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SENSORI ELETTROCHIMICI A DNA PER LO SCREENING DI IDROCARBURI POLICICLICI AROMATIC

Lanzone V.*, Del Carlo M.*, Compagnone D.*, Galiero G.**, De Roma A.**, Corrado F.**

*Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università degli Studi di Teramo ** Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno

Keywords: biosensore a DNA, IPA, nanoparticelle d’oro

SUMMARY

We developed a DNA biosensor based on gold nanoparticles for detection of ubiquitous contaminants such as Polycyclic aromatic hydrocarbons (PAHs). The assay is based on inhibition of the hybridization reaction between two complementary sequences following the formation of a stable adduct of DNA and submicromolar concentrations of the contaminant B[a] PDE (1). All the compounds forming stable adducts with DNA can be detected and, therefore, the assay could be used as a screening test for genotoxicity of PAHs, their oxidation products and other synthetic compounds.

INTRODUZIONE

Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono contaminanti formanti, generalmente, nei processi di combustione di origine antropogenica, soprattutto in condizioni di carenza di ossigeno. La catena alimentare rappresenta la principale fonte di esposizione per l’uomo a tali sostanze che, per la loro natura idrofobica, si accumulano principalmente nei tessuti adiposi. Alcuni di essi sono in grado di legare il DNA attraverso la formazione di addotti con conseguenti effetti genotossici e cancerogenici. Tali effetti sono associati all’attivazione metabolica di intermedi diol-epossidici più reattivi dei composti di partenza. Attualmente, per la rivelazione degli IPA negli alimenti vengono utilizzate le tecniche separative quali l’HPLC con rivelatore a fluorescenza (FLD) e la gas cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (GC-MS). Tali tecniche permettono di raggiungere dei bassi limiti di rivelazione ma richiedono lunghi tempi di analisi, procedure complesse per la preparazione del campione nonché una strumentazione sofisticata e molto costosa. Per questo motivo, è stata rivolta una crescente attenzione alla possibilità di utilizzo dei biosensori a DNA, dispositivi analitici sensibili, selettivi, con tempi di risposta rapidi, producibili su larga scala e a basso costo. In questo lavoro è stato sviluppato un biosensore elettrochimico a DNA basato sull’utilizzo di nanoparticelle d’oro come materiale di supporto per l’immobilizzazione del materiale biologico e un metodo di rivelazione indiretto amplificato per via enzimatica per la rivelazione degli addotti tra il DNA e il B[a]PDE, principale metabolita attivo del B[a]P.

MATERIALI E METODI

Le sequenze oligonucleotidiche funzionalizzate con il gruppo esantiolo, fornite da Invitrogen, sono: sequenza contenente gli hot spot (HS) [ThiC6]-TTTCGTCAAAGGCGG TCTGTCATA, sequenza random (NO HS) [ThiC6]-CTC ACTCAACACTCATTAGCGACA e sequenza che non contiene adenine e guanine (NO GA) bersagli del B[a]PDE, [ThiC6]- TTTCTCTTCTTCTCTCTCCCCCTC. Le rispettive sequenze complementari biotinilate sono: complementare HS (5’-biot- TATGACAGACCGCCTTTGACGAAA), NO HS (5’-biot- TGTCGCTAATGAGTGTTGAGTGAG) e NO GA (5’-biot- GAGGGGGAGAGAGAAGAAGAG). Gli screen printed d’oro

(SPGE) e di grafite (SPCE) sono forniti da EcoBioServices & Researches. Le nanoparticelle d’oro sono state preparate con il metodo Frens (2) e successivamente funzionalizzate attraverso l’immobilizzazione sulla superficie delle sequenze oligonucleotidiche per la formazione dei moduli di affinità (3). Tutti i reagenti utilizzati sono forniti da Sigma Aldrich.

