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L’INCONSCIO PRIMA DI FREUD E CON FREUD Prima che Freud pubblicasse nel 1915 L’inconscio alcuni fi-

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 52-56)

losofi avevano fatto riferimento a componenti inconsce del- la vita psichica:

a. Leibniz: esistono percezioni insensibili che non hanno mai raggiunto il livello della consapevolezza perché trop- po sottili, ma che agiscono sul soggetto attraverso reali mutamenti dell’anima.

b. Schopenauer: la volontà è, per definizione, largamente inconscia. Essa rappresenta l’essenza noumenica del mondo. L’intelletto è solo un suo pallido servitore e la coscienza un suo prodotto tardivo.

c. Friedrich Nietzsche: l’inconscio è la parte essenziale dell’individuo. È un’area di pensieri, emozioni e istinti caratterizzati da incoerenza e disordine. Tutta la nostra vita psichica è guidata dall’inconscio.

In questo contesto teorico precedente a Freud, l’inconscio assume progressivamente il ruolo centrale che, nella tradi-

zione precedente, era stato attribuito alla coscienza: è il luogo dell’irrazionale, sfugge al controllo dell’uomo ma, al contempo, è l’elemento fondante della natura umana.

I poeti e i filosofi hanno scoperto l’inconscio prima di me. Quello che io ho scoperto è il metodo scientifico con il quale l’inconscio può essere studiato (Freud, in occasione del suo 70° compleanno).

L’esperienza clinica con pazienti che non ricordano gli ele- menti traumatici del loro passato pone l’esigenza di postu- lare l’esistenza di una dimensione inconscia della psiche. L’inconscio freudiano è, dunque, inizialmente il frutto di un’esperienza concreta e di una necessità logica e in un secondo momento nasce e si sviluppa attraverso ipotesi e definizioni successive.

La prima definizione d’inconscio formulata da Freud risale al 1913: esistono rappresentazioni inconsce che non sono conoscibili in modo diretto ma solo attraverso i loro deriva-

ti. Tutti i contenuti mentali non immediatamente presenti alla coscienza possono essere definiti inconsci (anche quelli latenti o preconsci).

Le definizioni successive sono quelle della Prima Topica (La

metapsicologia, 1915-1917) nella quale si teorizzano tre

diversi sistemi psichici: conscio,preconscio, inconscio. L’in- conscio è il luogo del rimosso, in esso trovano spazio i con- tenuti psichici inaccettabili alla coscienza e che, di conse- guenza, sono oggetto di rimozione. Nell’inconscio il movi- mento delle cariche affettive è libero e regolato dal Principio di piacere.

Nella Seconda Topica (L’Io e l’Es, 1922) Freud parla di tre diverse istanze psichiche: Io, Es, Super-Io, ciascuna con fun- zioni e caratteristiche proprie e comprese in un modello detto «strutturale». L’Es rappresenta il polo pulsionale e im- personale dell’apparato psichico, contiene impulsi primitivi, forze prerazionali, combinazioni di desideri, paure e fantasie ed è totalmente inconscio. L’Es cerca solo la gratificazione immediata, operando secondo il principio di piacere; è pre- verbale e si esprime con immagini e simboli, utilizzando funzioni afferenti a quello che Freud definisce «processo primario», cioè la modalità cognitiva primitiva, che soprav- vive nel linguaggio dei sogni, delle battute umoristiche e delle allucinazioni.

Il Super-Io, solo in piccola parte conscio, è l’istanza critica che si contrappone all’Io; rappresenta la coscienza morale, esercita funzione di censura e di autosservazione e propone modelli ideali. Funziona secondo il principio di realtà e com- prende gli ideali imposti dal mondo esterno (tabù, proibizio- ni, princìpi, regole).

