Il teorema dei diritti uman
2. Universalismo dei diritt
Analizziamo ora quali siano gli strumenti giuridici di tutela dei diritti stessi.
Come sostiene Cassese, che si è occupato a lungo dell’argomento74, «quella dei diritti umani è una galassia ideologico-normativa in rapida espansione e con una meta precisa: accrescere la salvaguardia della dignità della persona»75. Il concetto di dignità è, quindi, la chiave per comprendere l’espressione e la funzionalità di tali diritti, i cui presupposti risiedono nel valore universale della razionalità, intesa come concetto presente nelle grandi religioni monoteistiche e nella tradizione kantiana, ovvero una razionalità che si basa essenzialmente sul rispetto per la persona, considerata come un fine e mai come un mezzo, soggetto di una ragione moralmente pratica. Ciò deve avvenire anche nel caso la persona stessa volontariamente intenda subire un abuso: infatti si ritiene che il rispetto della dignità della persona umana debba prevalere sia sulla volontà della vittima sia sui suoi pretesi diritti di libertà.
Tale questione solleva l’interminabile messa in discussione del carattere universalistico dei diritti umani, ovvero se la visione internazionale dei diritti possa venire accettata in ogni circostanza e da qualunque soggetto o gruppo indipendentemente dal contesto culturale in cui vive. Per esempio nella visione giusnaturalistica, che impronta i diritti umani così come vengono concepiti dai paesi occidentali, tali diritti sono connaturati agli individui, sono un elemento intrinseco della qualità di persona umana, dunque precedono ogni struttura statale e devono essere rispettati dai governi. Secondo i paesi occidentali, se mancano le libertà di
74 Si ricordi che Antonio Cassese ha presieduto il Tribunale Penale Internazionale per i crimini di guerra perpetrati in
ex Jugoslavia e la Commissione Internazionale di inchiesta dell’ONU per i crimini in Darfur.
base, come la libera manifestazione del proprio pensiero o la libera circolazione sul territorio o la possibilità di eleggere i membri del proprio governo, è assolutamente inutile discutere di benessere materiale. Al contrario una visione più in linea con l’ideologia socialista è quella che pone l’enfasi sui diritti economico-sociali, sostenendo che non ha senso parlare di libertà fondamentali se la contingenza materiale economica è tale da impedire ogni possibile manifestazione di libertà. In poche parole si è di fronte ad uno scontro tra quelle che sono le libertà formali e quelle che si definiscono libertà sostanziali: dove collocare, se esiste, un confine tra i due modi di declinare la libertà? Secondo Cassese il problema nasce dalla forte matrice giusnaturalista che ha accompagnato i diritti umani fin dal loro apparire sulla scena internazionale: «è indubbio, infatti, che i grandi testi che sanciscono la tutela universale dei diritti umani siano di matrice occidentale e giusnaturalistica. Questa matrice ha effettivamente giocato a sfavore dell’universalismo»76. I paesi che hanno vissuto la colonizzazione e che si trovavano da poco in una situazione di indipendenza hanno spesso contrastato tale visione dei diritti umani proponendo la tesi del loro relativismo, proprio perché il valore dell’uomo non viene visto come intrinseco, atemporale e dunque universale ma come declinantesi a seconda del contesto culturale in cui l’individuo è inserito. Tali problemi di interpretazione dei diritti umani sono il principale ostacolo alla loro diffusione e tutela. Casi come quello delle mutilazioni genitali femminili sono l’esempio di come sia estremamente difficile esprimere, partendo da un’ottica liberale occidentale, giudizi di valore relativi a pratiche che, nonostante ledano la dignità della persona, vengono accettate dalle stesse vittime, che ne hanno bisogno per emanciparsi nella società e per essere accettate. È chiaro che, di fronte all’accondiscendenza di chi subisce una svalutazione della propria dignità in nome della tradizione e dell’attaccamento ad una comunità, è piuttosto complicato riuscire a far tutelare in pieno i diritti umani; l’obiettivo è evitare che una politica dei diritti umani si trasformi in una forma di imperialismo culturale. A tal proposito Cassese ricorda come l’universalità non sia necessariamente un male ma che comunque ci sia bisogno di «conciliare l’universalità dei diritti umani con il pluralismo culturale e morale»77.
