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L’illusione del benessere ‘costruito’

Capacità e sviluppo

4. L’illusione del benessere ‘costruito’

La globalizzazione ha creato lo scenario nel quale vi può essere una forte discrepanza tra il benessere dei cittadini e la produttività di un Paese, inoltre la recente crisi economica ha alzato il sipario sulla falsa illusione di vivere in un’era di prosperità, tutti elementi che hanno reso più che mai utile e necessario il lavoro della Commissione.

Ma vediamo nel dettaglio quali possono essere i motivi specifici per cui avviene lo scollamento tra percezione della vita dei cittadini e dati statistici:

1. Imperfezione nel processo di misurazione;

2. Incertezza sull’uso dei concetti e sull’adeguatezza degli stessi;

3. Differenze tra reddito medio e reddito dell’individuo rappresentativo, in situazioni di forte diseguaglianza sociale;

4. Mancata misurazione, da parte degli indicatori statistici, di alcuni fenomeni di grande impatto sul benessere dei cittadini e sulla percezione dello stesso;

5. Inadeguatezza della misurazione graduale in presenza di mutamenti improvvisi;

6. Eccessivo risalto dato al PIL a scapito di altri indicatori, come ad esempio il prodotto interno netto o il reddito domestico reale.

Il rapporto della Commissione per la misurazione della performance economica e del progresso sociale opera una distinzione metodologica ulteriore, ovvero la distinzione fra una valutazione del benessere attuale e una valutazione della sostenibilità, cioè che tale benessere duri nel tempo. Il primo, infatti, ha a che fare con il reddito, quindi con le risorse economiche, ma deve considerare anche gli aspetti non economici della vita, ovvero l’ambiente nel quale le persone operano, i loro stati d’animo, la loro condizione generale. Il secondo, cioè il mantenimento di tale benessere nel tempo, dipende dal fatto che le riserve di capitale disponibili e necessarie riescano ad essere tramandate alle generazioni future. Per comprendere come sia possibile migliorare gli indicatori della performance economica bisogna tenere conto della complessità della società e della difficoltà di individuare le aree su cui focalizzare la misurazione, come ad esempio la produzione, vero settore chiave del reddito.

Tuttavia un conto è misurare la quantità, un altro i miglioramenti qualitativi, come affermano proprio i relatori del rapporto: «La quota crescente di servizi e la produzione di beni sempre più complessi rendono la misurazione della produttività e della performance economica più difficile di quanto non fosse in passato: oggi ci sono molti prodotti che hanno una qualità complessa, multidimensionale e soggetta a rapidi cambiamenti»240. Dunque il Rapporto afferma che, per giungere ad una misurazione soddisfacente della performance economica e degli standard di vita, è fondamentale risolvere il problema della misurazione del settore pubblico. Come misurare, ad esempio, la produzione di servizi definiti individuali, come quelli sanitari o educativi, le tecnologie legate alla comunicazione, le attività di ricerca o i servizi finanziari? Una sottostima dell’aspetto qualitativo della produzione di tali beni può portare ad una sopravvalutazione dell’inflazione, che porta ad una conseguente sottovalutazione dei redditi reali, come è vero il contrario.

La misurazione dei servizi, dei beni sociali, è spesso legata più ai fattori produttivi impiegati per produrre tali servizi che, invece, al risultato dei servizi stessi, che spesso viene ignorato: «ne deriva che se si verifica una variazione positiva delle produttività nel settore pubblico, le nostre misurazioni sottostimano la crescita economica e il reddito reale»241.

240

J. Stiglitz, La misura sbagliata delle nostre vite, op. cit., p.10

L’insistenza sulla misurazione dei servizi deriva da un nuovo modo di affrontare il problema degli indicatori economici, spostando l’attenzione dalla misurazione della produzione economica a quella del benessere delle persone, considerato in un contesto di sostenibilità, per comprendere realmente, accanto ai dati sull’occupazione, ad esempio, anche dati relativi al benessere della gente comune.

Per ottenere ciò è evidente la necessità di avere più indicatori, come sostiene uno dei punti del programma metodologico sopra mostrato, per cogliere l’eterogeneità delle esperienze delle persone e i legami tra le varie dimensioni della vita.

Il PIL misura principalmente la produzione di mercato espressa in unità monetarie, tuttavia viene spesso usato come indicatore del benessere in generale, quando invece sarebbe opportuno concentrarsi di più sul reddito nazionale netto, sul reddito e consumo reale delle famiglie, che possono diminuire all’aumento della produzione: «i dati di contabilità nazionale disponibili mostrano che in diversi paesi dell’OCSE il reddito reale dei nuclei familiari è cresciuto in modo piuttosto diverso da quello del PIL reale pro capite, tipicamente in misura inferiore»242. Porre al centro la prospettiva delle famiglie è già un primo passo per spostare l’attenzione sul benessere reale, dunque considerare anche le tasse corrisposte allo Stato, i sussidi sociali e i mutui, anche i servizi offerti gratuitamente dallo Stato, come assistenza sanitaria e sistemi educativi. Bisogna anche capire che tipo di consumo opera la famiglia: se, ad esempio, spende di più per beni di consumo, allora starà operando una scelta che va a scapito delle generazioni future; questo vale anche per gli stati, nel senso che il reddito, il consumo e la ricchezza sono indicatori importanti ma non dicono tutto ciò che c’è da sapere sugli standard di vita, è necessario un occhio di riguardo alla distribuzione del reddito.

Una conseguenza di tale discorso è dare importanza al reddito o al consumo mediano, al nucleo familiare tipico, alle statistiche relative alla povertà, tutti dati da collegare tra loro in un’unica valutazione degli standard materiali di vita, cioè reddito, consumo e ricchezza. Un’altra raccomandazione, che va nella direzione di una ridefinizione del sistema di misurazione, è l’estensione degli indicatori relativi al reddito alle attività non legate direttamente al mercato: infatti i servizi che le famiglie producono per se stesse non sono considerati nelle misurazioni ufficiali del reddito, nonostante possano essere importanti in vista della valutazione dei livelli di consumo delle famiglie, discorso che vale soprattutto per i paesi in via di sviluppo.

Un altro esempio in questo senso è quello del tempo libero: si deve considerare anche il modo in cui le persone occupano il proprio tempo, poiché consumare lo stesso pacchetto di beni e servizi lavorando meno ore significa un miglioramento dello standard di vita, che andrebbe preso in considerazione.

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