IL DISTURBO DA STRESS FISICO: DISTURBI PSICOFISIOLOGIC
TRA LE RIGHE Il killer silenzioso
5.3.2 Nuovi disturbi psicofisiologic
È dunque chiaro che fattori biologici, psicologici e so- cioculturali concorrono alla formazione di disturbi psi- cofisiologici. In effetti l’interazione di tali fattori è oggi considerata la regola del funzionamento dell’organismo, non l’eccezione, e, con il passare degli anni, all’elenco dei disturbi psicofisiologici tradizionali si sono aggiunte numerose patologie; la ricerca ha inoltre rilevato parec- chi legami tra stress psicosociali e una vasta gamma di patologie del corpo. Vedremo dapprima come sono stati stabiliti questi legami per passare poi alla psiconeuroim-
munologia, l’ambito di studio che collega stress e pato-
logie al sistema immunitario.
Le malattie fisiche sono collegate allo stress?
Risale al 1967 la Social Adjustment Rating Scale, ideata da Thomas Holmes e Richard Rahe, una scala di valuta- zione che assegna valori numerici alle situazioni di stress che la maggior parte delle persone si trova ad af- frontare in qualche momento della vita. Dalle risposte raccolte da un vasto campione di partecipanti è emerso che l’evento più stressante sulla scala di valutazione è la morte del coniuge, con un punteggio di 100 unità di cambiamento di vita complessivo, (life changeunit) o LCU. Un evento giudicato poco stressante è il pensiona- mento (45 LCU) e ancora meno stressante una piccola violazione della legge (11 LCU). Questa scala ha costi- tuito per i ricercatori un metro di giudizio per misurare la quantità complessiva di stress che un individuo si trova ad affrontare nel tempo. Per esempio, se nel corso di un anno una donna ha iniziato una nuova attività lavorativa (39 LCU), suo figlio è partito per il college (29 LCU), ha traslocato in una nuova casa (20 LCU) e le è morta una cara amica (37 LCU), il suo punteggio di stress per quell’anno sarebbe di 125 LCU, una quantità di stress considerevole data l’estensione temporale.
Sulla base di questa scala, Holmes e Rahe (1989, 1967) hanno avuto modo di analizzare il rapporto tra lo stress della vita e l’esordio di malattie e hanno scoperto che i punteggi di LCU di persone che si sono ammalate nell’anno precedente alla malattia erano molto superiori a quelli delle persone in buona salute. Se i cambiamenti nella vita di una persona superavano i 300 LCU nel cor- so di un anno, quella persona aveva molte probabilità di ammalarsi in modo piuttosto grave.
(U.S. Census Bureau, 2006). Inoltre, all’interno di questi gruppi minoritari le donne sono particolarmente svan- taggiate dal punto di vista dell’assistenza sanitaria. Le donne ispanoamericane, per esempio, sono quelle che hanno minore accesso alle cure mediche negli Stati Uni- ti (Travis, Meltzer, 2008). Effettivamente, quasi la metà delle donne ispanoamericane che vivono in condizioni di povertà non hanno un’assicurazione sanitaria (Travis, Meltzer, 2008; Pamuk et al., 1998).
TRA LE RIGHE
Coping e adattamento allo stress: un occhio alla cultura
Il 57% dei nativi americani e degli afroamericani si sen- tono stressati dalle questioni finanziarie, rispetto al 47% dell’intera popolazione degli Stati Uniti.
Il 41% degli ispanoamericani si sentono stressati dalle questioni lavorative, rispetto al 32% dell’intera popo- lazione degli Stati Uniti.
L’82% degli afroamericani ricorrono alla preghiera e alla meditazione quando sono stressati, rispetto al 62% dell’intera popolazione degli Stati Uniti.
Il 70% dei nativi americani e degli asiatici americani fanno attività fisica quando sono stressati, rispetto al 55% dell’intera popolazione degli Stati Uniti (MHA, 2008).
