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A CENA FUORI: L’ESPERIENZA OSSESSIVO-COMPULSIVA

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 135-140)

In questo articolo, comparso sul «New York Times» nel feb- braio 2008, Jeff Bell, conduttore radiofonico, descrive l’espe- rienza difficile che si trovano a vivere le persone come lui ogni volta che vanno al ristorante per passare una «piace- vole» serata.

I ristoranti sono progettati per essere ambienti piacevoli e rilassanti: è una delle ragioni principali per cui la gente ado- ra mangiare fuori. Per molti di quelli che, come me, soffrono di disturbo ossessivo-compulsivo, non c’è alcun piacere in questo. Quando entriamo in una sala da pranzo tranquilla ed elegante vediamo cose che sappiamo di non essere in grado di controllare. […]

Io per esempio non ho problemi quasi con nessun tipo di tavolo, anche se quelli traballanti possono farmi precipitare nell’ansia. Ho l’ossessione del danno fisico, ossia sono tor- mentato dalla paura che altre persone si facciano male per qualcosa che ho fatto io, o non ho fatto. Se sono seduto a un tavolo che non sta fermo, continuo a vedere immagini dei miei commensali feriti o schiacciati se non avverto subi- to la direzione del ristorante. Si chiama ossessione di riferi- mento nel gergo specifico e prima che imparassi come re- primere queste forti spinte, molti direttori hanno sentito la mia voce. […]

Lasciamo perdere il piano del tavolo; il mio amico Matt S. mi dice che la cosa davvero importante è quello che sta sopra di esso, e precisamente dove. Per godersi il pasto de- ve assolutamente dividere spargisale e macinapepe, possi- bilmente frapponendo tra di essi un portatovaglioli o un altro divisorio. […]

Certe nostre preoccupazioni possono sembrare familiari. Immagino che la maggior parte degli avventori, per esempio, abbia notato e abbia forse qualche volta anche tentato di togliere le macchioline bianche che a volte si vedono sugli oggetti argentati. Ma sospetto che pochi si siano spinti a fare ciò che Jared K. ha fatto per eliminarle: Jared, assisten- te ricercatore di 24 anni che abita fuori Boston, ha il timore ossessivo della contaminazione. […] Lo scorso anno è anda- to in un ristorante cinese con un gruppo di amici, uno dei quali fece notare a un certo punto che gli oggetti argentati

sul tavolo erano macchiati e sembravano sporchi. Jared ha preso tutti gli oggetti sul tavolo e ha tentato di sterilizzarli tenendoli sopra la fiammella della grigliata cinese al centro del tavolo, attirando rapidamente l’attenzione del camerie- re.[…]

Parte della mia ossessione del danno fisico è anche l’idea di contaminare gli altri con i germi della mia bocca. Anche se cerco sempre di tenere le dita lontane dalla bocca e dai re- lativi germi quando mangio, ci riesco di rado (non è facile come sembra). Alla fine del pasto sono convinto di avere le mani sporche e contaminate. Il problema è che poi devo mettere la mia firma sull’assegno con cui pagherò. Se sono fortunato, mi sono ricordato di portarmi una penna; altri- menti posso sentirmi costretto a pulirmi le mani a tavola con un piccolo trucco che ho imparato negli anni: uso la con- densa che si forma all’esterno di un bicchiere di acqua fred- da per togliermi i germi dalle mani. […]

Quando ho firmato l’assegno, devo controllare di averlo fir- mato come si deve. Nel peggiore dei casi, mi sono trovato ad aprire e chiudere più e più volte i portassegni per con- trollare ogni volta la firma, senza mai riuscire a essere sicuro. Mi sono alzato da tavola e sono tornato a controllare anco- ra. E ancora. […]

[Post-scriptum: dopo terapia di esposizione e di prevenzione della reazione]

Oggi sono stato in diversi posti, per raccontare come sono guarito e per lavorare con gruppi come la Fondazione per il disturbo ossessivo-compulsivo per fare conoscere questo pro- blema. […] Ho finito per mangiare in diversi ristoranti e am- metto sinceramente che sta incominciando a piacermi. Infat- ti preferisco sempre accompagnare i miei pasti con acqua ghiacciata, ma adesso la bevo, ho smesso di lavare le cose. Ora, quando dico «checkplease» [gioco di parole: check significa sia «assegno» che «controllo»], sto semplicemente chiedendo il conto.

