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Dio, mondo e uomo come elementi del premondo

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 55-59)

4. L'attraversamento della crisi: oltre il nulla universale ed astratto del nichilismo

4.4 Dio, mondo e uomo come elementi del premondo

Il metodo della correlazione, che Rosenzweig deriva da Cohen, porta a “quelli che

potremmo definire i bastioni primordiali o «elementari» dell'essere, la sua ossatura o il suo scheletro originario”336, e cioè Dio, il cosmo e l'uomo337. Essi costituiscono, per il Nostro, le

coordinate di ogni pensiero, esperienza e realtà338, i fenomeni originari339, le fattualità ultime340.

Il fatto che siano definiti fattualità o fenomeni esclude che siano riconducibili alla sfera del pensato. Semmai, sono da intendersi quali contenuti elementari dell'esperienza, fenomenologicamente affioranti341. Il fatto che siano detti originari sta ad indicare che

332 “Dove si trova il ponte che collega la soggettività più estrema, si potrebbe dire la ipseità cieca e sorda, con la

chiarezza luminosa dell’obiettività infinita?” Ivi, pag. 108.

333 Quale allora il compito della filosofia? La filosofia – scrive Rosenzweig - “deve tenere saldamente la sua

nuova posizione di partenza, il sé soggettivo, estremamente personale, anzi ancor più, incomparabile, immerso in se stesso, ed inoltre il punto di vista di questo sé, e tuttavia deve raggiungere l'obiettività che é propria della scienza. Dove si trova il ponte che collega la soggettività più estrema, si potrebbe dire la ipseità cieca e sorda, con la chiarezza luminosa dell'obiettività infìnita?”. Ivi, pag. 108.

334 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 42.

335 I tre fenomeni originari non sono assunti da Rosenzweig, a differenza di Kant, come risultato, ma come punto

di partenza del sapere. Sono “l’inizio, non la fine” della ricerca. E. D’Antuono, Ebraismo e filosofia, cit., pag. 55.

336 F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme etc., cit., pag. 170-71.

337 Dio, mondo e anima coincidono, come ha osservato Massimo Cacciari, con “i Tre tradizionali depositari del concetto di essenza” (Icone della legge, Adelphi, Milano 1985, pag. 20).

338 S. Malka, Leggere Rosenzweig, cit., pag. 24.

339 Vedi F. Rosenzweig, Der Mensch und sein Werk. Gesammelte Schriften, vol. I Briefe und Tagebücher, cit., pag.

1071.

340 Vedi F. Rosenzweig, Il nuovo pensiero, in F. Rosenzweig, La scrittura, saggi dal 1914 al 1929, a cura di G.

Bonola,-G. Benvenuti, Città Nuova, Roma 1991, pag. 257 (Das neue Denken, in F. Rosenzweig, Der Mensch und sein Werk. Gesammelte Schriften, vol. III, Zweistromland. Kleinere Schriften zu Glauben und Denken, von R. und A. Mayer, Martinus Nijhoff, Dordrecht/Boston/Lancaster 1984). Così osserva S. Mosés: “E’ la certezza, inscritta nel fondo dell’esperienza, della realtà della nostra propria esistenza, del mondo e di Dio; è dunque la conoscenza della realtà antecedente a ogni pensiero”, Système et Révélation. La philosophie de Franz Rosenzweig, Éditions du Seuil, Paris 1982, pag. 55.

341 E' interessante istituire un parallelo con la fenomenologia husserliana. A tal scopo riporto un passo di P. Thévenaz: “Il fenomeno è qui ciò che si manifesta immediatamente nella coscienza: si comprende così come avvenga che esso sia colto in un'intuizione che precede ogni riflessione o ogni giudizio. Non c'è altro da fare che lasciare che esso si manifesti, che si offra; il fenomeno é ciò che si autodá. Il metodo fenomenologico consiste dunque, di fronte ad oggetti o a contenuti di conoscenza, non tanto nell'interessarsi del loro valore e della loro realtà o della loro irrealtà - ciò che solo contava per i filosofi e per gli scienziati -, quanto nel descrivere tali oggetti e contenuti così come essi si danno, come pure e semplici intenzioni della coscienza, come significati, e nel renderli visibili ed evidenti come tali”. P. Thévenaz, La fenomenologia, Città Nuova

appartengono alla domanda originaria, pre-filosofica, perenne. “Noi cerchiamo – afferma F.