L’Io è l’istanza, prevalentemente conscia, che assolve la fun- zione di controllo e armonizzazione tra gli stimoli interni ed esterni, comportandosi «precisamente alla maniera del ri- mosso»; Freud definisce l’Io come un insieme di funzioni che consentono all’individuo di adattarsi alle esigenze della vita, trovando modalità accettabili all’interno della famiglia prima e della società poi per gestire gli impulsi dell’Es. L’Io agisce secondo il principio di realtà ed è la sede del processo se- condario del pensiero, che funziona secondo modalità co- gnitive sequenziali, logiche, orientate secondo la realtà; è «servo di due padroni», l’Es e la realtà esterna, ed è in par- te conscio e in parte inconscio

I due aspetti centrali dell’inconscio secondo Freud sono: a. Rimozione: l’inconscio è il luogo del rimosso. I contenu-

ti inconsci sono stati oggetto di rimozione primaria o secondaria.

b. Pulsione: l’inconscio è il luogo delle pulsioni. L’affetto, nell’inconscio, non è legato ad alcuna rappresentazione. La pulsione precede l’oggetto.

Tra i successori di Freud che maggiormente contribuirono all’analisi del concetto d’inconscio, ricordiamo:

a. Melanie Klein (1882-1960): l’inconscio è una dimensione dinamica nella quale preesistono oggetti indipendenti dagli apporti percettivi del mondo esterno. Lo sviluppo

avviene attraverso la progressiva elaborazione delle rela- zioni con questi primitivi e inconsci oggetti interni. b. Wilfred Bion (1897-1979): l’inconscio è una metaboliz-

zazione di esperienze psichiche regolate, nella dinamica relazionale tra madre e bambino, dal modello conteni- tore-contenuto e il cui adeguato funzionamento è ciò che consente lo sviluppo della mente e del pensiero. c. Ronald Fairbairn (1889-1964): l’inconscio è un teatro

privato dove vivono personaggi costruiti sulla base dell’interiorizzazione delle prime relazioni oggettuali. La libido non si definisce come ricerca del piacere, ma dell’oggetto.

d. Donald Winnicott (1896-1971): la mente infantile si svi- luppa secondo una dinamica di riconoscimento e sco- perta dell’oggetto (madre) che è, contemporaneamente, frutto di una relazione reale e prodotto della creatività del soggetto.

Gli aspetti centrali degli approcci teorici di questi autori post- freudiani sono:

a. Relazione: l’inconscio si sviluppa soggettivamente, ma all’interno di un contesto relazionale. La vita psichica si organizza attorno al rapporto con l’oggetto reale o fan- tasticato.

b. Dialettica inconscio-sé: l’inconscio trae alimento dalla vita affettiva e dalle prime esperienze relazionali, a par- tire dalle quali costruisce continuamente il senso di iden- tità personale e la propria modalità di interazione col mondo esterno.

Gli approcci teorici successivi a Freud pongono l’accento non tanto sulla fase di sviluppo non interamente superata o sul- le difese egoiche predominanti, quanto piuttosto su quelli che sono stati gli oggetti più importanti nel mondo del bam- bino, sul modo in cui sono stati percepiti, o su come tali oggetti e alcuni loro aspetti sono stati interiorizzati e infine su come le loro immagini e rappresentazioni interne agisco- no nella vita inconscia dell’adulto. L’opera di Freud non è incompatibile con tali sviluppi teorici, anzi ne è arricchita: l’interesse dedicato da Freud agli oggetti infantili, nella loro realtà e nella percezione del bambino, traspare nel concetto di «romanzo famigliare», nel riconoscimento di quanto pos- sa essere diversa la fase edipica per il bambino a seconda della personalità dei genitori, e anche nella crescente atten- zione prestata ai fattori relazionali nel trattamento. A metà del ventesimo secolo, la teoria delle relazioni ogget- tuali è affiancata da nuovi sviluppi proposti da alcuni tera- peuti statunitensi che si autodefiniscono psicanalisti inter- personali (Harry Sullivan, Erich Fromm, Karen Horney). Essi pongono l’accento sulla natura interiorizzata delle rela- zioni oggettuali precoci, tendendo a dare meno importanza alla persistenza d’immagini inconsce degli oggetti primari e di loro aspetti.

