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La caduta della parola

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 118-120)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

9.3. La caduta della parola

Ebner, raccogliendo il tormento della sua epoca, interpreta la crisi della ragione come segno di una crisi più generale del sapere, determinatasi in conseguenza di quella che definisce la

caduta della parola. E' avvenuto – spiega il maestro austriaco - che l’uomo occidentale,

mentre acquistava la sua scienza, ha perso “la fede nella parola”734. La scienza (ma ciò vale

anche per la filosofia) lo ha distratto verso una forma di linguaggio oggettivo ed oggettivante,

chiuso ed autoreferenziale735. Contestualmente, la parola è stata “ridotta a mero utensile del

pensiero”736, incapace ormai di parlare tanto al Tu ideale quanto al Tu concreto nell'uomo737.

Divenuta oggetto di un illusorio dominio umano, la parola è stata derubricata sul registro di una comunicazione impersonale, in cui dominano espressioni spiritualmente spente. Il soggetto umano si è visto, quindi, condannato ad una glaciale solitudine738 e gli si è

spalancato il baratro dell'incomunicabilità. I rapporti tra gli uomini si sono fatti difficili,

730 A. K. Wucherer-Huldenfeld, Il pensiero fondamentale di Ferdinand Ebner, cit., pag. 27. “La parola e la lingua

non possono essere studiate in maniera a-settica prescindendo dal soggetto umano , viceversa il soggetto umano non puó essere indagato e colto nella sua realtá vivente se non percorrendo la strada della parola ” E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 43.

731 F. Ebner, Fragmente, Aufsätze, Aphorismen. Zu einer Pneumatologie des Wortes, in Schriften, vol. I, cit., pag. 88. 732 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 82.

733 “In questi non si osserveranno mai simili esercizi di formazione dei suoni, questi giochi con gli elementi del linguaggio che preparano il parlare; e questo perché negli animali non vi é nulla che, come nei bambini, spingerebbe verso il linguaggio, proprio perché ciò, derivando dall'«avere la parola» é di origine spirituale e non può affatto venir inteso come espressione di un puro istinto, che farebbe compiere all'individuo in maniera inconsapevole quanto é necessario alla sopravvivenza sua e della sua specie”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 223.

734 Ivi, pag. 385.

735 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 81. 736 A. Bertoldi, Il pensatore della parola, cit., pag. 154.

737 “Esiste comunque anche un divenir parola dei pensieri che evita il Tu, una parola che non parla cioé né al Tu

ideale né al Tu concreto nell'uomo, bensì si attiene all'«oggettività» del pensare”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 178. In ciò si rimarca la specificità ebneriana nel contesto di quella che è stata definita la svolta linguistica del '900, in particolare, in rapporto a Wittgenstein. Su tale argomento si vedano: “P. Kampits, Gioco linguistico e dialogo. Sull'interpretazione del linguaggio in Ludwig Wittgenstein e Ferdinand Ebner, in S. Zucal – A. Bertoldi (a cura di), La filosofia della parola di Ferdinand Ebner, cit., pagg. 467-479 e L. Perissinotto, Linguaggio e filosofia in Ferdinand Ebner e Ludwig Wittgenstein, ivi, pagg. 481-496.

738 Si dà, per Ebner “un legame di interdipendenza tra l'abbrutimento del linguaggio e l'avvilimento del soggetto

umano ad individuo ab-solutus, dimentico del Tu e condannato all'«autosolipsismo dell'Io»” . A. Bertoldi, Il pensatore della parola, cit., pag. 155.

ardui. La solitudine si è insinuata, quindi, nelle coscienze come mortale malattia dello spirito739 .

La solitudine – osserva Ebner - diventa mortale quando le fonti della comunicazione si

esauriscono e “lo spirituale nell'uomo non riesce più a farsi strada nella vita”740, quando ci si

dimentica del linguaggio vero, di quello cioè che “corre tra la prima e la seconda persona”741.

In una condizione estrema, in cui si addivenisse alla fine di ogni forma di comunicazione, essa “equivarrebbe alla morte dell'Io”. Ora, il segnale di questo sarebbe la totale e definitiva perdita del linguaggio. “L'uomo – scrive Ebner - perderebbe il linguaggio. Egli non potrebbe

più comunicarsi a un altro, non potrebbe più capirsi con lui. Non potrebbe più esprimersi circa se stesso e nella sua "chiusura" non troverebbe più la parola che lo potrebbe liberare e salvare”. Alla perdita della parola si accompagnerebbe, quindi la perdita dell'amore, che è,

per Ebner, la parola nella sua più pura estrinsecazione: “Nell'uomo totalmente chiuso sarebbe

morto anche l'amore e verrebbe a mancare l'essere cosciente. Rimarrebbe ancora solo la coscienza, in uno stato però crepuscolare e volgente all'estinzione”742. Nell’uomo

dell’assoluta autosufficienza, nell'uomo totalmente chiuso in sé, viene meno, successivamente all'estinzione del linguaggio, l’amore e con l'amore viene meno l'uomo, in quanto

spirituale743, ossia nelle sorgenti stesse della sua umanità.