Rosenzweig – ciò chè è perenne, ciò che non ha bisogno del pensiero per poter essere”342. Il

fatto che siano tre rimanda alla tripartizione kantiana della Critica della Ragion pura (dialettica trascendentale) e a quell'approccio critico. L’esistenza di Dio, la realtà del mondo, la libertà umana pongono, infatti, ineludibili interrogativi, non esauribili da un'unica spiegazione, foss'anche quella negativa del nichilismo.

Liberati dalla stretta concettuale, in cui la filosofia aveva cercato di costringerli, i tre

fenomeni originari emergono “dai segreti fondamenti del nulla” come non inscrivibili o

racchiudibili in concetti. Pertanto, Dio si mostra irriducibile alla sfera del fisico (metafisico), il mondo irriducibile alla sfera del logico (metalogico) e l'uomo alla sfera dell’etico

(metaetico)343. Ma questa insormontabile differenza non esclude che s'istituisca tra di loro una

simmetria, che è quella che si origina dal movimento di contrapposte polarità (ossia dalla correlazione)344.

In particolare, il punto di partenza del sapere su Dio si situa, per Rosenzweig, nel riconoscimento che “di Dio non sappiamo nulla”. Tuttavia, questo non-sapere, lungi dall'esaurire la domanda, induce a cercarlo “sul solo fondamento di se stesso, nella sua

assoluta fattualità”, perché, Dio, al di là di ogni tentativo di riconduzione in un sistema,

“rimane ciò che é: il meta-fisico”345. E ciò che vale per Dio vale anche per il mondo. La

cosmologia tradizionale ha, infatti, per oggetto “non il mondo nella sua contingentia, ma il

mondo trasmutato in elemento interno alla totalità cosmontologica ”346. Ora, sgombrare il

campo dalla riduzione del mondo al logico è il primo e fondamentale compito di un'indagine fattuale. Rosenzweig, conseguentemente, muove dal riconoscimento che “del

mondo non sappiamo nulla”, in quanto esso sopravanza ogni tentativo di assimilazione ad

uno schema unico di spiegazione347. L'uomo, a sua volta, è definito indimostrabile, né più e

né meno di “come sono indimostrabili il mondo e Dio”348. L’etica tradizionale ha avuto la

Editrice, Roma 1976, pag. 38-39.

342 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 20.

343 Rosenzweig, adoperando il prefisso meta- (Dio metafisico, mondo metalogico e uomo metaetico), “evidenzia

la loro natura preriflessiva, che li colloca oltre il pensare concettualmente determinato”, sottraendoli ad ogni pretesa onnicomprensiva, quale, ad esempio, quella dell’idealismo. L. Bertolino, Il nulla e la filosofia, cit., pag. 78. L’autore conclude affermando: “con l'introduzione della dimensione del meta-, infatti, Rosenzweig non subordina piú, a differenza di Hegel, uomo, mondo e Dio al concetto che li esprime, ma si propone di ricondurne l'essenza al nulla particolare della loro pensabilitá” Ivi, pag. 81.

344 “Le polarità «positive» (in senso logico-metafisico) emergenti all'interno dei tre «elementi» - vale a dire, la «natura», in Dio, l'«ordine» o il «logos», nel mondo, e la «peculiaritá», nell'uomo - presiedono all'articolazione della dimensione essenziale di ciascuno di essi. Le polaritá «negative» emergenti nei tre «elementi» - vale a dire, la «libertá», in Dio, l'«abbondanza», nel mondo, e la «volontá», nell'uomo - governano, invece, l'impulso o l'atto, cioé, per cosí dire, la dimensione eventuale, che agita, movimenta e vivifica la loro trama interna, attraversandola da cima a fondo. La figura piena e compiuta di ciascun «elemento», é data, in definitiva, dall'equilibrio vivente e carico di inesausta ed irriducibile tensione, fra le cariche polari contrapposte, attive all'interno di ognuno di essi”. F. P. Ciglia, Fra Atene e Gerusalemme etc., pag. 172-73.

