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Il teorema dei diritti uman

8. Diritti senza fondamento

Da queste brevi analisi si è potuto comprendere quanto sia ostica la questione del fondamento dei diritti e in che modo, a seconda della prospettiva adottata, sia possibile applicarli ai problemi di giustizia.

La mancanza di risposte chiare e definitive è il preludio ad un diverso modo di guardare ai diritti, costringendo l’analisi a fare un passo indietro in direzione di una ridefinizione degli stessi.

Prescindendo dalla dimensione storica, è utile indagare il concetto di diritti umani a partire da una sua definizione astratta, che ne metta in luce la struttura e le potenzialità.

Un esempio di questo tipo si riscontra nella recente formulazione messa a punto dal filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, i cui studi hanno aperto il campo ad un diverso modo di considerare i diritti e, soprattutto, hanno dato vita ad un serrato dibattito tra universalismo e relativismo giuridico.

Ferrajoli propone di chiamare fondamentali quei diritti che, entro un determinato ambito normativo, vengono attribuiti ai soggetti in quanto persone o in quanto cittadini o in quanto capaci di agire: «fondamentali sono quei diritti che vengono riconosciuti a favore di determinati soggetti in base al loro status e non in base ad una loro attività negoziale»105. Tale definizione è caratterizzata dall’essere esclusivamente teorica, riformulando i termini con l’espressione diritti fondamentali: «sono diritti fondamentali tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a tutti gli esseri umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini o di persone capaci d’agire»106.

Per chiarire meglio è bene ricordare che Ferrajoli intende per “diritto soggettivo” qualunque aspettativa positiva o negativa ascritta ad un soggetto da una norma giuridica e per “status” la condizione di un soggetto, prevista anch’essa da una norma giuridica positiva quale presupposto della sua idoneità ad essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio. Tale condizione viene poi declinata in tre casi differenti ma complementari, attraverso una sorta di climax discendente, dall’idea universale di persona, alla connotazione circostanziale di cittadino, alla determinazione specifica di capacità d’agire, concetto chiave che, come vedremo in seguito, getta un ponte tra questa teoria e quella seniana delle capacità.

105

L. Ferrajoli, Diritti fondamentali, Laterza, Roma-Bari 2001, p.51

Ferrajoli precisa la metodologia che guida la sua proposta: introdurre una definizione di diritti umani il più possibile teorica, cioè che, nonostante si riferisca ai diritti fondamentali positivi, sanciti dalle costituzioni delle odierne democrazie, prescinda dalle circostanze di fatto, ossia che tali diritti siano formulati nelle carte costituzionali o che siano enunciati in norme di diritto positivo.

La caratteristica principale della definizione in oggetto è che ha carattere formale o strutturale, cioè prescinde da ogni interesse o bisogno tutelato attraverso il riconoscimento dei diritti fondamentali, perché si basa unicamente sul carattere universale delle loro imputazione.

La definizione di Ferrajoli ha lo scopo di poter essere applicata ad ogni ordinamento giuridico, indipendentemente dai diritti fondamentali in esso già presenti, quindi riguarda la teoria generale del diritto ed è valida qualunque sia la filosofia giuridica di riferimento, proprio perché assume una neutralità di fatto che la rende universale: «in quanto è indipendente dai beni o dai valori o dai bisogni sostanziali che dai diritti fondamentali sono tutelati, essa è inoltre ideologicamente neutrale»107.

Ma come può tale definizione così astratta e formale riuscire a coniugarsi con i riferimenti sostanziali della giustizia? L’assoluta distanza nei confronti dell’ideologia e, dunque, della sfera valoriale relativa alla morale, mette in dubbio anche l’ideale dell’egualitarismo giuridico? Secondo Ferrajoli assolutamente no, in quanto il suo carattere formale non toglie che essa sia sufficiente a identificare nei diritti fondamentali la base dell’eguaglianza giuridica. Infatti, se tali diritti sono di tutti, grazie al fatto di essere quantificati universalmente, allora non sono alienabili o negoziabili perché considerati come diritti fondamentali in norme costituzionali sopraordinate a qualunque potere decisionale. La garanzia della protezione di interessi di base, vitali per gli esseri umani, come le libertà fondamentali, è la condizione per ottenere l’eguaglianza e la dignità ed è assicurata proprio dalla loro formulazione universalistica all’interno delle costituzioni.

