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7. I bersagli diretti: il riso contro l’individuo, contro le istituzioni, contro i govern

7.4. Il riso contro il potere e i suoi abusi: Zagallo

Ci stiamo spostando verso l’uso del comico come critica diretta all’autorità: nei casi che vedremo l’attacco e l’identificazione del bersaglio sono immediati, non richiedono particolari sofisticatezze. La sovrapposizione di script è messa in atto attraverso il semplice contrasto situazionale tra pretese di alto rango del detentore del potere e l’inadeguatezza di atti non all’altezza.

L’abuso di potere è qui palesemente manifesto, non opera subdolamente come negli esempi del capitolo successivo per cui saranno necessarie strategie umoristiche più sofisticate. Diventa così obiettivo ideale per il comico, che come abbiamo visto trova nell’inadeguatezza delle pretese di alto rango la sua scintilla.

La scena che stiamo per analizzare, l’episodio della prima delle tante mutilazioni che subirà Saleem ad opera dell’insegnante di geografia, Mr. Zagallo, è esemplare e molti dei requisiti necessari alla produzione del comico sono esplicitati e drammatizzati nel testo: l’uso della derisione come forma di riscatto, il peso inibitorio di una situazione patetica, il trascinamento verso il basso di una pretesa inadeguata di alto rango che consente la rivolta contro un potere altrimenti inattaccabile, il tutto coronato dalla semiotizzazione finale della risata.

Va notato che in questo episodio la (doppia) sineddoche su cui si regge il libro è esplicitata una volta per tutte – e proprio attraverso il comico, la derisione. Addirittura appare chiaro come il rapporto di corrispondenza tra personaggio e nazione sia reificato somaticamente nel volto di Saleem: il suo naso è l’India, la sua faccia rappresenta il subcontinente indiano. Anche in tale parallelismo si annidano i germi del comico, in quanto la sproporzione tra gli elementi in corrispondenza è grande e coinvolge piani “bassi” quali il corporeo e finanche lo scatologico.

Riprendendo un concetto proposto da Attardo (cfr. sez. 3.7.1) è possibile parlare di iperdeterminazione del comico: sono presenti molti motivi di riso, più tecniche, diversi bersagli. Quello però che va sottolineato è come l’obiettivo principe, su cui tutto si regge, Mr Zagallo, presenta tutti i tratti necessari perché si possa produrre il comico: è immediatamente presentato come negativo, quindi legittima l’attacco; millanta qualcosa che non corrisponde a realtà, e si pone come oppressore, contro soggetti che invece suscitano tutta la nostra empatia (Saleem e i suoi compagni di scuola). È pertanto importantissima la prima parte della scena, di presentazione, che mostra come testualmente si crei la disposizione (anche del lettore) che permette il comico.

L’immediata connotazione negativa (il personaggio è immediatamente presentato come aggressore, “Saleem’s assailant”, p. 230, e viene esplicitamente definito come colui che provoca la prima mutilazione al bimbo, per cui noi lettori proviamo empatia) facilita la nostra scelta di fazione, campo, e ci bendispone all’attacco.

Zagallo viene subito identificato anche come millantatore: dichiara origini peruviane, discendenza dai conquistadores (il potere imperialista, continente che vai, ha sempre la sua indegnità). È una chiara situazione di pretesa di alto rango, che oltretutto si basa su motivazioni razzistiche, esplicitate nell’aggressione verbale contro gli alunni. Le condizioni per odiare il personaggio e desiderarne la punizione, da parte del lettore, sono tutte presenti: egli è in effetti la nemesi della nostra mentalità: violento contro i bambini, razzista, imperialista…

Ecco come viene introdotta la scena:

Saleem’s assailant: handsome, frenetic, with a barbarian’s shaggy moustache: I present the leaping, hair-tearing figure of Mr Emil Zagallo, who taught us geography and gymnastics, and who, that morning, unintentionally precipitated the crisis of my life. Zagallo claimed to be Peruvian, and was fond of calling us jungle-Indians, bead- lovers; he hung a print of a stern, sweaty soldier in a pointy tin hat and metal pantaloons above his blackboard and had a way of stabbing a finger at it in times of stress and shouting, ‘You see heem, you savages? Thees man eez civilization! You show heem respect: he’s got a sword!’ And he’d swish his cane through the stonewalled air. (230)

