Marogna G., Fiori A., Barbato A., Schianchi G., Leori G. S.
Dipartimento Produzioni dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G. Pegreffi”
Key words: streptococchi, noduli mammari, vaccino stabulogeno.
ABSTRACT
In this work, we describe the successful eradication plan performed on an ovine flock with severe mastitis caused by Enterococcus faecalis. During the eradication plan, lasted about three years, we adopted several measures of management and prophylaxis including antimicrobial therapy and vaccination.
INTRODUZIONE
Le mastiti batteriche degli ovini da latte sono provocate principalmente da due gruppi di Gram + : gli stafilococchi e gli streptococchi. Fra gli streptococchi sono principalmente chiamati in causa due generi: Streptococcus e Enterococcus. Negli ultimi anni, perlomeno in Sardegna, le infezioni causate da streptococchi sono in aumento. Il fenomeno sembrerebbe legato alle mutate condizioni di allevamento che oggi prevedono tempi di stabulazione sempre più lunghi, fenomeno che sembra avvantaggiare germi opportunisti ed ambientali come gli streptococchi. In una recente indagine condotta fra allevamenti con gravi e ricorrenti quadri di mastiti batteriche in Sardegna, fra gli streptococchi, le infezioni da Enterococcus faecalis sono seconde solo a quelle provocate dallo Streptococcus uberis (Marogna et al., 2010). Al contrario, in alcune ricerche che hanno monitorato allevamenti “normali”, non italiani, Enterococcus faecalis risulterebbe un batterio raramente isolato dal latte di pecora, mostrando una prevalenza del 2,6- 3,6% (McDougall et al., 2002). In questo lavoro descriviamo il risanamento di un gregge sede di un importante focolaio di mastite da Enterococcus faecalis. Questo focolaio, sia per la gravità delle lesioni cliniche riscontrate sia per il numero degli animali colpiti, il 24 % delle pecore adulte in lattazione (Tempo 0), rappresenta un caso limite che abbiamo ritenuto opportuno segnalare e descrivere. Non abbiamo trovato riscontri analoghi in letteratura. Il lavoro riporta i risultati di un piano di risanamento ottenuto attuando uno specifico protocollo di profilassi sanitaria e immunizzante. Questa ultima, in particolare, ha previsto la produzione e la stima dell’efficacia “sul campo” di un vaccino stabulogeno specifico per Enterococcus faecalis.
MATERIALI E METODI
La consistenza iniziale dell’allevamento, al momento del nostro primo ingresso (Tempo 0), era di circa 1.300 pecore adulte. Di queste, 318 erano la rimonta, 860 le pecore adulte in lattazione, 53 le adulte in asciutta e 47 le adulte non partorite. Le pecore erano tutte di razza Sarda e venivano munte meccanicamente con impianto a lattodotto da 48 poste. Il management prevedeva il pascolamento di prati naturali ed erbai per gran parte della giornata, il pernottamento notturno in stalla (con lettiera) e l’utilizzo di mangimi commerciali concentrati, somministrati durante le mungiture (non più di 400 gr/die). Al momento del nostro primo monitoraggio (Tempo 0) le pecore si trovavano nell’ultimo periodo della lattazione, in prossimità dell’asciutta. Abbiamo visitato e prelevato il latte a tutte le pecore in lattazione presenti in allevamento. Questi esami ci hanno consentito di avere il quadro della situazione clinica e degli agenti infettanti le mammelle. Da questi risultati siamo partiti per programmare il piano di risanamento del gregge. Gli animali sono stati monitorati per tre
anni consecutivi (da Tempo 0 a Tempo III) con uno screening generale previsto sempre a ridosso dell’asciutta di ogni stagione produttiva (luglio-agosto). L’esame clinico della mammella si eseguiva a mammella munta, differenziato per emimammella, e comprendeva un esame ispettivo, la valutazione della consistenza della emimammella e dell’aspetto macroscopico del latte munto, l’esame dei linfonodi sopramammari e l’eventuale presenza di “lùpia”, una mastopatia fibrocistica di eziologia non nota, di riscontro relativamente frequente nei nostri allevamenti da latte. L’esame ispettivo valutava la presenza di: pustole, croste, escrescenze cornee, ulcere, noduli, ascessi, rubor, calor e dolor (questi ultimi 3 rispettivamente al termotatto e alla palpazione). La consistenza mammaria alla palpazione veniva differenziata in: normale, edematosa, sclerotica e atrofica. L’aspetto macroscopico del latte veniva differenziato in: normale, sieroso, emorragico, con pus, con frustoli, secreto assente. La pratica del prelievo di latte prevedeva una preventiva pulizia e disinfezione dei capezzoli e quindi l’eliminazione dei primi schizzi di latte e una nuova disinfezione. Il latte, munto a mano, sempre dallo stesso operatore, veniva raccolto all’interno di provette sterili da 50 ml a chiusura ermetica. Il prelievo non veniva differenziato per emimammella, ma si costituiva una miscela del latte di ogni singola mammella. I campioni di latte venivano immediatamente posti a 5 °C, quindi trasportati al laboratorio dove si procedeva all’immediata