345 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 40. Precedentemente Rosenzweig aveva scritto: “Meta-fisico,

non afìsico. Ogni acosmismo, ogni negazione indiana, ogni superamento spinoziano-idealistico del mondo non é altro che un panteismo rovesciato” Ivi, pag. 17.

346 E. D’Antuono, Ebraismo e filosofia, cit., pag. 33.

347 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 42.

348 “L'uomo, anche di lui non dovremmo sapere nulla? Il sapere che il `sé' ha di se stesso, l'autocoscienza, ha fama di essere il sapere meglio garantito. Ed il sano intelletto umano recalcitra ancor più violentemente di quanto non faccia la coscienza scientifica se gli deve essere strappato a forza di sotto i piedi il fondamento del sapere più ovvio e per-se-stesso-comprensibile nel senso vero e letterale del termine. Tuttavia é accaduto, anche se piuttosto tardi. Rimane una delle acquisizioni più stupefacenti di Kant aver fatto dell'Io, del dato più ovvio e di-per-sé- comprensibile della coscienza il problema per eccellenza, quanto di più problematico vi sia. Dell'Io conoscente egli

velleità di tentarne la comprensione in quanto personalità etica. Ha tentato, quindi, di ricondurre l'agire libero e personale all'interno di leggi universali, ma ha sempre mancato il suo scopo. In realtà, - scrive Rosenzweig - “dell'uomo non sappiamo nulla”. L'uomo, intendendo il singolo, e non una categoria astratta, è meta-etico e si sottrae ad ogni determinazione di tipo universale.

S'indovina a questo punto il tratto fondamentale del nuovo pensiero di Rosenzweig, che, ponendosi alla fine di tutti i tentativi di reductio ad unum, dopo il cosmologismo antico, dopo il

teologismo medievale e dopo la modernità, inizia un itinerario “dalla riduzione all'irriducibilità”349. Il metodo correlativo serve, quindi, a sottrarre tanto la singolarità

dell'uomo, quanto la variopinta diversità del particolare mondano, quanto Dio stesso, alle pretese onnicomprensive dei sistemi di pensiero che operano all'interno dell'assimilazione

parmenidea dell'essere al pensato350.

Dio – afferma Rosenzweig - “deve avere esistenza prima di ogni identità di essere e

pensiero”351. Se lo si considera nella sua originaria fenomenicità, prima di ogni astrattismo o

teoreticismo, Dio non può avere bisogno del pensiero per essere352. In “tutta l'abbondanza di

ciò che in lui é”353, nell'infinitezza della sua physis354, deve possedere un “essere nell’incondizionato”, un essere nudo e semplice, “al di là del sapere”355, al di là dell'essenza

che circoscrive e limita. La libertà divina non sopporta restrizioni di sorta: “ Di fronte

all'infinita essenza divina si presenta la libertà divina, la figura finita dell'atto, e di un atto la cui potenza é inesauribile, poiché uscendo dalla sua origine finita può sempre riversarsi

