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FEBBRE CATARRALE MALIGNA IN BANTENG (BOS JAVANICUS) DI UN GIARDINO ZOOLOGICO ITALIANO

1Autorino G. L., 1Eleni C., 1Frontoso R., 1Cocumelli C., 1Rosone F., 2Di Cerbo P., 1Altigeri A., 3Marianelli M., 1Lorenzetti R., 1Manna G., 2Friedrich K., 1Scicluna M. T.

(1)Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, Roma (2) Fondazione Bioparco - Roma, (3)Istituto Superiore di Sanità, Roma

Key Words: Banteng, malignant catarrhal fever, ovine herpesvirus 2.

SUMMARY

Malignant catarrhal fever (MCF) is a fatal, systemic disease of several species of Artiodactyla. MCF was suspected in banteng of a zoo in Rome, Italy, on the basis of the neurological clinical signs, the post-mortem gross-lesions and the histopathlogical picture. The use of a specific one step PCR and the subsequent nucleotide sequence analysis of the amplicon, confirmed that the virus involved one of the known epidemiological forms, i.e. the sheep associated (SA) ovine herpesvirus-2 (OvHV-2). Preliminary epidemiological investigations indicated that sheep kept in the neighbouring pens were the probable viral source of infection. This episode confirms the importance of the application of biosecurity measures in zoos which house MCF susceptible species, especially if endangered of extinction.

INTRODUZIONE

La febbre catarrale maligna (FCM) è un infezione virale a carattere sistemico, che colpisce diverse specie di artiodattili, tra cui ruminanti domestici e selvatici, presentandosi, di norma, in forma grave ad andamento letale. Della FCM, si conoscono due forme epidemiologiche principali, entrambe sostenute da virus del genere rhadinovirus, appartenente alla sottofamiglia Gammaherpesvirinae. La prima forma è sostenuta da alcelaphine herpesvirus (AlHV-1) ed è diffusa principalmente in specie di ruminanti selvatici del continente africano, nei quali decorre in maniera asintomatica. La seconda, così detta SA-FCM, sostenuta da OvHV-2, è trasmessa dagli ovini ed è diffusa in tutti i continenti in cui sono allevati (6). Anche in questo caso, la malattia si manifesta in forma clinica e letale solo per altri ruminanti, in particolare bufali, bisonti e cervidi. Inoltre, in tali specie, considerate ospiti accidentali, la FCM assume un andamento sporadico (6). Nel continente asiatico, i banteng (Bos javanicus) risultano una delle specie più sensibili alla malattia, con tassi di incidenza di infezione particolarmente elevati (6). Per di più, la FMC è stata descritta in parchi zoologici dove può assumere andamenti epizootici, interessando differenti specie animali (6). Ad oggi, l’unica segnalazione in Italia è in un bisonte di uno zoo della Puglia (1).Come noto per altri virus appartenenti alla famiglia Herpesviridae, anche per i Gammaherpevirinae è accertato il fenomeno della latenza, ma sebbene il genoma del OvHV-2 possa essere rilevato nei leucociti di sangue ovino, i siti cellulari di latenza non sono ancora conosciuti (6).

Nel presente lavoro, si descrive un focolaio di FCM che ha interessato due esemplari di un gruppo di 5 Banteng mantenuti presso il Bioparco di Roma. La struttura ha anche obiettivi scientifici e didattico-culturali e persegue la missione di educazione, conservazione e ricerca, ospitando, su una superficie di circa 17 ettari, numerose specie di ruminanti, fra le quali, molte inserite in programmi per la conservazione di specie a rischio di estinzione. In particolare, i Banteng rientrano

nell’“European Endangered Species Program” (EEP).

