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Capacità di carico e sostenibilità: diverse tradizioni di pensiero

IL TURISMO TRA GLOBALE E LOCALE

3. Il paradigma emergente della sostenibilità

3.4 Capacità di carico e sostenibilità: diverse tradizioni di pensiero

Dietro alla non univocità di una definizione di sostenibilità nel turismo, lo studioso finlandese Jarkko Saarinen (2006), ha scorto piuttosto che la contemporanea compresenza delle dimensioni oggettive e soggettive, differenti tradizioni legate al concetto di crescita sostenibile, le quali intrattengono con le dimensioni oggettive e soggettive relazioni differenziate. Il confronto con queste tradizioni analitiche ci aiuta quindi a mettere meglio a fuoco le problematiche legate ad una univoca definizione di sostenibilità.

Tali tradizioni sono infatti caratterizzate da differenti idee ontologiche sulla natura generale e sul carattere dei limiti alla crescita, differenti prospettive epistemologiche su di essi e su come essi possano essere conosciuti e definiti.

Anche Saarinen, quindi, riconosce come la sostenibilità si basi principalmente su tre elementi integrati: quello ecologico, quello socioculturale, e quello economico. Inoltre, aggiunge, ci sono tre principi fondamentali, che possono essere riassunti nei tre termini: «avvenire», «equità» e «olismo» (ibidem).

Come abbiamo messo in rilievo in questo stesso lavoro, infatti, il concetto di sostenibilità appare un paradigma complesso e multidimensionale che chiama in causa tanto le future generazioni e la riproducibilità nel tempo delle risorse, quanto l’equa distribuzione delle stesse a livello sincronico e spaziale, nonché un atteggiamento olistico che presuppone la definizione stessa di risorsa in termini tanto naturali, quanto culturali e sociali.

Inoltre, sempre come mette in evidenza Saarineen, nonostante le discussioni sui limiti della crescita fossero veramente su scala globale, per quanto riguarda il turismo essi sono stati convogliati principalmente al livello dell’analisi degli effetti sulle località di destinazione e su come definire limiti alla crescita ed evitare risultati negativi sulla località di destinazione dei flussi turistici.

In altre parole, piuttosto che concentrarsi sui limiti alla crescita, ci si preoccupò innanzitutto di come tutelare il comparto: «Il messaggio era lo stesso, comunque: un risultato negativo (collasso) non è inevitabile a patto che gli attori dello sviluppo modifichino le loro politiche» (2006, p. 1123).

Nelle destinazioni, la crescita e gli sviluppi del turismo di massa furono visti come problematici per l’ambiente e anche per l’industria turistica nel futuro.

Gli impatti negativa divennero infatti ben presto evidenti in destinazioni di massa come, ad esempio, la costa mediterranea (dove infatti si parla di “rapallizzazione” e “riminizzazione” come di paradigmi fondamentalmente negativi). Sul finire degli anni ‘80 questi disagi sembrarono una minaccia anche per la redditività e l’immagine delle località stesse.

Inoltre, oltre al consolidarsi dell’ideologia dello sviluppo sostenibile e ai crescenti impatti, anche mutamenti nei modi di produzione e consumo post-fordisti, fecero sì che nascessero tendenze alternative sfocianti in nuove forme di turismo e nella diffusione di neologismi come appunto “ecoturismo”.

Nell’industria e nel suo marketing quindi l’attenzione alla novità e a forme alternative iniziò ad essere fortemente supportato dalla retorica della “sostenibilità”. In altre parole, «L’idea della sostenibilità turistica emerse come un nuovo paradigma» (ivi).

Nonostante il concetto sia problematico e nonostante le debolezze analitiche, esso ha fornito una piattaforma sulla quale differenti stakeholders turistici hanno potuto interagire, negoziare, e riflettere sulle conseguenze delle loro azioni per l’ambiente e per lo stesso comparto turistico.

Data la natura poco chiara e univoca di turismo sostenibile, molti autori hanno accostato tale concetto ad una ideologia o comunque ad una sorta di punto di vista che poneva alternativamente l’enfasi sull’ambiente ed il paesaggio come valori in sé piuttosto che come mera risorsa turistica, cioè come attrazione. La coincidenza delle due prospettive appare particolarmente evidente quando la natura dell’attrazione consiste in paesaggi e ambienti naturali incontaminati, il cui deterioramento comporterebbe un venir meno dell’attrattività stessa, quindi anche del turismo.

Si tratta, come abbiamo visto, della contraddizione secondo cui il turismo lungi dall’essere l’unico modo per deprimere i beni naturalistici di un territorio, può rivelarsi piuttosto l’unico modo di conservarli.