Il lettore ride di Zagallo (ma ne è anche irritato) e di quella che si configura la sua monomania, la fissazione con i conquistadores, tratto grottesco che viene esasperato (proprio perché maniacale). La fissazione si connota quindi come bersaglio di derisione, anche perché c’è patente ostilità contro il personaggio, che viene indotta dal narratore: ci vuole sempre accordo sull’ostilità contro qualcuno per poterne ridere.

Zagallo è razzista, e farnetica di superiorità culturali – l’esatto contrario del lettore ideale di Rushdie. Il sovraccarico grottesco qui è usato a fini derisori, come forma di vendetta. La sproporzione parodistica nel brano è subito evidente, come anche ritroviamo la traslitterazione di una pronuncia difettosa: viene stigmatizzato un difetto linguistico che è segno di affettazione con cui cerca di sembrare di origini latino-americane.

Ma la pretesa viene svelata come inadeguata immediatamente dagli stessi bambini, che conoscono l’origine bastarda dell’insegnate, metà indiana e metà inglese. Qui subentra anche il comico del paradosso (cfr. sez. 10.7.3), quando si parla dell’“assoluta certezza dei pettegolezzi”. Sappiamo che i pettegolezzi sono voci, dicerie, che non hanno fondatezza e non garantiscono verità, anzi, spesso sono falsi, e invece (opposizione) qui vi si attribuisce assoluta certezza: la violazione semantica palese copre una piacevole trasgressione tendenziosa, per cui ci si può finalmente abbandonare al sentito dire, alla diceria.

Inoltre, come apparirà ancor più chiaro nei prossimi capitoli, in un contesto (quello pakistano) in cui la realtà è una costruzione prodotta a bella posta dagli organi di controllo statali, forse il gossip può davvero ricoprire il ruolo di storia alternativa capace di ripristinare un certo senso di veridicità (sulla Storia che viene destabilizzata dalle storie cfr. sez. 9.7). Nair (1999), che parla di “History as Gossip in Midnight’s Children”, inquadra molto bene questa strategia sottolineando che “It is an acidental bounty of the English language, as Rushdie would no doubt appreciate, that hearsay sounds so close to heresy” (54).

Abbiamo evidenziato che la preparazione (primo paragrafo), come al solito è importante: serve a porre il personaggio in una posizione in cui la derisione è benvenuta. Il personaggio terrorizza i bambini, li tratta male, e merita di essere punito. Non a caso, il riso è semiotizzato nel testo, i bambini reagiscono con l’unica arma in loro potere, la derisione:

We called him Pagal-Zagal, crazy Zagallo, because for all his talk of llamas and conquistadores and the Pacific Ocean we knew, with the absolute certainty of rumour, that he’d been born in a Mazagaon tenement and his Goanese mother had been abandoned by a decamped shipping agent; so he was not only an ‘Anglo’ but probably a bastard as well. Knowing this, we understood why Zagallo affected his Latin accent, and also why he was always in a fury, why he beat his fists against the stone walls of the classroom; but the knowledge didn’t stop us being afraid. And this Wednesday morning, we knew we were in for trouble, because Optional Cathedral had been cancelled. (ibidem)

Il primo abbassamento arriva con lo smascheramento della pretesa di alto rango genealogico dell’insegnate. Ma l’inibizione derivante dalla persistente situazione di pericolo non permette (né intra- né extradiegeticamente) la piena esplosione del riso; la tensione non si scioglie né per i bambini né per noi.

Il paragrafo si conclude con l’accenno oscuro a una “Cattedrale Facoltativa” che lascia un po’ interdetti e necessita di interpretazione. Proprio su tale esoterica definizione si apre un altro percorso comico, stavolta di altro segno e con altro bersaglio, a riprova del carattere retorico e relativo del fenomeno: si può ridere di tutto e di chiunque, anche delle stesse vittime a favore di cui un momento prima stavamo parteggiando.