Sul piano terapeutico, la relazione emotiva fra paziente e terapeuta è considerata il fattore curativo più vitale, posizio- ne condivisa dai clinici contemporanei.

zione di due termini, passivo e attivo. La zona eroge- na privilegiata è l’ano, la gratificazione libidica si ha con la defezione che produce nel bambino una forma di eccitazione della mucosa intestinale;

TRA LE RIGHE Il complesso di Edipo

La fase fallica è fondamentale per Freud poiché si svi- luppa ciò che egli definisce Complesso Edipico che è una fase essenziale per lo sviluppo della personalità e per le deviazioni psicopatologhe che ne possono deri- vare. Il complesso Edipico conosce nella fase fallica il suo culmine e il suo tramonto all’inizio della fase di la- tenza. Senza voler essere esaustivi, in sintesi, l’essenza di questo complesso consiste nel fatto che il bambino desidera possedere la madre fisicamente e sostituirsi al padre che è il suo modello invidiato; il padre diventa così il suo rivale che egli desidera eliminare. I divieti a questo complesso sono espressi dalla minaccia di ca- strazione che introduce il bambino al periodo di laten- za. La paura della castrazione fa tramontare il com- plesso edipico. Al contrario, nella bambina, l’evoluzio- ne del complesso edipico è diversa perché l’oggetto amato continua a essere la madre ma nel momento in cui ella si accorge di non avere il pene imputa in fanta- sia alla madre la responsabilità di questa mancanza e si rivolge al padre come colui che la potrà risarcire. Per questo motivo, si può affermare che nella bambina la paura della castrazione – alla contrario di ciò che suc- cede nel bambino – fa nascere il complesso edipico.

3. fase fallica: dura fino ai cinque anni circa. La zona ero- gena è il pene per il bambino e il clitoride per la fem- mina. Le tensioni vengono scaricate con la masturba- zione. L’organo che si può riconoscere però è soltanto il pene; ciò implica, secondo Freud, il sorgere della paura della castrazione (per la femmina, invece, l’invi- dia del pene) e instaura la polarità fallico-castrato. 4. periodo di latenza: va dal quinto-sesto anno di vita

fino alla pubertà e comprende l’arresto e la soppres- sione dell’attività sessuale da parte del bambino. È dovuto all’azione della rimozione ed è determinato dall’organizzazione sociale. In questo periodo nasco- no i sentimenti di tipo morale, estetico e del pudore. Esso è consolidato dall’azione del Super-Io e defini- sce l’opposizione psichica interna tra civilizzazione e libertà pulsionale.

5. fase genitale: è quella in cui si forma l’organizzazio- ne pulsionale sotto il predominio della zona genitale. La gratificazione si raggiunge attraverso il coito. Comporta la riattivazione delle relazioni oggettuali della fasi precedenti (fra cui il complesso edipico). Tale situazione produce conflitto a causa delle inibi- zioni che si sono ormai instaurate nel periodo di la- tenza. Con la fase genitale la libido viene assoggetta- ta alla riproduzione.

testo del 1994 «La diagnosi psicoanalitca», qui di segui- to proponiamo un elenco di alcuni dei principali mecca- nismi di difesa (suddivisi in primari e secondari) con una loro breve definizione (si veda la Tabella 2.1).

2.2.5 Gli aspetti adattivi dell’Io

L’aspetto adattivo dell’Io per la psiche è fondamentale, ma non è limitato alle sue operazioni difensive. Un auto- re, noto esponente della psicologia dell’Io, Heinz Hart- mann, ha posto l’attenzione sull’esistenza di una «sfera dell’Io libera da conflitti» (1939) che si sviluppa indi- pendentemente dai conflitti e dalle forze dell’Es. Dato un «probabile ambiente medio», certe funzioni dell’Io presenti alla nascita possono crescere senza essere osta- colate da alcun conflitto. Queste includono, tra le altre, il pensiero, l’apprendimento, la percezione, il controllo motorio, il linguaggio.

Attualmente si pensa che le funzioni adattive dell’Io includano: l’esame di realtà; il controllo degli impulsi; i processi di pensiero; il giudizio; il funzionamento sinte- tico-interpretativo; la padronanza delle competenze (Gabbard, 1994, p. 32).