La ricerca indica inoltre che il nesso tra stato del gruppo di minoranza e disturbi psicofisiologici si esten- de oltre i fattori puramente economici. Consideriamo per esempio un dato ben noto, ossia che l’ipertensione è più comune (+43%) tra gli afroamericani che tra gli ameri- cani bianchi (Kluger, 2004). Sebbene tale differenza possa essere in parte spiegata dall’ambiente disagiato in cui vivono tanti afroamericani e le occupazioni non ap- paganti che molti si trovano a svolgere (Cozier-D’Ami- co, 2004), possono essere presenti anche altri fattori. Per esempio, gli afroamericani potrebbero avere una predi- sposizione fisiologica che aumenta il rischio di diventare ipertesi. O ancora, le ripetute esperienze di discrimina- zione razziale possono costituire un particolare fattore di stress che contribuisce all’innalzamento della pressione arteriosa tra gli afroamericani (Matsumoto, Juang, 2008).
In uno studio, ad alcune donne afroamericane e bian- che furono date istruzioni di parlare di tre scenari ipote- tici (Lepore et al., 2006). In uno di questi, considerato un fattore di stress razziale, le partecipanti alla ricerca do- vevano immaginare di essere ingiustamente accusate di aver rubato in un negozio. In un secondo scenario, con- siderato un fattore di stress non razziale, immaginavano di essere bloccate in aeroporto a causa di ritardi nei voli aerei. Nel terzo scenario, nel quale non erano implicati fattori di stress di alcun tipo, le partecipanti dovevano
degli eventi più stressanti della vita la morte del coniuge, gli afroamericani ritengono più stressante rispetto ai bianchi una grave malattia o un incidente personale, un notevole cambiamento nelle responsabilità sul lavoro o un cambiamento considerevole delle condizioni di vita. Altri studi hanno evidenziato come ci siano differenze anche tra uomini e donne nelle reazioni di fronte ad alcu- ni cambiamenti di vita (Miller, Rahe, 1997).
Infine, per gli studenti i fattori di stress sono diversi da quelli elencati nella Social Adjusting Rating Scale. Anziché avere problemi matrimoniali, trovarsi ad af- frontare un licenziamento o un colloquio di lavoro, uno studente universitario avrà invece problemi di conviven- za con altri studenti, sarà bocciato a un esame e cercherà di essere ammesso a un corso di specializzazione post laurea. Quando i ricercatori hanno messo a punto scale speciali per misurare gli eventi della vita in questa popo- lazione con maggiore accuratezza (si veda ancora la Ta- bella 5.4 alla pagina seguente), hanno in effetti riscon-
trato i collegamenti che si aspettavano tra eventi stres- santi e malattia (Crandall et al., 1992).
Psiconeuroimmunologia
In che modo un evento stressante può tradursi in un’in- fezione virale o batterica? Un ambito specifico, la psico- neuroimmunologia, cerca di dare una risposta a questa
domanda individuando i legami fra stress psicosociale, sistema immunitario e stato di salute.
Il sistema immunitario è un insieme di attività e cel-
lule che hanno il compito di identificare e distruggere
antigeni (invasori estranei, come batteri, virus, funghi e
parassiti) e cellule cancerose. Fra le cellule più impor- tanti di questo sistema vi sono miliardi di linfociti, cellu-
le bianche del sangue che circolano nel sistema linfatico e nel flusso sanguigno. Quando sono stimolati dagli an- tigeni, i linfociti entrano in azione per contrastare gli in- vasori.
Psiconeuroimmunologia: studio dei collegamenti fra stress, sistema immunitario e malattia.
Sistema immunitario: sistema di attività e di cellule che identificano e distruggono antigeni e cellule can- cerose.
Antigene: sostanza estranea che si introduce nell’or- ganismo, come un batterio o un virus.
Linfociti: globuli bianchi, cellule del sangue che circo- lano nel sistema linfatico e nel flusso sanguigno, con la funzione di aiutare l’organismo a identificare e distrug- gere antigeni e cellule cancerose.
Un gruppo di linfociti specifici, i linfociti T helper, identifica gli antigeni e quindi si moltiplica e innesca la produzione di altri tipi di cellule immunitarie. Un secon- do gruppo, i linfociti T natural killer, identifica e di- Utilizzando la Social Adjustment Rating Scale o sca-
le di valutazione analoghe, da allora si è iniziato a colle- gare stress di varia natura a una vasta gamma di patolo- gie fisiche, dalla gengivite necrotizzante ulcerativa e alle infezioni delle alte vie respiratorie fino al cancro (S. Co- hen, 2005; Taylor, 2004). In generale, la quantità di stress nella vita è direttamente proporzionale alla proba- bilità di ammalarsi (si veda la Figura 5.5). I ricercatori
hanno rilevato inoltre una corrispondenza fra stress trau- matico e morte. I vedovi e le vedove, per esempio, han- no un maggiore rischio di morte nel periodo immediata- mente successivo alla perdita del coniuge (Rees, Lutkin, 1967; Young et al., 1963).
