IL MONDO AL BIVIO
4. Verso una società riflessiva
4.1 Individualizzazione, riflessività e ri-politicizzazione della società civile
Uno degli aspetti più importanti della società contemporanea è rappresentato da una crescente individualizzazione di identità e percorsi biografici.
Autori come Ulrich Beck, ma soprattutto Antony Giddens (1994), mettono in luce come la più recente, ed ultima in termini temporali, spinta all’individualizzazione sia avvenuta in seguito ai movimenti di contestazione politica degli anni ‘60 dello scorso secolo. La progressiva autonomizzazione degli ambiti privati avrebbe infatti definitivamente affrancato gli individui dalle tradizionali appartenenze (di classe, ceto, culturali, di genere, ecc.). L’organizzazione dei rapporti privati viene rivendicata come questione pubblica55. I movimenti femministi e per la parità di genere hanno condotto ad una sostanziale emancipazione del ruolo della donna nella società e nella famiglia: si afferma definitivamente il modello di matrimonio fondato sul rapporto intimo, sull’amore recicproco e la libera scelta; le istanze di educazione e cura di bambini e anziani vengono sempre più demandate ad istituti dedicati, di natura pubblica o privata. Si afferma il modello della famiglia mononucleare e viene progressivamente meno il ruolo della famiglia come unità produttiva. Si autonomizzano progressivamente le traiettorie biografiche di ciascun individuo e si democratizzano più in generale i rapporti intimi e familiari tra coniugi ma anche tra genitori e figli56.
Come sottolinea Antony Giddens, «la costruzione del sé si trasforma in impegno strutturato in modo riflessivo» (Giddens 1991, p. 8). Questo significa che tanto più i tradizionali modelli di integrazione sociale perdono il loro predominio sull’individuo, tanto più questi è costretto a reagire, in maniera riflessiva, scegliendo il proprio destino e il proprio stile di vita, che diventa sempre più importante per la costruzione dell’identità personale e collettiva.
In questo contesto, il senso della nuova riflessività moderna definita dagli autori qui ricordati, sta esattamente nel fatto che, con i processi di globalizzazione in atto, è ora la realtà del mondo ad impattare duramente sull’universo privato degli individui destabilizzandolo.
Il mondo comune, alienato dall’esperienza individuale ampiamente socializzata nell’universo del consumo, ritorna prepotentemente agli individui sotto forma di un crescendo di rischi globali che, toccando ognuno con la stessa forza direttamente nel proprio ambito privato, vi riporta, per così dire, il mondo. La realtà del mondo instabile costringe gli individui a ripensare, in maniera riflessiva i propri comportamenti e atteggiamenti, li costringe a «farsi carico», ad agire. In qualche modo, quindi, si assiste ad una ri-politicizzazione del mondo che solo in parte segue le tradizionali vie finora conosciute. In gran parte, infatti, questa ri-politicizzazione si configura come sub-
55 Si ricordi, ad esempio, il ben noto slogan «Il privato è pubblico» esibito nelle piazze e nei pubblici cortei durante la rivoluzione culturale sessantottina.
56 Si tratta di quelle che Giddens definisce «relazioni pure», dirette cioè da un’individualismo autocosciente e da forme di “contrrattualismo” tipicamente moderne. Non solo questo tipo di relazione si riscontra tra i coniugi, in forme di libero accoppiamento ispirate all’amore romantico ma anche alla libertà sessuale e che prevedono momenti formalizzati di rottura, bensì anche nei rapporti genitori figli, sempre più incentrati all’orizzontalità.
politica, nel senso datone da Beck, di politicizzazione cioè al di fuori e oltre i confini (e i limiti) dello Stato-Nazione. Tale politica si concretizza nei movimenti più o meno organizzati che movono a livello transnazionale e glocale, ma assumono anche inedite forme che passano, come vedremo, per l’ambito privato e che, addirittura penetrano nella cultura di consumo in qualche modo quindi “politicizzandola”.