2.2.6 Fasi dello sviluppo genetico delle pulsioni

Dal momento che, come abbiamo visto, le pulsioni sono un’entità al confine tra il somatico e lo psichico e hanno la loro fonte dell’organismo, lo sviluppo del corpo com- porta di conseguenza uno sviluppo del funzionamento pulsionale. Questo sviluppo passa attraverso le cosiddet- te fasi o stadi che segnano l’evoluzione della libido. Per affrontare il discorso sulle fasi è importante definire il concetto di zona erogena. Con le parole di Freud «questa è una zona della pelle o della mucosa nella quale le sti- molazioni di un certo tipo provocano una sensazione di piacere di qualità determinata» (Freud, 1905, p. 493).

Freud avanzò l’idea che a ogni fase dello sviluppo, dall’infanzia alla maturità, gli individui si trovino ad af- frontare eventi nuovi che necessitano un adattamento di Es, Io e Super-Io. Se l’adattamento ha successo, conduce a una crescita personale; se invece fallisce, l’individuo può fissarsi, o rimanere fermo, a una fase iniziale dello sviluppo. In questo caso i vari sviluppi successivi posso- no essere bloccati e l’individuo potrà nel futuro presen- tare un funzionamento patologico. La descrizione delle fasi dello sviluppo delle pulsioni è descritta da Freud nei «Tre saggi sulla sessualità» del 1905. Qui di seguito le presentiamo brevemente:

1. fase orale: dura circa un anno, il primo della nascita. La zona erogena è la bocca, la gratificazione è data dalla suzione e dall’incorporazione;

2. fase sadico-anale: si estende dal secondo al terzo an- no circa. Caratteristiche di questa fase sono l’ambiva- lenza e la bisessualità che si manifesta come opposi-

Con le parole di Gabbard:

La teoria delle relazioni oggettuali implica la trasfor- mazione delle relazioni interpersonali in rappresenta- zioni interiorizzate di relazioni (Gabbard, 1994, p. 35). I neonati, nel corso del loro sviluppo, non interioriz- zano semplicemente una persona, piuttosto interioriz- zando l’intera relazione con la persona. Il prototipo di questa relazione interiorizzata è l’esperienza dell’allatta- mento: questa può essere sia positiva (la madre attenta e sintonizzata, il neonato allattato e l’esperienza del piace- re e della sazietà); viceversa, essa può anche essere ne- gativa (il neonato frustrato, la madre disattenta o poco disponibile e un’esperienza emotiva di rabbia e terrore). Entrambe le esperienze vengono interiorizzate come due insiemi di relazioni oggettuali e consistono in una rap- presentazione del Sé, in una rappresentazione dell’og- getto e in un affetto che li collega. Di conseguenza, la teoria della relazioni oggettuali concepisce il conflitto in maniera differente dalla teoria freudiana della pulsioni. Esso viene inteso non tanto come una lotta tra un impul- so e una difesa quanto piuttosto come lo scontro tra cop- pie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali interiorizzate. In sintesi, diverse rappresentazioni del Sé, dell’oggetto e degli affetti a loro legati possono in qua- lunque momento essere tra loro in competizione per ot- tenere la posizione centrale all’interno del mondo intrap- sichico delle relazioni oggettuali (Gabbard, 1994).

TRA LE RIGHE

Analisi di un bambino

La ricaduta di un pensiero clinico di questo tipo a livello di teoria della tecnica è ben osservabile nel testo di Melanie Klein (1961), Analisi di un bambino, pubblica- to da Bollati Boringhieri nel 1971.

Elenchiamo qui di seguito alcuni dei concetti princi- pali del pensiero kleiniano.

Fantasia

Melanie Klein afferma che: «Niente che sia esistito nell’inconscio arriva mai a perdere completamente la sua influenza sulla personalità e […] otterremo una vi- sione più completa del modo in cui la nostra mente, le nostre abitudini, le nostre opinioni si sono andate for- mando a partire dalle primissime fantasie ed emozioni infantili, fino ad arrivare alle manifestazioni adulte più complesse ed elaborate» (Klein, 1959, pp. 32-33). Le fantasie inconsce, sottolinea uno psicoanalista kleiniano come Hinshelwood (1989), sottostanno a ogni processo mentale e accompagnano tutte le attività mentali. In altre parole, la fantasia è l’espressione mentale degli istinti ma anche delle attività di difesa che l’Io mette in campo per opporsi agli impulsi istintuali.

