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Sguardo collettivo e sguardo romantico: la ricerca dello straordinario nell ’ esperienza turistica

TURISMO COME CONSUMO E COME ESPERIENZA

2. Il significato sociale del consumo turistico

2.4 Sguardo collettivo e sguardo romantico: la ricerca dello straordinario nell ’ esperienza turistica

Questa tensione tra dimensione soggettiva e collettiva è stata, come si diceva, opportunamente evidenziata da John Urry (1995) il quale, partendo dalla constatazione che è proprio lo “sguardo” l’elemento più discriminante nell’attività turistica121, lo usa come una sorta di metafora analitica dell’interesse del turista moderno alternativamente proprio per la dimensione collettiva e per la dimensione soggettiva, distinguendo appunto uno «sguardo collettivo» che prediligerebbe la presenza della folla e di infrastrutture turistiche, come nelle stazioni balneari o nei parchi a tema (Cfr. Corvo 2005, p. 50) e uno «sguardo romantico», incentrato sul sé e che prediligerebbe per questo l’isolamento e la privacy.

Allo stesso modo in cui Urry si riferisce all’atmosfera carnevalesca delle spiagge di Brighton, dove i turisti si dedicano per lo più alla ricerca del piacere, Asterio Savelli attribuisce lo sguardo collettivo all’esperienza tipica delle vacanze di massa della società industriale, nella quale le ferie al mare o in montagna concentrate in un unico periodo dell’anno, il rito dell’esodo estivo, la compresenza e il clima ludico paragonabile ad un grande “carnevale collettivo”, contribuivano a celebrare la comune (seppur anonima) appartenenza alla società industriale e la condivisione di un comune destino di prosperità (Savelli 2009). La vacanza di massa risulta allora dominata dallo sguardo collettivo in quanto costituisce un elemento di forte inclusione e integrazione sociale. Si potrebbe dire ancora, in altri termini, che, nel caso dello sguardo collettivo, «l’esserci» diventa più importante dell’essere (ibidem).

La dimensione collettiva avrebbe quindi maggiormente a che fare con la celebrazione di quella fun morality che abbiamo già più volte richiamato o, in particolare, con la dimensione ludica del post-turista, la quale necessita infatti la presenza degli altri e di apparati che organizzino e attualizzino la possibilità di godersi tranquillamente l’esperienza turistica.

Nel caso dello sguardo romantico, al contrario, motivazioni e comportamento sono maggiormente orientati al sé, alla realtà fantasmagorica che promana dalla mente del

121 John Urry, parte dalla constatazione che è lo “sguardo” il principale senso discriminatore nell’attività turistica: la decisione di intraprendere un viaggio turistico è legata principalmente al «vedere ed essere visti» e, in sintesi, rappresenta essenzialmente un esperienza “fuori dell’ordinario”. Urry introduce così il concetto di «sguardo del turista», intendendo con ciò che l’esperienza turistica riguarda essenzialmente «l’osservare attentamente una scenografia composta da vari ambienti, paesaggi naturali o vedute cittadine che sono fuori dall’ordinario» (1995: p. 15).

soggetto ma che, come non manca di sottolineare lo stesso Urry122, si alimenta in larga misura dell’immaginario collettivo attraverso il quale l’individuo si appropria di emozioni e sensazioni che, appunto, “fa proprie”, che rende cioè parte del proprio bagaglio esperienziale e che usa per tracciare, in qualche modo, la propria biografia individuale. Proprio per via di tale necessità di “appropriazione” il turismo dominato dallo sguardo romantico si risolve spesso nell’enfasi posta sulla privacy, sulla solitudine e su una relazione personale, contemplativa e semispirituale, con l’oggetto osservato. L’ideale dello sguardo romantico, insomma, pur alimentandosi inevitabilmente dei riferimenti collettivi, è di natura più spiccatamente soggettiva e si avvicina all’ideale di

leisure come «personal experience and state of being»123.

Per meglio cercare di esemplificare possiamo rifarci anche qui all’esperienza del professore e della signora milanese in vacanza in Grecia. Infatti, mentre lo sguardo del professore pareva essere ampiamente pregno di una dimensione autoriferita, nel senso che il suo interesse era tutto rivolto alla soddisfazione che poteva trarre dal “leggere” tra antiche vestigia la storia della nostra civiltà, lo sguardo della signora di Milano letteralemente non vedeva in quei “sassi” le medesime cose che il professore. Quest’ultimo viveva l’esperienza in maniera intima e quasi sacrale, tanto che l’innocente quanto inopportuna osservazione della signora milanese fu colta alla stregua di una “bestemmia”.

