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Il ruolo dei media e dell ’ apparato di servizio nella formazione dell ’ immaginario turistico

TURISMO COME CONSUMO E COME ESPERIENZA

3. La costruzione sociale dell ’ immaginario turistico

3.1 Il ruolo dei media e dell ’ apparato di servizio nella formazione dell ’ immaginario turistico

Urry sottolinea ad esempio come i sogni ad occhi aperti dei turisti, «comportano una rielaborazione della pubblicità e di altri simboli offerti dai media» (1995, p. 32), mentre la Gemini evidenzia come tradizionalmente sia la «varietà iconografica prodotta dal sistema dei media» (ibidem, p. 63) il principale “territorio” nel quale «le tante forme del desiderio di altrove, nonché l’insieme di attese e di aspettative sociali e individuali del viaggio, si sono rese comunicabili e osservabili» (ivi).

In generale, infatti, la proliferazione delle immagini, che almeno dall’invenzione nel 1839 della fotografia – forma tecnologicamente attualizzata delle rappresentazioni pittoriche e, in generale, del “pittoresco” - diventano il principale modello di riproduzione e diffusione dell’immaginario estetico dei luoghi e dello straordinario ad essi legato, un immaginario molto rapidamente istituzionalizzato all’interno del più ampio processo di istituzionalizzazione del sistema mass-mediatico e commerciale. In questa fase, non certo conclusa, è la cosiddetta classe di servizio citata da Urry a tenere le “chiavi” dell’immaginario turistico: «Questi agenti professionali del sistema turistico devono essere creativi e i più efficaci possono essere paragonati a dei compositori o a dei cineasti improvvisati»128 che tendono a promuovere lo sguardo romantico su quello collettivo decretando il continuo rilancio di nuove località turistiche isolate e incontaminate al fine di rimpiazzare quelle precedentemente promosse ma oramai raggiunte dal turismo di massa.

È comprensibile allora la centralità dell’apparato mediatico e di servizio nell’ambito della definizione del senso dell’attrazione, nonché, chiaramente nella diffusione stessa dei messaggi di richiamo turistico. La classe di servizio e il sistema mass-mediatico rappresentano, di fatto, i maggiori autori di quella “semiotica delle attrazioni” che consta nell’insieme di segni, significati e riferimenti simbolici che creano e attualizzano continuamente l’immaginario turistico condiviso.

Abbiamo già ampiamente parlato della capacità delle merci di fungere da segni e da simboli all’interno di un sistema complesso di rimandi e significati paragonabile ad un linguaggio che, come tale, appare «interamente sociale, interamente arbitrario e pienamente in grado di generare significati in sé» (MacCannell 2005, p. 24). Ebbene, riferendosi al valore “feticistico” o simbolico delle merci individuato da Marx, MacCannell evidenzia come nella storia successiva dell’oggetto industriale è proprio questa caratteristica che subisce lo sviluppo maggiore «trasformando il mondo meramente industriale nel mondo moderno», ovverosia catapultandoci velocemente

nell’universo simbolico del consumo (o cultura di consumo, come l’abbiamo anche definita), il quale, oramai completamente svincolato da qualsiasi valore d’uso è divenuto un mondo di simulacri funzionali, semidivinità “adorate” nel cerimoniale del consumo e i cui “grandi sacerdoti” sarebbero, per l’appunto, i rappresentanti della classe di servizio citata da Urry.

Riferendosi al proliferare delle forme simboliche (pubblicitarie) della merce - la quale «promette e guida l’esperienza in anticipo sull’effettivo consumo» - MacCannell (ibidem, p. 26), arriva a suggerire che «la moderna società materialistica è probabilmente meno materialistica di quanto siamo portati a credere» (ivi). D’altronde, Durkheim stesso sosteneva che «la vita sociale, in tutti i suoi aspetti e in ogni periodo della storia, è resa possibile solo da un vasto simbolismo» (1912, p. 264), anche se il grande sociologo francese si riferiva piuttosto alla «coscienza collettiva», la quale, lungi dall’essere mera rappresentazione, doveva essere il fondamento della solidarietà comunitaria, il “cemento” dei rapporti collettivi e la sede della morale condivisa, mentre, la cultura di consumo, ridotta ad immaginario, può sperare, al limite, di essere la base di una più blanda “socievolezza”, di rapporti cioè per lo più fluidi e mutevoli fondati sull’influenza di modelli in gran parte prodotti dall’industria culturale.

Una delle caratteristiche principali del nostro tempo, in effetti, è la crescita esponenziale delle produzioni culturali che riguardano principalmente l’immaginario. Anche le attrazioni turistiche rientrano in questo ambito, in quanto tutte «esperienze culturali» il cui senso e significato sono in larga parte costruiti innanzittutto come prodotti culturali che legano assieme, in una correlazione complessa, modello, influenza e medium129. L’industria culturale opera soprattutto a livello della produzione di «modelli idealizzati o esagerati di vita sociale, che sono di pubblico dominio nei film, nella narrativa, nella retorica politica, nelle chiacchiere, nelle strisce comiche, nelle esposizioni e negli spettacoli» (MacCannell 2005, p. 28). Mentre per quanto riguarda l’influenza essa può solo sperare che sia la più ampia e onnicomprensiva possibile ma, ovviamente, l’influenza di una produzione culturale rappresenta una sorta di alchimia che annovera numerosi e complessi fattori sociali e culturali.

