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L’impignorabilità del fondo per le sole obbligazioni da contratto

Il fondo patrimoniale

9. L’impignorabilità del fondo per le sole obbligazioni da contratto

Alla distinzione tra creditori chirografari e privilegiati, l’ultima riforma societaria ha aggiunto, agli effetti del medesimo art. 2741 c.c., la distinzione tra creditori da contratto (volontari) e creditori da fatto illecito (involontari). Se la regola codificata nel terzo comma dell’art. 2447 quinquies è trasposta dal diritto societario al comparto gius-familiare,

con la funzione stessa dell’istituto di vincolare inderogabilmente i beni conferiti nel fondo patrimoniale ed i loro frutti al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, sottraendoli alla generica garanzia di tutti i creditori».

(424) BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Padova, 1996, p. 52 ss. (425) Trib. S. Remo, 29 ottobre 2003, in Vita not., 2005, p. 843.

(426) STOLFI, voce Anstalt: I) Diritto commerciale, in Enc. giur. Treccani, II, Roma, 1988, p. 1 ss.

l’alterum non laedere potrebbe allora giustificare la pignorabilità della massa separata quantunque il debito inadempiuto non fosse in alcun modo connesso alla necessità di soddisfare i bisogni del nucleo familiare. In altri termini, il criterio selettivo dei creditori legittimati a soddisfarsi sul fondo patrimoniale non sarebbe più quello del solo vincolo di scopo, una volta esclusa un’equivalenza delle fonti dell’obbligazione inadempiuta agli effetti della più ampia garanzia generica (art. 2740 c.c.) connessa all’inopponibilità della destinazione dell’art. 167 c.c.

Ancor prima dell’introduzione del fondo patrimoniale, ritenuto che le limitazioni alla pignorabilità dei frutti della dote e del patrimonio familiare fossero legislativamente previste, con regola d’eccezione rispetto a quella dell’art. 2740 c.c., per le sole obbligazione di fonte contrattuale, la dottrina negava che la destinazione ai bisogni della famiglia fosse opponibile anche alle obbligazioni di fonte legale (428). In sostanza, il vicolo di destinazione poteva in tal guisa opporsi alle sole obbligazioni contrattualmente assunte dal marito per scopi estranei ai bisogni della famiglia, così da preservare la generale pignorabilità per debiti originati da altra fonte, tra cui, appunto, il fatto illecito (429).

Si tratta di un impianto argomentativo che non è affatto superato dalla Riforma del 1975, se sol si consideri che con riguardo al fondo patrimoniale è sostanzialmente riprodotta la clausola già adottata per stabilire quando fosse consentita l’esecuzione sui frutti della dote e del patrimonio familiare (430).

Attenga allo specifico affare intrapreso dalla società di capitali (v. infra) o ai bisogni della famiglia (art. 167 c.c.), è indubbio che l’opponibilità del vincolo di destinazione appalesi, rispetto al principio dell’art. 2740 c.c., una marcata eccezionalità, determinando una duplicazione patrimoniale ad unisoggettività invariata che valga, in sostanza, ad

(427) LONGO, Responsabilità aquiliana ed esecutività sui beni del fondo patrimoniale, in

Famiglia e dir., 2004, p. 356.

(428) FERRARA sen., Diritto delle persone e della famiglia, Napoli, 1941, p. 358, il quale così scriveva: «se il marito andando in automobile investe una persona, la sua obbligazione di risarcimento è eseguibile sui frutti dotali? Certamente. Io credo che l’eccezione contenuta nell’art. 186 debba essere interpretata restrittivamente, nel senso che sono esclusi solo i crediti nascenti da contratti conchiusi da terzi col marito per scopi estranei alla famiglia, mentre per tutte le altre obbligazioni nascenti da altre fonti si rientra nel regime generale della pignorabilità».

(429) TEDESCHI, Il regime patrimoniale della famiglia, Torino, 1963, p. 242: «se, in conformità dei principii, i frutti dotali dovrebbero dirsi espropriabili per ogni sorta di debiti del marito, e la fonte di ogni limitazione è da porsi pertanto nell’art. 188, la conclusione logica non può esser altra che per i crediti extracontrattuali la pignorabilità è liberamente ammessa».

(430) Con più precisione, così disponeva il secondo comma del novellato art. 170 c.c.: «L’esecuzione sui frutti dei beni costituenti il patrimonio familiare non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».

assicurare il beneficio della responsabilità limitata (431). La clausola dell’art. 170 c.c. allude espressamente ad obbligazioni da contratto, sebbene nella più lata accezione comprendente anche gli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.) (432), in guisa da poter far ritenere che l’eccezionalità di quel criterio di responsabilità a tutt’oggi ne precluda l’estensione analogica alle obbligazioni da fatto illecito. E’ di questo avviso quella giurisprudenza di merito che in tempi recenti ha ribadito come l’espressione «debiti contratti» contenuta nell’art. 170 c.c. in concreto delimiti l’inespropriabilità del fondo alle sole «attività poste in essere dai coniugi nell’ambito dell’autonomia contrattuale e non anche, invece, con riferimento alle obbligazioni riconducibili al parametro dell’art. 2043 c.c.» (433).

