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6. Salman Rushdie (e) il comico

6.3. La critica e il comico rushdiano

6.3.4. Harper: la negoziazione del riso

Harper (2002), nella raccolta di saggi da lui curata, intende rimarcare la vicinanza tra condizione coloniale, fantasy e commedia; i tre discorsi si fondano sui concetti comuni di “displacement” e “dislocation”. Nei capitoli successivi avremo varie conferme su come in effetti le relazioni tra letteratura postcoloniale, realismo magico e umorismo siano in effetti molto serrate.

Nell’introduzione Harper sottolinea lo stretto rapporto (già più volte messo in luce nei capitoli precedenti) tra riso e comunità di appartenenza: la linea tra fantasia e realtà e tra risibile e serio solitamente è un qualcosa su cui una società conviene e su cui contemporaneamente fonda il proprio accordo; ma anche in un contesto culturale stabile (e la situazione coloniale raramente lo è) l’individuo può valutare in maniera personale questo confine; “What flourishes as fantasy or emerges as comedy determines, and is determined by, who and what we are” (2).

È per questo che i linguaggi di comico e fantasy sono così importanti per la dimensione postcoloniale:

Of primary importance to the study of comedy and fantasy is the role played by these two modes of communication in establishing world views. In the first instance, these modes make it clear that what we see in front of us is not always what actually is there. […] Considered within the tents of colonialism, modes such as those if comedy and fantasy take on an even greater cultural importance as they become, more so, sites for challenging or confirming identity, of recognizing or attempting to negate cultural hegemony, of appropriating imposed forms of social or artistic engagement, and of exploring the cultural and political changes brought about by a colonial regime. (7)

Il comico nasce sempre all’interno e nel rapporto tra società (quindi non solo in fase di incontro tra culture diverse, ma anche nella relazione tra individuo e corpo sociale) e può funzionare anche come strumento di negoziazione:

We must deal with comedy and fantasy in colonial situations as notable elements of a negotiation, not of a settlement. We must acknowledge that this practice of negotiation began prior to any Western invasion of the non- West, or European invasion of the non-European (for example), because it is the product of both the negotiations of an individual with his or her surrounding society, and of the negotiation between societies. […] Comedy and fantasy are particularly strong ‘negotiating techniques’ because they overtly highlight our powers of belief and disbelief. They make plain what is popularly accepted as ‘untrue’ and, for their wider dissemination, conversely rely on points of personal agreement between members of one or more social or cultural groups. They are not limited

to any particular textual form; however, they are strongly performative and, in their performance at the ‘site of truth-telling’, dramatically exemplify the often unspoken elements of cultural stasis or cultural dynamism. (12)

La comicità funziona quindi non solo come arma di rivalsa postcoloniale, ma come mezzo per negoziare una propria identità.

L’importanza delle modalità comica e fantastica sta nel proporre una via di mezzo, nello sfruttare la possibilità di vivere tra due mondi senza per forza di cose doverne scegliere soltanto uno (e in ciò si rimanda anche alla condizione migrante celebrata da Rushdie). La dislocazione, lo spostamento, più che uno strumento diventa un fine che ha i suoi vantaggi:

displacement of narrative, voice, belief, intention, expectation, relevance and reasoning produces a series of epistemological and ontological dislocations and ejects a set of lexical and syntactic forms. The mode of displacement here (both comic and fantastic) involves the shifting between one world and another, between a structured field of knowledge and another, far more fluid, structuring field. (19)

Non si tratta solo di una lotta tra due ideologie fisse, ma la proposta di un modello cognitivo totalmente rinnovato: “This [comic] mode represents, significantly, a re-configuration of a cognitive system bound up in an ability to ‘ride’ the displaced state of mind-body dualism” (20).

Nello stesso testo però si ribatte anche sul concetto di relatività comica, per cui non esiste esclusivamente una forma rivoluzionaria di riso che permette la liberazione dal giogo imperialista o una modalità illuminata che consente il superamento delle dicotomie: come sottolinea Salisbury (2002), il colonizzatore può deridere il colonizzato, come questo può deridere quello; il deridente afferma la propria capacità di pensare e parlare razionalmente, mentre l’oggetto della battuta viene rappresentato come irrazionale e inconsapevole, e gli viene negata la capacità di significare correttamente i poteri sociali che derivano da tale potere discorsivo (cfr. anche Purdie 1993).

Ciò rimanda agli studi sullo humour etnico di Davies (1988 e 1990) secondo la quale attraverso il riso si mette in gioco l’identità relativa al gruppo. Attraverso il comico si intende asserire la propria identità e la propria superiorità, si marca un confine e si sottolinea la differenza tra i gruppi. Ecco perché non si può parlare così nettamente di comicità postcoloniale: i meccanismi in funzione sono comuni per qualsiasi tipo di gruppo, in qualsiasi zona del mondo (di nuovo il paradosso dell’universalità e particolarità del riso notato da Billig).

Dopo aver sommariamente presentato lo stile di Rushdie, le sue idee sull’uso del comico in riferimento a questi romanzi, e aver brevemente affrontato la letteratura critica sull’argomento, è venuto il momento di passare all’analisi dei testi.

In un primo momento mi dedicherò alle occorrenze comiche più immediate, spesso semiotizzate nel testo (comico intradiegetico6): il lettore in questi casi si associa ai personaggi nel ridere. Questo può garantire (in parte) il pieno accordo sullo statuto di comicità del brano scelto (ma non è detto che la condivisione ideologica, e quindi la risata fuori dal testo, sia automatica).

Passerò poi a esaminare casi più complicati, di cui solo un modello interpretativo integrato e complesso può render conto. Il riso a quel punto comincia ad abbandonare il livello intradiegetico e va a coinvolgere più direttamente autore e lettore. Ma vedremo che questo passaggio non è così netto e discreto: incontreremo una casistica di piani intermedi in cui anche le istanza narrative di narratore e narratario sono coinvolte.

Anche dal punto di vista dell’oggetto del riso è possibile tracciare un percorso fondato su un tentativo tassonomico, seppur sempre non definitivo e a compartimenti stagni: ci muoveremo da bersagli singoli, concreti e individuali, in cui l’opposizione a livello di script riguarda tratti fisici o rimanda al piano del carattere e dell’azione, per spostarci via via verso l’astrazione, a violazioni a livello di tabù sociali e ideologici, fino a quei sistemi di secondo grado come può essere il discorso della letteratura, in cui una nuova serie di norme da rispettare (e trasgredire) viene a imporsi. Gli ultimi esempi proposti riguarderanno infine il livello forse più problematico e trascendente, il piano della logica, dell’intero sistema concettuale ordinario, che solo lo humour può mettere in discussione, seppur nel breve tempo di durata di una risata.