Quando si parla di tutti gli individui si presuppone, comunque, una divisione di fondo in tre diverse classi logiche: persone, cittadini ed esseri capaci di agire. Questi tre tipi rappresentano delle condizioni della pari titolarità di tutti i diritti fondamentali, dunque raffigurano tutti i diversi tipi di eguaglianza o diseguaglianza a seconda di come si declinino nelle costituzioni e della diversa rilevanza che viene data loro.

A tal proposito lo stesso Ferrajoli fa notare che, mentre a livello della persona vengono garantite a tutti le libertà fondamentali, nel momento in cui scendiamo di livello, verso la

cittadinanza o la capacità di agire, ci troviamo di fronte a delle differenze di status che ancora delimitano l’eguaglianza delle persone umane; tuttavia, mentre la diseguaglianza al primo livello sarebbe superabile in prospettiva, quella al secondo livello è ritenuta da Ferrajoli insuperabile.

Quindi sarebbe difficile livellare le diseguaglianze che sorgono nel campo della cittadinanza o della capacità di agire, un’ idea questa che non considera il potenziale dell’etica delle capacità, il cui obiettivo di fondo è proprio la risoluzione di tali difficoltà.

Ma vediamo più nel dettaglio come si struttura questa proposta e quali sono le distinzioni particolari che vengono operate; ci faremo aiutare in questo senso da uno schema che mette insieme le diverse classificazioni, che emergono applicando tale definizione di diritti fondamentali.

Ferrajoli introduce due grandi divisioni: da una parte abbiamo la dicotomia tra diritti della personalità (spettanti a tutti) e diritti di cittadinanza (riferiti ai soli cittadini), dall’altra quella tra diritti primari o sostanziali (anche questi spettanti a tutti) e diritti secondari o strumentali o di autonomia (riguardanti unicamente le persone capaci di agire).

Attraverso l’incrocio delle quattro categorie si ottengono quattro diverse classi di diritti: 1) Diritti umani, ovvero i diritti primari delle persone, spettanti a tutti gli esseri umani

(diritto alla vita e all’integrità della persona, libertà personale, libertà di coscienza e di manifestazione del pensiero, diritto alla salute e all’istruzione);

2) Diritti pubblici, cioè i diritti primari riconosciuti ai soli cittadini (diritto di residenza e circolazione nel territorio nazionale, diritti di riunione e associazione, diritto al lavoro e alla sussistenza e previdenza di chi è inabile al lavoro);

3) Diritti civili, ovvero i diritti secondari ascritti a tutte le persone umane capaci di agire (la potestà negoziale, libertà contrattuale, libertà di scegliere e cambiare lavoro, libertà imprenditoriale, diritto di agire in giudizio e tutti i diritti nei quali si manifesta l’autonomia privata e sui quali si fonda il mercato).

4) Diritti politici, cioè i diritti secondari riservati ai soli cittadini capaci di agire (elettorato passivo e attivo, diritto di accedere ai pubblici uffici e tutti i diritti nei quali si manifesta l’autonomia politica e sui quali si fonda la rappresentanza e le democrazia).

Da tale definizione di diritti fondamentali scaturiscono alcune conseguenze di estrema importanza, come, ad esempio, il fatto che tali diritti presentino una struttura diversa da quella dei diritti patrimoniali. Infatti diritti come quello alla vita, alla proprietà e libertà non entrano a far parte della sfera dei diritti patrimoniali proprio in quanto diritti universali,

laddove i primi sono diritti singolari. Mentre i primi sono riconosciuti a tutti i loro titolari in eguale forma e misura, i secondi appartengono a ciascuno in maniera diversa per quantità e qualità, perché ciascuno di noi è proprietario di cose diverse e in misura diversa. Ma la conseguenza di tale discorso si spinge ancora più in là: se si assume che sono fondamentali tutti i diritti universali, rientrano tra essi anche i diritti sociali, nonostante si possa obiettare che le rivendicazioni individuali a tale proposito siano estremamente diverse. Tuttavia Ferrajoli sottolinea che allora sarebbero anche diversi i pensieri che ciascuno può esprimere in base alla libertà di manifestazione del pensiero.

