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Capacità e diritti uman

2. L’ottica dello sviluppo umano

Per rispondere a queste domande è necessario mettere a confronto i due termini, anche sulla base delle analisi fatte precedentemente sulle varie generazioni di diritti: ad esempio, sono forse le capacità equivalenti ai diritti sociali? Dunque non si tratterebbe nient’altro che di un modo ulteriore di teorizzare la sfera sociale della persona? O, al contrario, si differenziano e comprendono anche i diritti civili e politici? Ancora: le capacità sono universali ma allo stesso tempo si riferiscono ad un individuo in situazione, socialmente connotato, dunque racchiudono da un lato l’aspetto più astratto della tutela individuale, dall’altro le innumerevoli sfaccettature concrete che un’esistenza comporta e, dunque, le tutele necessarie ad affrontare le più svariate problematiche contingenti. Si tratta forse di un superamento di tutte e tre le classi di diritti?

Le teorizzazioni classiche sui diritti umani vengono spesso accusate di partire da un punto di vista che si muove dall’alto verso il basso, un punto di vista posto a priori e che necessariamente, nella discesa verso le dinamiche politiche concrete, si modifica e perde gran parte della sua forza normativa.

La dinamica concettuale portata avanti da Amartya Sen, invece, nella sua etica delle capacità, parte dal basso, da una base comune costruita tramite l’osservazione e la constatazione dei diversi gradi di sofferenza esistenti nelle società odierne, delle situazioni

di disagio vissute in maniera diversa in base a particolari fattori individuali, sia fisici che psicologici. Tale analisi si ramifica verso l’alto in direzione di determinate politiche pubbliche da intraprendere per ottenere miglioramenti concreti nella qualità della vita delle persone. Infine il movimento si conclude all’apice di una vita qualitativamente buona, che tuttavia non rappresenta un unicum ma si declina al plurale, in base alle singole aspirazioni ed alla libertà di ciascuno nel costruirsi la propria felicità, ossia la teoria seniana traccia diversi raggi che partono da una base comune sufficientemente ampia.

Allargare la base di partenza significa appunto utilizzare non più un concetto di diritti umani prestabilito ma utilizzare il capabilities approach, più ampio e più neutrale, ad esempio, della Theory di John Rawls, soprattutto più sostanziale e meno formale, proprio perché parte dalla contingenza per arrivare non all’utopia ma alla realtà di una qualità della vita migliorabile.

Sen trova nelle capacità un criterio da poter applicare a tutti gli esseri umani, proprio perché si tratta di un concetto flessibile, che può essere articolato sia in società liberali sia in società non liberali. Il problema che sorge è come inserire a livello pratico, in una società gerarchica decente, tale concezione. In un’ottica seniana non sarebbe importante il tentativo di mediare tra l’astrattezza di diritti umani imprescindibili e la realtà di istituzioni liberali, quanto l’idea di capacità, ovvero l’analisi dei diversi livelli di benessere esistenti all’interno di ogni società, non importa se liberale o meno, e la messa a punto delle possibili azioni da compiere per migliorare la situazione di coloro che soffrono nel senso vero e proprio della parola.

Introdurre la riflessione sui diritti umani all’interno delle società non liberali non significa costringere a comportamenti obbligatori pena la sanzione economica o addirittura l’intervento militare, ma significa far avvicinare ogni singolo individuo a tale concetto in conformità con la tradizione culturale del paese in questione. Non è necessario uno stravolgimento dell’ordine esistente ed una contrapposizione assoluta tra due diversi ordini di valori, poiché il capabilities approach parte dal basso, dalle esigenze dei singoli individui, dalle loro mancanze e dalle loro aspirazioni. Si potrebbe obiettare che in questo modo si trascura la profonda influenza delle preferenze adattative, che impediscono a tutti di accedere ad un comune e condiviso concetto di sviluppo umano, ma in realtà non è così. Il problema della reale consapevolezza nella scelta è spesso affrontato da Sen, che ritiene necessario introdurre un discorso sui diritti umani e cominciare a concedere determinate libertà di base, senza le quali un accordo è impossibile, dato che si parla di libertà che toccano in prima persona la sopravvivenza di un individuo, come il diritto alla vita e la

tutela dall’assassinio, dalla tortura e da ogni altra forma di violenza perpetrata dall’apparato statale; in tal modo la consapevolezza dell’esistenza di un modo migliore di vivere emerge naturalmente, accompagnata anche da un’adeguata campagna di informazione che, ripetiamo, non significa andare contro la libera espressione di un popolo.

L’intento che muove la teoria di Sen è quello di individuare un nucleo comune di umanità da condividere e da usare come punto di partenza per qualunque riflessione sulla giustizia, sia a livello statuale che a livello globale.

La nozione di capacità è qualcosa che riguarda ogni persona, proprio perché si basa su di un’idea non dedotta da un insieme di schemi o pregiudizi, calati dall’alto al fine di modellare il genere umano in vista di un certo ideale di perfezione morale, ma derivante dalla osservazione diretta delle situazioni contingenti in cui si trovano a vivere gli uomini. Se si può azzardare una interpretazione, sembra che tale teoria abbia uno sfondo esistenzialista, almeno nel senso di una forte rivalutazione della contingenza, della situazione umana in termini di sofferenza, dunque in termini di speranze e prospettive reali di effettivo miglioramento della qualità della vita.

Il modo di vedere seniano si esplica in una teoria dello sviluppo umano come libertà, teoria che presenta forti implicazioni nella costruzione di un nuovo ordine internazionale. Senza analizzare nei dettagli gli Human Development Reports delle Nazioni Unite, con cui Sen e il suo capabilities approach hanno collaborato per sviluppare un modo più accurato di analizzare la qualità della vita, è possibile provare ad inserire, all’interno del diritto dei popoli, tale bagaglio concettuale, che, pur muovendosi su di un piano diverso rispetto a quello rawlsiano, fa pur sempre parte di un’argomentazione sulla teoria della giustizia da un punto di vista che rimane liberale, anche se di un liberalismo critico.

Parlare di human development in senso seniano significa parlare di uno sviluppo che deve coinvolgere a fondo tutti gli aspetti della vita di un individuo, a seconda della società in cui vive, dunque delle diverse condizioni politiche, sociali ed economiche, in cui si trova a muoversi.

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