La destinazione di scopo dell’art 2645 ter c.c.
8. La clausola generale di meritevolezza dell’atto atipico
In materia di patrimoni separati, la dottrina comprese la complessità del rapporto tra legge ed autonomia privata (612), nella previsione che laddove la seconda si fosse espansa, la prima si sarebbe dovuta necessariamente articolare in regole di principio o in clausole generali (613).
La fisionomia della clausola generale compare, a ben vedere, proprio nello scopo dell’art. 2645 ter, con riguardo agli interessi riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, ovvero ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c. (614). Quando, de iure condendo, in dottrina ancora si dibatteva sulla trascrivibilità dei vincoli reali di destinazione, la tipicità dei patrimoni separati era ricondotta ora al numerus
clausus dei diritti reali (615), ora all’art. 2740 c.c. che riserva la limitazione di responsabilità
(610) A norma del quale, la deliberazione costitutiva del patrimonio destinato può prevedere, oltre a quelli d’enunciazione legislativa (realizzazione, impossibilità sopravvenuta o insolvenza dell’affare), altri casi di cessazione della destinazione del patrimonio allo specifico affare.
(611) Nel senso che non possa autorizzarsi lo scioglimento consensuale del fondo patrimoniale, il Trib. Savona, 24 aprile 2003, in Fam. e diritto, 2004, 67; nonché il Trib. minorenni Perugia, 25 gennaio 2003, in Giur. merito, 2003, 687: «Il fondo patrimoniale di cui agli art. 167 ss. c.c. integra il regime principale di comunione o separazione dei beni dei coniugi e non può cessare ai sensi dell’art. 171 c.c., finché permanga il rapporto matrimoniale, sicché non può trovare accoglimento l’istanza dei coniugi i quali chiedano autorizzarsene la cessazione per l’esigenza di disporre del prezzo rilevabile dall’alienazione dell’immobile sottoposto al detto vincolo (nella specie, il tribunale minorile ha rigettato l’istanza di autorizzare la revoca della convenzione matrimoniale di costituzione del fondo, proposto nell’interesse dei coniugi, genitori di figlio ancora minorenne)».
La risoluzione consensuale della convenzione matrimoniale costitutiva del fondo patrimoniale è altresì negata dal Trib. Alba, 2 settembre 2001, in Gius, 2002, 2477, motivando proprio con la tassatività delle cause estintive dell’art. 171 c.c.
Contra Trib. Roma, 14 marzo 2002, in Riv. notariato, 2003, II, 722.
(612) Il dogma di universalità e concorsualità della responsabilità patrimoniale precluse che la separazione patrimoniale potesse sorgere da un atto d’autonomia privata, imponendo espedienti quali l’atrribuzione traslativa fiduciaria o la erezione d’una persona giuridica.
(613) IAMICELI, Unità e separazione dei patrimoni, Padova, 2003, p. 167.
(614) Ciò, per vero, in netta controtendenza rispetto alla riforma societaria che ha contenuto l’impiego delle clausoli generali, adatte ad alcuni comparti civilistici, quali il diritto di famiglia, non al diritto della macroeconomia, per le incertezze che genererebbero nella prassi delle contrattazioni.
(615) IAMICELI, Unità e separazione dei patrimoni, Padova, 2003, p. 106, nel presupposto d’una compatibilità della destinazione allo scopo, e segnatamente del vincolo di inespropriabilità- indisponibilità, con l’assolutezza del diritto di proprietà.
(connaturata a ciascun patrimonio destinato) alle sole fonti legali (616). Ben si comprende, pertanto, perché il punctum dolens della norma di nuova generazione risieda proprio nella carente tipizzazione dei fini di destinazione, in funzione della quale è richiamata la clausola generale del capoverso dell’art. 1322 c.c. che darebbe senso compiuto a quelle dottrine che ammisero l’atipicità della causa fiduciae, nei limiti in cui avesse perseguito un interesse meritevole di tutela (617).