Al di là di molte altre osservazioni che si potrebbero pur fare attorno a questo esempio, mi pare qui utile sottolineare proprio il carattere autoriferito dell’esperienza del professore rispetto al carattere più centrato sul “vedere le cose da vedere” che, alla stregua di una obbligazione sociale, probabilmente animava la signora milanese. In entrambi i casi, comunque, la dimensione sociale e collettiva si trova, per così dire, sia a monte che a valle dell’esperienza. L’attrattività del sito, infatti, è costruita socialmente attraverso una serie di attori e istituzioni sociali come i tour operator, i media, la scuola, ecc. che conferiscono senso e notorietà al luogo e agli oggetti storici che custodisce e che concorrono a costruire e a diffondere i dettagli dell’attrazione, fino a dargli certi connotati e una certà identità piuttosto che un’altra. Caratteri soggettivi della fruizione, come ad esempio una certa sensibilità o un diverso capitale culturale, diventano poi chiaramente determinanti per la “profondità” dell’esperienza.

Il riferimento alla dimensione collettiva e alla costruzione sociale dell’attrattività si ritrova quindi, come si diceva, a valle, cioè prima di partire nella costruzione dell’attrattività, ma anche a monte, cioè al ritorno. La signora di Milano assume d’altronde un riferimento collettivo nel momento in cui si prende la briga di visitare qualcosa che per lei comunque non aveva grande significato ma che, sicuramente, non mancherà di mostrare ai conoscenti nelle foto del suo viaggio. Come, d’altro canto, è

122 Urry, pur ispirandosi apertamente al lavoro di Campbell su “Etica romantica e spirito del consumismo

moderno”, arriva a criticarne la deriva solipsistica, cioè la definizione di un individuo autonomo e

autoillusorio pressoché irrelato dal contesto sociale, sottolineando come sia difficile mettere in dubbio il ruolo della pubblicità e più in generale dei mass media, così come l’influenza dell’appartenenza di classe.

123 Un modo di concepire il tempo libero ampiamente adottato dalla psicologia sociale e che consente di includere tutti gli aspetti della personalità dell’individuo e, nella sua forma più elevata, di arricchire quella condizione che è stata definita «attualizzazione del sé» (Lo Verde 2009, p. 21)

certamente verosimile che le implicazioni dell’esperienza vissuta dal professore verranno poi da questi discusse e condivise all’interno del proprio gruppo di riferimento, nel caso specifico all’interno della comunità scientifica, rispetto alla quale il professore intenderà certamente “distinguersi”.

In altre parole, nonostante i due abbiano effettivamente vissuto due esperienze molto diverse anche se compresenti nello spazio e nel tempo e nonostante l’attrazione fosse la medesima, entrambi si sono mossi verso il sito archeologico spinti da dei riferimenti simbolici socialmente determinati e socialmente riferibili a gruppi di pari più o meno allargati, rispetto ai quali soprattutto assume rilevanza la “straordinarietà” dell’esperienza.

Sia la dimensione “romatica” che quella “collettiva” appaiono infatti, nelle stesse argomentazioni di Urry, legate dal trait d’union della straordinarietà dell’attrazione: «Ciò che costituisce un particolare sguardo del turista dipende da ciò che gli è opposto; dalle esperienze non turistiche che il soggetto compie nella sua vita ordinaria» (Urry 1995: p. 16). In altre parole, la peculiarità dello sguardo turistico è rappresentata dal fatto che esso si costituisce in relazione al suo contrario, cioè a forme non turistiche di esperienza sociale124.

In questo senso, man mano che la dimensione esperienziale entra a far sempre più parte della dinamica consumistica contemporanea e man mano che questa assume sempre più peso nell’organizzazione del tempo libero per così dire “routinario”, la ricerca dello straordinario si sposta al tempo turistico, durante il quale si cerca di alzare sempre più l’asticella dell’esperienza spettacolarizzandola oppure, al contrario, si ricerca, per l’appunto, la tranquillità, la privacy e una dimensione esperienziale da definirsi autentica125.

L’intera dimensione del viaggio, dalla partenza al ritorno, passando per l’esperienza turistica, potrebbe essere vista allora alla stregua di un rituale che serva a sancire non tanto l’autenticità o meno dell’esperienza quanto la sua straordinarietà, vissuta tanto in riferimento a ristretti gruppi di pari quanto all’interezza dei riferimenti simbolici e culturali promossi dalla società dei consumi nel suo complesso.

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