• Non ci sono risultati.

Prospettiva biologica

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 115-118)

PAURE: le probabilità di solito sono dalla nostra parte

4.1.5 Prospettiva biologica

I circuiti neuronali coinvolti nell’attivazione ansiosa so- no da imputarsi all’amigdala e all’ippocampo (Rosen, Schulkin, 1998). L’amigdala è coinvolta nel funziona- mento emotivo in entrata, l’ipotalamo è coinvolto nella risposta comportamentale che avviene in base alla valu- tazione emotiva dello stimolo. L’attivazione ansiosa ab- braccia quindi due aspetti fondamentali: il vissuto sog- gettivo (aspetto psicologico) e l’attivazione corporea (aspetto fisiologico).

I teorici di orientamento biologico ritengono che il disturbo d’ansia generalizzato sia causato soprattutto da fattori biologici. Questa teoria è stata suffragata per anni dagli studi del pedigree familiare, attraverso il quale i

ricercatori scoprono quanti e quali familiari di una per- sona affetta da disturbo d’ansia hanno lo stesso disturbo. Se le tendenze biologiche al disturbo d’ansia generaliz- zato sono ereditarie, chi ha legami biologici dovrebbe avere probabilità simili di sviluppare tale problema. In effetti, dagli studi condotti al riguardo è emerso che i parenti biologici di persone con disturbo d’ansia genera- lizzato hanno maggiori probabilità rispetto ai non paren- ti di avere anch’essi lo stesso disturbo (Wetherell et al., 2006; Hettema et al., 2005, 2003). Circa il 15% dei pa- renti di chi è affetto dal disturbo ne soffre a sua volta, in misura molto superiore rispetto al tasso di prevalenza riscontrato nella popolazione in generale. Più è stretto il

anche a questi e quindi la sua capacità di inibire l’attiva- zione neuronale e di ridurre l’ansia (Dawson et al., 2005).

Farmaci sedativo-ipnotici: farmaci che agiscono co- me tranquillanti a basse dosi e come sonniferi a dosi più alte.

Gli studi indicano che le benzodiazepine spesso dan- no un sollievo temporaneo alle persone che soffrono di disturbo d’ansia generalizzato (Burijon, 2007). I clinici oggi però conoscono anche la potenziale pericolosità di questi farmaci. Prima di tutto, quando la terapia viene interrotta spesso i livelli di ansia ritornano al punto di partenza. Secondo, oggi è noto che le persone che assu- mono benzodiazepine ad alte dosi per un lungo periodo di tempo possono sviluppare una dipendenza fisica dai farmaci. Terzo, questi farmaci hanno numerosi effetti collaterali spiacevoli come sonnolenza, mancanza di co- ordinazione, perdita di memoria, depressione e compor- tamento aggressivo. Infine, tali farmaci reagiscono ne- gativamente con alcuni altri farmaci o sostanze come l’alcol.

Negli ultimi decenni sono stati introdotti altri tipi di farmaci per il trattamento del disturbo d’ansia generaliz- zato (Julien, 2008). Si è scoperto, in particolare, che nu- merosi farmaci antidepressivi, utilizzati per migliorare smette a questi un messaggio inibitorio che impedisce la

generazione di nuovi impulsi. Lo stato di eccitabilità cessa e la percezione di paura o ansia si attenua (Ator, 2005; E. Costa, 1985, 1983).

Alcuni ricercatori hanno concluso che un malfunzio- namento in questo sistema di feedback può fare sì che la paura o l’ansia non vengano controllate (Roy-Byrne, 2005). Quando infatti essi hanno ridotto in alcune cavie la capacità del GABA di legarsi ai recettori specifici, hanno scoperto che gli animali reagivano con un aumen- to dell’ansia (E. Costa, 1985; Mohler et al., 1981). In base a questa scoperta si è avanzata l’ipotesi che le per- sone con disturbo d’ansia generalizzato potrebbero ave- re un continuo problema nel sistema di feedback dell’an- sia, forse perché hanno pochi recettori GABA, o forse i loro recettori GABA non catturano abbastanza rapida- mente il neurotrasmettitore.