insegna che conoscenza si dà solo in ciò che esso conosce, dunque in rapporto ai suoi frutti e non se ne dà conoscenza «in sé». E persino dell'Io volente, egli sa che la moralità vera e propria, merito e colpa delle azioni, anche delle nostre azioni, ci rimane sempre celata. Con ciò egli costituisce una psicologia negativa che ha dato a pensare ad un intero secolo, il secolo di una psicologia priva di anima. Non abbiamo quasi bisogno di sottolineare che per noi ancora una volta il nulla non vale come risultato, bensì come il punto di partenza del pensiero”. Ivi, pag. 63. A tal proposito, così si esprime G. Bonagiuso: “Sul versante soggettivo, quindi, Rosenzweig assume come punto di partenza dell'itinerario speculativo proprio quel nulla del sapere intorno all'uomo che è stato il risultato della cosiddetta psicologia negativa. Se con Kant il soggetto non sa più se stesso se non come teatro o sfondo di condizioni trascendentali su cui si svolgono atti concettuali e movimenti di pensiero, e se con Hegel il circolo della scienza si muove dal pensiero al pensiero, il nulla su cui si stagliano la sintesi a priori o la dialettica del divenire può ben essere principio per un'inversione. Questo nulla, il nulla del sapere soggettivo - in quanto determinato e in quanto relativo - può fungere da luogo su cui ricostruire la provocatorietà della domanda sull'uomo”. Giacomo Bonagiuso, Dal silenzio del trágos alla Zeit-Wort della narrazione. Mitologia e oltrepassamento del pensiero nella filosofia di Franz Rosenzweig , in Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 3 (2001) [inserito il 15 gennaio 2001].

349 E. Lévinas, Fuori dal soggetto, cit., pag. 58.

350 “La singolarità dell’uomo meta-etico si sottrae alle pretese onnicomprensive dell’idealismo; il mondo meta-

logico è irriducibile all’identità di essere e pensiero; Dio non si lascia sussumere sotto le categorie del pensiero, ma rimane sempre meta-fisico”. L. Bertolino, Il nulla e la filosofia, cit., pag. 271.

351 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 18 352 Ivi, pag. 20.

353 Ivi, pag. 24.

354 Ivi, pag. 44. Si veda sull’argomento la lettera ad H. Ehrenberg del 26-9-1910 in cui Rosenzweig manifesta la volontà di superare la secolarizzazione hegeliana della teologia: Der Mensch und sein Werk. Gesammelte Schriften, vol. I Briefe und Tagebücher, cit., 1, pag. p. 112. Secondo S. Mosès “é su base d'ateismo che sorge l'idea di un Dio radicalmente altro, vale a dire l’autentica idea religiosa di Dio” (Systéme et Révélation, La philosophie de Franz Rosenzweig, préface d’E. Lévinas, Éditions du Seuil, Paris 1982, pag. 53). La tesi è stata ripresa da H. J. Górtz, che ha individuato nell'a-teismo meta-logico e meta-etico di Nietzsche le premesse indispensabili del concetto meta-fisico di Dio (Tod und Erfahrung. Rosenzweigs «erfahrende Philosophie» und Hegels «Wissenschaft der erfahrenl Erfahrung des Bewußteseins», Themen und Thesen der Theologie, Patmos Verlag, Düsseldorf 1984, pag. 408). Rosenzweig riconosce a Nietzsche il merito di aver indirettamente indicato, col suo a-teismo, un Dio che non è più un pezzo del Tutto (La stella della redenzione, pag. 19-20).

nell'infinito: non un mare sconfinato, ma una sorgente inesauribile ”356. Ciò implica che Dio

“non dipende da nulla fuori di sé e pare non aver bisogno di nulla fuori di sé...” , caratterizzandosi per “la pura originarietà e l'appagamento in sé”, ossia per la perfetta aseità357.

L’essenza del mondo è da ricercare, invece, nella logica che lo governa358, una logica

non esterna, ma effusa in essa “come un sistema pluriramificato di singole determinazioni”, come “un'applicabilità-sempre-e-dovunque”. Essa si riflette e rinnova nei singoli fenomeni con la forza di qualcosa di sempre vitale. Scrive Rosenzweig: “ Nell'affermazione in cui dal

nulla di Dio scaturiva l'essenza divina, l'infinità del non-nulla affermato si mostrava come essere infinito della physis divina. L'infinità del non-nulla affermato del mondo si mostra per contro come infinita applicabilità del logos del mondo”. Quanto in Dio è libertà si

esprime nel mondo come inesauribile sorgente del fenomeno. Il fenomeno rinnova il miracolo della vita e lo fa in modo da originare un ordine particolare, intrinseco al mondo

