Etica delle capacità: una discussione
2. Diversità e diseguaglianza
Il punto di partenza é l’estrema diversità degli esseri umani: ogni persona si distingue da un’altra in virtù di una serie di caratteristiche che la rendono unica e, perciò, la differenza tra gli individui può essere riscontrata a più livelli. Innanzitutto siamo differenti dal punto di vista fisico, in quanto nasciamo con dotazioni genetiche differenti. A tale evidente punto di partenza si sovrappone immediatamente una differenziazione sociale, in quanto il tipo di ambiente nel quale cresciamo, l’educazione ricevuta, particolari esperienze vissute, che modificano il nostro approccio con il mondo, ci differenziano ulteriormente rispetto agli altri, spesso in modo più profondo e non certo sottovalutabile rispetto alle differenze fisiche. In conseguenza di ciò si creano profondi squilibri nella vita sociale, poiché le differenze fisiche e comportamentali concorrono alla formazione di un insieme di caratteristiche personali, che Sen prende in considerazione: si tratta di differenze relative all’età, al sesso, alle abilità fisiche e a quelle mentali, quattro fattori tutti egualmente importanti perché si abbia un quadro, il più completo possibile, del tipo di persona che stiamo studiando e, quindi, della sua posizione nella società. Data tale pluralità di livelli, dalla quale si giudica la differenza tra le persone, esisterà una corrispondente complessità nello stabilire il tipo di disuguaglianza con cui abbiamo a che fare. Ad esempio, e questo è il punto cruciale, redditi eguali possono comunque coesistere con una forte disuguaglianza nell’abilità di fare ciò che si ritiene importante, quindi esistono diverse variabili che intervengono nell’affrontare il problema ed il privilegiarne una spesso porta ad analisi incomplete.
E’ importante, secondo Sen, avere la chiara consapevolezza di ciò, altrimenti si rischia di non capire la complessità e le numerose sfaccettature, che il discorso sulla disuguaglianza
tra individui nasconde: «Una delle conseguenze della diversità umana è che l’eguaglianza in uno spazio tende a coesistere, di fatto, con la disuguaglianza in un altro»121.
Sen ha più volte sostenuto la necessità di un adeguato quadro conoscitivo che non contenga solo informazioni di utilità, per quanto complete possano essere, ma si estenda verso altri tipi di dati122. Dunque la sua teoria è sicuramente un passo avanti rispetto ad altre versioni del neo contrattualismo liberale nella direzione di una maggiore quantità di informazioni disponibili sulla qualità della vita di un individuo. Mentre l’introduzione del concetto dei beni primari ha consentito di disporre di un’ampia dotazione di strumenti nel campo delle preferenze e dei desideri degli individui, in modo tale da produrre un criterio di distribuzione il più possibile comprensivo della diversità di situazioni in cui si trovano a vivere gli uomini, per Sen, tuttavia, manca ancora qualcosa, in quanto «ciò che la gente ricava dai beni dipende da una molteplicità di fattori, così che giudicare il beneficio personale solamente in base all’entità della proprietà privata dei beni e dei servizi può essere alquanto fuorviante»123.
Ad esempio, perfino l’efficacia potenziale del cibo è influenzata da numerosi fattori come il clima, l’età, il sesso, tutti elementi che concorrono a rendere estremamente diversi, da individuo ad individuo, gli effetti di un particolare bene; inoltre, se non si vuole condurre solo un discorso riguardante l’utilità, basti pensare ad altri aspetti importanti nell’analisi degli effetti che un bene può produrre in un uomo, per esempio elementi di tipo psicologico, come la maggiore o minore soddisfazione derivante da un certo quantitativo di cibo fornito: è possibile consumare gli stessi alimenti ed avere comunque due diversi stati di malnutrizione, inoltre è possibile patire la fame per motivazioni diverse, come la carestia o il digiuno motivato da principi etici. Come si può vedere, non solo l’utilità non è l’unico aspetto rilevante nel discorso liberale incentrato sui beni primari, ma gli stessi beni, nel momento in cui si applicano alle persone, producono risultati diversi in base a caratteristiche particolari possedute dalle persone stesse.
