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3. La “General Theory of Verbal Humor” di Salvatore Attardo

3.4. Dalla “Semantic Script Theory of Humor” alla “General Theory of Verbal Humor” e oltre

3.4.1. Precedenti applicazioni della teoria a testi più estes

Attardo (2001) illustra i tentativi precedenti di applicazione della “Semantic Script Theory of Humor” (SSTH) di Raskin a testi più estesi, grosso modo classificabili sotto due indirizzi: approccio espansionista e approccio revisionista.

L’approccio espansionista è quello che applica la SSTH anche a testi più lunghi così come è, con pochi aggiustamenti. Un esempio è lo studio di Chlopicki, il quale tratta dei racconti come fossero barzellette: ci sono degli script principali, in opposizione nei racconti, che si estendono su molte frasi. Chlopicki definisce queste opposizioni di script più profonde, che coprono l’intero testo e sono responsabili per le percezione totale di comicità, “shadow oppositions”. Lo stesso autore integra la lista delle opposizioni di Raskin con altri tre elementi: assenza/presenza, necessario/non necessario, molto/poco (Attardo 2001:38).

Un tale approccio ha il difetto di appiattire ogni racconto al livello di una semplice barzelletta, senza rendere giustizia alla maggiore complessità del testo.

Un altro studioso che ha affrontato l’argomento è Kolek, che contempla la possibilità di espandere una barzelletta fino alle dimensioni di un racconto o un romanzo, e suggerisce che in questo caso l’effetto comico sarà più leggero, ma non spiega quale siano le differenze strutturali tra le diverse forme di barzellette, quelle pure e quelle “espanse”. Kolek annota inoltre alcune proprietà della narrazione comica che permettono di definire lo stile comico: frequenza/densità di barzellette, grado di separazione tra di esse attraverso altro materiale; passaggio (rapido o lento) tra di esse. Mancano però totalmente elementi metodologici per mettere in atto tale proposta.

L’approccio revisionista, invece, prevede una revisione della SSTH fino a renderla utile anche per prendere in esame testi diversi dalle semplici barzellette.

Holcomb (1992) propone in questo senso il reperimento di “punti nodali dello humor” in una narrazione, zone del testo in cui si percepisce una concentrazione maggiore del comico. La differenza tra questi punti nodali e le barzellette consiste nel fatto che mentre le barzellette sono indipendenti dal contesto, queste zone sono legate semanticamente alla narrazione.

Questi punti nodali sono costruiti come punch lines e sono analizzabili attraverso la SSTH; la differenza è che qui l’opposizione di script può essere “locale” o “distante”, cioè in relazione di corrispondenza con la stessa o altre parti del testo. Queste idee non sono adeguatamente sviluppate ma troveranno una sistematizzazione nella teoria di Attardo: i “punti nodali” infatti possono essere interpretati come jab lines e la loro connessione prefigura gli strand (nonostante in questo caso la connessione è direttamente tra lines, non tra script; cfr. sotto).

In questa sezione appare in nota una precisazione di Attardo molto interessante, in cui si specifica che la teoria qui sostenuta non si basa su livelli qualitativi di humour, ma è piuttosto “a discrete theory, in that it admits only a funny or un-funny evaluation of a line, and does not admit intermediate, fuzzy evaluations” (2001:42, nota 1); proprio questa sarebbe la forza maggiore della teoria. A mio parere tale natura discreta del comico è poco verificabile: come vedremo il carattere soggettivo e instabile delle basi su cui si fonda (l’opposizione degli script) fa sì che spesso elementi comici siano non così ben riconoscibili, o perlomeno creino dubbi sulla loro piena appartenenza alla categoria, avvicinandosi ad altri “generi” come il linguaggio figurato e poetico, il fantastico… (cfr. sez. 4.2.1 e 10.1).

Wenzel si sposta su un terreno più vicino alla narratologia, avvicinando la battuta finale, la punch line ad altri tipi di risoluzione narrativa: i gialli, ad esempio, funzionano attraverso lo stesso meccanismo di set up/incongruità/risoluzione. Il suo “collapse of one frame of meaning” (cit. in Attardo 2001:43) che provoca “a radical shift of sense” ricorda molto i principi della teoria di Raskin, come anche il riconoscere che la punch line finale rivoluziona l’intera comprensione di un testo.

