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Capacità e diritti uman

5. Martha Nussbaum e la fioritura umana

Un tentativo di precisare, all’interno di tale idea di sviluppo, il ruolo delle capacità e dei diritti è stato perseguito da Martha Nussbaum, la filosofa e giurista statunitense, che ha interpretato in un modo diverso la teoria delle capacità: per lei il punto di partenza di un ripensamento della teoria dei diritti umani è la molteplicità dei bisogni umani, un presupposto che richiede il sacrificio, da parte di ogni collettività, nel dare a tutti gli individui le opportunità di base necessarie.

La teoria delle capacità, secondo Nussbaum, non è altro, infatti, che una teoria della giustizia sociale di base, poichè proprio le capacità di base sono fonti di pretese morali per gli esseri umani, ovvero ognuno ha diritto a ciascuno dei beni centrali nella lista delle capacità, fondati su una concezione basilare della giustizia. L’intenzione di tale approccio è di partire dai diritti e non dai doveri, poiché i diritti nascono dai bisogni.

Vediamo come, attraverso l’uso del concetto di potenzialità della persona e di fioritura umana, sia possibile integrare l’etica del capability con una teoria della giustizia liberale. Proprio in relazione alla potenza di agire, la teoria delle capacità declinata da Martha Nussbaum, come molte altre teorie della giustizia, cerca di cogliere e rendere politicamente concreta l’idea di una vita in sintonia con la dignità umana e finalizzata al benessere della persona.

Nussbaum, che ha sviluppato una lista di capacità in grado di entrare a far parte delle carte costituzionali dei paesi del mondo, evidenzia come il concetto di cura sia il diritto sociale primario da cui partire. L’insistenza sulla cura è il punto di partenza per riformulare l’ineguaglianza economica in termini di capacità ma, per far ciò, non basta applicare un qualunque criterio di giustizia, ad esempio il principio di differenza rawlsiano, e declinarlo

per le capacità, dato che, come abbiamo visto, i problemi di eterogeneità delle stesse e di pluralità non sono facili da superare.213

Nussbaum riprende la teoria della giustizia rawlsiana ma, insistendo sull’aspetto e sulle condizioni materiali delle capacità, la sviluppa nel senso di rifiutare in parte l’ordinamento lessicale, cioè la priorità della libertà su tutto il resto, ma assumendo che alcuni diritti debbano essere attribuiti su basi rigorosamente egualitarie, ad esempio il rispetto dell’eguaglianza nella libertà di religione, di parola e partecipazione politica, mentre per altri sarebbe sufficiente il criterio dell’adeguatezza. Per capire meglio tale applicazione pratica del capabilities approach, bisogna precisare che per Nussbaum «l’approccio basato sulle capacità deve ricorrere ad una lista identica per tutti i cittadini e adottare la nozione di un livello di soglia per ogni capacità, considerandolo come un minimo al di sotto del quale non è possibile una vita sufficientemente dignitosa per i cittadini»214.

Il livello di tale soglia è mobile, può essere modificato nel corso del tempo e deve essere modulato in base alle diverse società in relazione alla situazione storico-politica e sociale passata e attuale: un esempio calzante di ciò è dato dal diritto di libertà di parola presente in Germania, restrittivo rispetto agli Stati Uniti.

Proprio la studiosa americana è portatrice di un approccio diverso, che si muove in sintonia con la proposta seniana addirittura superandola.

