• Non ci sono risultati.

7. I bersagli diretti: il riso contro l’individuo, contro le istituzioni, contro i govern

7.5. La satira postcoloniale

Nel caso precedente, attraverso la vendetta contro Zagallo si è operata anche una vendetta più ampia. Per sineddoche (autoimposta), il professore rappresentava non solo il potere oppressivo dell’autorità ma anche creava un parallelo con una delle forme più odiose di questo tipo di potere: quello colonialista.

Rushdie, autore postcoloniale per antonomasia, non si lascia certo sfuggire l’occasione di usare il comico per sanzionare il potere imperialista. Ma anche in questo caso il manicheismo è evitato, e non vengono risparmiate neppure le nazioni colonizzate, che spesso risultano conniventi con i conquistatori (cfr. sez. 6.3).

7.5.1. Conto l’Impero: Methwold

Caso esemplare è la figura di Methwold, l’inglese da cui i Sinai acquistano la casa e… il figlio. Come Saleem è sineddoche per l’India, Methwold lo è – e di nuovo attraverso legami anche umoristici – per l’impero inglese.

Come si diceva, però, Rushdie non è manicheo, e vuole evitare che, scaricando ogni responsabilità sui conquistatori, si deresponsabilizzino i conquistati. Ecco perché Methwold non solo è bersaglio del comico ma anche in un certo senso coadiuvante al ridicolo.

L’inglese ha il suo fascino, tanto fascino da riuscire a modificare usi e costumi degli indiani, che non resistono all’esotismo7. Cioè avviene concretamente, con la richiesta di non modificare il mobilio della casa venduta fino al perfezionamento dell’acquisto (si allude anche al potere sottile e pervasivo dell’imperialismo, il cui influsso permane ben oltre il momento in cui l’autorità se ne va fisicamente); e metaforicamente: alla sua presenza cambiano anche gli accenti delle persone, che cercano di imitare la pronuncia oxfordiana: “Ahmed Sinai’s voice has changed, in the presence of an Englishman it has become a hideous mockery of an Oxford drawl” (96).

Le donne, in particolare, non resistono allo charme, o meglio all’appeal britannico, soprattutto a causa della sua capigliatura e in particolare della sua scriminatura centrale: impossibile non desiderare di scompigliargliela. Il rapporto analogico con le due nazioni rimane valido (e queste analogie così spinte sono molto vicine al comico): l’Inghilterra rappresenta la precisione, la compostezza, mentre l’India, brulicante, ibrida, non riesce a trattenersi dal favorire il disordine. Vedremo però cosa si nasconde dietro tale irresistibile fascino.

I primi colpi destabilizzatori alla presunzione del potere coloniale arrivano paradossalmente proprio con l’apprezzamento delle tradizioni che questo fa conoscere all’India. Ahmed Sinai cerca di giustificare il comportamento di Methwold e la sua strampalata richiesta di mantenere immutato l’arredamento delle abitazioni, ma le sue parole finiscono per suggerire che il maggior contributo alla civilizzazione dell’India da parte degli anglosassoni sia stata l’importazione degli alcolici:

And Ahmed Sinai finds a cocktail cabinet in Buckingham Villa (which was Methwold’s own house before it was ours); he is discovering the delights of fine Scotch whisky and cries, ‘So what? Mr Methwold is a little eccentric, that’s all – can we not humour him? With our ancient civilization, can we not be as civilized as he?’... and he drains his glass at one go. (98-99)

Il riso nasce dal dispendio sproporzionato (il richiamo ai concetti di civilizzazione) per giustificare il banale piacere dell’alcolismo; le pretese di alto rango basate sulla tradizione antica con cui Ahmed riempie la sua perorazione precipitano quando dai fatti risulta che il fondamento della civiltà pare riposto nella capacità di tracannare bicchierini di whisky. Anche in questo caso si ride della presunta superiorità imperialista, ma al tempo stesso viene stigmatizzata la tendenza indiana alla connivenza e alla fascinazione per quanto di peggiore una cultura altra possa proporre.

7 È interessante notare questo ulteriore capovolgimento di valori, che può assumere tinte anche comiche. In quanto parodia

Il potere imperialista si configura d’altronde come bersaglio ideale: ponendosi come civiltà superiore con il dovere di esportare il progresso, spesso a una disamina più critica rivela un carattere tutt’altro che illuminato. Simbolo comico di questa inadeguatezza di pretese di alto rango in Midnight’s Children è proprio la capigliatura di cui si diceva poco sopra, quella capigliatura che rende Methwold irresistibile a ogni donna (e fa sì che la storia sia possibile, in quanto è proprio una sua conquista che dà i natali a Saleem). Come i principi progressisti dei conquistatori celano spesso intenti rapaci e utilitaristi, per usare un eufemismo, così la chioma dell’inglese risulterà, in una scena esilarante per come viene presentata, un bluff bello e buono: si tratta di un parrucchino. Come al solito però le responsabilità vanno condivise, e non va risparmiato il popolo indiano, che si lascia abbindolare con mezzucci neppure troppo sofisticati.

Il parallelo Impero – Methwold si appalesa definitivamente nel momento della loro contemporanea ritirata: lo svelamento dell’inadeguatezza delle pretese di alto rango del possidente britannico fa da controcanto parodico al passaggio di poteri tra India e Inghilterra, scena che si svolge allegoricamente al tramonto (il sole stavolta tramonta sull’impero) dell’ultimo giorno prima dell’Indipendenza:

when the sun finally set over Methwold’s Estate, and at the precise instant of its last disappearance – five hours and two minutes to go – William Methwold raised a long white arm above his head. White hand dangled above brilliantined black hair; long tapering white fingers twitched towards centre-parting, and the second and final secret was revealed, because fingers curled, and seized hair; drawing away from his head, they failed to release their prey; and in the moment after the disappearance of the sun Mr Methwold stood in the afterglow of his Estate with his hairpiece in his hand.