La letteratura sulla atipicità del contratto è tanto vasta da non potersene qui dar conto esaustivamente. E’ sufficiente osservare, ai fini dell’art. 2645 ter, come talvolta si escluda che la meritevolezza dell’atto atipico possa assolvere, in concreto, una funzione diversa od ulteriore da quella assolta, con riguardo alla illiceità del contratto, dall’art. 1343 c.c. (618). E’ addotta, in tal senso, la carenza di precedenti giurisprudenziali in cui la nullità dipenda dall’art. 1322, cpv. (619), in antitesi alla regola del S.C. che esaurisce la meritevolezza nella sola conformità (rectius non contrarietà) a norma imperativa, all’ordine pubblico o al buon costume (620).
Non mancano, tuttavia, dottrine che dissociano la meritevolezza del contratto atipico dalla mera liceità, eccependo che il capoverso dell’art. 1322 c.c. non salvaguardi l’ordine giuridico, concernendo piuttosto l’idoneità in concreto del modello ideato dall’autonomia privata a surrogarsi alla tipizzazione legislativa dello schema contrattuale, in quanto capace d’assolvere una apprezzabile funzione economico e sociale (621). A questa dissociazione, fondata sulla distinzione tra tipo e causa, in origine se ne contrappose ben altra, fondata sui
(616) M. BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, p. 247, nella convinzione che altro dal negare che l’art. 2740 c.c. prefigurasse un principio d’ordine pubblico sarebbe stato ammetterne la generalizzata derogabilità ad opera dei privati.
(617) Nel testo dell’art. 2645 ter l’interesse meritevole di tutela è richiamato due volte: l’una direttamente, l’altra in via indiretta, tramite il rinvio al secondo comma dell’art. 1322 c.c. Lo rileva anche LUPOI, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod. civ. quale frammento di trust, in
Trusts e attività fiducie, 2006, 170.
(618) Sul tema RESCIGNO, Note sulla atipicità contrattuale, I contratti in generale, II, 1, in
Giur. sist. di dir. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Torino, 1991, p. 8 ss.
(619) SACCO, Obbligazioni e contratti, nel Trattato diretto da Rescigno, X, 2, Torino, 1995, p. 545.
Contra, tuttavia, Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545, in Dir. e giust., 2004, 13, nella massima
che segue: «La non conformità dei contratti, stipulati tra società sportive per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, ai modelli ed alle prescrizioni della federazione sportiva di appartenenza, genera la nullità del contratto non già per violazione di norme imperative (in quanto le suddette norme federali non costituiscono fonti del diritto), ma per inidoneità del negozio a realizzare uno scopo meritevole di tutela».
(620) Cass., 13 maggio 1980, n. 3142, in Giust. civ. Mass., 1980.
(621) GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, p. 816, nel senso d’una giuridicizzazione del modello atipico, talché il controllo assolto dalla clausola dell’art. 1322, cpv.,
principi del corporativismo illiberale che l’imprenditore avrebbe dovuto osservare, rispondendone innanzi allo Stato (art. 2088 c.c.), al pari dei contraenti i cui interessi, ancorché leciti, dovevano considerarsi meritevoli, alla stregua di quei medesimi principi (622) che ispirarono gli estensori del Codice del 1942 (623).
Esaurire o meno la meritevolezza nella liceità è alternativa di non poco conto, poiché, nell’un caso, l’atto di destinazione potrebbe realizzare qualsivoglia programma individuale, purché lecito; nell’altro, di contro, il vaglio di liceità sarebbe necessario, ma non anche sufficiente, dovendosi altresì valutare la meritevolezza dell’interesse in concreto perseguito (624).
Ove si conferisse alla clausola di meritevolezza una autonoma funzione, residuerebbe, poi, il problema d’individuarne con esattezza modalità e criteri applicativi.