Innanzitutto la teoria di Nussbaum ha un’impostazione molto più normativa rispetto a quella di Sen, in quanto si riferisce più esplicitamente alla visione aristotelica del bene umano ed alla sua priorità sul concetto di giusto. Ciò porta, come si vedrà in seguito, ad una possibile accusa di perfezionismo, derivante da una impostazione che può sembrare teleologica215. Un’altra differenza tra le due teorie è che Nussbaum non ha bisogno di ricorrere alla nozione di agency come concetto separato da quello di benessere, quindi basato solo sui noti termini di capacità e funzionamenti. La vicinanza con Aristotele fa sì che Nussbaum sia una sostenitrice dell’etica della virtù, cioè di una visione che individua in questo concetto il cardine centrale dell’azione umana, vista come una disposizione, come uno stato dell’individuo, che non deve agire in base a norme morali deontologiche o in base a qualche criterio consequenzialistico ma deve seguire la sua determinazione, coltivando una virtù che

213 M. Nussbaum in Le nuove frontiere della giustizia, il Mulino, Bologna p. 196, definisce barocca tale proposta e

sostiene che il problema derivi dal fatto che “ogni altro approccio di giustizia richiede di aggregare le capacità, laddove l’attrattiva dell’idea delle capacità è la sua facoltà di cogliere l’eterogeneità e la non commensurabilità dei beni”.

214 M. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia, il Mulino, Bologna 2007, p. 197.

215 È opportuno notare come Magni puntualizzi che la teoria di Nussbaum potrebbe essere accostata a quella di Nozick,

nel senso di una impostazione di tipo deontologico, nella quale le capacità fondamentali sarebbero da intendere come i diritti che non possono assolutamente essere violati per perseguire un vantaggio sociale. (Cfr. S.F. Magni, op. cit., p. 93).

può essere sviluppata solo tramite un continuo esercizio, intesa come una disposizione, un

habitus interiorizzato ed esplicitato nei comportamenti assunti nelle circostanze più diverse.

Le virtù sono, dunque, una guida per l’agire morale e sostituiscono i principi, che rischiano di rimanere troppo distanti dalla realtà; al contrario un approccio basato sui funzionamenti ha bisogno di un concetto di agire morale che sappia conformarsi ai diversi tipi di azione umana e, dunque, alle varie disposizioni emergenti dalle situazioni.

Martha Nussbaum è interessata principalmente a creare le condizioni che consentono alle capacità di tradursi in funzionamenti, perciò il suo discorso è incentrato, in modo particolare, sulla questione delle politiche pubbliche e sul loro ruolo nel facilitare l’espressione della libertà umana. Nel trattare le condizioni di vita, ad esempio, di un diversamente abile, non è solo importante fornire risorse aggiuntive o miglioramenti nella possibilità di muoversi, ma anche migliorare tutti quei fattori che incrementino la dignità umana, come il linguaggio, l’ambiente circostante, i rapporti sociali, il tempo libero, tutti elementi che esulano da un’analisi meramente distributiva delle risorse a disposizione. Da ciò emerge la caratteristica peculiare del suo approccio alle capacità, cioè quella di proporre una vera e propria lista di capacità fondamentali da tutelare, un intento programmatico di tipo normativo, che vuole mettere in pratica le sue intuizioni e quelle seniane. La domanda che si pone è: «quali sono i caratteri distintivi della nostra umanità, quei caratteri che ci spingono a riconoscere certi altri esseri umani, per quanto vivano in luoghi lontani e abbiano diverse forme di vita, e, allo stesso tempo, a considerare certe altre creature, che pur ci assomigliano in modo superficiale, probabilmente come esseri non “umani”?»216. Tale questione investe la stessa idea di diritti umani e rappresenta una chiave diversa per poter affrontare anche le rivendicazioni identitarie che destabilizzano la logica isometrica degli stati occidentali. La ricerca di un nucleo di umanità da usare come riferimento, per stabilire un criterio che tuteli le capacità fondamentali degli individui, è il punto di partenza per affrontare la questione del diritto dei popoli e del confronto tra culture diverse. Nussbaum delinea, dunque, una lista di capacità fondamentali, struttura portante dei principi politici fondamentali e che, secondo la pensatrice americana, possono essere legittimamente incorporate nelle garanzie costituzionali e si applicano ad un’idea ampia di umanità:

1. Vita, ovvero poter vivere una vita di durata normale, senza morte prematura o

limitazioni che rendono la sopravvivenza indegna;