MATERIALI E METODI

Storia del focolaio e Sintomatologia clinica - Nel luglio 2011, due banteng, un maschio ed una femmina di circa 15 anni di età, introdotti da 14 anni nel Bioparco di Roma, sono venuti a morte a distanza di 4 giorni. I soggetti, stabulati in recinti adiacenti, hanno manifestato una sintomatologia acuta della durata di 12-18 ore. Il maschio presentava nistagmo, depressione del sensorio, difficoltà deambulatoria e manteneva la testa inclinata da un lato; la femmina, apatia, anoressia e scolo nasale catarrale e si presentava in decubito sternale. Entrambi gli animali colpiti erano mantenuti in un’area visibile al pubblico e confinante con altri due recinti: il primo alloggiava un gruppo di bisonti europei, il secondo, una vacca di razza frisona. In prossimità di detta area, sono inoltre ospitati gli animali della fattoria didattica, tra i quali un gruppo di 10 pecore “nane olandesi”, un gruppo di 11 capre tibetane, entrambi introdotti nel gennaio 2009, e un gruppo di 11 capre di razza appenninica, oltre ad altri animali da cortile. A circa 50 metri dal recinto dei banteng è anche presente un gruppo di 9 pecore sopravissane introdotte assieme alle capre appenniniche, nel luglio 2007. Inoltre, nel gruppo di capre appenniniche e pecore sopravissane erano stati immessi nuovo maschi, nel novembre 2010. Gli ultimi parti nel gruppo di pecore sopravissane e “nane olandesi” risalivano al febbraio-marzo 2011. Infine, a maggio e a giugno, i due gruppi di pecore erano stati sottoposti a tosatura.

Nel corso dell’autopsia dei banteng sono stati prelevati campioni per le successive indagini istologiche, batteriologice e virologiche. Per l’esame istologico, i campioni sono stati fissati in formalina tamponata al 10%, inclusi in paraffina, sezionati a 5μm e colorati con ematossilina-eosina.

Sulla base della compatibilità del quadro clinico e delle lesioni anatomopatologiche per FCM, si è direttamente proceduto alla ricerca del genoma virale mediante PCR, controllando l’encefalo come organo bersaglio. E’ stato impiegato un set di primers, specifici per OvHV-2 (5) che riconoscono una regione target del ORF 75, codificante per la proteina del tegumento. I primers utilizzati, 53-OvHV2 (5’AATCCAGATGGCTCTCGGT- TAG–3’) e 353 (5’-AGGCTAGGGTCAAACAGCAAAG-3’) am- plificano un frammento di 301 bp tra la posizione 121213 e la 121513 del genoma dell’OvHV-2 (Refseq Genbank NC_007646.1).

L’estrazione del DNA è stata effettuata utilizzando il QIAamp DNA Mini kit, seguendo le indicazioni del produttore. L’amplificazione è stata eseguita, impiegando la Platinum Taq DNA Polymerase High Fidelity (Invitrogen). Dieci ml di ciascun prodotto di reazione sono stati caricati su gel di agarosio al 1,5% e le bande sono state analizzate mediante transilluminatore a UV (Fig. 1). Le sequenze ottenute dagli amplificati sono state inseritein GenBank e confrontate in Nucleotide BLAST

(blastn), per verificarne l’identità con le sequenze di OvHV- 2 depositate. Per l’allineamento e le valutazioni relative all’omologia delle sequenze, sono stati utilizzati i software del pacchetto DNASTAR Lasergene 8.

Contestualmente, sono stati condotti altre indagini bio- molecolari volte ad escludere la contemporanea presenza di altri virus, fra cui, il virus della Diarrea Virale Bovina/Malattia delle Mucose (BVDV/MD) (3) e di altri Alpaherpesvirus (BoHV- 1, BoHV-5, BuHV-1) (4).

Successivamente, per verificare l’origine dell’infezione, sono stati prelevati campioni di sangue con EDTA e tamponi oculo- congiuntivali a tutti i gruppi di pecore e capre sopra citati. Dai campioni di sangue con EDTA è stato ottenuto il “buffy coat” sui quali è stata effettuata la PCR.

