Capacità e sviluppo
2. La misura sbagliata delle nostre vite
Quindi il discorso sul diritto di sviluppo è il punto chiave nella concezione delle capacità formulata da Amartya Sen, che si sofferma su un’interpretazione legata soprattutto alla situazione contingente, che gli individui si trovano a vivere, in un regime sociale di diseguaglianza.
Le analisi della povertà e dello sviluppo economico diventano, così, i presupposti per ogni tipo di ulteriore inserimento delle capacità nelle legislazioni attuali, per questo è necessario, dopo tante analisi, affrontare concretamente l’argomento del benessere economico e spirituale dell’essere umano.
Il criterio di giudizio del benessere è stabilito dagli istituti di analisi statistica, che, attraverso metodi specifici, misurano la performance economica delle società e diffondono dati che vengono utilizzati, oltre che dai governi nazionali, anche dalle principali istituzioni sovranazionali per stabilire determinate politiche sociali.
Le cifre che scandiscono, così, l’andamento di una società sono emblematiche del modo attraverso cui la comunità internazionale analizza il benessere dei Paesi e le condizioni di vita delle persone.
Tuttavia tutto ciò che riguarda l’individuo non è sempre quantificabile ed è estremamente difficile da incasellare in modo definitivo in un andamento positivo o negativo, soprattutto quando parliamo di condizioni di vita. Infatti l’ambiente, nel quale la vita umana si sviluppa, interagendo con le altre, è principalmente contingente, é una dimensione essenzialmente concreta, legata a precise situazioni, osservabili direttamente, che incidono sulle capacità di base dell’essere umano.
Per questo negli ultimi anni si è cominciato a considerare una nuova via nell’analisi dello sviluppo economico e del sottosviluppo, caratterizzata da una spinta a considerare altri aspetti della vita umana, non solo quelli legati al reddito o alla produttività. Economisti come Paul Krugman, Joseph Stiglitz, Amartya Sen, Paolo Sylos Labini, Jean-Paul Fitoussi, sono stati i fautori di un diverso modo di analizzare la povertà e di uno sguardo alternativo alle analisi del prodotto interno lordo degli stati.
La questione è di fondamentale importanza, perché gli indicatori della situazione economica sono in grado di influenzare direttamente la vita delle persone, non solo viceversa.
Facciamo l’esempio di un paese, il cui PIL segni una crescita: in conseguenza di ciò, si intraprenderebbero determinate politiche economiche di contenimento della spesa, approfittando del momento favorevole, senza considerare che quei dati di crescita potrebbero significare non un miglioramento complessivo della società, ma soltanto di un particolare ambito, relativo ad un singolo metodo di misurazione, quindi quelle politiche potrebbero risultare dannose. In altre parole, se si possiedono indicatori sbagliati, ci si sforzerà, attraverso determinate scelte politiche, ad ottenere cose sbagliate.
Per fare un altro esempio pratico, all’aumentare del Pil si potrebbe comunemente pensare che le cose vadano meglio, ma in realtà esiste il caso che ciò avvenga in concomitanza con un aumento della disoccupazione, dunque con una crescita recessiva237. Per dimostrare ciò, basti citare un fenomeno discusso dal noto economista Paul Krugman, cioè quello della cosiddetta jobless recovery, ovvero la ripresa senza occupazione, «vale a dire un periodo in cui il Pil cresce ma la disoccupazione continua ad aumentare»238: questo è un chiaro indice di come gli indicatori vadano inseriti in un contesto più ampio.
237 L’economista Paul Krugman, a tale proposito, precisa come «il termine consueto per definire una crescita troppo
lenta per ridurre il tasso di occupazione è “ripresa senza occupazione”, ma ho sempre pensato che il vecchio termine “crescita recessiva” colga il punto molto meglio».Da P. Krugman, La deriva americana, Laterza, Roma-Bari, 2004, p. 25
Un altro esempio in tal senso si può riscontrare nel periodo in cui negli Stati Uniti, dal 1999 al 2008, la maggior parte degli individui ha visto calare il proprio reddito, calcolato sulla base dell’inflazione, malgrado il Pil pro capite stesse aumentando; questo quadro così diverso della performance si può verificare quando la diseguaglianza aumenta e contemporaneamente cresce il reddito stesso.