Una teoria che potrebbe venire incontro alla soluzione del problema è quella dell’ universalismo minimalista, portata avanti dallo storico e politico canadese Michael Ignatieff, che introduce una lista di precetti minimi potenzialmente compatibili con un’ampia varietà di modi di pensare o di agire. Il limite oltre il quale non bisogna andare è rappresentato dal campo riguardante il consenso della vittima, unico vero criterio di
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A. Cassese, I diritti umani oggi, op. cit., p. 64
discriminazione tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Dunque chi intende tutelare i diritti umani dovrebbe preventivamente capire se quel determinato atteggiamento, individuato come violazione, sia sentito come tale anche dalla vittima stessa. Il problema principale di questo criterio, che mette al centro la consapevolezza della vittima, è che proprio tale consapevolezza è estremamente soggettiva e legata a stati psicologici del soggetto difficilmente traducibili secondo un parametro oggettivo di classificazione. Infatti basti citare il caso delle preferenze adattative, introdotto da Amartya Sen, per avere un’idea del discorso: se si nasce, si cresce e si forma il proprio universo psicologico in una condizione di assoggettamento verso un certo rituale o una serie di tradizioni che dall’esterno sembrano implicare forme di violazione psicologica o fisica dell’integrità della persone, è difficile capire quanto le potenziali vittime siano consapevoli di quello che stanno facendo e quanto in effetti siano libere dai condizionamenti culturali che impediscono loro di maturare una decisione libera. Nel caso delle mutilazioni genitali femminili, ad esempio, Cassese suggerisce l’idea che, «visto che in questo caso sono in gioco l’integrità fisica e psicologica del soggetto, un primo passo da compiere potrebbe essere quello di accrescere nelle donne la consapevolezza che esse hanno il diritto di opporsi alla mutilazione»78.
In ogni caso è comunque fuori discussione il fatto che su alcuni punti esiste già un accordo pressoché unanime: si considerano come gravissime forme di violazione dei diritti umani crimini come il genocidio, la discriminazione razziale, la pratica della tortura, il rifiuto di riconoscere il diritto dei popoli all’autodeterminazione. È possibile, quindi, raggiungere un’universalità, che dapprima potrebbe essere minima, o comunque riservata a pochi casi come quelli appena indicati, poi col tempo in grado di racchiudere sempre più diritti possibili, magari riuscendo a conciliare l’imperativo universale con la particolarizzazione e la settorializzazione dei singoli campi entro i quali i diritti intendono applicarsi.
Il problema principale è dunque quello di chiarire la relazione esistente tra la teoria dei diritti umani e l’applicazione pratica delle leggi internazionali che li tutelano: questo scarto rende difficile sia ragionare sulle diverse teorie, sia trovare una soluzione per l’effettivo rispetto dei diritti.
Se si sostiene che i diritti umani siano essenzialmente un prodotto del pensiero liberale, derivante da una visione umanistica e individualistica del mondo, allora risulta arduo riuscire a definirli come universali e trasversali rispetto ai confini culturali.
Steven Lukes individua tre presupposti riguardanti la loro natura teorica: uno è la considerazione che siano dei limiti posti al perseguimento di scopi ritenuti vantaggiosi per la
società, ovvero che, nonostante i governanti ritengano di seguire una certa politica pubblica per raggiungere un bene comune accessibile a tutti, se il raggiungimento di tale bene intacca la libertà anche di un solo membro della società, ciò lede l’apparato dei diritti umani e, dunque, non è accettabile. In una società comunista o utilitaristica i diritti umani verrebbero quindi considerati dei freni alla lungimiranza del governo nel raggiungere il bene comune. La seconda caratteristica concerne il fatto che i diritti umani implicano un certo livello di astrazione dai comportamenti specifici e legati ai costumi locali, cioè presuppongono un individuo che sia slegato, almeno parzialmente, dal contesto sociale e culturale di riferimento o che, comunque, si possa ritagliare uno spazio di libertà e di riflessione separato dal resto. Il terzo presupposto, individuato da Lukes, è una riflessione sulla natura umana o, meglio, sull’inclinazione all’agire malvagio, cioè il fatto che i diritti umani presuppongono un certo numero di aspetti dell’esistenza connaturati alla condizione umana e quindi permanenti, collegati ad un tipo di razionalità imperfetta. Per questo, anche a causa della scarsità delle risorse, è necessario che gli individui abbiano a disposizione una forma di tutela pubblica dai soprusi e dalle umiliazioni, dalle ingiustizie e dall’arbitrio del potere. Da questo discorso emerge una visione dei diritti umani che può definirsi da un lato individualistica e dall’altro collettiva, nel senso che da una parte difendere i diritti umani significa proteggere gli individui dai sacrifici imposti in nome dell’utile e dalle costrizioni di una vita comunitaria, dall’altra ciò non potrà realizzarsi a prescindere dalle condizioni economiche, giuridiche, politiche e culturali, in un senso che è lo stesso Lukes a spiegare: «Difendere i diritti umani non significa proteggere soltanto gli individui; significa anche proteggere gli ambiti di attività e di relazione che accrescono la qualità e il valore della propria vita»79. Dunque non esistono diritti slegati dal contesto ma esiste una sfera privata di libertà intaccabile, da ciò consegue che, se si vogliono migliorare le condizioni di ogni singolo individuo, bisogna migliorare anche e soprattutto le strutture di riferimento che lo circondano.
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S. Lukes, Cinque favole sui diritti umani, in S. Shute, S. Hurley (a cura di), I diritti umani. Oxford amnesty lectures 1993, Garzanti, Milano 1994, p. 42