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3. La “General Theory of Verbal Humor” di Salvatore Attardo

3.6. L’analisi dei testi comic

3.6.1. I testi narrat

Quando si tratta di affrontare testi comici di una certa lunghezza, il metodo di analisi consiste nel localizzare, attraverso una analisi semantica standard (sommariamente descritta in questo e nel precedente capitolo), tutti gli elementi comici (cioè le lines; ma come notato in precedenza, come facciamo a sapere che si tratta di elementi comici prima dell’analisi? L’intuizione e la sensibilità soggettiva dell’analista tornano protagoniste) di un testo; questi vengono rappresentati come disposti su un vettore, che raffigura la natura lineare del testo; infine vengono sottolineate le relazioni tra le varie lines, raggruppate in strands e stacks in base ai legami di somiglianza che mostrano.

Per operare una distinzione tra jab e punch lines è necessario segmentare il vettore testo secondo le componenti narrative che lo formano. La configurazione delle lines e la natura di strands e stacks poi può essere analizzata e rivelare aspetti particolari dell’elemento comico nel testo.

È importante avere ben chiara la definizione di testo narrativo (“narrative”), che Attardo (2001:80) propone. Si tratta di “a text […] relating a story” (in cui è possibile distinguere una fabula e un plot) “told by a narrator” esplicito o implicito – concetto importante, che permette di postulare un narratore di secondo livello, oltre a quello esplicito: ciò consente che uno (quello di secondo livello) possa prendere in giro l’altro (il narratore di primo livello), come vedremo esemplificato anche in Rushdie (cfr. cap 9, dove cercherò inoltre di fornire una terminologia più appropriata).

La storia narrata deve presentare una certa “illusione di realtà” (“realistic illusion”, Attardo 2001:80): il mondo del testo deve essere credibile, o perlomeno coerente come mondo possibile. Le narrazioni, infine, sono ricorsive: ogni personaggio può introdurre una nuova narrazione che viene ad incastonarsi nel testo.

Un altro concetto narratologico che Attardo trova utile introdurre è quello di micronarrativa, “the simplest possibile narrative, in the sense that it consists of one action/event” (ibidem), riprendendo da Chatman la definizione di evento come “cambiamento di stato” (1981:42). Ogni combinazione di micronarrative produce un macronarrativa.

Distinguere le varie micronarrazioni è necessario per procedere alla segmentazione dello testo, e quindi per definire le punch line. Come si distingue la fine di una narrazione? Attraverso segni metatestuali espliciti (fine atto, fine capitolo…), cambi di scena, uscite o entrate dei personaggi.

È fondamentale anche definire i livelli di narrazione: le narrazioni introdotte all’interno di una macronarrazione occorrono a un livello -1; ogni narrazione a livello superiore è una metanarrazione in relazione al livello narrativo di partenza. Ne consegue che una macronarrazione è una narrazione che ne incornicia un’altra (o più) a un livello inferiore; la macronarrativa di livello 0 è la storia principale: di solito a questo livello comincia e/o finisce il testo.

Questa distinzione tra vari livelli narrativi è molto importante perché, come accade anche in Rushdie (cfr. cap. 9) esistono testi in cui “the narrator says things that are so clearly not shared by the author that it becomes necessary to postulate an implied “metanarrator” who is “making fun of” (distancing him/herself from) the narrator, thus operatine at level +2.” (Attardo 2001:82).

Altri elementi che costituiscono una narrazione sono poi gli excursus o digressioni narrative, che si trovano sullo stesso livello della narrazione principale ma non la sviluppano.

Lungo il vettore testo, quindi, vengono individuate le occorrenze comiche, distinte, come abbiamo visto prima, in “jab” e “punch lines”. Attardo (2001) tenta di elaborare una tassonomia preliminare della posizioni delle lines in un testo; preliminare, perché nuove configurazioni potrebbero ancora emergere: si vogliono esemplificare la varietà di combinazioni possibili, senza pretese di esaustività.

Un accenno va fatto ai brani narrativi “seri”, non comici, privi di lines. Innanzitutto va ricordato che secondo molti narratologi (Attardo cita Bremond e Bal, ma già Aristotele individua un tale tipo di costruzione) anche essi mostrano la struttura tripartita set-up/rottura dell’equilibrio/ritorno o restaurazione dell’equilibrio. È bene specificare che tale struttura soggiace a ogni tipo di narrazione, perché nel corso delle prime ricerche narratologiche sul comico si era pensato che invece fosse precipua dei testi comici. Va inoltre ricordato che sezioni “serie” di testo vengono spesso usate all’interno di testi comici, con vari fini: servono a creare il set-up, a sviluppare la narrazione, a dare “sollievo serio” (“serious relief”).

La funzione preparatoria, di set-up, per la battuta, è fondamentale: perché possa darsi una incongruità (Attardo si lascia sfuggire tale termine, se ancora permanesse qualche dubbio sulla vicinanza della GTVH a quella categoria di teorie) bisogna che prima venga stabilito uno sfondo, un background di aspettative da violare (vedremo come ciò risulta fondamentale, soprattutto quando si avrà a che fare con il comico metanarrativo o basato su figure retoriche). Non sono rari poi testi in cui la narrazione si

sviluppa in maniera “seria”, con una storia fondamentalmente non comica a cui vengono aggiunti elementi umoristici: facendo un riassunto, risulterà un sommario totalmente a prova di riso (esponente di questo tipo di narrazione è, ad esempio, Wodehouse). Infine c’è il caso del “serious relief” (calco da “comic relief”): brani di testo privi di battute possono trovarsi in un ambiente altrimenti ricco di umorismo per offrire una morale o per sviluppare in profondità i personaggi, offrendo così un momentaneo sollievo alla troppa comicità.

Attardo (2001) rappresenta graficamente l’organizzazione lineare di una barzelletta data da uno sviluppo narrativo non comico culminante in una punch line finale:

[ – P ] (89)

P è la punch line che conclude () il testo apparendo dopo una sezione non comica (–); come detto precedentemente queste combinazioni spaziali sono distribuite sul testo che è elaborato come vettore.

Una (micro)narrazione non comica che culmina con una punch line presenta la stessa struttura: sono i testi simili a barzellette. Una linea narrativa principale può legare varie narrazioni (indipendenti) più piccole, includenti jab o punch lines: sono i tipici testi episodici, come i romanzi picareschi, o le raccolte di novelle. Una configurazione più semplice e povera è quella della serie di barzellette (jab lines) in cui l’ultima assurge al ruolo di punch line.

L’effetto vasca da bagno (“bathtub effect”) a cui si è accennato sopra, invece, è il modo colorito con cui la psicolinguistica indica il fatto che inizio e fine di parola o di frase hanno status di maggior salienza naturale; questo stesso effetto si riscontra quando si ha a che fare con elementi comici posti a inizio o fine di macronarrazioni. L’effetto vasca da bagno è molto sfruttato, nelle sue tre varianti: una battuta in posizione iniziale, ad apertura di narrazione, è ormai caratteristica fissa del linguaggio televisivo – è il classico teaser comico delle sit-com (ma le origini risalgono alla addirittura alla commedia greca, in cui la rappresentazione vera e proprio era preceduta da una più o meno indipendente serie di quelle che oggi definiremmo barzellette); per rimanere in campo sit-com, solitamente queste si concludono con una battuta finale, detta “tag”, battuta di chiusura. Infine possono verificarsi casi di posizione pesudo-finale: la battuta arriva a chiusura di un livello di narrazione più basso, incastonato nella narrazione di livello superiore (termina la micronarrativa ma prosegue la macronarrativa).