stesso, un ordine che non si traduce mai in uniformità 359. Esso consiste nell’abbondanza

delle visioni, che spezza “la prigione notturna del nulla con lo spasmo incessantemente

replicato del generare e del partorire”, perché “ogni nuova cosa é una nuova negazione del nulla, qualcosa che non é mai stato, un inizio a sé, qualcosa di inaudito, di «nuovo sotto il sole»”360. “Ogni fenomeno terrestre é una nuova vittoria sul nulla, qualcosa di splendido come il primo giorno”361. E l'universale nel mondo, come si evidenzia nella

specie, “é un universale individualizzato, una universalità particolare”362.

Circa l'uomo, Rosenzweig afferma che “il suo nulla si schiude nella negazione ad un

libertà” che è “ben diversa” da quella di Dio. La libertà di Dio è, infatti, infinita, la libertà

dell'uomo è, invece, destinata a cozzare contro il finito ed è “già fin dalla propria origine,

un che di finito”. La libertà dell'uomo si configura, pertanto, come “libertà per il volere”

(ossia volontà libera), piuttosto che libertà per l'azione. Tuttavia, seppure le è negato il potere, “il suo volere è altrettanto incondizionato, altrettanto sconfinato quanto è

sconfinato per Dio il potere”363. “Al contrario del mondo, Adam è realmente «proprio come Dio»” – afferma il Nostro. Ciò vuol dire che l'uomo non è riconducibile né al determinismo

356 Ivi, pag. 29-30. Libertà e natura si correlano, dando “insieme forma alla vitalità di Dio” Ivi, pag. 31. 357 Ivi, pag. 33.

358 “Ciò che Dio aveva trovato nella sua physis, il mondo l'ha trovato nel suo logos”. Ivi, pag. 46.

359 “Il logos del mondo produce la sua unità dall'interno. Pertanto, il mondo è non il Tutto pensabile, ma un tutto permeato di pensiero, impregnato di spirito”. Ivi, pag. 43-44. La definizione ordine intramondano è a pag. 45.

360 “L’abbondanza intramondana della particolarità si contrappone all’ordine intramondano

dell’universale”. Ivi, pag. 45.

361 Ivi, pag. 46. “Il logos del mondo produce la sua unità dall'interno. Pertanto, il mondo è non il Tutto pensabile, ma un tutto permeato di pensiero, impregnato di spirito. Il logos intramondano, che é a sua volta unità grazie alla sua relazione (comunque costituita) con una unità extramondana (dovunque questa stia di casa), non ha più bisogno di essere gravato di un'attività che contraddice direttamente la sua essenza mondana, la sua molteplicità ed applicabilità; esso produce l'unità del mondo soltanto dall'interno, per così dire, non già come forma esterna del mondo, ma come sua forma interna. Questo Tutto meta-logico possiede l'unità esterna per virtù propria, giacché non é «il» Tutto pensabile, bensì «un» Tutto permeato di pensiero, non il Tutto creato dallo spirito, ma un Tutto impregnato di spirito. Il logos non é, come da Parmenide fino a Hegel, creatore del mondo, bensì spirito del mondo, ancor meglio forse anima del mondo ”. Ivi, pag. 47. Ordine ed abbondanza dei fenomeni si compongono, quindi, nella realtà del mondo, fatta di particolari, non di dati. Il dato indica “ciò che è ‘dato’ una volta per tutte”. Il particolare, invece, è sorpresa, “dono sempre nuovo”. Esso “porta nel proprio corpo i caratteri dell'universale, e tuttavia non dell'universale in genere, che non ha «caratteri» propri, ma del suo universale, del suo genere, della sua specie e nonostante questo é ancora essenzialmente particolare, anche se adesso é appunto un particolare «individuale»”. Ibidem.

362 Ivi, pag. 48.

della natura, ossia alla specie, né al determinismo degli eventi. Egli resta libero, malgrado

il suo nulla, ossia malgrado la transitorietà e peribilità, che ne segnano l'essenza364.

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 55-59)

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