La peculiarità del momento contemporaneo starebbe esattamente nel fatto che questo momento riflessivo non emanano, strettamente parlando, direttamente dagli agenti sociali ma sono, per così dire inintenzionali. Lo stesso Beck vi si riferisce, infatti, nei termini di un «Illuminismo coatto» (2008).
Alcuni autori (Donati 2011; Archer 2006) parlano, in questo senso, di un’insistenza sistemica dell’approccio riflessivo proposto da Giddens, Beck e dagli altri che rischia di definire, in qualche modo, solo nuovi presupposti all’ordine esistente senza d’altronde porlo radilcamente in discussione.
In effetti, la teoria della modernità radicalizzata57 sviluppa, almeno nella sua declinazione più individualizzata, uno schema del tutto simile all’approccio sistemico proposto, ad esempio, da Niklas Luhmann58.
Nel modello più schematico nel quale si presenta la riflessività presentata da Beck e da Giddens, essa può essere intesa in termini sistemici solo nel senso che le irritazioni dell’ambiente sul sistema sociale (o che è lo stesso del sottosistema produttivo sull’ambiente e quindi sul sistema sociale nel suo complesso) agiscono (o meglio retro- agiscono) direttamente sugli individui considerati isolatamente, costringendoli, per dir così, a modificare le loro azioni di conseguenza e in maniera a tal punto prevedibile da potervi quasi applicare una funzione matematica. In quest’ottica, la razionalità tipica del mercato, possibile solo a patto che un individuo atomizzato vi agisca in maniera puramente razional-strumentale, si estende ad ogni altro ambito della vita del soggetto seppur in maniera correttiva rispetto ai guasti connessi all’industrialismo globalizzato, cioè connessi a quella stessa razionalità strumentale che si tenta di contrastare.
Donati, in tal senso, propone di definire «riflettività» questo tipo di riflessività sistemica, in quanto, pur essendo dotati di una peculiare forma diagnostica e prognostica59, i sistemi «non hanno e non possono avere una coscienza com’è quella
della persona umana» (Donati 2011, p. 136). In tal senso, la proposta di Donati è quella
di una riflessività per così dire “situata” nelle relazioni, cioè tra gli individui e i gruppi in relazione.
L’ambizione di Donati è qui quella di “entrare”, se così si può dire, nel momento
57 Usiamo qui per comodità e per non creare inutili e confusionali sovrapposizioni, il termine usato da Giddens piuttosto che quello usato da Beck di «modernizzazione riflessiva», in quanto anche le teorie critiche di tale approccio non si distanziano comunque da un paradigma riflessivo.
58 Tale approccio è stato sviluppato a partire dalla constatazione di una crescente complessità all’interno della quale i sistemi sociali vengono descritti fondamentalmente come sistemi autopoietici di comunicazioni, nel senso che sono in grado di reagire alle irritazioni provenienti dai sottosistemi e dall’ambiente in cui operano definendo, in maniera pressoché automatica, le risposte più opportune al fine del mantenimento dell’equilibrio.
59 Donati fa l’esempio di certi apparecchi elettronici che possono riparare internamente certi errori o apprendere ad esempio un vocabolario dall’ambiente col quale interagiscono. Questa riflessività tuttavia secondo Donati «è limitata e meccanica, essa esegue ciò che è previsto dalle istruzioni e regole con cui il sistema è stato costruito» (2011, p. 136).
«relazionale» a partire da quello sistemico più generale, che egli vede completamente in continuità con la modernità stessa e incapace di proiettare l’umanità in un contesto pienamente «dopo-moderno».
La teoria relazionale insiste, in definitiva, sull’emergenzialità della relazione come momento più proprio della riflessività e come potenziale momento istituente di una nuova «società civile», capace di pensare la relazione agendo nella direzione del bene (relazionale)60.
