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IL MODELLO PSICODINAMICO

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 47-52)

Il modello psicodinamico è il più antico e il più noto dei modelli psicologici moderni. I teorici di orientamento psicodinamico ritengono che il comportamento di un in- dividuo, normale o patologico, sia determinato in ampia misura da dimensioni psicologiche inconsce. Queste so- no descritte come dinamiche, ossia interagenti l’una con l’altra, e da tale interazione avrebbero origine il compor- tamento, i pensieri e le emozioni. I conflitti tra queste dimensioni produrrebbero i sintomi psicopatologici (Lu- borsky et al., 2008).

I teorici psicodinamici considererebbero Philip co- me un individuo vittima di conflitti e cercherebbero di analizzare le sue esperienze passate poiché, nella loro rienza modifica il funzionamento cerebrale attraverso

l’alterazione delle forze sinaptiche e la regolazione dell’espressione genetica, allora, dice Kandel:

è solo fintantoché le nostre parole portano dei cam- biamenti nei cervelli di ognuno che l’intervento psi- coterapico porta a un cambiamento nelle menti dei pazienti. In questa prospettiva, l’approccio biologico e quello psicologico sono legati tra di loro (1979, p. 1037).

Benché ormai oggi sia condiviso dai più l’idea dell’impossibilità di separare mente e cervello, è impor- tante riconoscere che i due domini parlano linguaggi dif- ferenti. Il linguaggio della mente e quello del cervello sono legati a diversi modelli concettuali e anche a diver- si livelli di astrazione. Lo psichiatra Gabbard si esprime così a questo proposito:

Il linguaggio della psicologia – nei suoi vari orienta- menti – è il linguaggio della mente per eccellenza, ma non dovremmo permettere che la finalità semantica del comunicare oscuri la fondamentale origine di quel linguaggio nel cervello (Gabbard, 1994, p. 15). E ancora:

Gran parte della polarizzazione tra la prospettiva bio- logica e quella psicologica nasce dalla scarsa com- prensione della complessa relazione tra i fattori psi- cologici e neurobiologici nell’eziologia e nella pato- genesi dei disturbi psicopatologici […]. Si condivide ormai l’idea che i processi biochimici siano meccani- smi di mediazione fisiologica piuttosto che agenti causali. I cambiamenti neurochimici e neuroanatomi- ci del cervello possono essere correlati con un nesso causale alle influenze psicologiche dell’ambiente (psichico) e al significato attribuito a queste influenze [..] Come corollario di questo punto di vista gli inter- venti di tipo psicologico possono tradursi in un’alte- razione permanente del funzionamento cerebrale (Gabbard, 1994, p. 16).

2.1.4 Un campo di frontiera

Negli ultimi anni si sta affermando soprattutto nel cam- po della ricerca una nuova disciplina di integrazione chiamata «Psico-neuro-immunologia».

Il termine Psiconeuroimmunologia è stato coniato nel 1975 da Robert Ader, direttore della divisione di medici- na psicosociale e comportamentale dell’Università di Rochester a New York, per indicare un ambito discipli- nare che studia i rapporti fra gli stati mentali e la fisiolo- gia umana con particolare riferimento alla risposta im- munitaria. Nel corso degli anni la psico-neuro-immuno- logia (PNI) si è evoluta e attualmente viene così definita:

impossibile accedere; 2) un metodo terapeutico basa- to su tale indagine per il trattamento dei disturbi ne- vrotici; 3) una serie di conoscenza psicologiche ac- quisite per questa via, che gradualmente si armoniz- zano e convergono in una nuova disciplina (Freud, 1922, p. 439).

La psicoanalisi quindi include tre dimensioni distinte seppur intersecate fra di loro: un metodo di osservazione, una terapia e un corpo di teorie di riferimento sul compor- tamento umano e sulla struttura della personalità.

Per concludere, tutte le teorie, in ogni scienza, cam- biano e si evolvono se quella scienza ha le potenzialità per progredire: sono dunque definibili come ipotesi teo- riche, necessarie per connettere i fatti osservati e per af- finare il metodo e quindi permettere altre scoperte. In ogni scienza, se questa progredisce nel tempo, le teorie cambiano, e il metodo si affina (Imbasciati, 2008).

2.2.3 Cenni sulle ipotesi teoriche psicoanalitiche

In questa sezione intendiamo fornire in sintesi alcuni dei concetti di riferimeno della scoperta e del metodo freu- diano. Molti di essi hanno subito, come già ricordato, una complessa evoluzione nel corso del tempo e dello sviluppo della psicoanalisi.