Jeff Bell, When Anxiety Is at the Table, «The New York Ti- mes», 6 febbraio 2008.

Copyright® 2008 New York Times Company. Stampato con il permesso di PARS International. Inc. Tutti i diritti riservati.

cambiato la situazione, e dunque continuano a eseguire quella stessa azione in situazioni analoghe. L’atto divie- ne così un metodo di prima scelta per evitare o ridurre l’ansia (Frost, Steketee, 2001).

Isolamento: meccanismo difensivo dell’Io in cui le persone si isolano inconsciamente e disconoscono i pensieri indesiderabili e non voluti, interpretandoli co- me interferenze estranee.

Annullamento: meccanismo di difesa dell’Io in cui le persone cancellano inconsciamente desideri o atti rite- nuti inaccettabili mettendo in atto comportamenti dal significato opposto.

Formazione reattiva: meccanismo di difesa dell’Io in cui le persone sopprimono desideri ritenuti inaccetta- bili assumendo comportamenti che esprimono deside- ri opposti.

Esposizione e prevenzione della risposta: tratta- mento comportamentale per il disturbo ossessivo- compulsivo che espone il soggetto a pensieri o situa- zioni ansiogeni e successivamente gli impedisce di mettere in atto gli atti compulsivi a cui è abituato. È detto anche esposizione e prevenzione del rituale.

Stanley Rachman, noto scienziato clinico, ha dimo- strato nei suoi studi che in effetti le compulsioni sono seguite da una riduzione dell’ansia. In un esperimento, per esempio, dodici soggetti che manifestavano la com- pulsione a lavarsi continuamente le mani furono messi a contatto con oggetti che consideravano contaminati (Hodgson, Rachman, 1972). I rituali messi in atto dai soggetti sembravano in effetti ridurre l’ansia, confer- mando così l’ipotesi comportamentista.

TRA LE RIGHE Rotolarsi nel fango

La tecnica dell’esposizione e prevenzione della risposta prevede che le persone con compulsioni alla pulizia possano ad esempio fare del giardinaggio e poi resiste- re alla tentazione di lavarsi le mani o fare la doccia. Magari non si spingeranno a partecipare a una lotta nel fango per divertimento, ma l’idea dovrebbe essere chiara.

Se le persone continuano a mettere in atto certi com- portamenti allo scopo di impedire delle conseguenze ne- gative e assicurarsi un esito positivo, non potrebbero apprendere che tali comportamenti in realtà non sono utili? In un trattamento comportamentale detto esposi- zione e prevenzione della risposta (o esposizione e prevenzione del rituale), ideato dallo psichiatra Victor

Meyer (1966), i soggetti vengono ripetutamente esposti a oggetti e situazioni ansiogeni, paure ossessive e com- portamenti compulsivi, ma viene raccomandato loro di

resistere e non cedere ai comportamenti che si sentono

rienze negative nel controllo delle funzioni sfinteriche. Altri teorici di orientamento psicodinamico sostengono invece che tali reazioni di rabbia infantile abbiano origi- ne nel senso di insicurezza (Erikson, 1950; Sullivan, 1953; Horney, 1937). In ogni caso, questi bambini pro- vano continuamente la necessità di esprimere gli impulsi forti e aggressivi dell’Es, sapendo allo stesso tempo che dovrebbero cercare di contenere e controllare tali impul- si. Se il conflitto tra Es e Io perdura nel tempo, può sfo- ciare infine in un disturbo ossessivo-compulsivo. Nell’insieme, la ricerca non ha dato piena conferma del- la spiegazione psicodinamica (Fitz, 1990).