Tuttavia, il concetto di sostenibilità, nella sua dimensione olistica, non si riduce alla preservazione dei territori naturalistici e, proprio per sottolineare tale aspetto e per riallacciarsi ad un concetto più generale di sostenibilità, alcuni ricercatori preferiscono usare il termine «sviluppo sostenibile nel turismo» (Cfr. Saarineen 2006, p. 1124). In questo modo vengono coinvolti gli aspetti etici dell’ideologia della sostenibilità senza riferirsi necessariamente ad un approccio “turisto-centrico” nella discussione sullo sviluppo sostenibile.

In quest’ultima prospettiva, ci si è spesso concentrata sulla questione della cosiddetta «capacità di carico» (carrying capacity), un concetto proveniente dalle scienze naturali e usato per misurare il livello di affollamento massimo oltre il quale, in una certa area, non è possibile la riproducibilità degli ecosistemi (Cfr. Savoja 2005, p. 56). Dal punto di vista turistico essa può essere definita come «il massimo numero di persone che possono usufruire di un luogo senza inaccettabili alterazioni all’ambiente fisico e senza un inaccettabile declino nella qualità dell’esperienza percepita dal turista» (Saarineen 2006, p. 1125).

In linea del tutto generale e teorica, essa può essere ricavata dal bilancio tra i consumi della popolazione di una certa area e le risorse disponibili e/o riproducibili nella stessa, tenuto conto però che anche la definizione di risorsa non è certo omogenea: Donald Getz (1983) ad esempio ne ha individuatei almeno sei sottotipi: risorsa fisica, economica, percettiva, sociale, ecologica e politica, ognuna con differenti implicazioni. In questo senso, si può sostenere che ogni tentativo di escogitare o mettere a punto una formula magica per il calcolo oggettivo del numero massimo di turisti per una destinazione, è fallito perchè la capacità di carico non dipende solo da certe risorse e dal

numero di turisti o dall’intensità dell’impatto reale. Essa dipende anche «dai valori umani e dalle (mutevoli) percezioni riguardo alle risorse, agli indicatori, ai criteri e impatti» (Saarineen 2006, p. 1125).

In altri termini, il limite contro il quale si è scontrato ogni tentativo di una misurazione obiettiva della capacità di carico quale indicatore per la sostenibilità turistica, è lo stesso che sottende alla questione quantitativa e qualitativa della sostenibilità cui abbiamo precedentemente accennato.

Nonostante la questione della sostenibilità di nel turismo e la sua definizione non possa essere ridotta esclusivamente al discorso sulla capacità di carico, è chiaro che le due cose risultano inestricabilmente connesse. L’idea di turismo sostenibile coinvolge infatti necessariamente la ricognizione degli impatti negativi e il bisogno di gestirli al fine di raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. La capacità di carico è quindi uno dei framework centrali all’interno dei quali tali questioni devono essere considerate su scala locale. Una delle questioni chiave comuni, infatti, è l’idea di limite allo sfruttamento turistico e ai cambiamenti nell’ambiente fisico e sociale che devono essere considerati accettabili. La capacità di carico, quindi, diventa la via preferenziale attraverso cui guardare lo sviluppo e l’evoluzione del concetto di sostenibilità applicato al turismo.

All’interno di questa tradizione basata sulla capacità di carico, si possono individuare diversi filoni.

Il primo e più immediato è quello che tara il concetto di capacità di carico esclusivamente sulle risorse naturali. In questi termini il concetto rimane quanto mai aderente alla propria originaria definizione naturalistica e gli impatti sono valutati in relazione alle risorse usate nel turismo e alle valutazioni in merito alla “condizione originale”, cioè non-turistica. In altri termini, i limiti alla crescita sono definiti comparando le condizioni delle risorse usate con quelle di uno spazio simile in termini di risorse potenziali, non toccato dalle attività turistiche o descrivendo e valutando l’intensità dei cambiamenti fisici, sociali o culturali risultanti dal turismo (ibidem, p. 1127).

Le sfide, in questo caso, riguradano chiaramente soprattutto il problema di definire le condizioni originali, non turistiche, delle risorse e come separare l’impatto peculiare dell’industria turistica dai cambiamenti causati da altre attività e processi naturali o indotti dall’uomo sulla destinazione.

L’ambiente, infatti, non può mai essere considerato come un elemento statico e privo di evoluzione, pena la sua inevitabile semplificazione o “museificazione”, la quale può essere vista anche come una delle conseguenze di un eccesso di tutela (Camuffo e Malatesta 2009).