Ad analoghe conclusioni conduce anche una più attenta e coerente disamina del requisito soggettivo richiesto per l’opponibilità del vincolo di scopo che la dottrina non ha esitato a ricondurre alla causa dell’atto di assunzione dell’obbligazione (434). Ed infatti, è opinione diffusa che la conoscenza dell’estraneità del debito alle esigenze familiari presupponga una obbligazione da contratto, se non altro per la natura dell’illecito aquiliano come fonte (involontaria) dell’obbligazione che nasce in assenza del consenso delle parti (435). Pertanto, se l’estensione della responsabilità del fondo alle obbligazioni da fatto illecito trae giustificazione dalla lettera dell’art. 170 c.c. che non richiede l’estremo positivo della

scientia creditoris in merito alla obiettiva riconducibilità del debito ai bisogni familiari (436), per contro, il fatto che la legge, agli effetti della impignorabilità del fondo patrimoniale,

(431) Poiché quel che accomuna il patrimonio sociale dedicato allo specifico affare al fondo patrimoniale è la fisionomia della separazione patrimoniale, che non produce alcun trasferimento di beni o rapporti in capo ad altra società, già in essere o costituenda, creando piuttosto una duplicazione del patrimonio a titolarità invariata, si può poi aggiungere che, almeno con riguardo alla quota del coniuge obbligato ex art. 2043, nessuna responsabilità per debito altrui possa ravvisarsi allorché la vittima del fatto illecito aggredisse i beni del fondo patrimoniale Contra LONGO,

Responsabilità aquiliana ed esecutività sui beni del fondo patrimoniale, cit., p. 356

(432) E’ qui il caso di riproporre, dopo averlo fatto supra, un passo tratto da BIANCA, op. ult.

cit., p. 115 ss.: «Le obbligazioni che hanno titolo diverso da quello negoziale, occorre ammetterlo,

non rientrano nella previsione normativa. In tal senso depongono sia il riferimento all’atto di assunzione dell’obbligazione (si parla di debiti contratti) sia il riferimento agli scopi dell’assunzione del debito, con evidente riguardo alla causa dell’atto. Indicativo, ancora, il riferimento alla conoscenza del creditore in ordine a tali scopi come estranei ai bisogni della famiglia del debitore».

(433) Trib. Sanremo, 29 ottobre 2003, in Diritto e giust., 2004, 93, nella parte motiva. (434) BIANCA, Questioni di diritto patrimoniale nella famiglia, cit., p. 115.

(435) Così nella motivazione resa dal Trib. Sanremo, 29 ottobre 2003, cit., in un caso di opposizione ad una esecuzione forzata promossa in forza d’una sentenza di condanna risarcitoria per illecito sfruttamento di brevetto vegetale, in cui si legge che il «riferimento testuale alla conoscenza del creditore dell’estraneità del credito ai bisogni della famiglia ribadisce ulteriormente che tale limite alla esecutabilità dei beni del fondo non può che avere ad oggetto obbligazioni contrattuali essendo profilabili solo per quest’ultime il requisito della previa scientia creditoris».

espressamente esiga il medesimo requisito soggettivo con riguardo però all’estraneità del debito al vincolo di scopo potrebbe allora comportare (giusta l’involontarietà dell’obbligazione ex delicto) un diverso regime di responsabilità a seconda della fonte, contrattuale (art. 1218 c.c.) o aquiliana (art. 2043 c.c.), dell’obbligazione inadempiuta.

A consolidare la convinzione che l’art. 170 c.c. configuri «una limitazione alla pignorabilità dei beni limitatamente ai debiti nascenti da obbligazioni contrattuali e non possa invece anche riferirsi alle obbligazioni da fatto illecito sorte in capo ad uno dei coniugi» contribuirebbero anche considerazioni a valenza sistematica, per le evidenti implicazioni d’ordine pubblico economico che ne deriverebbero: l’opponibilità del vincolo di destinazione alle obbligazioni (in alcun modo connesse alla soddisfazione dei bisogni del nucleo familiare ma derivanti) da fatto illecito assicurerebbe al coniuge che conferisse ogni suo bene nel fondo patrimoniale una sostanziale immunità dalla responsabilità civile, e ciò quand’anche si trattasse di illecito doloso o, addirittura, quand’anche lo stesso fatto, oltre all’illecito dell’art. 2043 c.c., integrasse una grave fattispecie di reato (437).

Definitivamente superata l’idea che l’estraneità ai bisogni della famiglia sia connaturata all’obbligazione da fatto illecito, poiché grava sui coniugi che la invochino nel giudizio di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) la prova (anche solo presuntiva) della conoscenza da parte del creditore procedente dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia, si può certamente ipotizzare, ove non si distinguesse tra fonte contrattuale ed aquiliana, che quel che non ammetta il diritto positivo potrebbero talvolta consentirlo le asperità probatorie del processo civile (438).

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