4 Multiple Self: da Pizzorno a Parfit
8. Ruoli sociali ed istituzion
Un altro elemento fondamentale per la comprensione delle dinamiche identitarie nelle odierne società globali è sicuramente la struttura sociale con le sue istituzioni. Sappiamo che per Parsons58 le istituzioni sono delle forme organizzative che stabilizzano le funzioni del sistema societario, cioè permettono, ad esempio, il progresso di una società. Le istituzioni sono di diverso tipo a seconda delle funzioni che devono svolgere, esemplificate dallo schema parsoniano AGIL (istituzioni politiche, economiche, di integrazione sociale e di mantenimento del modello latente di valore). Nella moderna società industriale sono
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A. O. Hirschman, Felicità privata e felicità pubblica, op. cit., p. 94.
rappresentate dal sistema politico democratico, dal mercato, dalle istituzioni della società civile e dalla famiglia.
La persona è un individuo che si muove all’interno di queste strutture e compie i doveri che il suo ruolo gli impone, perciò si può dire che risulti plasmato dalle istituzioni.
Le istituzioni, insomma, hanno una funzione di controllo collettivo e di regolazione degli individui. Sembrerebbe quindi che, nonostante l’autonomia dei ruoli individuali, comunque la persona rimanga un soggetto sottomesso alle dinamiche delle forze che lo sovrastano: questa è l’opinione dell’approccio teorico sostenente una visione ipersocializzata della persona. Le cose però cambiano nel momento in cui ci si sposta dalla modernità all’era del cosiddetto postmoderno. In tale ambiente, infatti, le istituzioni non svolgerebbero più il ruolo di regolare e di far progredire ma, al contrario, introdurrebbero un principio di indeterminazione volto ad innescare un meccanismo caotico all’interno della società stessa59.
Da qui conseguirebbe il fatto che le istituzioni, se da una parte individualizzano le persone, dall’altra le socializzano, nel senso che, se da una parte contribuiscono a fornire di autonomia gli individui, all’interno di un sistema perfettamente regolato dove ognuno ha il suo ruolo, dall’altra parte creano una confusione di ruoli e di meccanismi identificativi, riducono l’autonomia individuale, costringendo l’individuo a non aver più una determinazione chiara, disperso in una molteplicità di ruoli e di sollecitazioni esterne che determinano socialmente la sua identità personale.
Il problema è riuscire a fare una netta distinzione tra ciò che attiene alla sfera dell’identità personale, con le sue regole e le sue procedure, e ciò che invece appartiene alla sfera dell’identità sociale, ovvero le dinamiche legate all’assunzione di un ruolo e ai meccanismi di azione dei vari individui tra di loro. Tuttavia tale distinzione è ardua da compiere proprio perché è evidente, attraverso lo studio sociologico, l’individuazione di una circolarità che lega la persona alla società.
Utilizzando un approccio legato ad una teoria relazionale si possono individuare le varie tappe che dall’individuo vanno verso l’attribuzione di un ruolo nella società60. All’inizio di ogni processo sociale l’individuo riceve dal mondo esterno delle attribuzioni di identità sociale, come abbiamo visto secondo Goffman, Mead e Habermas. È dall’esterno che si ha il primo input per la formazione di un’identità riconoscibile e condivisibile.
59 Cfr. P. Donati, Come le persone cambiano le istituzioni, in L. Allodi e L. Gattamorta, op. cit., p. 68. Donatiafferma
che “nell’assetto postmoderno, le istituzioni stesse diventano produttori di un ordine caotico, basato sulle fluttuazioni per via del principio di indifferenza che istituzionalizzano”. A tale scopo auspica lo sviluppo di una teoria relazionale che permetta di non annullare le differenza tra l’identità personale e l’identità sociale degli agenti/attori.
Successivamente l’individuo scopre il suo appartenere ad un’entità collettiva, anche perché comincia ad inserirsi nei meccanismi sociali e scopre un senso del “noi”, dell’appartenenza comune: il suo self appartiene ad un raggruppamento sociale, fa parte di un mondo dove è chiamato a svolgere dei ruoli, ad assumersi delle responsabilità interagendo con le altre persone e dunque con altri ruoli. In questo contesto è chiamato spesso a rispondere in prima persona delle proprie azioni ed è sollecitato dagli altri nello svolgere determinate azioni o nell’esprimere giudizi ed opinioni personali. Per questo, nel momento in cui viene apostrofato con un “tu”, si confronta con il mondo del trascendente perché è in quell’agire che è posto di fronte a delle scelte fondamentali, deve cioè deliberare su ciò che più gli sta a cuore e definire i suoi ultimate concerns, i fini ultimi delle sue azioni.
