La responsabilità del patrimonio destinato allo specifico affare S OMMARIO : 1 La responsabilità limitata (ex contractu) 2 La responsabilità
5. La responsabilità per mala gestio delle masse separate nella nuova legge fallimentare
La distrazione o confusione dei patrimoni separati è un abuso che il diritto certo non può tollerare. E’ per questo che nell’intermediazione finanziaria la confusione in danno degli investitori dei patrimoni per legge separati configura una ipotesi di reato (art. 168, T.U.F.) (102); ed è per lo stesso motivo che nel nuovo Codice delle Assicurazioni private l’inosservanza della separazione patrimoniale dell’art. 117 (v. supra, § 1) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dell’art. 324, quand’anche commessa da dipendenti o altri ausiliari dell’intermediario.
In tale contesto, i regimi di pubblicità legale e di rappresentanza contabile dei patrimoni destinati allo specifico affare, al pari dei sistemi di incasso e contabilizzazione dei proventi dell’affare finanziato ai sensi dell’art. 2447 decies, tutelano l’affidamento ingenerato nei creditori (generali e particolari) dalla separazione patrimoniale (103), in modo che alla violazione delle regole di gestione separata consegua un illecito tipico (e
(100) La comune sanzione è quella della decadenza dal beneficio della responsabilità limitata. (101) E’ d’insegnamento il caso dell’imprenditore Faccenda che agì quale holding persona fisica di un gruppo societario, dichiarato fallito in proprio per aver confuso il patrimonio personale con quello delle società del gruppo, in modo da agire, sul piano economico-sostanziale, quale imprenditore individuale. Cfr. l’App. Roma, 19 febbraio 1981, in Dir. fall., II, 1981, 146, con nota critica diSCALERA.
Sulla fattispecie, classificata tra gli abusi della personalità giuridica, GALGANO, Diritto civile
e commerciale, III, 2, Padova, 2004, 113.
(102) L’effettiva tutela del cliente-investitutore è, dunque, nel consenso che questi prestasse per iscritto all’inermediario affinché impieghi nel proprio interesse, o nell’interesse di terzi, gli strumenti finanziari in gestione.
(103) La confusione delle masse separate nuoce a tutte le classi creditorie: ai creditori «generali», che sconterebbero il pari concorso, sul patrimonio della società, dei creditori dello specifico affare; ed a questi ultimi, specie quando costretti ad insinuarsi allo stato passivo quali semplici creditori chirografari, nel presupposto che l’art. 2447 novies, terzo comma, c.c. faccia comunque salvi i diritti dei creditori particolari, senza tuttavia riconoscergli alcun privilegio in caso di «retrocessione» (per confusione) del patrimonio destinato alla società costituente.
plurioffensivo) degli amministratori: quale inadempimento in danno della società (art. 2392 c.c.), e quale illecito aquiliano in danno di ciascuna classe creditoria (art. 2394 c.c.) (104).
La riprova è nell’ultimo capoverso dell’art. 156 l. fall., dov’è ora stabilito che ove risultino violate le regole di separazione fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società ed il patrimonio della società medesima, il curatore possa agire in responsabilità (artt. 2392-2394 bis c.c.) nei confronti degli amministratori e dei componenti degli organi di controllo, nei termini dell’art. 146, 2° comma, l. fall. che ancora subordina l’azione della curatela all’autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori (105).
L’art. 156 l. fall. non specifica alcunché circa il ceto creditorio in danno del quale siano state violate le regole di separatezza patrimoniale. Evidentemente, deve trattarsi dei creditori (generali) ammessi a soddisfarsi sul patrimonio della società fallita, mentre è dubbio se l’azione di responsabilità degli amministratori verso i creditori del patrimonio destinato possa essere esercitata, sino alla concorrenza del singolo credito risarcitorio, da ciascun creditore in proprio (e non dalla curatela quale sostituto processuale): da un lato il patrimonio destinato è appreso dalla curatela; dall’altro è stabilito che all’insolvenza del patrimonio destinato allo specifico affare s’applichino «esclusivamente» le norme sulla liquidazione delle società, in quanto compatibili (art. 2447 novies, comma 2, c.c., nel testo modificato dall’art. 20, d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310).
