ALCUNI CONCETTI DI TEORIA DELLA TECNICA FREUDIANA Senza l’intento di essere esaustivi, presentiamo qui di segui-
TRA LE RIGHE Hanno detto
«Siamo modellati e rimodellati dalle persone che ci amano» François Mauriac.
Molti comportamenti appresi ci aiutano ad affrontare i cambiamenti quotidiani e a condurre una vita felice e attiva, ma è possibile apprendere anche dei comporta- menti anormali. I comportamentisti, se dovessero spie-
Nel vocabolario del condizionamento classico, in questo esperimento la carne viene definita stimolo in-
condizionato (SI) e scatena la risposta incondizionata
(RI) della salivazione, ossia una risposta naturale che il cane possiede fin dalla nascita. Il suono del campanello è uno stimolo condizionato (SC), uno stimolo che prece- dentemente era neutro e che viene connesso alla carne nella mente del cane. In quanto tale, anch’esso produce la risposta della salivazione. Quando la risposta della salivazione viene prodotta dallo stimolo condizionato e non dallo stimolo incondizionato, viene chiamata rispo-
sta condizionata (RC).
Il condizionamento classico spiega molti comporta- menti comuni. La gradevole sensazione che un ragazzo prova quando sente il profumo della sua ragazza, ad esem- pio, può rappresentare una risposta condizionata. Inizial- mente, il profumo poteva forse avere un effetto emotivo trascurabile su di lui, ma poiché durante i vari incontri ro- mantici sentiva sempre quella fragranza, essa ha finito per produrre come risposta una sensazione piacevole.
Attraverso il condizionamento classico possono esse- re acquisiti anche comportamenti anormali. Ad esempio, un ragazzino si spaventa sempre quando vede il massic- cio pastore tedesco del vicino. Ogni volta che il ragazzi- no attraversa il cortile del vicino, il cane abbaia feroce- mente, gli si lancia contro e viene fermato solo da una catena legata al portico. Visto il ripetersi di questa spia- cevole situazione, i genitori del bambino non si stupisco- no di scoprire che comincia ad avere paura dei cani, ma si meravigliano per un’altra grande paura manifestata dal bambino, la paura della sabbia. Non capiscono per- ché urla ogni volta che lo portano al mare e grida per la paura di sporcarsi di sabbia.
Da dove ha origine questa paura della sabbia? Dal condizionamento classico. Infatti, nel cortile dei vicini si trova un grande recipiente pieno di sabbia per i giochi del cane. Ogni volta che il cane abbaia e gli si scaglia contro, il bambino vede sempre anche la sabbiera. Dopo che questi due elementi appaiono contemporaneamente più volte, il bambino comincia ad avere paura della sab- bia quanto ha paura del cane.
2.3.2 Terapie comportamentali
La terapia comportamentale tende a identificare i com- portamenti che causano i problemi e poi cerca di sostitu- irli con altri più adeguati applicando i principi del condi- zionamento classico, del condizionamento operante o del modellamento (Wilson, 2008). Il terapeuta assume nei confronti del paziente il ruolo di colui che insegna più che di colui che guarisce.
I trattamenti del condizionamento classico, ad esem- pio, possono essere utilizzati per far cambiare le reazioni anormali a stimoli particolari. La desensibilizzazione sistematica è uno di questi metodi, applicato spesso nei
casi di fobia, una paura specifica e irrazionale. In questo In una terza forma di condizionamento, il condizio-
namento classico, l’apprendimento ha luogo attraverso
l’associazione temporale. Quando due eventi si verifica- no più volte immediatamente l’uno dopo l’altro, si fon- dono nella mente di una persona che, in breve, risponde nello stesso modo a entrambi gli eventi. Se un evento produce una risposta caratterizzata dalla gioia, anche l’altra porterà la gioia; se un evento arreca una sensazio- ne di sollievo, anche l’altra lo farà. Uno sguardo più at- tento a questa forma di condizionamento illustra come il modello comportamentista possa spiegare il funziona- mento anormale.
Condizionamento classico: processo di apprendi- mento che ha luogo attraverso l’associazione tempo- rale di due eventi che si verificano ripetutamente l’uno dopo l’altro e che, fondendosi nella mente di una per- sona, producono la stessa risposta.
Ivan Pavlov (1849-1936), famoso psicologo russo, dimostrò per la prima volta il condizionamento classico con esperimenti su animali. Egli pose una ciotola con cibo per animali davanti a un cane ed ebbe luogo la ri- sposta naturale che tutti i cani hanno davanti al cibo: ini- ziano a salivare (si veda la Figura 2.4). Poi Pavlov fece
un passo ulteriore: prima di presentare al cane la ciotola con il cibo, suonava un campanello. Dopo molte volte che il campanello veniva suonato prima di presentare la ciotola, Pavlov notò che il cane iniziava a salivare non appena sentiva il campanello: il cane aveva imparato a salivare in risposta al suono.
