Capacità e diritti uman
6. La lista delle capacità come espressione dei diritti costituzional
Bisogna comprendere qual è l’esatta relazione tra etica delle capacità e diritti umani: secondo Nussbaum tale aspetto «è strettamente legato all’approccio dei diritti umani, quindi va considerato come una specie dell’approccio dei diritti umani»221. Infatti le capacità ricoprono il terreno occupato sia dai cosiddetti diritti di prima generazione (libertà civili e politiche) sia di quelli di seconda (diritti economici e sociali). Il linguaggio delle capacità fornisce precisione e integrazioni significative al linguaggio dei diritti.
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M.C. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, op. cit., p. 93.
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M.C.Nussbaum, Giustizia sociale e dignità umana, op. cit., p. 137.
Proprio perche l’idea dei diritti umani, nel corso delle sue varie teorizzazioni, non è mai stata del tutto chiara e i diritti stessi sono stati intesi in molti modi differenti, serve l’individuazione di un criterio univoco che riunisca in sé tutte le varie forme di diritti, dato che le persone dissentono continuamente su ciò che è la base per la rivendicazione dei diritti: la razionalità, la sensibilità o la mera vita. Tale criterio non dovrà fornire la parola finale sul concetto di natura umana o razionalità, dovrà essere una base sufficientemente ampia da legare a sé le varie sfaccettature dei diritti. «L’approccio delle capacità sostiene che la base per la rivendicazione dei diritti sia l’esistenza di una persona in quanto essere umano»222, quindi le capacità di base sono caratteristiche della specie umana.
Nussbaum concepisce la garanzia di un diritto come un ruolo attivo, ovvero garantire un diritto ai cittadini equivale a metterli nella posizione di essere capaci di funzionare in quell’ambito.
L’etica delle capacità insiste, dall’inizio alla fine, sull’aspetto materiale di tutti i beni umani. Come l’approccio dei diritti umani, l’approccio delle capacità è una teoria parziale della giustizia umana, una soglia minima. Ogni essere umano ha dei diritti su questi importanti beni e si assegna all’umanità il dovere di realizzarli. La lista delle capacità è usata dalla società come criterio di giustizia sociale, come una teoria dei diritti costituzionali fondamentali. Si può, quindi, sintetizzare il tutto sostenendo che per Nussbaum la teoria delle capacità sia una declinazione dell’approccio dei diritti umani.
La sua lista delle capacità è strutturata su un’idea valutativa ed etica della natura umana, che fa sì che non tutto ciò che gli esseri umani possono fare figuri nella lista. Dalla lista si evince che le capacità possono essere accettate da cittadini ragionevoli come requisiti per una concezione condivisibile di persona, posta in relazione con una nozione politica della persona come animale sociale, bisognoso e dignitoso: «queste, quindi, sono buone basi per un’ideazione dei diritti politici fondamentali in una società giusta»223.
Le persone dovrebbero accordarsi su una lista, gettando così le basi per la formulazione di diritti costituzionali inviolabili e fondamentali, in linea con l’idea di dignità umana e sufficientemente adattabili ai più diversi stili di vita. È chiaro che potrebbero formarsi delle categorie di persone che rifiutano uno o più di questi principi in nome delle loro credenze ideologiche, religiose o morali. A questo punto è proprio la natura del capabilities approach a permettere che si superi l’empasse: ponendo l’accento sulle capacità e non sul funzionamento, si può ricostruire in modo plausibile il pensiero di tali persone facendo loro accettare l’idea che una vita dignitosa per un essere umano richieda queste capacità, al cui
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M. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia, op. cit., p. 304
interno vi è chiaramente il diritto di non utilizzarle, senza, quindi, che venga imposta una visione del bene positiva e invadente.
L’etica delle capacità è così compatibile con il pluralismo delle fioriture umane, pur mantenendo un carattere unitario, ovvero rispettando i due criteri enunciati prima: la pluralità e l’universalità.
La questione che si pone ora non è tanto accordarsi con coloro che sono portatori di una concezione del bene parziale, ma con coloro che dal punto di vista fisico o cognitivo sono del tutto impossibilitati ad accettare tale lista politica delle capacità: si ritorna all’argomento iniziale da cui è nato il discorso delle capacità in contrapposizione con quello rawlsiano, ovvero il problema dell’inserimento dei disabili all’interno della società.
Di fronte ad esseri umani con gravi carenze fisiche o mentali, il rischio è che si dia per scontato che la loro vita non possa essere equiparata a quella delle persone sane, che non è plausibile sostenere che verranno sviluppate tutte le capacita della lista e che l’unica cosa da fare è modificare la lista stessa e crearne una apposita per coloro che hanno quei problemi. Tale discriminazione è seriamente criticata da Nussbaum, per due motivi fondamentali: primo perché in tal modo non si ottiene quell’inserimento pieno dei disabili all’interno della società, lasciando insoluto il problema di partenza, secondo perché, accettando la creazione di una lista alternativa, si gettano ombre sull’etica delle capacità, prestando il fianco a chi la considera discriminatoria.