Un difetto della Social Adjustment Rating Scale di Holmes e Rahe è quello di non considerare le reazioni particolari allo stress della vita di popolazioni specifi- che. Per esempio, nel mettere a punto la scala di valuta- zione, i ricercatori hanno reclutato prevalentemente americani bianchi, con una scarsa presenza di afroameri- cani.
Ma poiché le loro esperienze di vita presentano at- tualmente differenze fondamentali, non sarebbe possibi- le che afroamericani e americani bianchi siano diversi anche nelle loro reazioni allo stress in occasione dei vari eventi della vita? Secondo uno studio, è veramente così (Komaroff et al., 1989, 1986). Sebbene sia gli afroame- ricani che i bianchi pongano al primo posto nella scala
Figura 5.5 Stress e raffreddore comune. In un importante studio, alcuni individui sani furono messi in quarantena dopo la somministrazione di gocce nasali contenenti virus del raffred- dore comune (S. Cohen et al., 1991). I partecipanti che aveva- no attraversato di recente un periodo di forte stress avevano molte più probabilità di prendere il raffreddore rispetto ai par- tecipanti che nella vita avevano meno fattori di stress.
Indice di stress psicologico
3-4 5-6 7-8 9-10 11-12 20 25 30 35 40 45 50 Soggetti con il raffreddore (%)
strugge le cellule degli organi già infettate da virus, con- tribuendo così a fermare la diffusione di un’infezione virale. Un terzo gruppo, i linfociti B, produce gli anticor- pi, molecole proteiche che riconoscono e si legano agli antigeni, li rende riconoscibili per la distruzione e impe- disce loro di causare l’infezione.
Oggi gli studiosi ritengono che lo stress possa interfe- rire con l’attività dei linfociti, riducendola e aumentando così la vulnerabilità della persona alle infezioni virali e batteriche (Lutgendorf et al., 2005). In uno studio dive- nuto famoso, il ricercatore Roger Bartrop (1977) del Nuovo Galles del Sud, in Australia, ha studiato con il suo gruppo di lavoro il sistema immunitario di 26 perso- ne che avevano perso il coniuge otto settimane prima, confrontandolo con quello di 26 partecipanti non vedovi del gruppo di controllo. Dai prelievi di sangue emerse che l’attività dei linfociti era molto più lenta nei vedovi che nel gruppo di controllo. Altri studi hanno messo in evidenza un funzionamento rallentato del sistema immu- nitario nelle persone esposte a stress a lungo termine. Per esempio, è stato riscontrato un funzionamento caren- te del sistema immunitario nelle persone che si trovano a dovere accudire un familiare con malattia di Alzheimer (Vitaliano et al., 2005; Kiecolt-Glaser et al., 1996).
Tutti questi studi sembrano raccontare una storia par- ticolare. Nei periodi in cui individui in buona salute si trovavano ad affrontare livelli insolitamente alti di stress, continuavano a essere apparentemente sani, ma le esperienze stressanti ne rallentavano il sistema immuni- tario tanto da renderli vulnerabili alle malattie. Se lo stress influenza negativamente la capacità di neutraliz- zare la malattia, non meraviglia che i ricercatori abbiano ripetutamente rilevato un nesso tra stress della vita e ma- lattie di vario tipo. Ma perché e quando lo stress interfe- risce con il sistema immunitario? Vi sono diversi fattori che intervengono sulla capacità dello stress di rallentare il sistema immunitario, e sono l’attività biochimica, i
cambiamenti comportamentali, lo stile di personalità e
il grado di supporto sociale.
Attività biochimica. Sembra che un’eccessiva attività
del neurotrasmettitore noradrenalina abbia un ruolo nel rallentare il sistema immunitario. Va ricordato che lo stress porta a una maggiore attività del sistema nervoso simpatico, compreso un aumentato rilascio di noradre- nalina a livello cerebrale e corporeo. Secondo le ricer- che, se lo stress si prolunga nel tempo, la noradrenalina alla fine si sposta sui recettori di alcuni linfociti e comu- nica un messaggio inibitorio per bloccarne l’attività, ral- lentando il funzionamento immunitario (Carlson, 2008; Lekander, 2002).
