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L’incompletezza applicata ai confronti interpersonal

Capacità e identità

5. L’incompletezza applicata ai confronti interpersonal

Dopo aver assunto la prospettiva dell’incompletezza, è opportuno analizzare in maniera più approfondita la questione dei confronti interpersonali, perché è in questo ambito che si chiarirà meglio il rapporto tra capacità e identità.

Nell’applicare la teoria delle capacità ad ambiti della vita complessi e fondamentali per il benessere, ad esempio l’educazione, ma anche la sanità e il lavoro, il nodo cruciale, attorno al quale ruotano le varie concezioni, è rappresentato dal confronto interpersonale tra i soggetti coinvolti.

Parlando di capacità, dunque indirettamente di bisogni e necessità, è necessario trovare un’unità di misura eguale per tutti, in grado di essere uno strumento efficace per il miglioramento della qualità della vita, in quanto, senza la possibilità di confrontare i bisogni umani tra loro e di comparare precisamente i livelli di benessere delle persone, è difficile riuscire ad intervenire nella legislazione in maniera concreta: con l’introduzione del concetto di capability Sen è convinto di aver trovato il migliore standard di comparazione interpersonale per un’ampia teoria egualitaria della giustizia sociale. Del resto, nel corso dei suoi studi, ha affrontato spesso tali problemi, dimostrando, proprio attraverso l’idea di incompletezza, come sia fuorviante l’idea che i confronti interpersonali siano impossibili. Tale questione viene analizzata da Sen in un modo che può forse risolvere i dubbi, che emergono nel momento in cui si vuole stabilire quali capacità siano più importanti di altre, il che costituisce una delle critiche che gli vengono mosse.

L’approccio delle capacità, infatti, secondo l’economista indiano, potrebbe offrire delle risposte soddisfacenti anche quando non vi è un accordo completo sui pesi relativi da attribuire a differenti funzionamenti; ciò accade perché, nel momento in cui si sceglie un insieme di oggetti di valore, in questo caso capacità e funzionamenti, «si implicherebbe un ordinamento parziale di dominanza anche senza la specificazione di pesi relativi»186.

In altre parole, per risolvere il problema di quali siano i funzionamenti più importanti per un individuo piuttosto che per un altro e per evitare di voler imporre una singola visione del

bene, è importante che si consideri non limitante il disaccordo tra diversi ordinamenti di preferenze. Piuttosto, invece che soffermarsi sulle valutazioni discordanti che ognuno di noi attribuisce ad un determinato insieme di capacità, è importante considerare l’insieme di capacità stesso come già indicativo del benessere di un individuo, il che è ovvio, se si pensa che avere una quantità maggiore di ciascun funzionamento rimanda ad un chiaro miglioramento delle condizioni di vita, anche senza che vi sia accordo sui pesi relativi da attribuire ai singoli funzionamenti e capacità.

Non importa che si proceda ad un ordinamento di ogni singolo funzionamento umano sulla base di una gerarchia stabilita una volta per tutte, ciò che importa è che si ragioni sul concetto stesso di funzionamento.

Sen porta avanti un approccio delle intersezioni, ovvero un ordinamento di dominanza parziale, generalizzabile anche senza un pieno accordo sui valori relativi: se, ad esempio, emergono opinioni divergenti circa l’esatto valore da attribuire ad A piuttosto che a B e i valori oscillano tra 2, 3 e 4, possiamo concludere che tutti sono d’accordo che il valore non deve essere minore di 2 né maggiore di 4. «L’approccio delle intersezioni, che esprime soltanto giudizi condivisi dall’uso di tutti i possibili pesi alternativi, può effettivamente portarci molto avanti»187.

In questo modo si individuerebbe una macro area, al cui interno ognuno potrebbe liberamente creare la propria scala di preferenze senza mettere in discussione l’ambito generale relativo alla qualità della vita, vero obiettivo della teoria seniana.

Tale approccio da una parte ha sicuramente il vantaggio di aumentare l’incisività dell’analisi, anche se non riesce ad eliminare tutte le situazioni indecidibili; tuttavia ciò non sembra un problema, secondo Sen, perché non significa altro che esistono delle valutazioni discordanti tra loro, sulle quali non è possibile raggiungere un accordo completo.

Abbiamo visto come tale idea sia dotata di una forte plausibilità, dal momento che il

capability approach offre una possibilità di analisi della situazione contingente

dell’individuo molto specifica e capace di considerare i dati alla luce delle variazioni anche temporali che occorrono soprattutto in una situazione di Multiple Self.

Le combinazioni di funzionamenti, che ognuno può acquisire, includono scelte aperte: ad esempio, un individuo può avere l’opzione di ottenere X solo nel caso in cui la scelga e segua un percorso di azioni per raggiungerla, altrimenti, se non la sceglie, ovviamente non la ottiene, ciò significa che l’opzione di avere X è pienamente sotto controllo da parte dell’individuo. Ma si pone il caso che si possa avere la capacità di ottenere X senza avere

quella di non ottenere X, ad esempio la vita in una società che ha debellato il virus dell’AIDS implica che io non possa contrarlo, dunque ho la capacità di non contrarlo ma questa non è un’opzione aperta.