-Principio del saggio

Le sequenze oligonucleotidiche funzionalizzate con il gruppo esantiolo in posizione 5’ (probe) sono immobilizzate sulla superficie d’oro del sistema di trasduzione ed incubate con le rispettive sequenze complementari funzionalizzate all’estremità 5’ con la biotina. Una volta avvenuta la reazione di ibridazione tra le due sonde complementari si aggiunge l’enzima alcalin- fosfatasi coniugato con la streptavidina in maniera tale da sfruttare l’interazione altamente specifica biotina-streptavidina per introdurre il marcatore enzimatico nel sistema. L’enzima catalizza la reazione di idrolisi del substrato con la formazione di un prodotto che genera un segnale analitico la cui intensità è correlabile alla percentuale di duplex formato. La rilevazione del B[a]PDE si basa sull’inibizione della reazione di ibridazione tra le due sequenze complementari. L’aggiunta del tossico, infatti, e la conseguente formazione dell’addotto, comporta un impedimento della reazione di ibridazione determinando in tal modo, una diminuzione della quantità di enzima che si lega al sistema e del prodotto formato. Si osserva, quindi, una riduzione dell’intensità del segnale analitico direttamente proporzionale alla quantità di tossico aggiunto (4).

-Biosensore elettrochimico a DNA con elettrodi screen printed d’oro (SPGE)

Il protocollo per la realizzazione del biosensore a DNA su elettrodi SPGE prevede 19 h di incubazione con 6 µL di probe tiolato 5µM in PBS (tampone fosfato di sodio dibasico 0,5 M a pH 8,5) per l’immobilizzazione del materiale biologico. Segue il lavaggio con alcune gocce di acqua distillata e il bloccaggio dei siti liberi con 6-mercapto-1-esanolo 1mM per 3h a T ambiente. Si procede con la deposizione di 6µl di target biotinilato complementare, 5 µM in tampone citrato sodico SSC 2X (NaCl 300 mM, C6H5Na3O7 30 mM a pH 7,4) per 20min a temperatura ambiente e 6µl di enzima streptavidina-alcalin fosfatasi in tampone DEA (dietanolammina 0,1 M, MgCl2 1mM, KCl 10mM pH 9.6) per 20 min a temperatura ambiente. Successivamente si aggiunge il substrato enzimatico,1-naftil fosfato 1mg/mL in DEA 100µl per 10min. Una volta formato il prodotto si esegue la misura in voltammetria differenziale ad impulsi (DPV) nel range di potenziale compreso tra +0V a +0,6V con uno strumento AUTOLAB PGSTAT 12, con software GPES (Eco Chemie), a temperatura ambiente. Tra una fase di incubazione e la successiva la superficie degli elettrodi viene lavata con tampone DEA con 0,1% di TWEEN 20 (200µl per 3 volte) per eliminare i reagenti in eccesso.

-Biosensore elettrochimico a DNA basato sui moduli di affinità. In omogeneo, il protocollo prevede la deposizione semplice dei moduli di affinità sulla superficie degli elettrodi screen printed

di grafite, pretrattati con 100 µL di fosfato 0,1 M a pH 7,0 ed un potenziale costante di 1,7 V per 300s. Segue l’asciugatura in termostato e la polarizzazione con 100 μL di KCl 0,1M ad un potenziale costante (+0,5 V) per 120 secondi. Si prosegue con la deposizione della sonda biotinilata complementare e gli step descritti in precedenza per il biosensore a DNA con gli SPGE. Nel sistema omogeneo tutte le fasi di incubazione e lavaggio vengono condotte all’interno di una eppendorf. Il lavaggio dei reagenti in eccesso viene effettuato mediante l’aggiunta di 500 µL di tampone DEA-TWEEN 20, centrifuga a 12300 rpm ed eliminazione del surnatante (X2). Le temperature vengono controllate mediante l’utilizzo di un termoblocco. L’ibridazione avviene alla temperatura di annealing, in maniera da aumentare la specificità dell’appaiamento delle basi nella formazione del duplex; tutte le altre fasi sono condotte a 30°C.