2. Salute fisica, cioè essere dotati di buona salute e capacità di riprodursi, un’adeguata nutrizione e un posto degno dove vivere;

3. Integrità fisica, intesa sia come capacità di muoversi autonomamente che come

diritto ad essere tutelati nella sfera del proprio corpo da qualunque violazione e abuso, inoltre libertà di godere del piacere sessuale e di scegliere in campo riproduttivo;

4. Sensi, immaginazione e pensiero, ovvero la libertà di usare i propri sensi e la

propria immaginazione, poter pensare e ragionare in modo adeguatamente informato, derivante da una alfabetizzazione sufficiente e potenzialmente migliorabile. Avere piena libertà d’espressione e di pratica religiosa;

5. Sentimenti, cioè la capacità di provare emozioni, come affetto e amore, unita al

diritto a non essere privati o disturbati nel proprio sviluppo emotivo;

6. Ragione pratica, intesa come diritto a formarsi una coscienza critica e una

capacità di giudizio unita alla piena libertà di coscienza;

7. Appartenenza, ovvero la capacità di vivere e di interagire insieme agli altri e di

avere una vita sociale degna unita alle basi sociali del rispetto di sé; dunque diritto a non essere discriminato in ogni circostanza;

8. Altre specie, cioè la capacità di vivere in un mondo che è prima di tutto natura,

quindi rispettare e vivere in armonia con le altre specie e con l’ambiente circostante;

9. Gioco, cioè poter ridere, godere e giocare liberamente;

10. Controllo del proprio ambiente, inteso sia in senso politico, esemplificato nel

diritto di voto, di parola, di associazione e di poter incidere nelle scelte della propria vita in comune, sia in senso materiale, ovvero diritto di poter godere dei diritti di proprietà e del diritto di cercare un lavoro217.

La stessa Nussbaum sottolinea che tale elenco è aperto e sempre pronto ad essere rivisto, modificato e migliorato in futuro, soprattutto in modo tale da «lasciare aperta la possibilità di imparare a rivedere certi elementi relativi alla nostra concezione dell’umanità, a seguito della frequentazione con altre società umane»218. La lista rappresenta un cantiere, un laboratorio di umanità in fieri, che si forma intrecciando diverse esperienze di modi di vita,

217

M.C. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, il Mulino, Bologna 2001, pp. 96-98.

culture, religioni e pratiche sociali provenienti da opposte tradizioni e parti del mondo, e si propone come chiave interpretativa per i conflitti identitari e le incomprensioni internazionali, componibili se si tutelano questi dieci aspetti di base, soli punti di contatto nella contingenza delle situazioni umane. È opportuno sottolineare come le capacità elencate da Nussbaum siano tutte individuali, in quanto l’obiettivo è quello di sviluppare il benessere delle persone considerate individualmente, come fine, secondo il principio delle capacità individuali. Tali capacità vanno considerate in se stesse, non come mezzi per ulteriori conquiste, ma hanno il loro valore nel rendere pienamente umana la vita delle persone. È interessante notare come Nussbaum si avvicini alla teoria rawlsiana del consenso per intersezione, ipotizzando che tale nucleo di capacità fondamentali possa dare origine ad un consenso condiviso da parte di persone che, pur avendo concezioni diverse sulla vita, si trovino d’accordo non su di una concezione meramente politica della giustizia, vicina alla visione occidentale del liberalismo, ma su dei principi estensibili a tutti gli individui. «Per “consenso condiviso” intendo ciò che intende Rawls: il fatto che le persone possano sottoscrivere questa concezione intesa come nucleo del codice morale indipendente di una concezione politica, senza accettare alcuna particolare interpretazione metafisica del mondo»219. L’accenno a Rawls vuole anche sottolineare la piena vicinanza di Nussbaum alla concezione liberale, evidenziando, però, l’esigenza di un suo superamento dall’interno: «la teoria che merita la nostra attenzione è costituita da un liberalismo neoaristotelico basato sull’idea delle capacità umane quale obiettivo politico centrale»220.

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