Manca, però, in Wenzel, il concetto di opposizione, per cui i testi comici vengono equiparati ad altri che non hanno tale effetto ma si limitano alla componente della sorpresa. L’analisi si circoscrive alla “sintassi” del testo senza prendere in considerazione la semantica che permetterebbe suddetta

distinzione di genere (e fini). Vedremo, attraverso l’analisi dei romanzi di Rushdie, come comunque questo meccanismo, sempre passando attraverso una sorta di opposizione/violazione, possa essere sfruttato con intenzioni comiche: sono, per intenderci, i casi in cui l’effetto sorpresa serve a ridicolizzare certe convinzioni del lettore.

L’esempio che Attardo sceglie per mostrare come un racconto di fantascienza con finale a sorpresa non sia comico in quanto manchi di opposizione tra gli script non è troppo convincente – l’Esercito Americano decide di colonizzare la luna ma scopre che esiste già una base lunare costruita dalla Marina: l’autore stesso si sente in dovere di aggiungere in nota che è possibile un’obiezione sofistica alla sua affermazione – che significa che qualcuno potrebbe trovare divertente il racconto – cogliendovi un’opposizione “locale”. Attardo pretende di spazzare via questa obiezione sostenendo che gli script in opposizione, nel caso dell’esempio, non sarebbero mutuamente escludentesi: ma ciò non equivale ad affermare che non possono esistere barzellette con script totalmente sovrapponibili come invece sostenuto in precedenza?

E comunque, il semplice bisogno di giustificare il proprio giudizio avvallando la possibilità di una tale obiezione fa capire come la valutazione delle opposizioni dipende dalla visione dell’analista: per qualcuno lo scontro Esercito – Marina in un contesto spaziale potrebbe essere divertente, proprio in riferimento all’opposizione/violazione tra ambientazione lunare e impiego di una forza militare che convenzionalmente è la meno adatta (cfr. il concetto di accessibilità di cui sopra, sez. 3.2) a conquiste extraplanetarie. Certo, la storia non susciterà nel lettore grasse risate, ma non va escluso che il finale a sorpresa faccia ridere, seppur in maniera lieve. Il che contrasta con la pretesa di una teoria “discreta” del comico appena predicata, secondo cui non dovrebbero esistere oggetti “sfocati”.

Interessanti infine sono le ricerche di Palmer, studioso inglese di cinema che propone una distinzione (come già anche in Attardo 1994) tra un nucleo non comico del testo narrativo che serve a far progredire la storia, e le parti comiche. Si possono dare quindi narrazioni composte da semplici sequenze di barzellette e narrazioni in cui le barzellette sono collegate da una narrazione non comica. In questo caso la relazione tra battute e narrazione può essere di due tipi: la narrazione non comica non è altro che una serie di ponti, collegamenti tra battute; oppure la narrazione non comica ha altre funzioni (ad esempio serve per lo sviluppo dei personaggi).

Spesso plot considerati comici non sono tali, ma lo diventano perché dentro vi è incastonato del materiale comico. Palmer addirittura esclude l’esistenza di plot comici, leggendoli tutti basilarmente come plot seri, interpolati in grado minore o maggiore da elementi comici. Più avanti Attardo, condivisibilmente, mostrerà come in realtà plot comici esistano.

A mio parere, comunque, le distinzioni proposte sopra risultano molto peregrine, e come vedremo esaminando i testi di Rushdie, lanciarsi nel tentativo di operare categorizzazioni così definite è inutile e controproduttivo. Vedremo che la modalità comica, seppur non continuativa, ha effetti sull’intero testo

– e viceversa – modificandone il tono e la complessiva ricezione: si pensi al caso di Shame, in cui è impossibile stabilire dove finisca l’applicazione del ridicolo e dove cominci la tragedia. Il comico e i suoi effetti spesso si muovono su un continuum, piuttosto che attraverso scansioni discrete.