Come ha notato lo studioso americano Richard J. Arneson, in un saggio basato sul concetto di libertà nell’etica delle capacità, «capability is increased when the set of combinations one can achieve expands to include new valuable functionings, capability increases less when the set of combinations one can achieve expands by inclusion of functionings that are worthless or of negative value»188. Sen infatti insiste che la libertà può aumentare anche quando non aumentano le opzioni aperte di un individuo, cioè, anche se il mio livello di controllo di una certa situazione non dipende da me, posso avere una libertà effettiva per quello che concerne tale situazione, ovvero, se i livelli di controllo sono esercitati sistematicamente in sintonia con ciò che io avrei scelto per quella esatta ragione, allora la mia libertà effettiva non è compromessa, nonostante il mio controllo sia limitato. Nell’esempio citato prima, lo sradicamento dell’AIDS dalla società in cui vivo aumenta la mia libertà effettiva, proprio perché migliora le mie condizioni di vita e apre altre combinazioni possibili di funzionamenti, anche se non ho più la possibilità di scegliere tra il contrarre la malattia o meno.

Sul concetto di libertà inteso in senso ampio si basa la teoria seniana, legato soprattutto all’idea di sviluppo umano e non considerato unicamente in termini di agency, cioè di possibilità di azioni concrete. In particolare si può sostenere che il concetto di capacità, come lo concepisce Sen, non esaurisca i valori che ragionevolmente ci interessa collocare sotto la categoria di libertà.

In ogni caso Sen stesso considera maggiormente vantaggioso poter basare l’analisi dello star bene acquisito sulla più ampia base informativa dell’insieme delle capacità di una persona, piuttosto che sull’elemento in esso selezionato, nonostante ciò possa generare dei problemi causati dalla difficoltà nell’ottenere informazioni sull’insieme delle capacità stesse: «in realtà l’insieme delle capacità non è direttamente osservabile e deve essere ricostruito su basi presuntive, così come viene ricostruito l’insieme di bilancio nell’analisi del consumo sulla base di dati sul reddito, i prezzi e le presumibili possibilità di scambio»189.

Da tale difficoltà, di riscontro e di enumerazione delle capacità di un singolo individuo, scaturiscono anche i problemi analizzati precedentemente, relativi al sistema educativo. Non a caso tale critica è quella più comune che viene mossa a Sen, unita al sistema dei confronti interpersonali, così difficili da operare se manca una chiara gerarchia tra capacità,

188

R. J. Arneson, Two cheers for capabilities, in H. Brighouse e I. Robeyns, op. cit., p. 104

come ha sottolineato in più occasioni il filosofo Charles Beitz: «La principale difficoltà teorica nell’approccio delle capacità ai confronti interpersonali sorge dall’ovvia circostanza che non tutte le capacità stanno sullo stesso gradino. La capacità di muoversi, per esempio, ha un significato diverso dalla capacità di giocare a pallacanestro»190.

Tuttavia è anche vero che l’obiezione di Beitz non coglie profondamente nel segno, in quanto risulta piuttosto chiara la differenza tra le due capacità in questione e quale sia la più importante in un’ipotetica scala. È ovvio che esistano delle capacità più importanti di altre, in particolare quelle relative alla sopravvivenza dell’individuo, concetto, questo, che va declinato in base all’ambiente circostante e alla società di riferimento. Se, ad esempio, per particolari condizioni sociali, una persona è costretta a giocare a pallacanestro poiché quella è l’unica sua fonte di sostentamento, si potrebbe dire che è la capacità di giocare ad essere fondamentale nella sua vita, ma in ogni caso è la capacità di muoversi in generale a dover essere tutelata, dato che include l’altra.

È chiaro che non tutti i tipi di capacità hanno lo stesso valore, ma non è richiesta necessariamente una eguale valutazione di tutti gli elementi costitutivi di tale teoria, poiché l’importanza mutevole di differenti capacità fa parte della struttura basata sulle capacità allo stesso modo in cui il valore mutevole di differenti merci fa parte della struttura basata sul reddito reale, così, ad esempio, è improbabile criticare la valutazione incentrata sulle merci sostenendo che merci diverse vengono ponderate diversamente.

Anzi, si potrebbe esprimere l’opinione che sia proprio l’eccessiva varietà delle capacità a permettere la possibilità di un confronto, poiché, aumentando le variabili in gioco, si aumentano le occasioni per un ‘consenso per sovrapposizione’, piuttosto che restringere il campo ad una scelta tra due o tre fattori, necessariamente discriminante e inderogabile.

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