Una conseguenza della discrepanza tra indicatori e realtà delle cose sta nel fatto che la gente comincia a non fidarsi più dei dati che le vengono proposti, credendo che le istituzioni la stiano in qualche modo ingannando, proponendole una visione della realtà che non corrisponde al vero, in altre parole che stiano truccando le carte.
Il problema, tuttavia, non è dovuto tanto al fatto che gli esperti di statistica, difendendo la rilevanza del PIL o dell’indice dei prezzi, ingannino le persone, quanto, cosa ancora più grave, che gli indicatori non riescano ad andare di pari passo con gli evidenti ed epocali cambiamenti dell’economia, della società, dei rapporti tra gli individui.
In questo scenario, dove la rappresentazione della realtà si impone sulla realtà stessa, creando un cortocircuito che impedisce la piena comprensione dei fenomeni contingenti, si è deciso di fare qualcosa per invertire la rotta. Così, agli inizi del 2008, il Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, in risposta alle preoccupazioni sempre più crescenti rispetto all’adeguatezza degli indicatori della performance economica in uso, uno fra tutti il PIL, ha creato una Commissione allo scopo di esaminare tale problema e di identificare i limiti del prodotto interno lordo come indicatore dello sviluppo di una società.
Tale Commissione è stata formata da una squadra internazionale di esperti, economisti ma non solo, provenienti dalle più importanti università mondiali e da varie organizzazioni governative e non governative, oltre che da vari relatori dell’Istituto Nazionale di Statistica e di Studi Economici Francese, dall’OFCE e dall’OCSE. L’organismo è stato presieduto da Joseph E. Stiglitz e ha avuto come consigliere alla Presidenza Amartya Sen, nonché come coordinatore della commissione JeanPaul Fitoussi.
Va ricordato che i tre membri posti a capo dello staff, Sen, Stiglitz e Fitoussi, oltre che una vasta conoscenza economica, hanno una grande esperienza nel campo della ridefinizione dei modelli di sviluppo e della politica economica: Amartya Sen, ad esempio, sulla base dell’etica delle capacità, ha ridefinito un approccio allo sviluppo umano che comprenda parametri come la salute e l’educazione, approccio poi concretizzatosi nell’indice di sviluppo umano (ISU); Joseph Stiglitz si è occupato per anni di come migliorare la qualità delle informazioni su cui si fondano i processi decisionali degli apparati economici e politici, soprattutto come chief economist della Banca mondiale, sostenendo che le
valutazioni costruite sul PIL creino conseguenze sbagliate riguardo allo sviluppo delle risorse; Jean-Paul Fitoussi è presidente del consiglio scientifico dell’IEP di Parigi e membro del Consiglio di analisi economica del Primo Ministro francese.
Come recita il rapporto presentato, l’obiettivo di tale Commissione internazionale è stato quello di «allineare più correttamente gli indicatori del benessere a ciò che contribuisce effettivamente alla qualità della vita e, così facendo, aiutare tutti noi a indirizzare gli sforzi verso le cose che contano davvero»239.
Il lavoro è durato all’incirca due anni e si è concluso nel settembre 2009 portando alla luce dei risultati che vanno proprio nella direzione di una possibile ridefinizione dei criteri di misurazione del benessere economico. Attraverso l’analisi di tale Rapporto si capirà come l’approccio alle capacità e allo sviluppo umano, portato avanti da Sen, sia in grado di misurarsi con le sfide globali, andando in profondità nella considerazione della diseguaglianza e nell’analisi del reale benessere degli individui e gettando le basi per incisive politiche sociali.