TRA LE RIGHE

Origini delle superstizioni

Evitare di passare sotto una scala a pioli: antico Egitto (3000 a.C.)

Toccare legno: Nord America (2000 a.C.)

Zampa di coniglio come portafortuna: Europa occiden- tale (epoca precedente al 600 a.C.)

Spezzare una forcella di volatile: Italia (epoca prece- dente al 400 a.C.)

Incrociare le dita: Europa occidentale (epoca preceden- te al 100 a.C.)

Evitare gli specchi rotti: antica Roma (I secolo)

Appendere un ferro di cavallo a protezione della casa: antica Grecia (IV secolo)

Evitare i gatti neri: Inghilterra (Medio Evo)

(Panati, 1987)

Nel trattamento di pazienti con disturbo ossessivo- compulsivo, i terapeuti di indirizzo psicodinamico cer- cano di fare sì che il soggetto scopra e superi il conflitto interiore e il tipo di difesa, utilizzando le consuete tecni- che di associazione libera e interpretazione del terapeu- ta. Dalla ricerca sono giunte tuttavia scarse conferme ri- guardo all’utilità di un approccio psicodinamico tradi- zionale (Bram, Björgvinsson, 2004). Così, attualmente alcuni terapeuti psicodinamici preferiscono trattare que- sti pazienti con terapie a breve termine che, come abbia- mo visto nel Capitolo 2, sono più dirette e orientate all’azione rispetto alle tecniche classiche.

4.4.3 Prospettiva comportamentale

I clinici comportamentali si sono dedicati all’analisi e al trattamento delle compulsioni più che delle ossessioni. Essi ipotizzano che le persone s’imbattano nelle loro compulsioni in modo alquanto casuale. In una situazione ansiogena, può capitare che si ritrovino per caso a lavar- si le mani, per esempio, o a vestirsi in un certo modo. Quando la sensazione di paura è passata, essi collegano il miglioramento a quella particolare azione. Dopo ripe- tute associazioni accidentali, si convincono che quell’azione porti loro fortuna o abbia effettivamente

Allo stesso tempo, la ricerca ha evidenziato alcuni li- miti nell’esposizione e prevenzione della risposta. Solo in pochi soggetti, tra quelli che hanno ricevuto il tratta- mento, si ha la scomparsa di tutti i sintomi e circa un quarto di essi non mostra alcun miglioramento (Foa et al., 2005; Frost, Steketee, 2001). Inoltre si tratta di un approccio poco utile nel caso di coloro che hanno osses- sioni, ma non compulsioni (Hohagen et al., 1998).

4.4.4 Prospettiva cognitiva

Per i teorici di orientamento cognitivo la spiegazione del disturbo ossessivo-compulsivo inizia dal concetto che tutti hanno pensieri ripetitivi, indesiderati e intrusi- vi. Per esemipo, a chiunque può accadere di pensare di fare male agli altri o di essere contaminato da microbi, ma la maggior parte delle persone scaccia o ignora age- volmente questi pensieri (Baer, 2001). Le persone af- fette dal disturbo, in genere danno la colpa a se stesse se hanno questi pensieri e si aspettano che accada qualco- sa di terribile (Shafran, 2005; Salkovskis, 1999, 1985). Per evitare conseguenze negative cercano di neutraliz- zare i pensieri, ossia pensano o si comportano in modo

da sistemare le cose o modificarle (Salkovskis et al., 2003).

Come atto di neutralizzazione i soggetti possono ad esempio chiedere rassicurazioni particolari agli altri, pensare deliberatamente solo a cose «positive», lavarsi le mani o controllare ogni possibile fonte di pericolo. Quando uno sforzo di questo tipo apporta un tempora- neo miglioramento dello stato d’ansia, viene rinforzato e verrà probabilmente ripetuto. Alla fine il pensiero o atto di neutralizzazione viene utilizzato così spesso che di- viene, per definizione, un’ossessione o una compulsio- ne. Allo stesso tempo, il soggetto si convince sempre più della pericolosità dei pensieri intrusivi e spiacevoli. Quando la paura di tali pensieri aumenta, questi iniziano a presentarsi sempre più di frequente e diventano a loro volta ossessivi.