Il discorso è soprattutto economico, poiché i costi, per portare i disabili a raggiungere quella soglia minima di capacità comune a tutti gli uomini, sono molto più elevati di un piano di cure finalizzato unicamente ad alleviare le sofferenze senza dare una prospettiva di crescita fisica e cognitiva. Nussbaum fa leva sul fatto che «le persone con disabilità fisiche vogliono, come tutti, cure mediche rispondenti ai propri bisogni, ma vogliono anche essere rispettate come cittadini eguali, con possibilità diversificate di scelta e funzionamenti nel corso della vita, che siano paragonabili a quelli degli altri cittadini»224.
Una differente lista delle capacità sarebbe un modo per nascondere il problema, mentre ciò di cui c’è bisogno è insistere su un'unica lista di diritti sociali non negoziabili e lavorare seriamente affinchè anche gli individui disabili raggiungano tale soglia minima.
Dato che l’etica delle capacità sviluppa un processo individualizzante, trattando ogni singola persona come un unicum, sarebbe un controsenso moltiplicare le liste, significherebbe considerare le persone secondo dei gruppi, delle categorie che negano la loro personale situazione. Il sociologo Ervin Goffman, studioso dei ruoli sociali e delle interazioni tra
individui in società, ha parlato di stigma sociale, di processo di stigmatizzazione, per indicare quei processi che individuano una categoria di persone, in questo caso i disabili, negando la loro identità personale e differenziandoli dal resto del gruppo.
Al contrario, insistendo sull’unicità, sull’unica lista di capacità, si faciliterebbero le cose soprattutto dal punto di vista normativo, raggiungendo quell’universalità di cui il
capabilities approach ha bisogno e dando ad ogni essere umano il titolo di individuo.
Una politica pubblica, che prenda a riferimento la lista delle capacità e si occupi di estendere le basi sociali di tutte le capacità stesse ad ogni persona, raggiunge effettivamente lo scopo di creare le condizioni per una società giusta ed equa, ma per far ciò bisogna, secondo Nussbaum, «attribuire più importanza agli elementi più generici della lista piuttosto che alle loro sottosezioni specifiche»225, ad esempio il diritto di voto tout court a chi è impossibilitato può essere sostituito da altre strade, che amplino la partecipazione politica dell’individuo.
I provvedimenti legislativi, che possono andare in questa direzione, cioè verso un reale supporto per le persone disabili, sono incentrati sull’importanza di un approccio che consideri gli individui con menomazioni fisiche o mentali come titolari di diritti eguali, che li autorizzino a rivendicare un ampio spettro di servizi sociali volti ad assicurare l’opportunità di esercitare i diritti stessi.
L’obiettivo di riferimento, in ogni situazione, è porre la persona stessa nella posizione di poter scegliere i funzionamenti rilevanti che preferisce, cercando di non imporre nulla ma anzi sviluppando il criterio della scelta, proprio perché «lo scopo della cooperazione sociale non è ottenere un vantaggio bensì promuovere la dignità e il benessere di tutti i cittadini»226. Tale discorso, ovviamente, si applica anche al tema dell’educazione, in particolare al modo in cui va impartita ai bambini con menomazioni fisiche o mentali, per dare loro accesso ad un’istruzione pubblica adeguata. Nussbaum cita, a tal proposito, una legge fondamentale emanata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1997: si tratta dell’Individuals with Disabilities
Education Act (Idea), che prende avvio proprio dal presupposto insito nell’etica delle
capacità, ovvero quello dell’individualità della persona umana, dunque non considerando i cittadini disabili come una classe di persone separata dal resto della società ma giudicandoli come individui con specifici bisogni, eliminando ogni tipo di prescrizione di gruppo.
«L’idea guida della legge è quella di un programma di istruzione individualizzata, un rapporto scritto che è sviluppato, riesaminato e rivisto per ogni bambino con disabilità»227:
225 M. Nussbaum, Le nuove frontiere della giustizia, op. cit., p. 212 226
M. Nussbaum, ivi, p. 220
tale sistema, chiamato Individualized Education Program, Iep, richiede che gli stati si impegnino attivamente per identificare e localizzare tutti i bambini con disabilità e prevede che vengano stabilite garanzie procedurali per attribuire ai genitori un ruolo nelle decisioni. Il principio di riferimento è quello dell’inserimento di tali bambini in società, offrendo loro un’istruzione che sia il più possibile effettuata in un ambiente non restrittivo, evitando la stigmatizzazione di cui si parlava prima e creando le condizioni per una mutua cooperazione di vantaggio reciproco.
Il riconoscimento dell’individualità è ancora una volta fondamentale per il pieno sviluppo delle capacità e, da questo punto di vista concettuale, per Nussbaum, ciò dovrebbe essere lo scopo generale di ogni sistema e politica educativa, perché tutti hanno bisogno di un’attenzione individualizzata per sviluppare le proprie capacità.