Inoltre, come abbiamo già sottolineato, il turismo produce sempre degli impatti e quindi, nella prospettiva di accettare l’attività turistica, la questione critica diventa piuttosto quali impatti sono oggettivamente accettabili e in quale grado. In fine, l’approccio basato sulle risorse non considera le altre dimensioni della sostenibilità, quali quelle sociali ed economiche. Con le parole di Saarineen: «it has too often been

reduced to purely enviromental matters» (2006, p. 1127).

ulteriore tradizione delle ricerche sulla sotenibilità nel turismo, quella basata sul dinamismo (Activity-Based Tradition).

Tale tradizione prende parzialmente le distanze da quella basata esclusivamente sulle risorse in quanto ritenuta problematica per l’industria turistica e il suo modello di sviluppo. Tale tradizione parte dal presupposto che il turismo è un’attività intrinsecamente dinamica, nella quale il cambiamento rappresenta uno stato permanente.

È in particolar modo in questa direzione che si sono mossi gli organismi regionali, nazionali e internazionali - come la già ricordata World Tourism Organizzation - nel definire l’idea e le dimensioni della sostenibilità nel turismo. Questo approccio appare più accondiscende al fatto che, allo scopo della crescita e dello sviluppo, l’industria e gli altri attori correlati modifichino l’ambiente e le risorse ai loro scopi. In altri termini, cioè, la scommessa è quella di conciliare lo sviluppo turistico al concetto di sostenibilità.

In un’ottica di attrattività, le località turistiche possiedono sempre limiti intrinseci alla propria crescita. In quanto beni tipici dell’economia posizionale, l’uso massivo degli spazi turistici tende a compromettere le condizioni di fruibilità degli spazi stessi e a ridurre col tempo la loro capacità di attrazione sulla domanda turistica (Volpe 2004). Anche per le località turistiche allora è possibile, come per glia altri prodotti del mercato, definire un «ciclo di vita», secondo il quale, ad una fase di sviluppo e consolidamento segue una condizione di stagnazione che, di norma, decreta il limite di sostenibilità turistica della località.

In questo senso, il limite alla crescita nel modello evolutivo basato sul ciclo di vita, non è primariamente fondato sulla capacità della destinazione e delle sue (originali) risorse assorbite dal turismo, ma sull’industria e le sue esigenze.

Questo concetto di sostenibilità delle località turistiche può essere in tal senso ciclico: introducendo ad esempio nuovi servizi e infrastrutture la destinazione e i suoi limiti alla crescita possono essere modificati, spostandosi verso un nuovo, più alto livello, al quale corrisponde anche, molto spesso, un effetto di sostituzione della domanda turistica (ibidem).

Il rilancio di una località turistica solitamente richiede anche un nuovo e ulteriore consumo di risorse, le quali, molto probabilmente, porteranno ad uno sforamento della sostenibilità basata sulle risorse.

Per questo, un concetto di sotenibilità basato sulla risorsa turistica chiama in causa lo sviluppo stesso del comparto e i suoi inevitabili contraccolpi sull’ambiente e su altre realtà. L’unico caso in cui lo sviluppo dell’industria turistica può corrispondere ad una sostenibilità delle risorse ambientali appare quindi il caso in cui siano tali risorse la fonte stessa dell’attrazione le quali, quindi, debbano essere o salvaguardate o ripristinate dopo un ciclo turistico che le abbia eccessivamente danneggiate. Anche se quest’ultima opzione appare certamente più difficoltosa.

In generale, il concetto di sostenibilità della risorsa turistica in un’ottica di sviluppo stesso del comparto risulta molto difficoltosa e soprattutto molto relativa dato il fenomeno di sostituzione della domanda. Per cui al depauperamento di una risorsa naturale rappresentante l’originaria attrazione, nuove politiche di sviluppo e rilancio

turistico possono sostituire nuove forme di attrattività per segmenti di domanda del tutto differenti e che prediligono ad esempio lo sguardo collettivo piuttosto che romantico. In questo senso, garantire la sostenibilità dell’attrattività può essere possibile senza garantire quella dell’ambiente.

La relazione tra sostenibilità basata sulle risorse e quella basata sull’attività turistica, appare quindi problematica. In letteratura sono stati fatti molteplici sforzi per superare questa dualità nella natura della sostenibilità, la necessità dello sviluppo turistico e la necessità di una sostenibilità ambientale e sociale che non comprometta troppo pesantemente l’identità della località stessa. Molto spesso, si è cercato di quadrare il cerchio invocando negoziazioni e attivando processi partecipativi che interessassero i diversi stakeholder delle aree turistiche, tra i quali certamente gruppi, quali gli ambientalisti e società locali di tutela del patrimonio, che possano ben rappresentare gli interessi delle risorse fisiche, paesaggistiche e ambientali ma anche delle risorse intangibili come quelle culturali e identitarie.

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