A sostegno di questa spiegazione, gli studi hanno ri- levato che le persone con disturbo ossessivo-compulsivo hanno pensieri intrusivi più spesso degli altri, ricorrono a strategie di neutralizzazione più elaborate e constatano una diminuzione dell’ansia dopo l’uso di tali tecniche (Shafran, 2005; Salkovskis et al., 2003).

Tutti quanti hanno talora pensieri indesiderati, ma so- lo alcuni sviluppano un disturbo ossessivo-compulsivo. Per prima cosa dovremmo chiederci come mai queste persone trovano angosciosi dei pensieri normali. I ricer- catori hanno scoperto che questa popolazione tende (1) a essere maggiormente depressa rispetto al resto della po- polazione (Hong et al., 2004), (2) ad avere standard di condotta e di morale eccezionalmente elevati (Rachman, 1993), (3) a ritenere che i propri pensieri intrusivi equi- valgano ad azioni e siano in grado di causare danni (Steketee et al., 2003) e (4) a ritenere in generale di do- costretti a mettere in atto. Poiché essi trovano molte dif-

ficoltà a resistere a tali comportamenti, i terapeuti posso- no mostrare loro come fare.

Attualmente la tecnica dell’esposizione e prevenzio- ne della risposta è molto utilizzata sia come terapia indi- viduale che di gruppo. Alcuni terapeuti propongono an- che delle procedure di auto-aiuto da svolgere a casa (Foa et al., 2005): vengono cioè assegnati ai soggetti dei compiti di esposizione e prevenzione della risposta, co- me quelli riportati di seguito nel caso di una donna con compulsione alla pulizia:

1. Vietato passare il panno sul pavimento del bagno per una settimana. Quindi, puliscilo in tre minuti con un panno qualsiasi. Usa lo stesso panno anche per altre faccende, senza lavarlo.

2. Procurati un pullover di lana morbida e pelosa e in- dossalo per una settimana. Quando ti spogli per la notte, non eliminare i pallini di lana. Non pulire la casa per tutta la settimana.

3. Tutta la famiglia deve stare in casa con le scarpe. Non pulire la casa per una settimana.

4. Lascia cadere un biscotto sul pavimento non pulito, raccoglilo da terra e mangialo.

5. Lascia lenzuola e coperte sul pavimento, poi rifai il letto. Non cambiare le lenzuola per una settimana. (Emmelkamp, 1982, pp. 299-300)

Alla fine la donna riuscì a stabilire una routine ragio- nevole per la pulizia personale e della casa.

Tra il 55 e l’85% dei soggetti con disturbo ossessivo- compulsivo sono migliorati notevolmente con la tecnica di esposizione e prevenzione della risposta, migliora- menti spesso anche a lungo termine (McKay, Taylor, Abramowitz, 2010; Abramowitz et al., 2008). L’effica- cia dell’approccio suggerisce che chi soffre di questo disturbo è un po’ come il superstizioso di una vecchia barzelletta, che continua a schioccare le dita per tenere lontani gli elefanti. Quando qualcuno gli dice «Ma qui non ci sono elefanti», l’uomo replica «Vedi? Funzio- na!». Uno studio conclude: «A posteriori, si nota che il soggetto con il disturbo [ossessivo-compulsivo] conti- nua a schioccare le dita, e se non smette di farlo (preven- zione della risposta) e allo stesso tempo non si guarda attorno (esposizione), non imparerà niente di utile sugli elefanti» (Berk, Efran, 1983, p. 546).

