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Capacità e identità

1. Uno sguardo da ogni luogo

Nel tentativo, appena osservato, di mediazione tra beni e capacità si evidenziano tutte le problematiche che la teoria seniana fa emergere nel momento della sua applicazione ai problemi di giustizia. Infatti la confutazione del metodo basato sui beni e le risorse si basa proprio sull’estrema complessità delle situazioni umane e sulla pluralità di fattori, che vengono messi in gioco durante il meccanismo della decisione.

Nel caleidoscopio di motivi e valori in campo la questione identitaria rappresenta lo sfondo, il contesto nel quale gli individui operano e dal quale vengono profondamente influenzati in ogni loro azione.

Si è visto nei primi capitoli come il discorso sul Multiple Self sia fondamentale ai fini di una ridefinizione delle teorie della giustizia globale; ora verrà affrontata la sfida di dimostrare come tale sfondo concettuale sia componibile con l’etica delle capacità, ovvero come l’individuo multiplo riesca a ristabilire una gerarchia delle sue priorità utilizzando il criterio guida del capability.

Per far questo è necessario analizzare i meccanismi che influenzano la scelta individuale, un tema su cui Sen ha lavorato a lungo, dimostrando come la teoria della scelta razionale sia estremamente limitante ai fini di una chiara comprensione di tutte le ragioni e i motivi che influenzano un comportamento.

L’idea dello ‘sciocco razionale’, di colui che agisce sempre in funzione della massimizzazione del proprio interesse, non è in grado di spiegare i comportamenti nelle odierne società complesse, dove ai conflitti di interesse si sono sovrapposti quelli di valore, dove la molteplicità identitaria annulla ogni schema prefissato di azione costante, dove la globalizzazione ha mescolato abitudini e stili di vita, in quella contemporaneità del contemporaneo, così definita da Ernst Bloch174 e ripresa da Marramao, che ha rovesciato la definizione in una «non contemporaneità del contemporaneo»175, a proposito dell’odierno scenario globale.

174

E. Bloch, Eredità del nostro tempo, Il Saggiatore, Milano 1992.

Quindi, per ricercare una continuità nei comportamenti umani, è possibile intraprendere la strada del capabilities approach e del suo diverso modo di strutturare i bisogni umani. Bisogna, tuttavia, cominciare dall’ostacolo delle preferenze adattative, cioè dell’adattamento mentale delle preferenze o dei desideri, così come delle sensazioni di piacere o di felicità alle situazioni esterne: è difficile considerare le scelte effettive fatte dagli individui come sempre corrispondenti a preferenze autentiche delle persone, per questo è necessario ricostruire un legame tra scelta e contesto di scelta per stabilire con sicurezza quali siano i bisogni delle persone.

L’uomo, infatti, tende ad adattarsi all’ambiente e, se la situazione in cui vive è di estrema povertà, i suoi desideri tenderanno al ribasso, poiché le circostanze influenzano il formarsi delle preferenze che si adeguano alla realtà. In questo caso la misura dell’utilità non coincide col benessere e l’utilitarismo assegnerebbe un certo grado di soddisfazione a individui che, in realtà, vivono in condizioni assai peggiori di altri, i quali, pur attestati sullo stesso livello di utilità, hanno un benessere maggiore: è il caso delle donne che, in alcuni stati, vivono una condizione di inferiorità sociale ma che non aspirano al meglio e i loro desideri sono circoscritti alla quotidianità, in quanto manca la capacità di svincolare il formarsi dei desideri dalle circostanze che portano all’adattarsi176.

Sen ha insistito molto, soprattutto negli ultimi anni, sull’idea che l’identità non sia un qualcosa di fisso e prestabilito ma possa essere scelta o, comunque, sottoposta ad un meccanismo critico che ne permetta il ridimensionamento, al fine di evitare che si creino scontri irreversibili tra identità in contrasto tra loro.

Tuttavia ciò presuppone che ogni aspetto della persona possa essere vagliato dalla capacità razionale ed, eventualmente, messo da parte a favore di un altro. Ma come pretendere una simile operazione in una società dove, ad esempio, il pensiero liberale, intrinsecamente critico, non ha attecchito sia nei costumi che a livello di organizzazione istituzionale? Di fronte a decenni di tradizioni, veicolate spesso da religioni o pensieri ideologici, come è possibile prevedere una così fredda autoanalisi da parte di individui abituati ad accettare come naturale l’esistenza di determinate convenzioni?

Queste critiche emergono istintivamente nel momento in cui si sostiene che l’identità possa essere così facilmente scelta e ridefinita, tuttavia l’approccio delle capacità ha dimostrato

176 Kymlicka ha sottolineato questo punto come fondamentale in relazione alle critiche contro l’utilitarismo,

sostenendo che «il nostro bene reale può essere molto diverso dalla soddisfazione delle nostre preferenze attuali». Ha inoltre collegato tale idea delle preferenze adattative alla concezione marxista della falsa coscienza, cioè dell’idea che i lavoratori sarebbero stati resi incapaci di rendersi conto del loro vero interesse. (cfr. W. Kymlicka, op. cit., p. 25).

una particolare attenzione per le differenze individuali e per il concetto di complessità, elementi che possono supportare l’ipotesi di Sen.

Il discorso sulle preferenze adattative e i problemi prima analizzati sui confronti interpersonali sono delle sfide all’etica delle capacità, sfide volte a dimostrare come sia impossibile ridefinire i bisogni umani e convincere gli individui che esistano delle capacità di base da tutelare e sviluppare.

Questo è il punto di partenza metodologico da cui parte l’economista indiano per sviluppare la sua teoria, che ruota intorno ad alcune prerogative fondamentali:

• la plurivocità del concetto di giustizia;

• la metodologia del comparativismo;

• il paradigma dell’incompletezza;

• il concetto di razionalità molteplice.

Tali quattro elementi rappresentano l’ossatura di una teoria della giustizia globale che voglia assumere l’etica delle capacità come vertice ottico per affrontare le sfide della diseguaglianza.

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