A tal proposito, dovrebbe escludersi una comparazione assiologica di interessi contrapposti, quando si convenisse che, pur riferendosi a persone con disabilità ed a pubbliche amministrazioni, l’art. 2645 ter non esiga, inderogabilmente, la utilità sociale della destinazione patrimoniale, nel presupposto che il perseguimento di beni e valori di rango costituzionale competa allo Stato, non all’autonomia privata (625). L’illazione, per quanto coerente con la conclamata obsolescenza della matrice ideologica che identificò nella causa
non involga la meritevolezza ex se degli interessi, bensì l’idoneità di quel modelllo ad elevarsi a tipo legale, dopo aver acquisito tipicità sociale.
(622) A forte connotazione ideologica, evidentemente, ancor prima che giuridica.
(623) GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter c.c., in Giust. civ., 2006, 168, dove si legge che la clausola del capoverso dell’art. 1322 c.c. non fu abrogata, a differenza dell’art. 2088 c.c., «sol perché la meritevolezza doveva e deve essere valutata in base alle norme dell’ordinamento giuridico e non già a quelle corporative».
(624) FRANCO, Il nuovo art. 2645 ter cod. civ., in Notariato, 2006, 322, ove s’ammette che «con il richiamo alla meritevolezza degli interessi (essendo quest’ultimo un concetto relazionale), il legislatore ha voluto sollecitare un’approfondita analisi degli interessi che mediante la creazione del vincolo di destinazione si intendono perseguire al fine di valutarne la rilevanza, idonea a giustificare la prevalenza di questi (con il conseguente interesse alla separazione) rispetto al contrapposto interesse dei creditori e dei terzi in genere»;PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, in
Riv. dir. civ., 2006, 179.
(625) In questo senso si veda anche il Trib. Trieste, Ufficio del Giudice tavolare, 7 aprile 2006, in Notariato, 2006, 539, in parte motiva: «Il perseguimento dei valori costituzionali è compito riservato allo stato, e non ai privati, e i principi sovraordinati fungono, riguardo all’autonomia contrattuale, quali limitazioni inderogabili, più che come finalità che i contraenti debbano prefiggersi. Se quindi il trust, come tanti altri negozi di importazione extranazionale, non è di per sé e in termini assoluti uno strumento idoneo a determinare squilibri “macro-economici”, rimanendo sostanzialmente irrilevante in un’ottica di utilità sociale, allora coerenza vuole che il sindacato dell’autorità giudiziaria debba concentrarsi, abbandonando i “massimi sistemi”, sulla liceità in concreto dello strumento prescelto, per vedere se con la sua adozione ci si sia proposti di derogare a norme imperative e a principi generali».
del contratto uno strumento per governarne l’utilità sociale (626), esaurirebbe la clausola generale dell’art. 1322 c.c. nella duplicazione tautologica dell’art. 1343 c.c., con conseguente esaustività del solo sindacato di liceità (in concreto) che peraltro assicurerebbe, quanto alle condizioni di ammissibilità, il pari trattamento (art. 3 Cost.) tra la separazione dell’art. 2645
ter ed il trust interno (627).
Superata la mentalità corporativa che elevò la produttività economica a criterio selettivo della meritevolezza del contratto individuale atipico, il rapporto privatistico ha ricevuto una diversa impostazione solidaristica, talché non possa trascurarsi, rispetto alla libertà dei tipi, la funzione sociale devoluta alla proprietà (art. 42, comma 2, Cost.) (628), quand’anche vincolata ad uno specifico scopo. La fisionomia «costituzionalmente orientata» della destinazione allo specifico scopo parrebbe perciò risolversi nella comparazione di interessi contrapposti, in modo che la meritevolezza assurga ora a criterio di inopponibilità della separazione patrimoniale alle obbligazioni derivanti da fatto illecito, ora a criterio di qualificazione dello scopo in termini di pubblica utilità.