Risultati

Lesioni anatomo-patologiche – In entrambi i banteng, si evidenziava una imponente iperemia diffusa delle meningi cerebrali, con spandimenti emorragici localizzati in particolare in corrispondenza del tronco encefalico. I polmoni erano marcatamente iperemici e presentavano edema del parenchima, con aree emorragiche. Erano presenti anche petecchie pleuropericardiche. In cavità addominale, le lesioni più rilevanti erano a carico del tratto gastroenterico, con ulcerazioni della mucosa abomasale e del primo tratto del duodeno, associate a moderata enterite catarrale diffusa; si osservava inoltre degenerazione epatica e linfoadenomegalia meseraica.

Quadro istologico – Microscopicamente era apprezzabile un quadro generalizzato di vasculite, con infiltrazione linfocitaria perivasale diffusa, da moderata a grave, associata ad emorragie e spandimenti emorragici particolarmente gravi nell’encefalo e nel polmone. Si osservavano, inoltre, infiltrati linfocitari nei reni, nel fegato, nel miocardio e nell’apparato digerente, associati ad erosione dell’epitelio della mucosa abomasale e duodenale. Il quadro isto-lesivo era suggestivo di una forma virale, in particolare compatibile con FCM.

Esiti virologici – La PCR sull’encefalo è risultata positiva per entrambi i soggetti. Il sequenziamento ha mostrato una identità del 98% con il gene della proteina del tegumento ORF75 del ceppo 1256 OvHV-2 (a.n. EU851177.1.

Le successive indagini virologiche hanno escluso la presenza del BVDV/MD, BoHV-1, BoHV-5 e BuHV-1.

Le indagini bio-molecolari, eseguite a partire dal sangue e dai tamponi prelevati ai piccoli ruminanti, hanno dato esito positivo per OvHV-2 solo negli ovini. In particolare, sono risultati positivi alla PCR, il sangue di 6 di 10 pecore sopravissane, di cui una risultava positiva anche al tampone oculare, mentre per il gruppo di pecore “nane olandesi”, risultava positivo solo il sangue di un soggetto.

Figura 1 – Risultati dell’analisi tramite PCR. Nella colonne: 1 e 26 - 100 bp DNA ladder; 14: ctr Pos; 15, 16 encefalo dei banteng; 17, 19, 21, 22, 25: Buffy coat di alcuni ovini processati.

Esame batteriologico

L’esame colturale eseguito su campioni di encefalo, liquido cefalorachidiano, polmone e fegato è risultato negativo per entrambi i soggetti. Nel maschio, il test ELISA da fluido intestinale nei confronti di antigeni di parete di C. perfringens e di alfa, beta, e gamma tossine ha rilevato positività per C. perfringens e della sola tossina alfa.

Discussione e conclusioni

Le indagini virologiche condotte hanno confermato la presenza e l’importanza epidemiologica di ovini reservoir asintomatici per OvHV-2. In particolar modo, il virus è risultato più diffuso fra le pecore di razza sopravissana (6/10), rispetto ai soggetti di razza olandese (1/9). È ipotizzabile che la tosatura, effettuata circa un mese prima della comparsa dei sintomi nei banteng, potrebbe aver costituito l’evento stressante, alla base della riattivazione in soggetti portatori di virus in forma latente.

Non si può tuttavia escludere la presenza di un numero superiore di soggetti portatori rispetto a quello osservato, in considerazione della possibile presenza di virus al di sotto dei limiti di rilevabilità del metodo impiegato. I test sierologici in corso di esecuzione potranno integrare tale riscontro. Tenuto conto anche del fenomeno della latenza, non è pertanto ipotizzabile la possibilità di riformare esclusivamente i soggetti in cui sia possibile rilevare la presenza del genoma virale. Il breve periodo trascorso dall’ultimo episodio di FCM non consente di escludere la possibile comparsa di altri casi, considerato che nella specie bovina sono stati descritti periodi di incubazione anche di oltre 200 giorni (7).