Non è difficile intravedere dietro questi scenari una sorta di metafora della condizione umana nell'epoca del nichilismo compiuto. Il solipsismo, che rappresenta, per Ebner, l'alfa e l'omega del pensiero moderno, la sua origine e la sua destinazione, ha attinto il suo culmine. Nelle sue forme estreme rappresentate, sotto il profilo teoretico, da Nietzsche, si è dimostrato

come interruzione di ogni comunicazione744. La comunicazione è interrotta, perché il

linguaggio versa ormai in uno stato di deiezione. Esso non non serve più alla comunicazione, perché quello che il soggetto conosce ed usa è ormai un linguaggio del tutto autoreferenziale. Non c'è più alcun Tu, ma solo un io prigioniero di se stesso. Il soggetto è, per così dire, vittima del suo stesso autoisolamento, perché “con il fatto di pensarsi (…) l’Io

non esce dal suo solipsismo”745.

A fronte di questa crisi, Ebner ha inteso operare nella direzione opposta. Si è speso, quindi,

per la riappropriazione del valore spirituale della parola746. “Se la nostra cultura non vuol

tramontare – ha scritto, a tal proposito, Edda Ducci - dovrá assumersi il compito della

739 Lo attesterebbero il disagio psichico e la devianza riconducibili, per Ebner, a “ qualcosa di spirituale”. F.

Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag.151.

740 S. Zucal, Lineamenti di pensiero dialogico, cit., pag 35.

741 F. Ebner, Fragmente, Aufsätze, Aphorismen. Zu einer Pneumatologie des Wortes, in Schriften, vol. I, cit., pag. 91. 742 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag.240-41.

743 “... nella superbia della propria autoconoscenza l'uomo non sa nulla circa la grazia (…) e si chiude all'amore”. Nulla lo salva “dalla svalutazione della propria esistenza e della vita in genere e anzi si esprime di fatto proprio all'interno di tale svalutazione” Ivi, pag. 359.

744 Per Ebner Nietzsche é un nemico dell'idea e “un appassionato dell'uomo reale che vale più dell'idea”, ma in Nietzsche, “nell'ottica dello «spirito libero», si celebra la dolorosa recisione e amputazione del legame- dipendenza con un Tu divino e umano, laddove proprio in quel duplice legame-dipendenza Ebner riviene la liberazione dalla propria paralizzante impotenza”. Vedi S. Zucal, Il miracolo della parola, cit., pag. 17-18. Un riferimento esplicito a Nietzsche, e in particolare al concetto di volontà di potenza è rinvenibile nei Frammenti Pneumatologici a pag. 361: “Il fatto che l'«uomo reale rappresenti un valore assai più elevato rispetto all'uomo auspicabile di un qualsiasi ideale finora esistito», come afferma Nietzsche ne La volontà di potenza, é un'acquisizione nella quale é racchiusa la fine dell'idealismo e in cui si rinnova la vita spirituale dell'uomo. Si tratta però anche di una verità che risulta autentica e fruttuosa solo nell'intimo orientarsi della vita alla dimensione religiosa”. (nota 23-parte seconda)

745 Vedi pure Frammenti Pneumatologici, cit., pag.254.

restitutio in integrum della parola, (…) non quella che nel restringimento di ogni interioritá di vita si aggrappa ai segni esterni e al corpo morto della parola, ma quella in cui l'amore fa l'uomo «uditore della parola», in cui l'amore lo fa «facitore della parola”747.

Ebner ritrova, quindi, nella parola una forza veritativa liberante e redimente l'uomo dalle prigionie che lo portano alla morte dello spirito: “Non inabita nella parola in sé e per sé,

proprio per la sua origine nello spirito, la forza di risanare l'uomo dalla rottura spirituale della sua vita? La parola incatena la potenza del male. La parola riscatta l'uomo. Essa lo libera dalla sua prigionia spirituale che lo condanna alla morte dello spirito”748.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 118-120)

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