I modelli principali della teoria classica freudiana si distinguono in 1) teoria topica e 2) teoria strutturale tri- partita.

Il primo modello concepisce i sintomi come il risulta- to di ricordi rimossi di eventi e di idee. Freud ipotizzò che l’intervento psicoterapeutico potesse eliminare la

rimozione, portando alla rievocazione dei ricordi. Di

conseguenza, una dettagliata e precisa descrizione ver- bale dell’idea o dell’evento patogeno se ricordato e ac- compagnato da un intenso affetto avrebbe portato, se- condo il maestro viennese, alla scomparsa del sintomo. Questo metodo catartico, conosciuto anche come abrea-

zione, consiste nel far divenire conscio il ricordo patoge-

netico inconscio.

Rimozione: è tra i principali concetti della psicoanalisi. In senso generale si può dire che la rimozione è un’operazione psichica che respinge (rimuove) nell’in- conscio una rappresentazione legata a una pulsione. Principio di costanza: l’apparato psichico tende a mantenere al livello più basso possibile l’eccitazione.

In questa fase, Freud pensa che l’apparato mentale sistemi e regoli l’energia psichica che può essere «quie- scente» (in accordo con il principio di costanza di

Fechner) oppure tendere alla «scarica». Il sentimento o l’emozione sono identificati con l’eccitazione energeti- ca. Un risveglio di eccitazione emozionale associato a un’idea può essere affrontato in modi differenti. I pro- visione, i conflitti psicologici sono connessi alle rela-

zioni vissute e alle esperienze traumatiche che hanno avuto luogo nell’infanzia. Le teorie psicodinamiche si fondano su idee di tipo deterministico: nessun sintomo o comportamento è «accidentale» e tutti i comporta- menti sono derivati da esperienze passate; perciò l’odio di Philip per la madre, il ricordo di lei come crudele e oppressiva, l’arrendevolezza del padre e la nascita del fratello, quando Philip aveva 10 anni, costituiscono dei fattori fondamentali per comprendere i suoi problemi attuali.

2.2.1 Come veniva spiegato il

funzionamento normale e anormale da Freud?

Il modello psicodinamico fu formulato per la prima vol- ta dal neurologo viennese Sigmund Freud (1856-1939) all’inizio del XX secolo. Dopo gli studi sull’ipnosi, Freud sviluppò il modello psicoanalitico per spiegare il funzionamento psicologico normale e anormale e creò un metodo di cura corrispondente, un approccio fondato sull’uso della parola chiamato anch’esso psicoanalisi.

TRA LE RIGHE

Piccole curiosità su Freud

Il costo di una seduta psicanalitica di Freud era di 20 dollari, che corrisponderebbero oggi a 160 dollari. Per circa quarant’anni Freud curò i pazienti per 10 ore al giorno e per cinque o sei giorni alla settimana. Quando Sigmund era piccolo, i genitori, per la sua in- telligenza precoce, gli concedevano spesso dei privilegi rispetto ai fratelli, ad esempio, gli avevano dato una stanza personale, in cui poteva studiare da solo senza essere disturbato (Gay, 2006, 1999; Jacobs, 2003; Asi- mov, 1997; Schwartz, 1993).

2.2.2 Premessa epistemologica

La psicoanalisi non è una teoria intesa in senso proprio, tanto meno oggi la teoria elaborata da Freud, bensì un

metodo che ha fondato una scienza, che si è sviluppata e

che pertanto in un secolo è ormai evoluta e cambiata. La psicoanalisi di oggi non è più solamente quella di Freud. L’evoluzione delle ipotesi e del metodo psicoanalitico non sminuiscono affatto i meriti del maestro viennese: se una scienza si sviluppa e cambia, è merito del suo fondatore, che ha gettato le basi di un metodo idoneo a far proseguire la ricerca (Imbasciati, 2008, p. 52). Nel 1922 Freud definisce così la psicoanalisi:

La psicoanalisi è 1) un procedimento per l’indagine dei processi psichici cui altrimenti sarebbe pressoché

Processo secondario: è un modo di funzionamento dell’apparato psichico che caratterizza il sistema Pre- conscio e Conscio; prevede un differimento della sca- rica psichica con differimento della gratificazione. L’energia è controllata e il suo fluire non è libero. Principio di realtà: regola i processi secondari che sono modificazioni dei processi primari. Con le parole di Freud: «[con il processo secondario] non è più stato rappresentato quanto era piacevole ma ciò che è reale anche se doveva risultare spiacevole» (Freud, 1911, p. 454).

