• Non ci sono risultati.

Il teorema dei diritti uman

3. Paradossi della sovranità

Se ora ci si sposta da un punto di vista generale, come quello della comunità internazionale, ad un terreno più circoscritto come quello dell’Unione Europea, vediamo che gli stessi problemi si ripresentano nonostante ci sia una comune base di partenza in quanto a valori e tradizioni.

Infatti, nella seconda Parte del Trattato Costituzionale Europeo, firmato a Roma il 29 ottobre 2004, e poi superato con il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, è contenuto un catalogo di 54 diritti fondamentali spettanti ad ogni persona, cioè ad ogni cittadino dell’Unione. Ciò rappresenta una svolta in direzione della costituzionalizzazione dei diritti: infatti fino ad allora l’unico tentativo era stato quello della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, non inserita nel successivo trattato e dunque priva di valore giuridico vincolante.

Un punto importante è che tali diritti vengono concepiti per qualunque cittadino dell’Unione indipendentemente dai rapporti che esso abbia con il proprio Stato di provenienza, quindi si vengono ad assumere due distinte tutele giuridiche, da una parte il sistema costituzionale nazionale e dall’altra quello comunitario: ogni cittadino dell’Unione sarà beneficiario di due distinti complessi di norme o sistemi normativi, di diversa forza ed origine.

Secondo Cassese vale la critica che è stata mossa spesso e cioè che «si nota una logica individualistica nella tutela dei diritti: è la singola persona che risulta protetta, più che i gruppi organizzati, riguardo ai quali, quindi, può essere colta una lacuna rispetto a quanto invece garantito da Costituzioni come quella italiana»80. Tuttavia, se quella può sembrare una lacuna, è anche vero che vengono concepiti alcuni diritti poco enfatizzati nelle singole Costituzioni nazionali, come ad esempio i diritti che concernono la non clonazione riproduttiva degli esseri umani (art. II-63,d), il diritto alla non discriminazione basata su elementi quali l’età, le tendenze sessuali (art. II-81 par.1) o la cittadinanza (art. II-81 par. 2), oppure ancora i diritti dei bambini (art. II-84), degli anziani (art. II-85) o dei disabili (art. II- 86).

Il vero problema è semmai la comparazione dei diversi meccanismi di tutela di tali diritti: se, infatti, si va ad analizzare entro quali limiti sia legittimo, in alcune circostanze, comprimere tali diritti, emerge il fatto che le norme della Costituzione europea in molti casi non ne prevedono limiti o restrizioni, lasciando la materia del tutto incompleta. L’unica

80 Ivi, p. 78. Si veda, infatti, l’articolo 2 della Costituzione italiana che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i

diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

soluzione a questa grave mancanza è individuata nel rinvio alla Convenzione europea, soluzione giudicata accettabile dallo stesso Cassese, nonostante il fatto che ci sia la presenza un po’ inusuale di un rinvio ad un altro testo normativo e a tutta la giurisprudenza che lo applica. L’invito auspicabile è comunque quello che sia possibile e più opportuno cercare di assicurare una tutela uniforme dei diritti fondamentali, una tutela europea.

Per il resto è chiaro che si tratta di diritti in alcuni casi piuttosto generici e che peccano di quell’astrattezza tipica delle Costituzioni, tuttavia, secondo Cassese, «proprio la formulazione deliberatamente generale e vaga di molte norme consente loro di essere gradualmente riempite di contenuti compatibili con lo spirito della Costituzione Europea»81. Quindi la debolezza della Costituzione potrebbe diventare la sua forza, poiché tali norme, nonostante siano deludenti sotto il punto di vista della concreta ed immediata operatività, sono comunque potenzialmente integrabili, arricchibili da future azioni giudiziarie o legislative.

La difficoltà nell’applicazione di tali strumenti giuridici in materia di diritti umani deriva principalmente da una sorta di paradosso che si crea a livello internazionale: in pratica, per regolamentare la tutela dei diritti umani, spesso serve l’aiuto degli Stati, i quali, tuttavia, sono proprio i principali agenti violatori dei diritti stessi. «Per assicurare il rispetto di quei diritti e libertà bisogna rivolgersi proprio agli enti che quei diritti e libertà tendono a calpestare»82. Sono proprio gli Stati sovrani, come si è già visto nel caso della stesura della Dichiarazione dell’ONU, ad essere il principale ostacolo per la maggior tutela dei diritti umani. Continua Cassese nella sua decisa critica all’eccesso di sovranità statale: «finchè non si riuscirà a creare un’autorità sovraordinata e centralizzata, non si potrà esser certi di poter assicurare un minimo di rispetto universale per la dignità umana»83.

La questione non è tanto la presunta “cattiveria” congenita degli apparati statali, ma il fatto che, anche nelle democrazie occidentali più avanzate, i meccanismi democratici sono talmente complessi ed intricati, gli apparati così burocratizzati e formalizzati, che spesso risulta difficile instaurare un rapporto cittadino/stato di tipo più diretto possibile.

Se i diritti politici, nelle democrazie occidentali, si esplicano spesso soltanto con l’atto di votare, mentre manca del tutto l’aspetto partecipativo alle discussioni pubbliche, che cosa può succedere in altri stati meno democratici? Può sembrare sicuramente un controsenso ma è un dato di fatto che siano proprio gli Stati i maggiori violatori di diritti umani, ma allo

81 A. Cassese, I diritti umani oggi, op. cit., p. 84. 82

A. Cassese, ivi, p. 233.

stesso tempo siano gli unici interlocutori, gli enti principali cui ci si deve rivolgere per ottenere il rispetto degli stessi.

Ciononostante lo straordinario lavoro delle organizzazioni internazioni, dunque delle Corti dell’ONU, un lavoro cominciato con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei diritti umani e proseguito con la nascita dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, è servito moltissimo a trasformare la nozione di diritti umani, mero contenitore vuoto e astratto di principi e valori comuni, in una concezione dinamica e attiva «che arriva fino al punto di incoraggiare lo scontro e il sovvertimento dello status quo allo scopo di introdurre la giustizia sociale e il rispetto della dignità umana»84.

Documenti correlati