Figura 2.4 Lavorare per Pavlov. Nella macchina per l’espe- rimento di Pavlov, la saliva prodotta dal cane era raccolta in un tubo, e la quantità veniva registrata su un cilindro rotante. Lo sperimentatore osservava il cane attraverso una finestra con vetro unidirezionale.
Prima del condizionamento Dopo il condizionamento
SC: Suono Nessuna risposta SC: Suono RC: Salivazione
possibile vedere nella Figura 2.5, il 10% circa degli psi-
cologi clinici negli Stati Uniti affermano oggi che il loro approccio è prevalentemente comportamentista (Procha- ska, Norcross, 2007).
Forse il maggiore vantaggio del modello comporta- mentista è che può essere sperimentato in laboratorio, mentre non è possibile farlo in genere con le teorie psi- codinamiche. I concetti di fondo dei comportamentisti (stimolo, risposta e ricompensa) possono essere osserva- ti e misurati. Gli sperimentatori si sono, in effetti, serviti con successo dei concetti dell’apprendimento per pro- durre dei sintomi clinici nei partecipanti agli esperimen- ti di laboratorio, sulla base dell’ipotesi che i disturbi psi- cologici si sviluppino in modo del tutto identico. Inoltre, attraverso la ricerca si è scoperto che i trattamenti com- portamentali possono aiutare le persone affette da paure particolari, da comportamenti compulsivi, deficit socia- li, ritardo mentale e altri problemi (Wilson, 2008).
Al contempo, la ricerca ha rivelato anche i limiti del modello. I ricercatori di orientamento comportamentista hanno prodotto sintomi specifici nei partecipanti, ma è certo che quei sintomi siano acquisiti abitualmente in quel modo? Manca ancora una prova incontestabile sul fatto che la maggior parte delle persone con disturbi psi- cologici siano vittime di un condizionamento errato. Ol- tre al modello, hanno dei limiti anche le terapie compor- tamentali. I miglioramenti che si verificano nello studio del terapeuta non sempre vengono riscontrati anche nel- la vita reale e non necessariamente perdurano se la tera- pia viene interrotta.
Infine, alcuni critici ritengono che la visione compor- tamentista sia troppo semplicistica e che i suoi concetti non riescano a spiegare la complessità del comporta- mento. Nel 1977 Albert Bandura, eminente comporta- percorso graduale, i pazienti apprendono a reagire in
modo calmo invece di provare una paura intensa per gli oggetti o le situazioni che temono (Farmer, Chapman, 2008; Wolpe, 1997, 1995, 1990). Per prima cosa impa- rano tecniche di rilassamento nel corso di molte sedute; poi costruiscono una gerarchia delle paure, una lista di oggetti o situazioni temuti, iniziando con quelli meno temuti e terminando con quelli che generano maggiore paura. Questa è la lista compilata da un uomo che teme- va le critiche, soprattutto quelle riguardanti il suo equili- brio psichico.
Desensibilizzazione sistematica: trattamento com- portamentale in cui i pazienti con fobie imparano a reagire in modo calmo e non spaventandosi di fronte a oggetti o a situazioni che temono.
1. Un amico per strada: «Ciao, come va?»
2. Un amico per strada: «Come ti senti in questo pe- riodo?»
3. La sorella: «Devi stare attento, altrimenti finirai in ospedale».
4. Moglie: «Non dovresti bere birra quando prendi le medicine».
5. Madre: «Cos’è successo? Non ti senti bene?» 6. Moglie: «È tutta una tua impressione, è tutto nella
tua testa».
7. Addetto alla stazione di servizio: «Perché tremi?» 8. Il vicino che gli chiede un rastrello: «Tutto bene
con la gamba? Ti tremano le ginocchia».
9. Collega di lavoro: «Com’è la tua pressione del san- gue?»
10. Addetto alla stazione di servizio: «Tremi un po’, sei un po’ strano o è successo qualcosa?» (Marquis, Morgan, 1968, p. 28).
Nella desensibilizzazione, i terapeuti chiedono poi ai pazienti di immaginare o di verificare effettivamente ogni elemento della lista quando sono in una situazione di rilassamento. Negli abbinamenti graduali degli ele- menti temuti e il rilassamento, i pazienti spostano gli elementi della lista fino a che riescono ad affrontare cia- scun elemento senza provare paura. La ricerca ha mo- strato, come vedremo nel Capitolo 4, che una desensibi- lizzazione sistematica e altre tecniche del condiziona- mento classico si rivelano efficaci nella terapia delle fo- bie (Buchanan, Houlihan, 2008).
2.3.3 Valutare il modello comportamentista
Il modello comportamentista ha assunto una notevole importanza nell’ambito clinico. Nel corso degli anni, so- no state proposte svariate teorie comportamentali e sono state sviluppate molte tecniche di trattamento. Come è
Altri 8% Interpersonale 4% Psicodinamico 15% Eclettico 29% Comportamentista 10%
Figura 2.5 Approcci clinici prevalenti negli Stati Uniti.