L’art. 156 l. fall. dunque presuppone che alla violazione delle regole di separatezza possa imputarsi (l’eventus damni del)l’insolvenza delle masse separate nei confronti delle corrispondenti classi creditorie. Qui, come per il pregiudizio arrecato al creditore dalla delibera non opposta nel termine dell’art. 2447 quater, la responsabilità civile potrebbe assolvere una funzione sussidiaria e complementare alla revocatoria dell’atto lesivo (106), peraltro non preclusa ope legis ma dalla mala gestio che avesse definitivamente compromesso, non consentendone la reintegrazione, la garanzia patrimoniale del creditore, nel presupposto che i patrimoni separati, pur non necessitando d’alcuna duplicazione della
(104) Sulla natura aquiliana (e non surrogatoria) dell’azione ex art. 2394 c.c., GALGANO,
Diritto civile e commerciale, III, 2, Padova, 2004, p. 316 ss.; FRANZONI, Gli amministratori e i
sindaci, in Le società, Trattato diretto da Galgano, Torino, 2002, p. 357. In giurisprudenza, Cass., 22
ottobre 1998, n. 10488, in Giust. civ., 1999, I, 75, con nota di SALAFIA, Considerazioni in tema di
responsabilità degli amministratori verso la società e verso i creditori sociali.
(105) Sulla responsabilità degli amministratori in sede fallimentare, FRANZONI, Gli
amministratori e i sindaci, cit., 395.
(106) Quale sarebbe, tra gli altri, il drenaggio di liquidità (con conseguente confusione, trattandosi di beni fungibili) da un comparto separato all’altro, il cui rischio è qui ancor più elevato che nei gruppi di società.
soggettività giuridica, siano «capaci anche di mutue relazioni giuridiche» (107), in ciò ravvisandosi l’essenza del «rapporto intergestorio» (e non già intersoggettivo) (108) che invero già poteva trarsi dall’art. 207 dello schema del d.d.l. di riforma delle procedure concorsuali che, quale rimedio primario, previde (con norma peraltro non trasfusa nel d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) la revocabilità degli «atti e pagamenti compiuti tra la società e il patrimonio destinato e viceversa» (109).
La prescrizione (quinquennale, a mente dell’art. 2949, 2° comma, c.c.) dell’azione di responsabilità comincerà a decorrere dall’evento dannoso dell’incapienza di ciascuna massa separata: non necessariamente dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento, per il patrimonio della società (110); dunque anche anteriormente al deposito del rendiconto finale presso l’ufficio del registro delle imprese, si deve qui ritenere, per il patrimonio destinato (111).
(107) FERRARA, op. cit., p. 875. A questo proposito, convenutosi che i compendi separati siano capaci di mutue relazioni giuridiche, la responsabilità dell’organo di gestione ben può fondarsi sui medesimi presupposti della responsabilità extracontrattuale del terzo contraente di cui alla Cass., 13 gennaio 1996, n. 251, in Resp. civ. e prev., 1996, 943: «Nel caso in cui lo scopo perseguibile con l’esercizio dell’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. non sia più realizzabile per fatto illecito successivo del terzo acquirente del bene, il creditore potrà agire direttamente nei confronti del terzo per il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c., senza dover preventivamente esperire l’azione revocatoria, essendo rimesso al giudice di accertare che sussistevano i presupposti dell’azione revocatoria e che il suo scopo non era più realizzabile per il fatto illecito del terzo, quali momenti genetici dell’obbligazione risarcitoria».
(108) In dottrina, il concetto di «rapporto intergestorio» compare (sebbene con riguardo a fattispecie di autonomia contabile) in OPPO, Sulla «autonomia» delle sezioni di credito speciale, in
Banca, borsa e tit. cred., 1979, I, 1 ss.
(109) Sulla revocatoria fallimentare degli atti di confusione tra i patrimoni separati che avessero implicato uno «scambio di ricchezza» in danno dei creditori della massa dante causa, ROCCO DI TORREPADULA, Patrimoni destinati e insolvenza, cit., 55, peraltro propenso alla gratuità dell’atto intergestorio.
(110) Sul punto, cfr. Cass., 22 ottobre 2004, n. 20637, in Giust. civ. Mass., 2004, f. 10: «In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell’art. 2394 c.c., l’azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci»; Trib. Ivrea, 29 gennaio 2004, in Falllimento, 2004, 708; Trib. Milano, 7 febbraio 2003, in Società, 2003, 1385 (dove dell’onere di allegare e dimostrare la pregressa incapienza sono espressamente gravati i convenuti in responsabilità); Cass., 6 ottobre 1981, n. 5241, in Giur. it., I, 1, 1040; in Foro it., 1982, I, 95.
(111) Ciò, evidentemente, proprio nel presupposto che l’insolvenza integri una causa d’impossibilità dell’affare ex art. 2447 novies c.c. che possa sopravvenire, e dunque manifestarsi, nel corso della sua realizzazione.