Pulsione: è un concetto limite tra lo psichico e il so- matico ed è da intendersi come il rappresentante psi- chico degli stimoli che traggono origine dall’interno del corpo e pervengono alla psiche: una misura delle operazioni che sono richieste alla sfera psichica in for- za della connessione con quella corporea (Freud, 1915), In altre parole, è l’eccitazione di tipo somatico che promuove i processi psichici, premendo sull’indivi- duo e spingendolo a sviluppare quei comportamenti che permettono una scarica della tensione provocata dalla spinta pulsionale. Freud usò il termine «Trieb», che nel linguaggio corrente tedesco ha molteplici e generici significati, ipotizzando che le tendenze (trieb, appunto) riscontrate nel comportamento umano fos- sero originate da cariche di energia biologica di origi- ne somatica. La pulsione avrebbe pertanto, in comune con gli istinti, un’origine biologica. Le pulsioni si svi- lupperebbero in maniera plastica, con un’economia idonea a dare soddisfazione e a scaricare la carica di energia somatica. Il concetto fu definito da Freud stes- so come «psicobiologico».

Processo primario: è la caratteristica del sistema In- conscio ed è rappresentato dal libero fluire dell’ener- gia psichica da una rappresentazione all’altra: ne con- segue la tendenza all’immediata gratificazione. Di questo principio sono caratteristici il fenomeno della «condensazione» ovvero dell’unione di diverse rap- presentazioni in una sola e dello «spostamento» ovve- ro del meccanismo in base al quale i sentimenti legati ad una rappresentazione psichica vengono spostati su un’altra emotivamente neutra per il soggetto. Censura: è il meccanismo psichico che agisce per pro- teggere la coscienza affinché i desideri, minacciosi, non diventino consapevoli per il soggetto.

Il secondo modello freudiano, definito teoria struttu- rale tripartita, viene teorizzato nel 1923 nel volume l’Io

e l’Es in cui Freud suddivide l’apparato psichico in tre

istanze: l’Io, l’Es e il Super-Io. Nel modello strutturale che soppiantò la teoria topica, l’Io è considerato distinto dalle pulsioni istintuali. L’aspetto conscio dell’Io è l’or- gano esecutivo della psiche, responsabile del prendere le decisioni e dell’integrazione dei dati percettivi. L’aspet- to inconscio dell’Io attiva i meccanismi di difesa (vedi cessi psichici «normali» prevedono l’azione motoria e

l’espressione cosciente di tali emozioni. Tuttavia, se la quantità di energia psichica e le idee associate sono con- siderate una minaccia potenzialmente distruttiva per l’Io (in questa prima fase, l’Io era più o meno sinonimo di coscienza o di «sé cosciente»), allora possono essere af- frontate con un meccanismo di difesa che serve per pro- teggere la coscienza per mezzo della produzione di una forma di dissociazione tra emozioni e idee, ovvero la ri-

mozione (vedi anche la Tabella 2.1). Questo, secondo

Freud, conduceva alla formazione del sintomo psicopa- tologico. Se la rimozione funziona, nella coscienza non rimane traccia dell’idea o del sentimento angoscioso ma una certa quantità di eccitazione emozionale rimane cen- surata o soffocata al di fuori della coscienza.

In questo modello i processi psicopatologici sono considerati come particolari processi di adattamento a uno squilibrio nell’apparato mentale che risulta da un carico intenso di energia affettiva associata a certi ricor- di. Pertanto, in questa prima fase teorica, i sintomi del disturbo nervoso erano considerati conseguenza di un affetto rimosso o soffocato che non poteva essere affron- tato con i normali processi di scarica energetica. Ad esempio, il braccio paralizzato di un giovane poteva es- sere il risultato del desiderio rimosso di colpire il padre. Secondo questo modello, il giovane avrebbe potuto re- cuperare l’uso del braccio entrando in contatto con il suo desiderio inconscio, verbalizzandolo ed esprimendo la propria rabbia nei confronti del padre.

Questo primo modello suddivide l’apparato psichico in tre sistemi: Conscio, Inconscio e Preconscio.

Il Conscio è la coscienza comunemente intesa. Il Pre-

conscio è l’insieme dei processi e dei contenuti attual-

mente non presenti alla coscienza ma che possono di- ventarlo, anche senza l’intervento del soggetto. Entram- bi questi sistemi sono governati da un punto di vista metapsicologico dal processo secondario e dal princi- pio di realtà. L’Inconscio è il deposito delle rappresen-

tazioni e dei contenuti rimossi che non hanno potuto ac- cedere alla coscienza. I contenuti sono rappresentati dalle pulsioni, regolati dal processo primario (conden-

sazione e spostamento) e dal principio di piacere. Inol- tre, sono impediti nel loro tentativo di accedere alla for- ma cosciente dalla censura.