I diritti fondamentali diventano un limite non solo per i pubblici poteri ma anche per l’autonomia dei loro titolari, proprio perché neanche volontariamente si potrebbe alienare la propria vita o la propria libertà. Ciò è reso possibile dal fatto che sono universali e indisponibili, fattore questo che li accomuna alle capacità di Sen: infatti anche il concetto seniano rispecchia pienamente l’idea di una necessità, da parte dell’individuo, di coltivare quelle capacità (vivere ed essere libero), altrimenti il rischio è la cessazione di ogni attività vitale. È evidente, ad esempio, che, se non venisse soddisfatta la capacità di essere nutrito, si rischierebbe la vita.

Ma tornando alla concezione dei diritti di Ferrajoli, dopo aver puntualizzato la loro estrema diversità dai diritti patrimoniali, è di fondamentale importanza evidenziare il legame che instaurano con la concezione sostanziale della democrazia. Infatti tale definizione non rimanda ad una concezione formale della struttura politica, proprio perché in gioco vi sono interessi vitali estremamente concreti. Vediamo come lo stesso filosofo del diritto chiarisce tale punto:

«La forma universale, inalienabile, indisponibile e costituzionale di questi diritti si rivela in altre parole come la garanzia apprestata a tutela di ciò che nel patto costituzionale viene ritenuto fondamentale, ossia di quei bisogni sostanziali la cui soddisfazione è condizione della convivenza civile e insieme causa di quell’artificio che è lo Stato».

Quindi è proprio con la sostanza delle decisioni che hanno a che fare gli obblighi e i divieti imposti dai diritti fondamentali alla legislazione, che viene perciò conformata in base alla sostanza dei diritti, come si ritrova nella prima parte della Costituzione italiana.

Ferrajoli descrive la struttura delle costituzioni moderne dimostrando come la lontananza dei diritti fondamentali da quelli patrimoniali strutturi non solo l’intero apparato giuridico statale ma gli stessi rapporti tra i cittadini e lo Stato. Dato che quei diritti non sono

predisposti da norme precedenti ma sono essi stessi delle norme, si configura il rapporto tra la costituzione e i soggetti nel senso che questi ultimi sono titolari dei diritti e non solo destinatari. Da qui consegue che la parte sostanziale della costituzione non può essere modificata semplicemente a maggioranza.

Tale ragionamento deriva dall’ideale contrattualistico, che considera le costituzioni come dei contratti sociali, ovvero dei patti fondativi della società, nei quali vengono sanciti i diritti sostanziali delle persone e i meccanismi per tutelarli.

La vicinanza di tale concezione non sarebbe derivante dalle tradizioni civilistiche e romanistiche dei diritti patrimoniali ma dalla filosofia di uno dei padri del contrattualismo moderno, ovvero Thomas Hobbes, che, teorizzando il diritto alla vita come diritto inviolabile di tutti, ha subordinato la sopravvivenza della società alla tutela di tale principio fondamentale. Con Hobbes nasce, quindi, lo Stato come sfera pubblica istituita a garanzia della pace e dei diritti fondamentali, dove i bisogni delle persone vengono istituzionalizzati e divengono norme partendo dal basso e non dall’alto come privilegi concessi.

Infatti la sfera pubblica di Hobbes, comprensiva del solo diritto alla vita, esteso a tutto ciò che concerneva la sfera privata delle persone, si è successivamente allargata fino a conquistare quei diritti politici ed economici tutelati dalle costituzioni del novecento, andando a creare il costituzionalismo moderno, che è in sintesi la storia di questo progressivo allargamento della sfera pubblica dei diritti.

La teoria sostanziale della democrazia si unisce così al contrattualismo e al costituzionalismo dei diritti, creando terreno fertile per la speculazione attorno alle necessità umane e al modo di tutelarle.

Il discorso di Ferrajoli chiama in causa un modo diverso di occuparsi di diritti, meno legato al formalismo giuridico e più attento a dimostrare l’effettiva universalità delle libertà sostanziali enunciate nelle costituzioni.

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