Il “tu” del ruolo è qualcosa che sta davanti al self, il quale può farlo proprio o rifiutarlo o rielaborarlo, diventa dunque un attore, chiedendosi se sta raggiungendo il senso ultimo della propria esistenza. Per questo l’identità sociale si forma tra il proprio io e le altre identità che gli vengono attribuite dal di fuori. L’identità elaborata nella riflessione interna si definisce attraverso l’entrata in società. Il nostro self diventa nel tempo ciò che è generato di sé nel perseguimento riflessivo di o con ciò a cui più teniamo, gli interessi ultimi.
Si può dunque capire come, dalla prima consapevolezza del proprio self all’entrata in società, all’assunzione di un tu, all’accettazione di determinati valori ultimi, il self sia situato in una società al cui interno prende forma e si evolve. Dunque potrebbe non aver più senso parlare di distinzione tra io individuale ed io sociale, come potrebbero sfumare nettamente i confini tra ruolo e persona.
Tutto ciò lascia aperto il campo ad una soggettività multipla, porosa e costantemente in interazione col mondo esterno, anzi talmente dipendente da esso da mettere in dubbio la reale autenticità delle scelte.
Si può concludere come il concetto di ruolo, parallelamente allo sviluppo del concetto di persona, stia riacquistando una certa importanza in campo sociologico e stia affrontando una nuova problematizzazione, perché è proprio attraverso i ruoli sociali che l’uomo può identificarsi come persona e decidere autonomamente di determinarsi in un certo modo. Il ruolo sociale indicherebbe ciò che consente all’uomo di superare la sua facciata fisica e ricoprire una veste sociale attraverso l’investitura di un insieme di regole del ruolo stesso. Dunque ruolo e persona possono integrarsi vicendevolmente senza per forza annullarsi nell’uno o nell’altro senso. Ancora una volta è possibile discutere di ruolo, come di persona, in termini multivoci e plurali, tenendo bene a mente che comunque l’assunzione e l’esplicazione di un ruolo sociale non è sempre necessariamente la via che conduce
all’alienazione dal proprio essere più profondo, dalla propria persona, ma piuttosto la condizione positiva dello sviluppo della personalità individuale, perché è attraverso il ruolo che si raggiunge la consapevolezza dei fini ultimi della propria vita.
Tutto questo ovviamente a patto che il ruolo non diventi una ghettizzazione dell’individuo all’interno di una certa routine di comportamento e che quindi non sia unico ma si sviluppi parallelamente ad altri ruoli, discreti ma contigui.
Questo discorso si collega ad un’idea piuttosto diffusa attualmente in sociologia, secondo cui va ripensata la classica relazione tra persona e ruolo. Invece di sostenere un generale processo di assunzione per intero della persona nel ruolo, esisterebbe un’estrema irriducibilità al ruolo che lascerebbe scoperta una minima dignità di persona, creando una condizione di relazione ma non sovrapponibilità tra persona e ruolo61.
Capire come si struttura il rapporto tra questi due termini è molto importante per una riflessione sui meccanismi che portano alla definizione di un’identità. Se, difatti, il soggetto non riesce più con facilità a pensare se stesso e a darsi una qualche forma di individuazione, significa che l’ipotesi teorica del Multiple Self è la condizione nella quale ci troviamo quotidianamente a convivere nelle società globali. Rifiutarsi di ridurre la persona al ruolo sociale significa aprire un campo di possibilità al cui interno sono inserite tutte le altre determinazioni possibili dell’identità personale. Dunque non più soltanto sovrapposizione di ruoli, ma, oltre a questo, un parallelo orizzonte di senso al cui interno si forma la categoria, ancora nebulosa, di persona.
Per cercare di visualizzare al meglio i caratteri, le peculiarità che rendono un individuo una persona, senza scadere nel relativismo né in una qualche forma di forzato universalismo, bisogna capire come si può discutere in termini di identità nel momento in cui la completa molteplicità del reale sembra mettere in discussione ogni processo di identificazione.
Il mondo occidentale, infatti, sembra connotato da ciò che si può definire l’epoca della post identità. Ma è importante capire che, anche ai fini di un discorso sui diritti umani, è fondamentale che nell’autocomprensione di ogni cultura trovi spazio la valorizzazione di ciò che è umano in tutte le culture62.
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Cfr. L.Allodi e L.Gattamorta (a cura di), “Persona” in sociologia, Meltemi, Roma 2008, p. 12.