2.2.7 Contributi dell’innovazione freudiana

In estrema sintesi ci sembra importante riassumere in tre punti il valore e il senso dell’innovazione della teoria freudiana (Blandino, 1996).

La prima novità portata dal pensiero di Freud è data dall’aver mostrato che la parte inconscia della personali- tà è quella più importante, mentre la coscienza – un grande mito di tutta la filosofia idealista dell’Ottocento – non è altro che un epifenomeno dell’inconscio, un aspetto di assai minore rilevanza all’interno della strut- tura psichica.

La seconda novità fondamentale è che, secondo Freud, tutti gli aspetti del funzionamento della mente umana possono essere compresi scientificamente. Ciò era già stato intuito da filosofi, scienziati, letterati e arti- sti nel corso dei secoli; Freud ha sistematizzato questa conoscenza connotandola in senso empirico, elaboran- dola e fondandola in sede clinica. La psicoanalisi, nelle intenzioni del suo fondatore, è lo strumento che ci per- mette di conoscere e modificare la mente. In altre parole, egli ha messo a punto una vera e propria metodologia di indagine su ciò che l’uomo non conosce di se stesso e quindi, da questo punto di vista, come abbiamo già ri- cordato prima, la psicoanalisi è strumento di ricerca e intervento insieme.

Infine, la scoperta dell’inconscio ha una precisa va- lenza epistemologica, poiché Freud oltre a evidenziare i limiti umani ha messo in dubbio che la nostra stessa mente sia in gran parte inadeguata come strumento di conoscenza del mondo e di noi stessi.

2.2.8 La teoria delle relazioni oggettuali

Ci è parso utile per un percorso, seppur sintetico nel mondo psicoanalisi, una breve panoramica di alcuni dei principali sviluppi successivi a Freud.

Un passaggio teorico fondamentale all’interno della corpus teorico psicoanalitico lo dobbiamo allo sviluppo di una corrente di pensiero detta psicoanalisi delle rela- zioni oggettuali. Secondo la teoria delle pulsioni l’obiet- tivo primario del bambino è la scarica della pressione istintuale, sotto la spinta delle pulsioni in un’ottica che è squisitamente intrapsichica. Al contrario, la teoria delle relazioni oggettuali (nella persona della psicoanalista Melanie Klein (1882-1960) che viene unanimemente considerata la fondatrice di questa teoria) sostiene che le pulsioni emergono nel contesto di una relazione (la dia- de madre-bambino) e non possono mai essere separate da questa. Alcuni teorici, addirittura, hanno sostenuto che le pulsioni inneschino le reazioni principalmente per cercare la relazione con l’altro e non per la scarica delle pulsioni (vedi, ad esempio, lo psicoanalista Ronald Fair- bairn; si veda il suo testo «Studi psicoanalitici sulla per- sonalità» del 1952).

mentali», ovvero l’oggetto è una componente della rap- presentazione mentale di un istinto.

Come abbiamo visto, nella fantasia inconscia c’è una rappresentazione della relazione tra il Sé e l’oggetto: tale relazione è all’interno della nostra mente. L’oggetto, nella teoria delle relazioni oggettuali, è fantasticato co- me fosse dotato di impulsi propri (buoni o cattivi). Ad

Oggetto

Per oggetto si intende ciò verso cui è diretta l’azione o il desiderio della persona: l’oggetto è ciò che il soggetto ricerca, ciò di cui ha bisogno per ottenere la gratificazio- ne istintuale.

C’è da precisare, però, che quando parliamo di ogget- ti dobbiamo sempre ricordarci che ci riferiamo a «cose

ALCUNI CONCETTI DI TEORIA DELLA TECNICA FREUDIANA

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 52-56)

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