La spiegazione della cattedrale facoltativa, infatti, smaschera la pretesa di alto rango degli stessi bambini che, per anticipare una figurazione che esamineremo nel capitolo successivo, fanno uso di una logica ipocritamente distorta per trarne un vantaggio, piegano strumentalmente a loro piacere il senso della religione e vengono puniti per tale atto di hýbris.

Ecco qua come viene delucidato l’arcano:

The Wednesday morning double period was Zagallo’s geography class; but only idiots and boys with bigoted parents attended it, because it was also the time when we could choose to troop off to St Thomas’s Cathedral in crocodile formation, a long line of boys of every conceivable religious denomination, escaping from school into the

bosom of the Christians’ considerately optional God. It drove Zagallo wild, but he was helpless; today, however, there was a dark glint in his eye, because the Croaker (that is to say, Mr Crusoe the headmaster) had announced at morning Assembly that Cathedral was cancelled. In a bare, scraped voice emerging from his face of an anaesthetized frog, he sentenced us to double geography and Pagal-Zagal, taking us all by surprise, because we hadn’t realized that God was permitted to exercise an option, too. Glumly we trooped into Zagallo’s lair; one of the poor idiots whose parents never allowed them to go to Cathedral whispered viciously into my ear, ‘You jus’ wait: he’ll really get you guys today.’

Padma: he really did. (ibidem)

All’iniziale comico della definizione del Dio cristiano come “the Christians’ considerately optional God”, da cui consegue che la frequentazione della cattedrale possa risultare una materia scolastica (ma è poi tanto assurdo, per un lettore italiano?), in cui si accostano i piani della trascendenza e della magnanimità (Dio è “premurosamente” opzionale) con quello di una molto più terrena e strumentale facoltatività, segue il contrappasso per cui anche a Dio è concesso di esercitare una scelta, con paradossale conseguente stupore dei sostenitori della vantaggiosa eresia. La distorsione logica viene punita attraverso l’applicazione del principio di reciprocità allo stesso meccanismo, cosicché tale violazione ipocritamente e utilitaristicamente operata ricada contro i suoi sostenitori.

Dio si vendica del narcisismo infantile degli scolari (e Saleem, come vedremo nel capitolo 9, ne è particolarmente affetto), tanto sviluppato da convincerli di essere così centrali nei pensieri divini che Dio stesso avrebbe elaborato quella situazione vantaggiosa proprio per loro, tanto supponenti da presumere di poter disporre di poteri che invece Dio non può annoverare (ulteriore violazione logica, Dio può per loro ciò che non può per sé…).

A far ridere non è la violazione quanto la motivazione palesemente interessata, tanto palesemente che già nella sua formulazione prevede lo smascheramento del dolo. Ma si annida, sotto tale schermaglia teologica, anche un piacere ulteriore, in quanto per interposta battuta si viola un altro tabù profondo, e ci si permette di trattare la religione per quello che realmente è, un’utile trovata per alleviare angosce esistenziali ataviche. Nel ragionamento dei bambini si rispecchia la psicogenesi delle religioni, ideate quando la scienza farmacologia non era ancora in grado di soddisfare al fabbisogno di ansiolitici. Vengono quindi puniti anche i bambini, dicevamo, proprio per lo stesso motivo imputato all’insegnante: la presuntuosità, la violenza con cui accampano pretese di alto rango: il trattamento degli studenti che non sfruttano la scappatoia della funzione religiosa, definiti con poca gentilezza da Saleem e presumibilmente anche dai suoi amici degli idioti, non si discosta tanto dai modi in cui Zagallo apostrofa gli alunni. C’è la stessa violenza, la stessa spietatezza odiosa e meritoria di sanzione del professore, dietro.

Ecco quindi che tutti i bambini stavolta sono al cospetto del famelico e folle sadismo di Zagallo. Qui si verifica anche un’ulteriore trasgressione, di cui parleremo più diffusamente altrove: vengono violati i confini che dovrebbero mantenere ben distinti il mondo della storia e quello dell’atto narrativo.