Senza entrare nel dettaglio è importante sottolineare infine che Freud in questa fase distinse tra le psiconevro-

si (o neuropsicosi) e le nevrosi attuali. Le psiconevrosi

assumono due forme principali, l’isteria e le nevrosi os- sessive. Le nevrosi attuali invece sono distinte in nevra- stenia e nevrosi d’ansia. La differenza sostanziale tra le nevrosi attuali e le psiconevrosi consiste nel fatto che nelle prime i sintomi sono considerati come manifesta- zioni di fattori sessuali attuali fisici (ad esempio un accu- mulo di tensione provocato da astinenza o irritazione sessuale frustrata), piuttosto che psicologici.

incorpora la coscienza morale e l’ideale dell’Io: la prima

proscrive (ovvero detta che cosa la persona non deve

fare in base all’interiorizzazione dei valori genitoriali e sociali), la seconda prescrive (ovvero detta cosa la per- sona deve fare o come deve essere). Il Super-Io tende ad essere più sensibile agli sforzi dell’Es ed è pertanto più immerso nell’inconscio di quanto non lo sia l’Io (Gab- bard, 1994).

In questa teoria il mondo intrapsichico è concettualiz-

Tabella 2.1), come la rimozione, necessari a contrastare

le potenti pulsioni istintive che governano l’Es, precisa- mente la sessualità (libido) e l’aggressività.

L’Es è un’istanza intrapsichica totalmente inconscia tesa solamente allo scarico della tensione pulsionale. L’Es è controllato sia dagli aspetti inconscio dell’Io sia dalla terza istanza del modello strutturale, il Super-Io.

Il Super-Io è essenzialmente inconscio ma alcuni aspetti di esso accedono alla coscienza. Questa istanza

Tabella 2.1 I meccanismi di difesa. DIFESE PRIMARIE

Il ritiro primitivo

Il ritiro psicologico in un diverso stato di coscienza è una risposta autoprotettiva che si osserva in persone che si sottraggono a stimolazioni esterne, sostituendo gli stimoli del proprio mondo interiore alle tensioni esercitate dal mondo esterno.

La proiezione

L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress attribuendo ad altri i propri sentimenti, impulsi o pensieri non riconosciuti e non riconoscibili, rin- negandoli inconsciamente.

Si rimanda al paragrafo 2.2.8.

Il diniego

Attraverso questo meccanismo il soggetto affronta con- flitti o fonti di stress rifiutando inconsciamente il rico- noscimento dell’esperienza dolorosa. L’esempio più lam- pante dell’uso del diniego è la maniacalità. In uno stato maniacale, infatti, le persone possono denegare le proprie limitazioni fisiche, la necessità di dormire, le emergenze finanziare, le debolezze personali e via dicendo.

L’introiezione

L’introiezione è il processo per cui si considera provenien- te dall’interno qualcosa che è in realtà esterno. Nelle sue forme benigne equivale all’identificazione primitiva che il bambino fa con altre persone importanti del suo am- biente esterno. Nelle sue forme più problematiche, esso è un meccanismo assai distruttivo. L’esempio più noto di introiezione patologica implica quel processo che è stato definito come «identificazione con l’aggressore». Per una disanima più dettagliata si rimanda al testo di McWilliams (1994, p. 130).

Il controllo onnipotente

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress agendo co- me se detenesse un controllo superiore sulle altre persone o come se possedesse speciali poteri o capacità; attraverso il controllo onnipotente il soggetto fa esperienza delle situazioni e delle relazioni come frutto e risultato del suo illimitato potere.

L’identificazione proiettiva

L’individuo proietta su qualcuno esterno a lui un affetto o un impulso inaccettabile o troppo doloroso come se fosse realmente l’altro ad aver dato origine a tale affetto o impulso. Si rimanda al paragrafo 2.2.8.

L’idealizzazione

L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress attribuendo qualità esageratamente po- sitive a se stesso o agli altri. Di solito questo meccanismo ha lo scopo di fornire una gratificazione al soggetto e, al contempo, funziona come protezione da sentimenti di impotenza e di poco valore che egli inconsciamente prova. L’idealizzazione dell’altro, parimenti, realizza una sorta di «travaso» di importanza sull’oggetto esterno pre- servando di esso un’immagine «depurata» dai sentimenti, dai pensieri e dagli impulsi negativi.

