c.d. statica e una fiducia c.d. dinamica, facendo specifico riferimento al complesso dei poteri conferiti dal fiduciante al fiduciario. Mentre la prima (detta anche deposito in amministrazione) si fonda sulla pattuizione che la proprietà dei titoli rimane in capo al fiduciante con l’obbligo da parte della società fiduciaria di restituire gli stessi titoli ricevuti, i quali non si confondono mai con il suo patrimonio mobiliare, l’amministrazione dinamica (detta anche gestione patrimoniale) conferisce alla società fiduciaria ogni potere, compresi anche quelli di vendere i titoli stessi e di reinvestire i frutti percepiti, con il solo obbligo di restituire al fiduciante il risultato utile della gestione, in denaro o in titoli, con il relativo rendiconto; in questo secondo caso i titoli ricevuti in amministrazione si confondono nel patrimonio della società fiduciaria, e questa assume direttamente su di sé ogni diritto od obbligo derivante dalla gestione dei valori ad essa conferiti, compreso anche l'obbligo di integrare il versamento della quota sociale sottoscritta per conto del suo fiduciante».

(471) GRASSETTI, Trust anglosassone, proprietà fiduciaria e negozio fiduciario, in Riv. dir.

comm., 1936, I, 551.

(472) Sull’estensione dell’effetto segregativo, GAMBARO, Trust, cit., 468: «I beni trasferiti con il negozio costitutivo formano un patrimonio separato rispetto a quello del fiduciario-trustee e non possono essere aggrediti dai suoi creditori. Nemmeno però possono essere aggrediti dai creditori del costituente se non tramite azione pauliana e sempre che ne esistano gli estremi».

(473) MANES, L’atto istitutivo di trust fonte di obbligazioni, cit., 704. In giurisprudenza, in senso conforme il Trib. Bologna, 1° ottobre 2003, in Vita not., 2003, 1297; in Foro it., I, 1295, in

Giur. merito, 2004, 469: «Non è possibile sanzionare con la nullità l’atto di trasferimento dei beni dal

“settlor” al “trustee” in quanto “negozio astratto di trasferimento” sia perché, (...) la configurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorretti da causa lecita, trova fondamento nello stesso principio dell’autonomia contrattuale posto dall’art. 1322, 2° comma, c.c., sia (e soprattutto) perché la causa del trasferimento, che è ben lungi dall’essere “astratto”, si deve rinvenire nel collegato negozio istitutivo di “trust” (che si concretizza nei suoi scopi proprio attraverso il predetto trasferimento) per il quale la meritevolezza degli interessi realizzati è stata ex lege sancita dalla convenzione de L’Aja del 1985 e dalla disciplina legislativa che ne ha dato esecuzione. L’art. 6 della convenzione (la cui operatività discende dall’estremità della legge regolatrice prescelta) non prevede alcun limite in

causa del negozio dispositivo, dunque non può ridursi a mero motivo dell’atto d’autonomia privata, come tale giuridicamente irrilevante agli effetti dell’opponibilità al terzo del rapporto fiduciario (474).

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