Dunque nell’analisi del livello di benessere non conterà più l’ipotetica acquisizione di beni ma le azioni effettive che con tali beni vengono compiute: siamo di fronte ad un cambio di prospettiva dal generale al particolare, dall’astratto al concreto.
Secondo Sen, ciò che manca in tale approccio è una maggiore attenzione verso la funzionalità, come l’essere ben nutriti, l’essere in buona salute, l’essere socialmente stimati, cioè tutto ciò che è legato all’uso che una persona fa di un certo bene: «tale categoria può
121 A. Sen, La diseguaglianza, Il Mulino, Bologna 1994, p.27. 122
Cfr. A. Sen, Scelta, benessere, equità, op. cit., p. 90.
fornire una base per valutare il vantaggio personale che non è mai puramente centrato sul concetto di bene né puramente psicologico»124. Già da queste poche battute si può intuire come la volontà di Sen sia quella di considerare il suo discorso sulle capacità come vero criterio di giudizio sulla qualità della vita di una persona: l’attenzione verso le capacità di base, cioè sulle capacità di un individuo di adempiere ad una determinata funzione, rimanda a ciò che effettivamente le persone sono in grado di fare, non solo ciò che potenzialmente potrebbero fare. Questo approccio si trova in contrasto con quello rawlsiano o, meglio, ne risulta il naturale completamento, come si vedrà ora.
Prendendo, ad esempio, il caso di una persona affetta da un grave handicap o da una particolare patologia e che, quindi, registri un grave svantaggio di utilità, in che modo verrebbe considerata dalle varie teorie della distribuzione? Sicuramente, sostiene Sen, un utilitarista ignorerà il suo caso, focalizzando il suo obiettivo sulla massimizzazione della somma delle utilità; al contrario, applicando il criterio del leximin, sarà possibile attribuirle più reddito, anche se va considerato il problema delle preferenze adattative, che affronteremo in seguito, che fanno sì che un individuo in situazione disagiata riduca le proprie aspirazioni ed abbia, quindi, una concezione dell’utilità assai diversa da un altro che si trovi in condizioni normali.
Il sostenitore del principio di differenza, invece, non effettuerà la redistribuzione pensando al più o meno grave livello di handicap, poiché tale svantaggio di utilità sarà praticamente irrilevante. Ciò avviene perché, secondo il criterio di Rawls, quella persona potrebbe certo ricevere un quantitativo più alto di beni primari, ma ciò può non servirle a nulla, in quanto il modo in cui trasforma il bene in una capacità effettiva di fare qualcosa è estremamente diverso rispetto ad un individuo sano.
Il problema nasce da una mancata attenzione per le diversità umane che influenzano profondamente sia i bisogni, sia il modo di soddisfarli e ciò dipende dai più svariati fattori, come la salute, la longevità, l’ubicazione, il clima, le condizioni di lavoro, la conformazione fisica, il carattere e così via. «Se gli individui fossero fondamentalmente molto simili, allora un indice dei beni primari potrebbe costituire un buon modo di giudicare il vantaggio»125, ma nella realtà le cose stanno diversamente e la visione rawlsiana, basandosi sui beni primari, rischia di cadere in un feticismo che considera tali beni un’espressione del vantaggio, che, invece, va considerato «come una relazione tra le persone e i beni»126. Da tale punto di vista, l’indifferenza rawlsiana nei confronti di fattori come la felicità o la
124 A. Sen, ivi, p. 92. 125
A. Sen, Scelta, benessere, equità, op. cit., p. 355.
soddisfazione rappresenta un passo indietro anche rispetto all’utilitarismo, che comunque considera l’utilità come un ponte tra il bene e la felicità127.
Dopo tale premessa si può cominciare ad analizzare il concetto di capacità come viene presentato da Sen. Il termine capability si può tradurre come “capacità”, mantenendo, tuttavia, una certa distanza concettuale rispetto al comune modo di intendere questa parola. «L’espressione è stata scelta per rappresentare le combinazioni alternative di cose che una persona è in grado di fare o di essere – i diversi funzionamenti che ella può conseguire»128, in altri termini la possibilità, che un individuo ha, di agire in un certo modo o di conseguire un particolare stato mentale, dato che la capacità non si evidenzia solo in un’azione ma anche in uno stato.