Il presupposto affinché si esplichino le potenzialità relazionali della riflessività appare comunque, anche in questo caso, un comune «contestualismo globale» (global
contextualism), il quale ha a che fare con la percezione più o meno accentuata, di vivere
in un mondo globale non reversibile e dove la soluzione dei problemi posti da questa stessa realtà vanno ben al di là di una mera negazione della globalizzazione o di una chiusura localistica in rinnovati contesti etnico-nazionali.
Il contestualismo globale, quindi, rappresenta in Donati come in Beck e Giddens, lo sprono per rinnovati esperimenti sociali che però, mentre nel paradigma sistemico della riflettività (nell’accezione di Donati) sorgono da un interesse individuale per così dire “collettivizzato”, la riflessività può darsi (sempre nell’acezione di Donati) solo intrinsecamente alla relazione (intersoggettiva o intergruppo), la sola, secondo l’autore, dotata di una intrinseca capacità «morfogenetica», di una capacità cioè di generare mondi possibili non dati in anticipo o costruiti a tavolino.
In questo senso la critica di Donati appare effettivamente fondata e l’apparato riflessivo di Beck e Giddens finisce per essere il compimento di quel processo di razionalizzazione che già Weber rinveniva come cifra del moderno. Una razionalizzazione che, per così dire, diventa “ragionevole”, scongiurando il pericolo di una rinnovata «gabbia d’acciaio», ma senza mai rinunciare a se stessa61.
Anche in questo senso, si può dire, Beck non esce dal moderno ma piuttosto lo “radicalizza”. Bisogna anche dire, tuttavia, che le strategie sub-politiche del mercato globale e la messa tra parentesi della soluzione stato-centrica, inducono negli individui un ritrovato farsi carico di percorsi individuali e collettivi innovativi dai quali lo stesso Beck sembra aspettarsi l’inatteso62.
È solo quando viene frustrata la promessa che, presto o tardi, il benessere e la felicità
60 Donati distingue in particolare una riflessività personale esercitata dalla coscienza individuale (che può essere di primo e secondo livello), una riflessività sociale, che concerne un gruppo che agisce come un unicum per uno scopo unificante e una riflessività relazionale che concerne la relazione tra due o più individui e inerisce la relazione stessa considerata come un ente quasi “cosale” che sussiste tra le due o più coscienze individuali: una «realtà che emerge tra i due relata» e che determina, a seconda della natura che assume, «il bene o il male relazionale» (2011, p. 38).
61 È in questo senso che la società globale del rischio illustrata da Beck non può essere vista come un balzo nel «dopo-moderno», ma solo come la radicalizzazione riflessiva del più ampio processo di modernizzazione iniziato più di quattrocento anni fa.
62 Come afferma lo stesso Beck, infatti: «L’aspettativa dell’innateso fa sì che l’ovvio non sia più considerato come ovvio. Lo shock prodotto dal pericolo si prolunga in nuovo inizio» (2011, p. 81). L’uomo, dice Beck. «è capace di agire, di prendere iniziative, di dar luogo a un nuovo inizio» (ivi). In questo senso, egli sembra acconsentire che l’innateso sia di casa tra gli uomini e, anzi, che sia presente in ogni passaggio storico determinante della modernità. Egli, quindi, insiste sulla capacità del tutto moderna di trasformare se stessa: «Il mio obiettivo è una nuova teoria critica, che ricomprenda nella prospettiva del futuro messo in pericolo anche il passato della modernità» (ibidem, p. 82).
sarebbero stati assicurati a ciascuno da una crescita senza limiti della ricchezza e delle opportunità (intese come chances di vita), che gli individui vengono chiamati a ripensare le proprie pratiche sociali e il proprio «essere-nel-mondo».