TRA LE RIGHE Una battaglia persa

Coloro che cercano di evitare ogni genere di contami- nazione e di liberare se stessi e il mondo circostante da tutti germi combattono una battaglia persa in parten- za. Mentre parla, ognuno di noi emette 300 microsco- piche goccioline di saliva al minuto, circa 2,5 a parola.

vi, la clomipramina e la fluoxetina (Anafranil e Prozac), in realtà, riducono anche i sintomi di tipo ossessivo e compulsivo (Stein, Fineberg, 2007).

Poiché questi particolari farmaci aumentano l’attività della serotonina, alcuni studiosi hanno concluso che il disturbo potrebbe essere causato proprio da una bassa attività di tale neurotrasmettitore. Infatti, nel caso di di- sturbo ossessivo-compulsivo si dimostrano utili solo i farmaci antidepressivi che aumentano tale attività, men- tre gli antidepressivi che agiscono per lo più su altri neu- rotrasmettitori non hanno in genere alcun effetto su que- sto disturbo (Jenike, 1992). Eppure, altri studi recenti indicano che altri neurotrasmettitori, in particolare il

glutamato, il GABA e la dopamina hanno anch’essi un

ruolo importante nello sviluppo del disturbo ossessivo- compulsivo (Lambert, Kinsley, 2005).

Neutralizzazione: tentativo di eliminare pensieri in- desiderati pensando e comportandosi in modo da si- stemare le cose interiormente per contrastare i pensie- ri inaccettabili.

Serotonina: neurotrasmettitore la cui attività anoma- la è connessa a depressione, disturbo ossessivo-com- pulsivo e disturbi dell’alimentazione.

Corteccia orbitofrontale: regione cerebrale in cui hanno origine gli impulsi connessi con l’escrezione, la sessualità, la violenza e altre attività primitive.

Nuclei caudati: strutture cerebrali che hanno sede nella regione detta dei gangli basali, attiva nella con- versione delle informazioni sensoriali in pensieri e azio- ni.

Un’altra linea di ricerca ha collegato il disturbo os- sessivo-compulsivo a un funzionamento anomalo in re- gioni specifiche del cervello, in particolare la corteccia orbitofrontale (appena sopra gli occhi) e i nuclei cau- dati (strutture poste nella regione cerebrale detta gangli

basali). Queste regioni fanno parte di un circuito cere-

brale deputato alla conversione di informazioni senso- riali in pensieri e azioni (Stein, Fineberg, 2007). Il cir- cuito ha inizio nella corteccia orbitofrontale, in cui han- no origine gli impulsi sessuali, violenti e altri impulsi di tipo primitivo. Tali impulsi si spostano poi ai nuclei caudati, i quali agiscono da filtro inviando solo gli im- pulsi più potenti al talamo, la tappa successiva del cir- cuito (si veda la Figura 4.6). Se gli impulsi raggiungo-

no il talamo, la persona è stimolata a pensare ulterior- mente e forse ad agire. Molti studiosi oggi ritengono che in alcune persone la corteccia orbitofrontale o i nu- clei caudati siano iperattivi e si verifichi una costante eruzione di pensieri indesiderati e di azioni (Lambert, Kinsley, 2005). Negli ultimi anni sono state identificate altre componenti di questo circuito cerebrale, tra cui la

corteccia cingolata e, ancora una volta, l’amigdala

(Stein, Fineberg, 2007). Non è escluso che anche queste vere per forza riuscire a controllare tutti i propri pensieri

e azioni (Coles et al., 2005).

I terapeuti di orientamento cognitivo guidano i pa- zienti a concentrarsi sui processi cognitivi implicati nel disturbo ossessivo-compulsivo che li affligge. Essi dap- prima spiegano loro che l’interpretazione erronea dei pensieri indesiderati, un eccessivo senso di responsabili- tà e gli atti di neutralizzazione contribuiscono in realtà a produrre e a mantenere costanti i sintomi nel tempo. Poi guidano i pazienti nell’identificare, analizzare e modifi- care le proprie percezioni distorte. In apparenza, le tec- niche cognitive di questo tipo si rivelano spesso utili a ridurre il numero e l’impatto di ossessioni e compulsioni (Rufer et al., 2005; Eddy et al., 2004).