Il narratore, infatti giustifica la scelta “economista” di parlare solo dei ragazzini che già conosciamo, escludendo gli altri dalla scena, adducendo come motivazione la fretta, la mancanza di tempo da perdere visto che l’azione – che però si svolge nel mondo diegetico! – sta raggiungendo il suo culmine:

Seated gloomily in class: Glandy Keith Colaco, Fat Perce Fishwala, Jimmy Kapadia the scholarship boy whose father was a taxi-driver, Hairoil Sabarmati, Sonny Ibrahim, Cyrus-the-great and I. Others, too, but there’s no time now, because with eyes narrowing in delight, crazy Zagallo is calling us to order. (230-31)

Comincia quindi la tortura. In un primo momento la vittima designata parrebbe essere Jimmy Kapadia, ma Saleem si sacrifica e lo va a sostituire cavallerescamente, preoccupato per il cuore debole dell’amico. Tale atto di eroismo è utile anche per ripristinare con precisione i ruoli tra buoni e cattivi, che devono essere ben definiti, come abbiamo visto, perché ci si possa schierare dalla parte giusta nell’agone comico. Saleem infatti si macchia nuovamente di malvagità, definendo ancora i compagni in modo spregiativo. Il suo sacrificio, allora, serve anche a redimerlo e a non lasciar più dubbi su chi sia il personaggio di cui ridere.

Tocca a Saleem, quindi, essere trascinato per i ciuffi di fronte alla scolaresca, e a lui è rivolta la domanda: ‘So answer the question. You know what ees human geography?” (231).

La scena successiva è costruita sul meccanismo di un tipo di comicità, che esamineremo in dettaglio più avanti, che lavora ai confini con l’uso del linguaggio figurato. La mossa di Zagallo – che è definita nel testo come “joke” nonché modo di far sfoggio della propria arguzia – si fonda sulla volontaria trasgressione interpretativa di un sintagma, quel “geografia umana” che viene preso letteralmente. Meglio, qui è bene sfruttare il concetto di salienza su cui ci siamo dilungati nella prima parte (cfr. sez. 3.2 e 5.2).

Nella sua accezione scolastica, la geografia umana è una scienza sociale che (per l’appunto) non si concentra sull’individuo fisico particolare, ma si occupa di gruppi antropici in rapporto con i territori abitati. Qui, invece, nella processazione semantica dell’espressione, gli elementi selezionati come pertinenti (e che quindi produrranno il senso) non sono quelli solitamente più salienti. L’accento viene spostato sul singolo uomo concreto, e si finisce per proporre l’idea di una materia in cui la fisionomia di ciascuno potrebbe ricevere lo stesso trattamento analitico di elementi su un atlante. Certo, il volto di Saleem, che abbiamo già visto denotare una impressionante somiglianza con il subcontinente indiano, facilita l’operazione.

Il gioco linguistico viene messo quindi in pratica sulla faccia del ragazzino. Come vedremo, un modello del genere è alla base del comico liminale, in cui il rapporto letterale/metaforico subisce una destabilizzazione che arriva poi ad influire sul referente.

Integrano la scena poi (creando iperdeterminazione) altri elementi quali il rimando intratestuale a una scena altrettanto buffa di cui parleremo altrove (il primissimo piano delle dita dell’insegnante, cfr.

sez. 8.1.2) e gli esilaranti tentativi dei compagni di classe che tra il serio e il faceto rincarano la dose sulla bruttezza di Saleem con interventi iperbolici totalmente fuori misura:

... And now it is possible to observe a joke descending on Zagallo, a joke pulling his face apart into the simulacrum of a smile; it is possible to watch his hand darting forward, thumb-and-forefinger extended; to note how thumb- and-forefinger close around the tip of my nose and pull downwards ... where the nose leads, the head must follow, and finally the nose is hanging down and my eyes are obliged to stare damply at Zagallo’s sandalled feet with their dirty toehails while Zagallo unleashes his wit.

‘See, boys – you see what we have here? Regard, please, the heedeous face of thees primitive creature. It reminds you of?’