Questa spiegazione ha tuttora molti sostenitori, ma presenta altresì alcuni limiti. Per prima cosa, secondo le scoperte più recenti della biologia, anche altri neurotra- smettitori possono avere un ruolo importante nell’ansia e nel disturbo d’ansia generalizzato, agendo da soli o in sinergia con il GABA (Garrett, 2009; Burijon, 2007). Secondo, i teorici di orientamento biologico hanno il problema di stabilire una relazione causale. Le reazioni anomale del GABA nelle persone ansiose potrebbero essere il risultato e non la causa del loro disturbo. Si è ipotizzato che l’ansia persistente per molto tempo possa condurre a un peggioramento nei meccanismi di ricezio- ne del GABA.

Trattamenti biologici

Il trattamento biologico principale per il disturbo d’ansia generalizzato è la terapia farmacologica (si veda la Ta- bella 4.4). Altri interventi di tipo biologico sono il trai-

ning autogeno e il biofeedback.

Terapia farmacologica antiansia. Alla fine degli anni

Cinquanta le benzodiazepine venivano definite farmaci sedativo-ipnotici, in grado di agire come tranquillanti a

basse dosi e come sonniferi a dosi più alte. Questi nuovi ansiolitici sembravano dare minore assuefazione rispetto ai principi attivi usati in passato, come i barbiturici, e provocare minore affaticamento (Meyer, Quenzer, 2005). Iniziò così la loro rapida ascesa e fortuna, sia tra i medici che tra i pazienti.

Solo a distanza di anni gli studiosi hanno compreso fino in fondo le ragioni dell’efficacia delle benzodiaze- pine. Come abbiamo detto più sopra, i ricercatori hanno individuato alcune regioni del cervello i cui neuroni pos- siedono recettori per le benzodiazepine e hanno scoperto che questi stessi recettori ricevono normalmente il neu- rotrasmettitore GABA. Sembra che quando le benzodia- zepine si legano a questi recettori, in particolare i recet-

tori GABA-A, aumenti la capacità del GABA di legarsi

Tabella 4.4 Farmaci ansiolitici.

NOME GENERICO NOME COMMERCIALE

Benzodiazepine Alprazolam Xanax Clorazepato Transene Clordiazepossido Librium Clonazepam Rivotril Diazepam Valium Estazolam Esilgan Alazepam Paxipam Lorazepam Tavor Midazolam Ipnovel Oxazepam Serpax Prazepam Prazene Temazepam Restoril Altri Buspirone Buspar Propranololo Inderal Atenololo Tenormin

sulla fronte, dove viene captata la debole attività elettri- ca che si accompagna alla tensione muscolare.

Il dispositivo converte quindi potenziali elettrici pro- venienti dai muscoli in immagini, come linee su uno schermo, o in un suono che cambia di tonalità quando rileva cambiamenti nella tensione muscolare. Il paziente può quindi «vedere» o «sentire» quando i muscoli sono in tensione. Attraverso prove ed errori ripetuti, i soggetti acquistano la capacità di allentare volontariamente la tensione muscolare e, in teoria, di ridurre la tensione e l’ansia nelle situazioni stressanti della vita quotidiana.

Secondo le ricerche, nella maggioranza dei casi il biofeedback EMG, come il training autogeno, ha solo un modesto effetto sul livello di ansia di una persona (Brambrink, 2004). Come vedremo nel capitolo seguen- te, il biofeedback si è dimostrato più utile in abbinamen-

to ad altre terapie per alcuni problemi medici, come le

cefalee e il mal di schiena (Astin, 2004; Engel et al., 2004).

Sintesi

Disturbo d’ansia generalizzato

Le persone che soffrono di disturbo d’ansia generaliz- zato provano eccessiva ansia e preoccupazione riguar- do a una vasta gamma di eventi e situazioni. La mag- gior parte delle spiegazioni e dei trattamenti ha rice- vuto dalla ricerca solo conferme limitate, sebbene gli approcci cognitivi e biologici più recenti appaiano pro- mettenti.