semina colturale. Aliquote di 10 µl di latte di ciascun campione venivano seminate su piastre con diversi terreni di coltura per l’isolamento e l’identificazione batterica, ed incubate a 37°C per 24-48 ore. I batteri isolati sono stati sottoposti a colorazione di Gram, e tutti i Gram positivi sono stati identificati a livello di specie, sia mediante tecniche biochimiche (test della catalasi e della coagulasi, gallerie API-BioMerieux) che mediante metodi molecolari. In questo lavoro infatti, i metodi biochimici sono stati affiancati da tecniche di identificazione mediante PCR per diverse specie di stafilococchi e streptococchi, utilizzando primers specie-specifici. Il vaccino stabulogeno è stato allestito a partire da una colonia di Enterococcus faecalis clonata da un’altra, identificata con metodo biochimico e conferma molecolare. L’allestimento del vaccino prevedeva una prima amplificazione che consisteva nello stemperare in una provetta di Nutrient Broth (Oxoid) una singola colonia di streptococco tipizzato ed quindi incubazione a 37°C per 24 ore; quindi si procedeva con un’ulteriore amplificazione eseguendo una nuova semina su un numero di unità di terreno di crescita proporzionale alla quantità di antigene necessaria alla preparazione delle dosi di vaccino da inoculare agli animali; questa seconda amplificazione avveniva seminando la sospensione madre di Trypticase soy broth (Oxoid), ed incubando per 24 h a 37°C. Il controllo della purezza della sospensione veniva effettuato eseguendo direttamente uno striscio su vetrino con colorazione di Gram e quindi una nuova semina in piastra di agar-sangue con incubazione a 37 °C per 36-48 ore, con conseguente nuovo striscio e colorazione di Gram. La brodo-cultura veniva quindi centrifugata a 6.000 g/ min in centrifuga Sorvall refrigerata e il pellet dei batteri raccolto in soluzione fisiologica fino ad ottenere la una concentrazione di streptococchi (109 UFC/ml). A questo volume di sospensione, si
aggiungeva come adjuvante una quantità di idrossido di alluminio sufficiente ad ottenere una concentrazione finale al 10%, e quindi, si lasciava la soluzione in agitazione per circa 2 ore. L’inattivazione veniva attuata aggiungendo alla sospensione della formaldeide al 40% (Carlo Erba) per raggiungere una concentrazione finale del 0.05%, così come previsto dalle linee guida per la preparazione dei vaccini stabulogeni che uniformano le metodiche di produzione fra i diversi Istituti Zooprofilattici. L’intero volume della sospensione così ottenuta veniva incubato a 37°C, in agitazione, per 24 ore e quindi inflaconato. I controlli sul prodotto finito sono stati distinti in fisico-chimici (aspetto e pH), microbiologici (controlli di sterilità) e biologici (controlli di tossicità su topino). Per quanto concerne i controlli di sterilità, le prove hanno comportato la semina contemporanea di una aliquota della sospensione su diversi terreni di crescita:
1) agar sangue per verificare una eventuale crescita di batteri aerobi;
2) Sabourod (Oxoid, U.K.) per verificare la crescita delle muffe; 3) Thioglicolate Broth (Oxoid) per verificare la crescita degli anaerobi;
4) Hayflick agar per verificare l’eventuale crescita di micoplasmi; Il controllo della tossicità ha previsto l’inoculazione sottocutanea su topino di 1 ml di vaccino e quindi l’osservazione per 24 ore. Per quanto concerne al protocollo di risanamento in accordo con allevatori e veterinario aziendale si è proceduto come segue: • Vaccinazioni – il primo anno si è eseguita una prima vaccinazione a fine agosto con un richiamo a 30 giorni di distanza. Queste prime due inoculazioni hanno interessato tutto l’effettivo del gregge, compresa la rimonta. A partire da questa data i richiami annuali sono stati differenziati come segue: tutti i capi adulti venivano richiamati fra fine dicembre e inizio di gennaio e quindi una seconda volta a giugno; le future primipare invece, una prima volta attorno alla fine di febbraio e quindi anche loro, una seconda volta a giugno. Questo ogni anno per tre anni consecutivi. • Profilassi sanitaria – questa ha comportato diverse azioni. Avevamo constatato che la falda dalla quale si otteneva l’acqua utilizzata per tutti gli scopi aziendali era relativamente superficiale (7 metri) e che durante il periodo delle piogge, facilmente veniva “inquinata” dal percolato. Si è quindi prevista la raccolta dell’acqua pompata dal pozzo in un serbatoio e quindi la sua clorazione a monte della distribuzione. La lettiera delle zone di pernottamento è stata composta con paglia di grano e regolarmente sostituita. Particolare cura è stata riservata alla mungitura, sono stati previsti controlli regolari sulle tarature della mungitrice eseguiti da tecnici specializzati e si è prevista l’introduzione della pratica del diping. Questa consisteva nel nebulizzare con uno spruzzino i capezzoli alla fine di ogni mungitura utilizzando una soluzione disinfettante a base di Sali d’ammonio quaternario.
