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Diritti come vincoli, capacità come potenza

Capacità e diritti uman

4. Diritti come vincoli, capacità come potenza

Il concetto appena espresso può essere chiarito meglio guardando alla filosofia politica del novecento, in particolare ad alcune teorie che potrebbero venire in aiuto nella chiarificazione del problema di come conciliare capacità e diritti. Si tratta delle riflessioni di uno studioso apparentemente molto lontano da Sen ma che, in realtà, nel corso degli anni ha stabilito un proficuo dialogo con il padre delle capacità. Stiamo parlando di Robert Nozick, il filosofo libertario americano che, nonostante abbia una concezione dello stato ultraminimo e dunque molto diversa dalla concezione liberale di Sen, offre una teoria dei diritti molto interessante e proficua al fine di concepire le capacità in altro modo.

Nella nostra analisi siamo arrivati al punto in cui i diritti, nel momento in cui si inseriscono nel discorso le capacità, ricoprirebbero il ruolo di intermediari tra la vasta gamma di possibilità e le scelte dell’individuo.

Tale senso è esplicitato anche tra le righe di un passo di Nozick:

«Un modo più appropriato di considerare i diritti individuali è il seguente. I diritti individuali sono co-possibili, ognuno può esercitare i suoi diritti quando sceglie. L’esercizio di questi diritti fissa alcune caratteristiche del mondo. I diritti non determinano un

ordinamento sociale ma stabiliscono i vincoli entro cui una scelta sociale deve essere effettuata escludendo talune alternative e scegliendone altre»210.

Dunque i diritti interverrebbero nel momento in cui un individuo, scegliendo, entra nel contesto sociale e con la sua azione scatena dei meccanismi che devono armonizzare la sua decisione con quella degli altri. I diritti tutelano la volontà della persona e permettono che la scelta vada a buon fine.

Se adottassimo tale versione dei diritti, dove collocare le capacità? Forse si troverebbero alla base di questo processo, racchiudendo la totalità dell’insieme di co-possibili esistenti prima della scelta, mentre i funzionamenti sono i nuovi stati del mondo una volta che la scelta è avvenuta.

Tramite questa concezione è possibile considerare la natura descrittiva dell’approccio alle capacità e il suo carattere da un lato contingente, in quanto si tratta di possibilità che riguardano la sopravvivenza dell’individuo, dall’altro astratto, perché ogni scelta è possibile e non esiste alcuna preclusione.

La teoria dei diritti come co-possibili, sostenuta da Robert Nozick, può involontariamente supportare non tanto la concezione di Amartya Sen, che conferisce ai diritti un ruolo maggiore rispetto al filosofo americano, ma la nostra idea di come il capabilities approach possa modificarsi per costituire la base di una teoria politica globale.

Analizzando le differenze, nella concezione dei diritti, che i due pensatori portano avanti, sarà possibile comprendere come in questo discorso le capacità abbiano tutto da guadagnare dal punto di vista della chiarezza concettuale.

Per fare ciò bisogna partire da un altro discorso, cioè quello legato alla teoria dell’ottimo

paretiano, teoria che è stata confutata da Sen, attraverso il teorema sull’impossibilità del liberale paretiano. Sen dimostra la contraddizione tra la concezione di Pareto dell’efficienza

e il liberalismo, quindi anche la democrazia.

Sappiamo che il principio di Pareto sostiene sinteticamente che, se più di un individuo esprime le sue preferenze, queste saranno rispecchiate nella deliberazione sociale e permetteranno il raggiungimento dell’efficienza dell’intero sistema. In altre parole, se un individuo fa una scelta che attiene al campo della libertà personale tra due alternative, quella deve essere considerata socialmente rilevante. Sen, al contrario, dimostra come possa darsi il caso che, per qualche insieme di preferenze individuali, si ottengano dei cicli

contraddittori, che mettano in contrasto quel principio, a meno che non si voglia intaccare la libertà personale, pilastro della teoria liberale e, quindi, difficilmente accantonabile.

Nello specifico, è proprio Robert Nozick a dialogare con Sen su questo tema e a cercare una possibile soluzione al dilemma, attribuendo priorità ai diritti liberali e vincolando la scelta sociale mediante l’esercizio di tali diritti. Seguendo le parole del filosofo americano, sarà più chiaro il suo tentativo di soluzione:

«La difficoltà deriva dal trattare il diritto di scelta di un individuo a decidere fra alternative come il diritto di determinare l’ordinamento relativo di queste alternative all’interno di un ordinamento sociale…I diritti non determinano la posizione di un’alternativa o la posizione relativa di due alternative in un ordinamento sociale; i diritti operano su un ordinamento sociale per vincolarne la scelta che può generare»211.