And the eager responses: ‘Sir the devil sir.’ ‘Please sir one cousin of mine!’ ‘No sir a vegetable sir I don’t know which.’ Until Zagallo, shouting above the tumult, ‘Silence! Sons of baboons! Thees object here’ – a tug on my nose – ‘thees is human geography!’

‘How sir where sir what sir?’

Zagallo is laughing now. ‘You don’t see?’ he guffaws. ‘In the face of thees ugly ape you don’t see the whole map of India?’

‘Yes sir no sir you show us sir!’

‘See here – the Deccan peninsula hanging down!’ Again ouchmy-nose.

‘Sir sir if that’s the map of India what are the stains sir?’ It is Glandy Keith Colaco feeling bold. Sniggers, titters from my fellows. And Zagallo, taking the question in his stride: ‘These stains,’ he cries, ‘are Pakistan! Thees birthmark on the right ear is the East Wing; and thees horrible stained left cheek, the West! Remember, stupid boys: Pakistan ees a stain on the face of India!’

‘Ho ho,’ the class laughs, ‘Absolute master joke, sir!’ (231-32)

Come già rimarcato, il testo indica la scena come comica, sia definendo come tale l’operazione di Zagallo che riportando le reazioni degli studenti che ridono (un po’ nervosamente, un po’ ruffianamente) del capro espiatorio e dell’arguzia del professore.

C’è però discrepanza tra il riso nel testo e quello fuori dal testo, la reazione del lettore (più maturo, sofisticato e anche inibito) non combacia con quella dei bambini.

La piena consonanza è ripristinata quando la direzione del riso viene invertita e Zagallo torna ad esserne il bersaglio. Come nel caso della vendetta celeste vista poco sopra, il meccanismo comico si rivolta contro chi lo ha creato, e l’analogia tra Saleem e il subcontinente indiano produce un atto bachtiniano di rivoluzione comica, che non a caso passa attraverso lo scatologico.

L’ingresso a sorpresa dell’elemento basso, triviale, che come un proiettile va a disarcionare il professore dall’alto delle sue pretese di superiorità, già basterebbe a suscitare il riso liberatorio. Ma ad accrescere l’effetto interviene anche l’arguzia di Fat Perce Fishwala, che fa il verso a Zagallo e si impossessa della sua arma (l’analogia comica, la logica metaforica) e gliela rivolta contro (come vedremo nel prossimo capitolo, l’incongruo sanziona l’incongruo), destituendolo e rendendo completa l’insurrezione:

But now my nose has had enough; staging its own, unprompted revolt against the grasping thumb-and-forefinger, it unleashes a weapon of its own ... a large blob of shining goo emerges from the left nostril, to plop into Mr Zagallo’s palm. Fat Perce Fishwala yells, ‘Lookit that, sir! The drip from his nose, sir! Is that supposed to be Ceylon?’ (232)

Purtroppo però la scena non si conclude davvero qui: Zagallo, esacerbato, si vendica sul povero Saleem, lo strattona per i capelli, talmente forte che una ciocca gli rimane in mano, lasciando in eredità allo studente una chierica permanente e causando la cacciata dell’insegnate da scuola e dal mondo dell’insegnamento, dal momento che (rimando intertestuale al Macbeth) i ciuffi non se ne andranno più dalle suo palme, e nessun istituto accetta un professore segnato da tale marchio…

È importante rimarcare a proposito di questo episodio il fatto che il comico e il suo uso si rivelano definitivamente dipendenti dalle ideologie di chi li propugna. Si è visto come sia possibile ridere di qualunque bersaglio – che sia Zagallo o i bambini – una volta che il contesto lo ha determinato come degno di derisione; allo stesso tempo è apparso chiaro che il riso può essere strumento di oppressione quanto di liberazione a seconda di chi lo impiega e di chi viene designato come bersaglio. Questo per chiarire che, nonostante ci si vada adesso ad occupare di humour anticolonialista, non si intende assolutamente sostenere l’idea della natura intrinsecamente positiva e rivoluzionaria del comico.