La scissione

L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress considerando se stesso o gli altri come completamente buoni o cattivi non riuscendo a mettere insieme né a integrare le specificità positive e negative di sé e degli altri. Si rimanda al paragrafo 2.2.8.

La svalutazione

L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress attribuendo caratteristiche esagerata- mente negative a se stesso o agli altri. Questo meccani- smo ha spesso la funzione di difendere il soggetto dalla consapevolezza dei desideri o dalla delusione per desideri non appagati. La svalutazione di sé e dell’altro esprime inconsciamente un senso di vulnerabilità, vergogna e mancanza di valore che l’individuo sperimenta quando esprime i propri desideri e contatta i propri bisogni.

La dissociazione

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress attraver- so un’alterazione temporanea delle funzioni integrative della coscienza o dell’identità. L’idea o l’affetto troppo dolorosi restano inconsci, ma al tempo stesso si esprimono attraverso un’alterazione dello stato di coscienza.

DIFFESE SECONDARIE

La rimozione

È quell’operazione psichica che respinge (rimuove) nell’in- conscio una rappresentazione legata a una pulsione. Que- sto meccanismo protegge la persona dalla consapevolezza di ciò che sta provando o ha provato in passato: in altre parole, se da un lato la dimensione emotiva è chiaramen- te percepita e presente, l’aspetto cognitivo (il ricordo) rimane al di fuori della coscienza.

Il volgersi contro il sé

Questo meccanismo indica lo spostamento di un affetto o di un atteggiamento negativo che un individuo fa da un oggetto esterno verso il Sé con la percezione inconscia che questo processo conferisca un maggiore controllo delle situazioni disturbanti per il Sé. L’uso sistematico di questa difesa si ritrova nelle personalità depressive.

La regressione

È quel meccanismo di difesa attraverso il quale l’indivi- duo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress ritornando temporaneamente a uno stadio evolu- tivo precedente.

Lo spostamento

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress genera- lizzando o indirizzando su un oggetto, di solito avvertito come meno minaccioso, un sentimento o una condotta originariamente indirizzata a un altro oggetto.

L’isolamento

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress mostran- dosi incapace di sperimentare al tempo stesso le com- ponenti cognitive e quelle affettive di un’esperienza in quanto l’affetto e l’emozione vengono esclusi dalla con- sapevolezza.

La formazione reattiva

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress sostituen- do i propri pensieri o sentimenti sentiti da lui come inac- cettabili o troppo dolorosi con comportamenti o senti- menti diametralmente opposti. Sostituendo i sentimenti originari con i loro opposti, il soggetto riesce a evitare i sentimenti di colpa per lui intollerabili da contattare e di conseguenza da gestire.

L’intellettualizzazione

L’individuo risponde a conflitti o fonti di stress attraverso un uso eccessivo e rigido del pensiero astratto per evitare sentimenti ed emozioni dolore e disturbanti.

Il capovolgimento

Con le parole della Mc Williams (1994, p. 154) il capo- volgimento consiste «[in quella modalità] utilizzata per fronteggiare sentimenti che rappresentano una minaccia psicologica per il Sé creando uno scenario nel quale la propria posizione psichica passa da soggetto a oggetto e viceversa. Ad esempio se si percepisce che il desiderio di ricevere attenzione da qualcun altro è vergognoso o pericoloso, è possibile soddisfare in modo vicario i propri bisogno di dipendenza occupandosi di un’altra persona e identificandosi inconsciamente con la sua gratificazione».

La razionalizzione

Il meccanismo della razionalizzazione entra in gioco quando non riusciamo a raggiungere qualcosa che vo- gliamo e retrospettivamente affermiamo che non era poi alla fine così appagante o desiderabile.

L’acting out

L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti interne o esterne di stress agendo senza riflettere né preoccuparsi delle possibile conseguenze delle sue azioni: è una forma di espressione del comportamento incontrollato e implica spesso un comportamento dannoso o etero/autodistruttivo.

La moralizzazione

È un meccanismo di difesa affine alla razionalizzazione. Dice Mc Williams (1994, p. 146): «Quando una persona razionalizza, cerca inconsciamente delle basi cognitiva- mente accettabili per il comportamento che ha intrapreso; quando moralizza invece cerca, sempre inconsciamente, di pensare che sia doveroso e giusto moralmente seguire quella linea di condotta».

La sessualizzazione

Attraverso il meccanismo della sessualizzazione l’indivi-

Nel documento Psicologia Clinica (pagine 47-52)

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