-Sintesi degli addotti DNA-BaPDE:

90 µL di soluzione contenente le sequenze oligonucleotidiche tiolate in tampone Tris-HCl (tris(idrossimetil)amminometano cloroidrato pH 7.5) sono incubate con 10 µL di B[a]PDE in THF per 24h a 30°C al buio, per evitare fenomeni di fotodegradazione. Il rapporto tra le concentrazioni finali di sonda e B[a]PDE è 1:5. RISULTATI E DISCUSSIONE

L’approccio innovativo adottato per la realizzazione del biosensore elettrochimico a DNA ha previsto, nella prima fase, l’utilizzo degli elettrodi SPGE come sistema di trasduzione del segnale analitico, con l’immobilizzazione della sequenza oligonucleotidica sulla superficie piana dell’elettrodo di lavoro in oro. Il confronto tra le intensità dei segnali ottenuti in presenza del target biotinilato, alla concentrazione ottimizzata, e in assenza (bianco), evidenziano un elevato adsorbimento aspecifico dell’enzima sulla superficie dell’elettrodo con un rapporto segnale/rumore pari a 4. Per ovviare alla scarsa sensibilità del sistema di rivelazione, alla luce dei recenti progressi nel campo delle nanotecnologie, si è pensato di sfruttare le peculiari proprietà dei materiali nanostrutturati ed, in particolare l’elevato rapporto superficie/volume, per l’immobilizzazione delle sequenze oligonucleotidiche. In questo modo, infatti, è stato possibile ottenere un aumento della superficie disponibile per il legame con la sonda tiolata, con un incremento della sensibilità del sistema ed una concomitante riduzione del segnale di adsorbimento aspecifico (figura 1). Figura1: Confronto segnale di ibridazione (target 5 μM) e segnale aspecifico (target 0μM) ottenuto con gli SPGE (blu) e i moduli di affinità (rosso)

L’utilizzo dei moduli di affinità con la metodica in eterogeneo, analoga a quello adottata per la realizzazione del biosensore con gli SPGE, ha consentito, quindi, di ottenere un miglioramento

della sensibilità del sistema di analisi. Tuttavia, il segnale risultava comunque scarsamente riproducibile (CV>20%) e non confrontabile in giorni differenti, probabilmente a causa del mancato controllo dei parametri sperimentali, in particolare della temperatura. La necessità di superare tali limiti del dispositivo di analisi ha portato ad un approccio differente (sistema omogeneo), in cui tutte le fasi di incubazione e di lavaggio sono condotte all’interno di una eppendorf. In questo modo è stato possibile sia controllare la temperatura, grazie all’utilizzo di un termoblocco, che diminuire i tempi necessari per la reazione di ibridazione, essendo la cinetica di reazione favorita rispetto al sistema eterogeneo. I risultati ottenuti con questo nuovo approccio evidenziano come il maggior controllo dei parametri sperimentali e il superamento della variabilità legata all’utilizzo degli SPCE, portino ad un notevole miglioramento nella riproducibilità intra ed inter-day (figura 2). Figura 2: confronto tra prove di ibridazione con i moduli HS condotte in 3 giorni differenti

Una volta ottimizzate le condizioni per la reazione di ibridazione, sono state effettuate le prove preliminari di inibizione con il B[a]PDE nell’approccio omogeneo. I risultati ottenuti non evidenziano differenze significative di segnale tra il bianco in assenza dell’analita e in presenza dello stesso (dati non riportati) il che evidenzia la necessità di ulteriori ottimizzazioni sia per le condizioni di preparazione degli addotti sia per la reazione di inibizione.

Gli sviluppi futuri di questo lavoro prevedono l’ottimizzazione del biosensore al fine di ottenere un valido dispositivo per l’analisi di IPA in soluzioni standard e successivamente come test di screening per studi di genotossicità in campioni reali.

BIBLIOGRAFIA

1) Rodin S.N., Rodin A.S., (2002), On the origin of p53 G:C→T:A transversions in lung cancers, Mutation Research, 508, pp. 1–19.

2) Frens. G., (1973), Controlled nucleation for the regulation of the particle size in monodisperse gold suspensions, Nature Phys. Sci. 241: pp. 20-22.

3) Moreno M., Rincon E., Pérez J. M., González V.M., Domingo A., Dominguez E., (2009), Selective immobilization of oligonucleotide-modified gold nanoparticles by electrodeposition on screen-printed electrodes, Biosensors and Bioelectronics, 25, pp. 778–783.

4) Pontén I., Kim S. K., Gräslund A., Nordén B., Jernström B., (1994), Spectroscopic studies of the trans adducts derived from (+)-and(-)-anti-benzo[a]pyrene-7,8-dihydrodiol-9,10- epoxide and the oligonucleotide 5’-d(CCTATAGATATCC). Carcinogenesis.15(10):2207-13.

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