Socio-familiare 3% Centrata sul cliente 1% Esistenziale 1% Gestalt 1%
Cognitivo 28%
cognitivo: le persone affette da disturbi di tipo psicologi- co possono quindi affrontare, gestire e superare il disa- gio, le difficoltà e le problematiche sviluppando delle modalità di pensiero nuove, più funzionali e adattive.
2.4.1 Come spiegano il funzionamento patologico i teorici cognitivi?
Secondo gli esponenti del modello cognitivo standard la spiegazione di un funzionamento patologico è da rin- tracciarsi a livello cognitivo: credenze e pensieri distor- ti ed errati, infatti, costituiscono il prodotto di processi di elaborazione dell’informazione disfunzionali e irra- zionali.
Nello studio della depressione, ad esempio, Beck e collaboratori (1979) hanno descritto i processi cognitivi che sostengono l’esperienza di sofferenza e dolore men- tale ipotizzando alla base del disturbo l’esistenza di con- tenuti di pensiero, riguardanti sé, il mondo esterno e il futuro, deformati in senso pessimistico. Gli Autori han- no messo a punto una linea di intervento per questo disa- gio che poggia sulla correzione di questi e altri errori cognitivi. Questi ultimi, se non riconosciuti e adeguata- mente modificati, possono progressivamente radicarsi e auto mantenersi creando l’esperienza di impotenza e do- lore inevitabile, tipica della depressione (Beck, Weisha- ar, 2008; Beck, 2002, 1967).
2.4.2 Terapie cognitive
Il lavoro pioneristico di Aaron T. Beck (1967), che ha sviluppato la terapia cognitivo-comportamentale standard (CBT), è stato notevolmente influenzato dalla
terapia razionale-emotiva di Albert Ellis (1962). Quest’ultima, si focalizza esclusivamente sulle credenze patogene e sulla loro confutazione con interventi diretti- vi e psicopedagogici, considerando le emozioni, nella pratica clinica, come delle mere conseguenze della co- gnizione esplicita. La CBT proposta da Beck, invece, è meno direttiva e si focalizza sull’individuazione di mo- dalità disfunzionali dei processi cognitivi che non per- mettono la confutazione spontanea delle credenze pato- gene.
Terapia cognitiva: terapia sviluppata da Aaron Beck orientata a far acquisire al paziente una consapevolez- za dei propri processi di pensiero erronei e a modificarli.
Tali Autori hanno quindi proposto un approccio alla psicopatologia basato sull’individuazione di credenze patogene e pensieri automatici e sulla loro modificazio- ne attraverso il riconoscimento e la confutazione su un piano logico e razionale. La terapia cognitivo-comporta- mentale utilizza inoltre tecniche comportamentali, in- centrate sul riconoscimento di pensieri automatici legati a situazioni specifiche e sulla modifica di processi co- gnitivi disfunzionali e credenze irrazionali che si accom- mentista, sostenne che per sentirsi felici e comportarsi in
modo adeguato occorre sviluppare un senso positivo di
autoefficacia: ossia, le persone devono sapere di poter
padroneggiare e attuare i comportamenti che occorrono, quando è necessario. Anche altri comportamentisti degli anni Sessanta e Settanta riconobbero che gli esseri uma- ni assumono comportamenti cognitivi, come anticipare o interpretare: questi concetti fino ad allora erano stati am- piamente ignorati nella teoria e nella terapia comporta- mentale. Questi studiosi hanno sviluppato sia delle spie-
gazioni cognitivo-comportamentali che presero in mag-
giore considerazione i comportamenti cognitivi non evidenti (Meichenbaum, 1993; Goldiamond, 1965), sia delle terapie cognitivo-comportamentali per aiutare i pa- zienti a cambiare i comportamenti controproducenti e i modi di pensare disfunzionali. I teorici e i terapeuti co- gnitivo-comportamentali hanno stabilito un rapporto tra il modello comportamentista e il modello cognitivo, ar- gomento che sarà affrontato nella sezione seguente.
Sintesi
Il modello comportamentista
I comportamentisti si concentrano sui comportamenti e sostengono che i comportamenti si sviluppano in ac- cordo con i principi dell’apprendimento; ritengono inoltre che tutti i comportamenti, normali o disfunzio- nali, trovino spiegazione in tre tipi di condizionamento: il condizionamento classico, il condizionamento ope- rante e il modellamento. L’obiettivo delle terapie com- portamentali è identificare i comportamenti problema- tici del paziente e sostituirli con quelli più appropriati, usando tecniche fondate su uno o più principi di ap- prendimento. L’approccio basato sul condizionamento classico della desensibilizzazione sistematica, ad esem- pio, si è rivelato efficace nella cura delle fobie.
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