• Terapia – l’utilizzo della terapia è stato ridotto al minimo. Si è deciso di praticarla solo in casi eccezionali. Il concetto generale è stato quello di privilegiare la riforma al tentativo di risanamento con antibiotici. In ogni caso ci si è orientati (dopo antibiogramma) verso l’utilizzo del principio attivo tilosina, con terapie di 5 giorni e isolamento degli animali trattati.
• Riforma - questa è stata una delle voci fondamentali nel risanamento. Tutti i capi con lesioni nodulari sono stati sistematicamente scartati dall’allevamento il più rapidamente possibile. Ogni anno, al termine di ogni screening batteriologico del latte, tutti i capi positivi per Enterococcus faecalis venivano scartati.
RISULTATI
Diagnosi da latte – (Tempo 0) animali esaminati 860; capi con Enterococcus faecalis 206 (24 %), altre specie batteriche isolate non sono state ritenute statisticamente significative. (Tempo
I) animali esaminati 741; capi con Enterococcus faecalis 44 (6 %). (Tempo II) animali esaminati 937, capi con Enterococcus faecalis 0 (zero). (Tempo III) animali esaminati 933, capi con Enterococcus faecalis 0 (zero).
Esami clinici – L’infezione da Enterococcus faecalis è stata associata in modo statisticamente significativo alla presenza di noduli mammari. Le dimensioni di questi noduli sono variate da quelle di un pisello a quelle di un mandarino. I grossi noduli erano spesso singoli e in generale il loro riscontro era raro. Più comune era invece il riscontro di numerosi piccoli noduli interessanti entrambe le emimammelle. Il pacchetto dei linfonodi sopramammari risultava quasi sempre molto reattivo. In numerosi capi abbiamo riscontrato un secreto mammario sieroso (molto simile a quello che si rinviene in corso di Agalassia contagiosa). Comune è stato anche il riscontro di sclerosi ed atrofie monolaterali che però non sono state correlate in modo esclusivo all’infezione da Enterococcus faecalis, ma erano spesso associate ad altre forme di mastite provocate da stafilococchi coagulasi negativi, presenti comunque in numero poco significativo. Nel corso degli ultimi due screening clinici non abbiamo individuato casi di noduli mammari in allevamento.
DISCUSSIONE
Il risultato finale di tutte le azioni di profilassi, terapia e mangement è stato il risanamento del gregge. In condizioni di campo molte sono le variabili che possono intervenire a favorire o complicare l’opera di risanamento. In questo caso è difficile dare un peso, capire quale delle azioni intraprese ha avuto più o meno importanza nel risanamento. Quest’ultimo deve essere considerato conseguenza di tutte le azioni intraprese. Una delle difficoltà maggiori incontrate è stata quella di individuare per tempo gli animali serbatoio e fonte di infezione. Premesso che nella pratica di campo, è molto difficile ipotizzare e eseguire screening batteriologici sul latte di tutti gli animali del gregge eseguendo controlli con intervalli relativamente brevi, noi abbiamo optato per un unico screening generale, annuale, verso la fine di ogni lattazione. Questa scelta, unita agli esami clinici minuziosi delle emimammelle di ogni capo, ha il pregio di dare un’idea chiara dello stato sanitario di gran parte del gregge ma ha il difetto di non riuscire ad individuare per tempo gli animali serbatoio e fonte di infezione. Questo spiegherebbe, almeno in parte, la presenza in allevamento di animali infetti e con segni clinici ad un anno di distanza dal primo screening. Pensiamo che fra gli animali che per vari motivi non si era riusciti ad analizzare al Tempo 0 ci potessero essere capi infetti, e che questi abbiano consentito un minimo di circolazione batterica anche nella stagione successiva. Una azione fondamentale nell’opera di risanamento è stata quella della riforma. Normalmente un gregge sardo ha una riforma del 20-25 %, mentre lo scarto del primo anno, nell’allevamento da noi monitorato, è arrivato al 38 %, di gran lunga superiore a quello previsto. Ad aggravare quindi il quadro economico dell’impresa, già provata dal crollo della produzione lattea e dalle altre perdite dirette ed indirette causate dalla mastite, si deve aggiungere l’impoverimento numerico del gregge, nel quale l’originaria quota di rimonta non è stata in grado di compensare gli animali eliminati. Gli allevatori hanno dovuto allevare molto di più negli anni successivi in modo da compensare gli scarti e ritornare ad un numero di animali dimensionato per le potenzialità aziendali. Scartare e allevare tanto, normalmente non è molto remunerativo, tuttavia nel contesto da noi affrontato riteniamo che sia stata una scelta obbligata che ha contribuito in modo fondamentale al risanamento. In conclusione vorremo rimarcare il fatto che sia la descrizione di un focolaio di mastite da Ent. faecalis che l’utilizzo di uno specifico vaccino stabulogeno, perlomeno stando alle nostre fonti, sono assolutamente inediti.