Capacità e diritti uman
3. I diritti umani secondo Amartya Sen
Vediamo se per Amartya Sen i diritti possano essere considerati come fossero declinati dall’etica delle capacità o se invece abbiano un ruolo differente.
Sen ammette l’effettiva mancanza di una chiarificazione concettuale nella cultura dei diritti, soprattutto nel senso di una loro dubbiosa fondazione e di una lacuna nel momento in cui tali diritti vanno resi efficaci. Tale scetticismo intellettuale ha le sue radici nel pensiero del padre dell’utilitarismo, ovvero Jeremy Bentham206, che sosteneva due punti importanti: 1) l’idea di diritti naturali è un vero e proprio non senso, 2) se il sostantivo “diritto” derivasse concettualmente dalla parola “legge”, dunque da una legge reale derivasse un diritto reale, allora da una legge di natura potrebbe generarsi soltanto un diritto immaginario, il cui esempio più lampante sarebbero proprio i diritti naturali.
Tale posizione estrema non è poi così isolata all’interno della tradizione filosofica occidentale, tuttavia per Sen il discorso di Bentham è associabile alla riflessione utilitaristica, che viene spesso criticata dall’economista indiano, proprio per il voler accentuare un’etica basata sull’utilità, dunque insufficiente a comprendere in pieno l’estrema varietà dello sviluppo umano e la difficoltà che i confronti interpersonali di utilità comportano.
Non interessa in questa sede la polemica con l’utilitarismo quanto capire che da tale polemica Sen traccia alcune linee guida per una comprensione globale dei diritti. La prima cosa da chiarire è che i diritti umani possono essere visti primariamente come esigenze etiche, dunque non come comandi principalmente legali o proto legali. Seconda riflessione fondamentale è che tali diritti si riferiscono essenzialmente alla sfera della libertà, materia su cui si sviluppano: questa precisazione non è affatto scontata, dato che il concetto di libertà in Sen è molto denso e rappresenta il fulcro del suo pensiero.
Per questi motivi i diritti umani si riferirebbero ad entrambi gli aspetti della libertà: quello relativo alle opportunità e quello relativo al processo. Un pronunciamento sui diritti umani include un’asserzione sull’importanza delle libertà corrispondenti, quindi il diritto a non essere torturati, ad esempio, viene fuori dall’importanza della libertà da ogni tipo di tortura ma, in realtà, include anche l’affermazione che gli altri debbano considerare che cosa possano ragionevolmente fare per assicurare la libertà dalla tortura. In questo modo si distribuiscono, perciò, obblighi e responsabilità, oltre all’affermazione delle libertà.
L’approccio di Sen ai diritti, quindi, si pone dal punto di vista etico, non considerandoli unicamente come rivendicazioni legali e differendo da un approccio nomocentrico che li vede fondamentalmente basati in funzione della legge, ”laws in waiting”, secondo l’espressione anglosassone. Perciò i modi di implementare e migliorare la diffusione di una cultura dei diritti umani, secondo Sen, non hanno bisogno di essere confinati unicamente al fine di produrre nuove leggi: «it is important to see that the idea of human rights can be, and is, actually used in several other ways as well»207.
L’approccio etico, come abbiamo visto, si riconduce al concetto di libertà. Tale idea viene discussa sovente negli scritti di Sen, che ne considera essenzialmente due aspetti: quello legato al processo e quello legato alle opportunità. Nello specifico si parla di opportunità sostanziali e di libertà nei processi. La distinzione è presto chiarita: considerando, ad esempio, la libera scelta di uscire di casa per andare al cinema, in presenza di una violazione di questa libertà io potrei:
a) essere obbligato a non andare al cinema; b) essere obbligato ad andare al cinema.
La differenza tra essere libero di andare al cinema ed essere obbligato ad andarci è chiaramente una questione che interessa l’aspetto processuale della libertà, non dell’opportunità, che verrebbe interessata se mi si obbligasse a non andare al cinema ma a fare qualcos’altro. Le due violazioni sarebbero sia nel senso di un divieto di fare qualcosa, sia nel senso di un obbligo a fare qualcosa, dunque sia l’aspetto processuale che quello delle opportunità fanno parte dell’orizzonte dei diritti umani.