È utile notare, ed è ciò che abbiamo cercato di fare fin qui, che questa promessa non viene infranta dalla globalizzazione dei mercati (o non solo da essa), bensì dalla realtà del mondo dal quale l’individuo moderno si era lentamente alienato e che ritorna sotto la forma del rischio universale e della sua «infinita fame di realtà» (Beck 2011, p. 299). In questo senso va letto il rinnovato potere individualizzante dei rischi globali definito da Beck: dopo la più tarda fase di individualizzazione occorsa a partire dagli anni sessanta e settanta interpretata da Giddens come il pieno dispiegarsi dell’orizzontalità nei rapporti intimi e la definitiva emancipazione dai contesti tradizionali e ideologici attraverso rivendicazioni post-materialiste, si tratta ora della necessità degli individui di riappropriarsi degli spazi di potere perduti con la deriva dello stato-nazione o lasciati deliberatamente perire in una deriva consumistica.
Questi rinnovati spazi di potere sono per così dire “prodotti” o “indotti” dalla potenza stessa delle conseguenze inaspettate della modernizzazione, la quale si presenta oggi sotto forma di rischio sistemico, il quale, però, è solo parzialmente dominabile all’interno delle logiche sistemiche stesse. In gran parte esso va contrastato attraverso la riappropriazione del potere istituente della società civile, possibile solo tra individui in relazione, i quali ripropongono tanto rinnovate sfere pubbliche di discussione, quanto rinnovati esperimenti sociali63.
In effetti, potremmo dire che gli individui re-agiscono all’irritazione dell’ambiente e dei sottosistemi sociali almeno in tre modi. Il primo riguarda una riflessività personale che induce i soggetti a ripensare le proprie pratiche di vita quotidiana; modalità che essi possono compiere tranquillamente senza uscire dal proprio ambito privato, per cui si tratta della modalità che più propriamente corrisponde all’automatismo sistemico, in quanto ripercorre il paradigma di massimizzazione dell’utilità individuale che, solo contingentemente, corrisponde al benessere collettivo.
In questo senso va letto il carattere «coatto» di un rinnovato Illuminismo riflessivo; carattere di poco divergente dalla necessità, implicita nel capitalismo stesso, di allargare la base sociale del consumo democratizzando tempo e potere d’acquisto64.
In un secondo senso, invece, la riflessività sembra guidata piuttosto da una rivitalizzazione del principio di socievolezza che si spinge più in là del monadismo analitico ora considerato e, senza ridursi per questo ad un mero movente empatico o edonistico (come nel neo-tribalismo di Maffesoli), determina il più ampio attuarsi della società come potenziale autoorganizzativo. È in questo campo che entra più precisamente in atto quel principio di solidarietà compassionevole, il quale, una volta de-istituzionalizzato (crisi del welfare), piuttosto che dissolversi ritorna ad un rinnovato
63 La teoria critica che ha in mente Beck, infatti, parla – seppur da un punto di vista cosmopolitico – anche del «diritto di essere ascoltati e compresi» (2011, p. 302).
64 Nella prospettiva di una riflessività totalmente individualizzata ritorna quindi, in qualche modo, la metafora smithiana della «mano invisibile» del mercato corretta nel senso riflessivo indotto dalla globalizzazione dell’industrialismo.
spontaneismo sociale65.
Il terzo ambito, in fine, riguarda l’ambito più proprio del politico. Esso va al di là della contingenza e, in questo senso, al di là dell’ambito privato (per quanto, in qualche modo lo presupponga). È questo ambito, secondo Beck, lo spazio più proprio di una rinnovata sfera pubblica che unisce gli attori sociali in una prospettiva cosmopolita, nella quale, cioè, viene a ri-definirsi e ri-attualizzarsi un rinnovato momento di dibattito.
In altri termini, come spiega Beck: «Sono chiamate in campo il concerto delle voci e delle forze, il dispiegamento delle specificità della politica, del diritto, della sfera pubblica e della quotidianità contro la pericolosa e sbagliata sicurezza di una società “progettata a tavolino”» (2011, p. 75).