In maniera analoga, i corticosteroidi (cortisolo e altri cosiddetti ormoni dello stress) contribuiscono a loro vol- ta a rallentare il buon funzionamento del sistema immu- nitario. Ricorderete che quando ci si trova sotto stress, le
Tabella 5.4 Gli eventi più stressanti della vita. Adulti: Social Adjustment
Rating Scale* Studenti: Undergraduate Stress Questionnaire+
1. Morte del coniuge 1. Morte (familiare o amico)
2. Divorzio 2. Avere sostenuto molti esami
3. Separazione 3. Settimana degli esami finali
4. Sentenza di carcera-
zione 4. Fare domanda a scuola di specializzazione
5. Morte di un familiare
stretto 5. Essere vittima di un crimine
6. Grave malattia o inci-
dente personale 6. Esercizi in tutte le mate-rie per lo stesso giorno
7. Matrimonio 7. Rottura con il partner
8. Licenziamento 8. Scoperta del tradimen-to da parte del partner
9. Riconciliazione coniu-
gale 9. Scadenze e consegne da rispettare
10. Pensionamento 10. Furto di un oggetto di proprietà
11. Malattia di un fami-
liare stretto 11. Prospettiva di una settimana difficile
12. Gravidanza 12. Presentarsi imprepa-rato a un esame
13. Problemi sessuali 13. Perdita di un oggetto (specie il portafogli)
14. Nuova persona in fa-
miglia 14. Morte di un animale domestico
15. Difficoltà finanziarie 15. Esito di un esame peggiore del previsto
16. Cambiamento nella
situazione finanziaria 16. Presentarsi a un col-loquio
17. Morte di un caro ami-
co 17. Dover presentare un progetto o relazione
18. Cambiamento delle
condizioni di lavoro 18. Esito negativo di un esame
19. Aumento di conflitti
con il partner 19. Divorzio dei genitori
20. Grosso debito (ipote-
ca, mutuo) 20. Dipendere da altre persone
21. Preclusione ad accen-
dere ipoteca o mutuo 21. Conflitti con altri stu-denti conviventi
22. Cambiamento delle responsabilità sul la- voro
22. Auto/bici rotta, gom- ma a terra ecc. * La scala completa è costituita da 43item; Fonte: Holmes e Rahe, 1967.
+ La scala completa è costituita da 83 item; Fonte: Crandall et al., 1992.
proprie emozioni, in particolare la rabbia, tendono a re- cuperare meno facilmente rispetto a coloro che sanno esprimere le emozioni. Altri studi, tuttavia, non hanno riscontrato alcun legame fra personalità ed esito della malattia oncologica (Urcuyo et al., 2005; Garssen, Go- odkin, 1999).
Supporto sociale. Infine, coloro che non hanno una rete
di supporto sociale e si sentono soli sembrano avere un funzionamento del sistema immunitario meno efficiente di fronte a situazioni di stress rispetto a coloro che non si sentono soli (Curtis et al., 2004; Cohen, 2002). In uno studio pionieristico, ad alcuni studenti di medicina fu somministrata la Loneliness Scale UCLA, la Scala della solitudine, e divisi quindi in gruppi di solitudine «eleva- ta» o «bassa» (Kiecolt-Glaser et al., 1984). Nel gruppo degli studenti con alto grado di solitudine la risposta dei linfociti nel periodo degli esami finali era minore.
Altri studi hanno rilevato come il supporto sociale e l’affiliazione possano effettivamente aiutare a protegge- re dallo stress o contribuire a recuperare dopo una malat- tia o un intervento chirurgico (Matsumoto, Juang, 2008; Taylor, 2006). Analogamente, da alcuni studi è risultato che nei pazienti con alcune forme di cancro che hanno una rete di supporto sociale nella vita personale o rice- vono una terapia di sostegno spesso il sistema immunita- rio funziona meglio e dunque hanno una percentuale di guarigione superiore rispetto ai pazienti che non hanno tale rete di supporto (Taylor, 2006; Spiegel, Fawzy, 2002).
5.3.3 Trattamenti psicologici per