Secondo MacCannell tale influenza può arrivare alla costituzione dei gruppi umani: «Le persone modernizzate, sollevate dalla responsabilità primaria di famiglia e gruppo etnico, si organizzano in gruppi attorno a visioni del mondo fornite da produzioni culturali. Il gruppo – dice MacCannell – non produce la visione del mondo, è la visione del mondo a produrre il gruppo» (2005, p. 35). Chiaramente questa affermazione, al quanto ardita, lascia aperta la questione di chi produca le produzioni culturali che sintetizzano e distillano le visioni del mondo attorno alle quali si formano e si organizzano i gruppi umani. La sensazione che queste preesistano al gruppo è fortemente influenzata dal fatto che oggigiorno esse sono effettivamente prodotte separatamente e poi “offerte” al pubblico per essere in qualche modo “consumate”. I

129 Secondo MacCannell le esperienze culturali sono alla base dell’esperienza contemporanea e constano tutte di un modello, che può essere un film, una pubblicità, il comportamento di un personaggio famoso, ecc., l’influenza che questo modello può avere in un determinato momento, su determinati individui o gruppi e un medium, inteso come il canale, la situazione, la modalità che lega e attualizza il legame tra modello e influenza (Cfr. MacCannell 2005, p. 28).

luoghi separati di tale produzione simbolica sono, ovviamente, soprattutto i media e gli apparati di servizio la cui funzione è principalmente quella di confezionare il prodotto turistico e i suoi significati.

MacCannell, definendo gli stadi di sacralizzazione del sight, definisce implicitamente gli stadi di significazione socialmente determinati dell’oggetto turistico come attrazione. Nel fare ciò egli inverte i presupposti da cui prendeva piede il ragionamento di Walter Benjamin attorno all’opera d’arte originale sostenendo che è piuttosto nelle copie riprodotte, significate e distribuite collettivamente che prende forma l’aura dell’attrazione turistica: «Le riproduzioni sono l’aura, e il rituale, lungi dall’essere un punto di origine, deriva dalla relazione tra l’oggetto originale e la sua importanza costruita socialmente» (ibidem, p. 52). Proprio nella costruzione sociale del significato e dell’importanza dell’attrazione sta quindi la natura semiotica del processo.

La significazione del prodotto culturale rappresentato dall’attrazione turistica può essere descritto, secondo MacCannell, attraverso la relazione empirica tra il turista, una sight, intesa come la cosa da vedere, l’oggetto dell’attrazione, e un indicatore o marker che rappresenta un «frammento informativo riguardante la veduta» (ibidem, p. 45). I marker per MacCannell possono assumere molte forme differenti: guide, tabelle informative, diapositive, cataloghi di viaggio, bustine dei fiammiferi come souvenir, ecc., e possono essere intesi come vere e proprie oggettivazioni del senso dato all’attrazione. Si potrebbe dire altrimenti che nella relazione comunicativa che costruisce l’attrazione nell’immaginario turistico, l’attrazione in se e per se rappresenta il referente oggettivo, mentre i marker sono i segni che la connotano e che contribuiscono a costruirne il senso130.

In questo modello semiologico, che è, in definitiva, una relazione comunicativa tra turisti e diversi istituti di mediazione (a diversi livelli), i luoghi e le attrazioni finiscono per essere i referenti del processo comunicativo che li definisce e in certo qual senso che li crea appunto come attrazioni attraverso i marker i quali, a loro volta, assumono un rilievo centrale nel processo di significazione della località turistica e nel processo di formazione e riproduzione dell’immaginario turistico collettivo.

I media, e più in generali i grandi apparati di servizio dell’industria culturale, rappresentano quindi, in un’ottica semiologica, quelli che potremmo definire gli istituti della lingua o i “dizionari” del linguaggio simbolico attraverso cui è costruito e si riproduce in larga misura l’immaginario collettivo di un gruppo umano: produttori e normalizzatori dei codici linguistici e comunicativi, dei linguaggi ma anche dei generi e delle categorie attraverso le quali siamo soliti leggere la realtà, i sistemi informativi e pubblicitari dell’industria culturale forniscono la gran parte dei significati oggi associati alle attrazioni attraverso i marker, i quali alimentano così lo specifico immaginario legato al turismo.

130 Il riferimento è qui alla linguistica di Gottlob Frege, il quale distingue il segno dal senso (Sinn) e dal significato o denotazione (Bedeutung).

3.2 Verso la costruzione di nuovi immaginari: dalla rappresentazione

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