TRA LE RIGHE Amore e ossessione

Un gruppo di ricercatori ha scoperto che l’attività della serotonina nei soggetti che hanno affermato di essersi recentemente innamorati era bassa quanto quella dei soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo. (Marazziti et al., 1999; Asimov, 1997).

L’approccio comportamentale (esposizione e preven- zione della risposta) e l’approccio cognitivo si sono di- mostrati entrambi efficaci per il trattamento di soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo, ma la ricerca indica che una combinazione dei due approcci spesso è più ef- ficace rispetto a uno solo dei due interventi (McKay et al., 2010; Foa et al., 2005). Con il trattamento cognitivo-

comportamentale i pazienti apprendono per prima cosa a

considerare i pensieri ossessivi come eventi imprecisi e non cognizioni valide e pericolose delle quali sono re- sponsabili e riguardo alle quali devono agire. Quando affinano la capacità di identificare e riconoscere i pen- sieri per quello che sono, si sentono meno obbligati ad agire, sono più disposti a sottoporsi alla durezza dell’esposizione e prevenzione della risposta e in gene- rale è più facile che traggano beneficio dalla tecnica comportamentale.

4.4.5 Prospettiva biologica

Negli ultimi anni le linee di ricerca hanno evidenziato che i fattori biologici hanno un ruolo essenziale nel di- sturbo ossessivo-compulsivo e sono stati parallelamente messi a punto alcuni promettenti trattamenti biologici. Da questa prospettiva è emerso (1) una ridotta attività del neurotrasmettitore serotonina e (2) un funzionamen- to anomalo in alcune importanti aree cerebrali.

Come abbiamo visto più sopra, la serotonina, come

il GABA e la noradrenalina, è una sostanza chimica che trasporta messaggi a livello cerebrale tra un neurone e l’altro. Il primo indizio sul ruolo potenzialmente causale che esso assolve nel disturbo ossessivo-compulsivo, è venuto dalla constatazione che due farmaci antidepressi-

È possibile stabilire un nesso tra la spiegazione del disturbo basata sulla serotonina e quella del circuito ce- rebrale. È noto che la serotonina, assieme ai neurotra- smettitori glutamato, GABA e dopamina, ha un ruolo importante nell’attività della corteccia orbitofrontale, dei nuclei caudati e di altre aree del circuito cerebrale, pertanto l’attività anomala di uno o più neurotrasmetti- tori può contribuire al funzionamento scorretto del cir- cuito.

TRA LE RIGHE Sogni infantili

Gli studi indicano che i neonati che appaiono in gene- rale ansiosi o «problematici» tendono più degli altri ad avere incubi durante l’infanzia (Simard et al., 2008).

Da quando i ricercatori hanno scoperto per la prima volta che certi farmaci antidepressivi sono utili nel ridur- re ossessioni e compulsioni, l’uso di questi farmaci è entrato nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsi- vo (Julien, 2008). Oggi si sa che gli antidepressivi non aumentano soltanto l’attività della serotonina nel cervel- lo, ma contribuiscono anche a normalizzare l’attività della corteccia orbitofrontale e dei nuclei caudati (Stein, Fineberg, 2007; Baxter et al., 2000, 1992). Gli studi in- dicano che la clomipramina (Anafranil), la fluoxetina (Prozac), la fluvoxamina (Fevarin) e altri antidepressivi apportano miglioramenti nel 50-80% dei soggetti con disturbo ossessivo-compulsivo (Bareggi et al., 2004). In genere ossessioni e compulsioni non scompaiono del tutto, ma in media sono pressoché dimezzate nel giro di otto settimane di trattamento (DeVeaugh-Geiss et al., 1992). Le persone trattate solo con farmaci tendono tut- tavia ad avere delle recidive quando sospendono la tera- pia. Per questo motivo, sempre più persone con disturbo ossessivo-compulsivo oggi vengono trattate con una combinazione di terapie comportamentali, cognitive e

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 135-140)

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