In base alla visione socioculturale, i pericoli insiti nel- la società, i problemi economici e le pressioni di tipo razziale e culturale connesse, creano un clima inquie- tante in cui possono facilmente svilupparsi disturbi d’ansia generalizzati.

Nella spiegazione psicodinamica originale, Freud af- fermò che il disturbo può manifestarsi quando l’ansia è eccessiva e i meccanismi di difesa insufficienti. I terapeuti di orientamento psicodinamico usano la li- bera associazione, l’interpretazione e tecniche psico- dinamiche correlate per aiutare le persone a superare questo problema.

Il pensiero psicanalitico originariamente ha concettua- lizzato l’ansia sia come una manifestazione sintoma- tica di un conflitto nevrotico, sia come una risposta adattativa a fronte di un conflitto da allontanare dalla coscienza. I contributi più recenti hanno riconosciuto nella paura di perdere l’oggetto amato e il suo amore, di separarsi da esso e nei conseguenti vissuti di soli- tudine, il nucleo centrale che origina sensazioni d’an- sia.

Carl Rogers, il principale teorico umanistico, afferma- va che le persone con disturbo d’ansia generalizzato non hanno ricevuto nell’infanzia una considerazione positiva e incondizionata dalle persone significative della loro vita e sono così diventate ipercritiche nei l’umore delle persone depresse, in molti casi sono utili

anche per l’ansia. Oggi infatti diversi clinici tendono a prescrivere antidepressivi per trattare anche il disturbo d’ansia generalizzato, più delle benzodiazepine che po- tenziano l’attività del GABA (Burijon, 2007; Liebowitz et al., 2005).

Training autogeno. Una tecnica biologica non chimica

comunemente usata per il trattamento del disturbo d’an- sia generalizzato è il training autogeno. La nozione che

sta alla base di questo approccio è che il rilassamento fisico conduca a uno stato di rilassamento psicologico. In una versione di questa tecnica, sotto la guida del tera- peuta ilpaziente impara a identificare diversi gruppi mu- scolari, a metterli in tensione, a rilassarli e alla fine a ri- lassare l’intero corpo. Con l’esercizio assiduo e conti- nuato nel tempo, si riesce a indurre volontariamente uno stato di profondo rilassamento muscolare, riducendo il livello di ansia.

Training autogeno: procedura terapeutica che inse- gna ai soggetti a rilassarsi volontariamente, in modo da riuscire a calmarsi in situazioni di stress.

Biofeedback: tecnica in cui a un soggetto vengono date informazioni sulle reazioni psicologiche nel mo- mento in cui si verificano, in modo che impari a con- trollare volontariamente le proprie reazioni.

Elettromiografia (EMG): dispositivo che produce un feedback sul livello di tensione muscolare a livello fisi- co.

La ricerca indica che il training autogeno ha una buo- na efficacia rispetto a nessun trattamento o a una terapia con placebo nel caso di disturbo d’ansia generalizzato. Il miglioramento prodotto tende tuttavia a essere modesto (Leahy, 2004) e con un’efficacia pari a quella di altre tecniche di rilassamento note, come la meditazione (Bourne et al., 2004). Il training autogeno si rivela parti- colarmente utile per il disturbo d’ansia in abbinamento con la terapia cognitiva o il biofeedback (Lang, 2004).

Biofeedback. Nel biofeedback il terapeuta utilizza i se-

gnali elettrici di certe funzioni corporee, captati con elet- trodi, per guidare il paziente a controllare volontaria- mente le funzioni monitorate, come la frequenza cardia- ca o la tensione muscolare. Il paziente è collegato a un monitor che controlla le sue funzioni fisiologiche. Ser- vendosi come guida dei segnali captati dal monitor, egli può imparare gradualmente a controllare anche processi fisiologici apparentemente involontari.

Il metodo di biofeedback più utilizzato per il tratta- mento dell’ansia prevede l’uso di un elettromiografo (EMG), che rileva il livello di tensione muscolare. Al

pratica sempre, associata agli attacchi di panico, attac- chi di terrore imprevedibili, torneremo su questa fobia specifica più avanti, nel corso della disamina dei distur- bi da panico.

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 115-118)

Outline

Documenti correlati