Successivamente alla diagnosi eziologica, al fine di limitare l’eventuale insorgenza di ulteriori casi, sono state adottate misure di biosicurezza volte ad evitare ogni possibile contatto diretto o indiretto delle specie clinicamente sensibili con personale, alimenti, materiali o fomiti contaminati. In attesa di allontanare gli ovini dalla fattoria didattica, sono state sospese le visite guidate alla stessa, al fine di evitare possibili contaminazioni ad opera dei visitatori con secreti ed escreti di soggetti eliminatori di virus. Di fatto, la sola separazione fisica delle specie reservoir dell’infezione da quelle sensibili alla forma clinica, non costituisce una misura sufficiente per evitare la diffusione dell’infezione, stante la continua circolazione di specie sinantropiche fra ed attraverso le differenti aree del parco zoologico.

Casi di FCM sono stati già descritti in banteng, tuttavia, ad eccezione di una segnalazione del 1980, esclusivamente su base clinica e anatomo-istopatologica (2), per la quale non è stato rilevato il virus in causa, non risultano ad oggi altre segnalazioni di SA-FCM in soggetti mantenuti in cattività. Al momento, sono in corso ulteriori approfondimenti volti ad accertare il grado di diffusione dell’infezione da OvHV-2 nei differenti gruppi di artiodattili mantenuti presso il Bioparco, al fine di valutare anche il rispettivo ruolo epidemiologico al momento ancora poco conosciuto. Considerata la presenza nel Bioparco anche di specie possibili reservoir di altri virus responsabili di FCM, quali AlHV-1, Caprine Herpesvirus 2 (CpHV-2), FCM virus isolato dal Cervo dalla coda bianca (MCFV-WTD) (8), si rende necessario uno studio complessivo del problema per ridurre quanto più possibile eventuali perdite di soggetti di alto valore naturalistico. Questo episodio conferma che l’allevamento di specie clinicamente sensibili alla FCM insieme con specie reservoir, costituisce una pratica di gestione sanitaria non appropriata ed un rischio non irrilevante, soprattutto per quelle specie soggette a programmi di conservazione.

BIBLIOGRAFIA

1. M. Campolo, MS. Lucente, V. Mari, G. Elia, A. Tinelli, P. Laricchiuta, M. Caramelli, D. Nava, C. Buonavoglia, N. Decaro. 2008 Malignant catarrhal fever in a captive American bison (Bison bison) in Italy. J. Vet. Diagn. Invest. 20: 843 – 846;

2. Hatkin J. 1980 - Endemic Malignant Catarrhal Fever at the San Diego Wild Animal Park. J. of wild. Dis. Vol. 16, No.3 p 439 - 443

3. C. Letellier, P. Kerkhofs 2003. Real-time PCR for simultaneous detection and genotyping of bovine viral diarrhea virus. Journal of Virological Methods 114 pp 21-27 4. Manna G., Scicluna M.T., Damiani A., Lorenzetti R., Palmerini T.,Letizia E., Caciolo D., Amaddeo D., Autorino G.L. 2007. Messa a punto di un protocollo di real time PCR per la diagnosi delle infezioni da Alphaherpesvirus dei

ruminanti. Atti del IX congresso Nazionale S.I.Di.L.V. pp.37- 38

5. A. Martucciello, C. Marianelli, M. Captano, S. Atarita, D. Alfano, G. Galero. 2006. Indagine su un focolaio di Febbre Catarrale Maligna nella bufala mediterranea (Bubalus Bubalis). Large Animal Review, Anno 12, n. 5 pp 21-24; 6. G. Russel, J. Stewart, D. Haig 2009. Malignant Catarrhal fever: A review; The Vet. J. 179 324-335;

7. Stöber, M. Febbre Catarrale Maligna. In: Diktsen, G., Grunder, H.D., Stöber, M. Medicina Interna e Chirurgia del Bovino. Le point Vétérinaire Italie srl, Milano 2004 pp. 1217 – 1221 ;

8. H. Li, N. Dyer, J. Keller, T. Crawford 2000 Newly Recognized Herpesvirus Causing Malignant Catarrhal Fever in White-Tailed DeerOdocoileus virginianus). J. of Clinical Microbiology, Apr., p. 1313–1318

INDAGINE SULLA PREVALENZA DELLA LEPTOSPIROSI NEI CINGHIALI

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