Qui entra in gioco, dopo questo lungo preambolo, il concetto di capability che, ricordiamo, rappresenta l’opportunità di acquisire valide combinazioni di funzionamenti, ovvero ciò che una persona ha facoltà di fare o di essere. Tuttavia quello che l’idea di capacità può contribuire a dire sulla teoria dei diritti umani, secondo Sen, ed è il punto principale, non è tanto nel campo processuale della libertà, quanto nel senso delle opportunità. È bene prestare molta attenzione a questo passaggio, che può risultare poco chiaro: nonostante le capacità siano alla base di ogni possibile funzionamento umano, dunque sembrino legate sia alle opportunità che ai processi, nel momento in cui le si accosta ad una teoria dei diritti umani, che rimanda ad una necessaria teoria della giustizia di base, bisogna controllare che il concentrarsi sulle opportunità da assegnare ad una singola persona non vada a scapito
della libertà processuale che deve esistere nell’intera società, soprattutto nel momento in cui si parla di giustizia.
Sen fa un esempio molto calzante: se considerassimo che, a parità di condizioni e cure mediche, le donne vivono più a lungo degli uomini, potremmo, applicando l’etica delle capacità, curare maggiormente gli uomini nel caso in cui si ammalassero a parità delle donne, questo per garantire agli uomini la libera espressione delle loro capacità. Ma così facendo daremmo vita a delle forti ingiustizie, anche assurde da comprendere.
L’aspetto della libertà legato alle capacità volge la sua attenzione ai mezzi e alle possibilità di cui si dispone per poter raggiungere l’obiettivo prefissato, non nei confronti degli obiettivi stessi, che sono prerogativa essenziale della libertà di scelta dell’individuo. Le capacità si concentrano sulle opportunità attuali, gettando un ponte tra i potenziali mezzi realizzativi e l’effettivo risultato finale, entrambi dipendenti dalle variazioni nelle caratteristiche dei soggetti.
La libertà coniugata in forma di capacità si concentra, quindi, sull’opportunità di acquisire determinate combinazioni di funzionamenti scelti liberamente dalla persona; ciò significa che la libertà di avere qualcosa è ben distinta dall’effettiva situazione di possesso di quella cosa.
Tali specificazioni sono fondamentali per comprendere che cosa esattamente Sen intenda per capacità e quale possa essere il loro ruolo all’interno di una teoria della giustizia o di una teoria dei diritti umani: è lo stesso economista indiano a chiarire questo punto, sostenendo che la teoria delle capacità «can hardly serve as the sole informational basis for the other considerations, related to processes, that must also be accomodated in normative collective choice theory»208. Proprio perché una teoria della giustizia ha a che fare con entrambi gli aspetti della libertà, sia quello legato alla giustizia del processo che quello legato alle eque opportunità, Sen deve specificare in quale ambito le sue capacità possono essere applicate, per evitare fraintendimenti e conclusioni affrettate sulla validità o meno del suo modello. Rifacendosi alla teoria della giustizia di John Rawls, l’economista indiano colloca il suo approccio alle capacità nell’ambito del secondo principio di giustizia, il cosiddetto principio di differenza, dove si discute proprio di beni primari e redistribuzione, mentre nel primo principio, nel quale Rawls delinea le libertà principali, viene analizzato l’aspetto processuale della libertà, con l’assicurazione che sia possibile ottenere posizioni e cariche aperte a tutti. Così, anche per quanto riguarda i diritti umani, Sen intende in questo modo il ruolo del
capability:
«The same plurality of informational base links with the multiplicity of considerations that can be invoked in a theory of human rights. Capabilities and the opportunity aspect of freedom, important as they are, have to be supplemented by considerations of fair processes and the lack of violation of the individual’s right to invoke and utilize them»209.
Dunque le capacità intervengono nel momento in cui ci si trova di fronte alla violazione dei diritti individuali di una persona, come fossero un baluardo teorico che ne garantisce la piena validità e ne deve facilitare l’applicazione. In questo senso, le capacità vengono prima dei diritti umani, sia in senso logico che in senso positivo, dato che senza di esse non ci sarebbe la possibilità di un diritto.