‘A baldie!’ Padma exclaims. ‘That slicked-up hair of his ... I knew it; too good to be true!’ (114)

Lo stile aulico in contrasto con la ridicolezza dell’evento collabora a rendere ancor più comica la scena in cui tutta la pretenziosità dell’Impero viene spazzata via insieme ad un ciuffo di capelli finti. Ma nel viraggio verso il basso è trascinato anche chi non si è accorto a tempo debito che dietro la facciata altisonante si nascondeva una realtà molto meno prestigiosa.

7.5.2 Il rifiuto del carattere compromissorio del riso: contro l’India

Si è visto come anche nei casi in cui il bersaglio diretto del riso è l’impero britannico non manchino comunque rimbrotti all’India: è anche colpa degli indiani se la corona può esercitare il proprio potere, e il desiderio di emulazione permette di lasciarsi abbindolare come visto sopra.

Anche l’India può essere presa di mira direttamente, ma il comico in quel caso risulta solitamente abbastanza bonario, come se non si volesse infierire troppo sulla madrepatria. Si prendano le battute reiterate sui lucchetti “made in India” che risultano totalmente inaffidabili. Ogni volta che un

personaggio si trova la strada sbarrata da tali ostacoli non deve faticare molto per averne la meglio; la bassa qualità dei chiavistelli si motiva con la specificazione di provenienza:

And now Rashid, still full of the spirit of Gai-Wallah, came to the rescue. He led Nadir to a door in the side of the house. It was bolted and locked; but Rashid pulled, and the lock came away in his hand. ‘Indian-made’ he whispered, as if that explained everything. (51)

The toilet had an outside door giving out on to the gully by the cornfield; the door was open. It had been locked from the outside, but only with an Indian-made lock, so it had been easy to force ... (62)

The door to the clocktower was supposed to be locked, but it was a cheap lock of a kind Nadir Khan would have recognized: made in India. (146)

Forse è la vicinanza sentimentale, l’incapacità di una vera anestesia del cuore, che fa sì che Rushdie non riesca a sfruttare il comico contro la sua terra natia pienamente e con toni così acri come fa invece con il Pakistan. Anche gli attacchi più pesanti contro Zulfikar, come annunciato, saranno possibili solo quando egli diverrà cittadino e militare pakistano.

Sul versante opposto, quando le nefandezze politiche dei governanti indiani sono davvero troppo detestabili, si preferisce comunque non ricorrere al comico – in questo caso perché il suo carattere compromissorio (cfr. sez. 4.4.1) non garantirebbe la giusta veemenza nella critica: si prenda l’attacco frontale e diretto contro la Vedova, criticato proprio per questo tasso estremo di esplicitezza (cfr. sez. 6.1.1). L’aggressione contro la madre dell’Emergenza non può essere mediata, non deve permettere alcun tipo di simpatia: la Vedova non viene derisa, mette troppa paura, e non può essere sconfitta con una risata.

Poche sono le eccezioni, e in esse veramente il carattere comico è riscontrabile solo molto relativamente: si pensi alla parole contro una delle varie copie di Sanjay Gandhi che girano le strade per far propaganda al partito di Indira – tutti i membri dell’apparato di potere si assomigliano, a conferma delle intenzioni di cancellare ogni forma di pluralismo e pluralità dal paese che ne era la patria:

certain high-ups in that extraordinary government (and also certain unelected sons of prime ministers) had acquired the power of replicating themselves … a few years later, there would be gangs of Sanjays all over India! No wonder that incredible dynasty wanted to impose birth control on the rest of us … (395)

Il propagandista è attaccato attraverso il ridicolo, deriso per mezzo dell’introduzione di elementi scatologici esagerati (un tifone di alitosi), ma siamo ben lontani dalle occorrenze esaminate in precedenza:

One afternoon during the chaya, the ghetto was visited by another copy of that labia-lipped youth whom I’d seen at my Uncle Mustapha’s. Standing on the steps of the mosque, he unfurled a banner which was then held up by two assistants. It read: ABOLISH POVERTY, and bore the cow-suckling-calf symbol of the Indira Congress. His face looked remarkably like a plump calf’s face, and he unleashed a typhoon of halitosis when he spoke. (398)

Lo stesso si può dire per la satira (se così si può definire) contro i governanti precedenti, di cui si accenna soltanto e con rassegnazione ai costumi alquanto dubbi che destabilizzando ogni pretesa di alto rango che il loro ruolo dovrebbe comportare: il primo ministro è solito bere la propria urina, mentre il presidente esercita il suo potere attraverso la supervisione di un gruppo di astrologi:

one afternoon I deliberately invaded the head of our own State Chief Minister, which was how I discovered, over twenty years before it became a national joke, that Morarji Desai ‘took his own water’ daily … I was inside him, tasting the warmth as he gurgled down a frothing glass of urine. And finally I hit my highest point: I became Jawaharlal Nehru, Prime Minister and author of framed letters: I sat with the great man amongst a bunch of gaptoothed, stragglebeard astrologers and adjusted the Five Year Plan to bring it into harmonic alignment with the music of the spheres … the high life is a heady thing. (174)