Ciò significa che qui Nozick sta risolvendo il problema attribuendo ruoli distinti alla regola di Pareto e al principio liberale, ovvero con la prima si determina unicamente un ordinamento parziale più stretto, che deve essere compatibile con l’ordinamento sociale, mentre con il secondo si riducono le condizioni di scelta sulle quali deve essere applicato l’ordinamento sociale stesso. In altre parole, le preferenze non vanno ad interessare tale ordinamento ma un sottoinsieme che vincola la successiva scelta sull’ordinamento stesso. Sen replica all’interpretazione di tale concetto, chiedendosi se debba essere inteso come un semplice meccanismo di scelta o come un’opinione sul benessere sociale: «Nozick non sembra contestare l’accettabilità dell’ordinamento secondo Pareto come una condizione sufficiente per un più elevato benessere sociale, ma elimina il suo effetto escludendo sul terreno dei diritti le alternative superiori secondo Pareto nella scelta sociale»212.

Il contrasto nasce proprio da questa diversa interpretazione e dal fatto che per Sen il riconoscimento di certi diritti sembrerebbe avere conseguenze sui nostri giudizi circa ciò che è socialmente buono. In altre parole, nel dichiarare che cosa sia socialmente buono e che cosa non lo sia, non è trascurabile esaminare se i diritti riconosciuti possano essere liberamente esercitati.

Quindi, per l’economista indiano, qualora un individuo esprimesse la sua preferenza sul luogo dove abitare, ad esempio, e ciò non gli venisse permesso, oltre ad una violazione dei diritti, saremmo di fronte ad un peggioramento della società, dunque non solo sarebbe violato il principio di Pareto ma anche il fondamento stesso del liberalismo.

211

R. Nozick, Anarchia, stato, utopia, il Saggiatore, Milano 2000, p, 178-179.

Tale problema riguarda proprio l’ambito dei diritti, che non sono i soli protagonisti del discorso, poiché ciò che Sen sembra sostenere, quando parla di ordinamento sociale, è perfettamente in linea con la sua teoria della giustizia liberale, basata sulle capacità.

Ma anche lo stesso Nozick, con la sua descrizione dello stato minimo e la sua teoria dei diritti, offre in realtà uno sviluppo onnicomprensivo dei diritti stessi. È possibile quindi che, adottando il criterio di Nozick, si possa comprendere quale sia il ruolo delle capabilities all’interno della società globalizzata.

Il metodo di procedere in questa analisi è il seguente: sia la teoria di Sen sui diritti che quella di Nozick sono composte di due parti, una relativa alla scelta sociale e l’altra alla libertà. Quindi, inserendo tali teorie all’interno dell’orizzonte concettuale di riferimento dei due pensatori, l’etica delle capacità e il libertarismo, è possibile sezionarle e comporle in un modo diverso, per dimostrare come il concetto di capacità possa essere rimodulato e diventare l’ago della bilancia per l’universalizzazione dei diritti umani.

SEN NOZICK

Scelta sociale Diritti espressione delle preferenze Diritti come vincoli nell’ordinamento sociale

Libertà Etica delle capacità Stato ultraminimo

Abbiamo visto come Nozick tenti di risolvere il teorema di Sen sull’impossibilità del liberale paretiano, ritenendo i diritti non determinanti sul piano delle preferenze da considerare in una società ma operanti unicamente in un ordinamento sociale per vincolare le scelte. La scelta sociale avrà così luogo all’interno dei vincoli costituiti dai modi in cui le persone scelgono di esercitare tali diritti, proprio perché ogni imposizione di un modello richiederebbe continue interferenze con le scelte e le azioni degli individui.

Quindi l’obiettivo sarà quello di dimostrare come il concetto di capability possa essere considerato come qualcosa di assolutamente precedente i diritti e alla base dell’impulso umano ad agire nel mondo. La capacità rappresenta l’insieme della potenza umana di

agire e i diritti risultano essere i vincoli di tale potenza.

Perciò, dando per assodata la condizione di identità multipla, che caratterizza l’essere umano nell’epoca attuale di globalizzazione, soltanto il ricorso ad un presupposto come quello di potenza di agire, tradotto nel linguaggio delle capacità, può aiutare a dar vita ad una strutturazione dei diritti, nello specifico dei diritti umani, che possa conferire quello statuto universalistico troppo spesso annunciato e mai effettivamente raggiunto.

In questo senso il concetto di capacità si trova davanti la sfida di poter sostituire, o comunque integrare, tale concezione di diritti fondamentali, proprio per aiutare la cultura dei diritti ad estendersi in zone finora poco esplorate, come quelle della più completa espressione della potenzialità umana.

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