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Ebner e la carità cristiana

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 161-164)

Le realtà spirituali: la parola e l'amore 9 L'espressività dello spirituale-religioso

10.10 Ebner e la carità cristiana

Per Ebner, il cristiano non deve limitarsi ad ascoltare la parola, ma deve attualizzarla e diffonderla, divenendone facitore.

Ma cosa significa essere facitore della parola?

Essere facitore della parola significa avere in sé l'amore di Dio, perché solo se l'uomo “ha

trovato Dio in sé e se stesso in Dio, allora lo trova anche nell'altro uomo”1054.

La comunione che lega l'uomo a Dio riceve, quindi, “la sua concretezza, la sua realtá, nel

vincolo uomo-uomo”1055. Il prossimo viene amato a motivo dell'amore che si nutre verso Dio e

“soltanto per questo motivo”, sottolinea Ebner. Perciò, “un amore per l'uomo che fosse senza

Dio si spaccia soltanto per amore ma é in realtá un recondito odio per l'uomo”1056.

L’amore umano senza l'amore divino non si sostiene: amare è trovare Dio nell'altro uomo. Il cristiano deve e può amare, in quanto prima è stato amato, deve e può perdonare, in quanto prima è stato perdonato (Mt 5, 38ss; 18, 21ss). D'altra parte, perché il rapporto dell’uomo con Dio "non si perda nello spazio vacuo di un'astrazione fantastica perdendo ogni rilevanza nei

confronti della realtà, deve trovare la propria espressione concreta e vitale nel rapporto dell'uomo verso l'altro uomo"1057. L'amore del prossimo rivela la consistenza e la veridicità

dell'amore per Dio. “Nell'amore del prossimo ne va del vero Tu di questo prossimo, dunque di

Dio in lui”1058.

1052 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 234.

1053 F. Rosenzweig, La stella della redenzione, cit., pag. 216.

1054 “Come il senso ultimo «oggettivo» della parola umana consiste nell'accogliere in sé il precetto divino dell'amore,

così il senso ultimo dell'esistenza umana é di accogliere Dio e la parola di Dio. E l'uomo non ha Dio in sé se non é «facitore della parola», se non ha in sé l'amore. Chi dice di essere nella luce e odia il proprio fratello, é ancora nelle tenebre, dice Giovanni nella sua prima lettera; egli non ha in sé Dio, che é la luce, né la parola, mediante la quale risplende nell'intimo dell'uomo la luce di Dio e della nostra vita, ed é dunque ancora nelle tenebre. Se però, quale «facitore della parola», ha trovato Dio in sé e se stesso in Dio, allora lo trova anche nell'altro uomo ”. F. Ebner, Frammenti pneumatologici, cit., pag. 323.

1055 Vedi E. Baccarini, Dire «Tu» a Dio. Approccio dialogico alla trascendenza, in M. Martini (a cura di), La

filosofia del dialogo. Da Buber a Lévinas, Cittadella editrice, Assisi 1995, pp. 127-167.

1056 F. Ebner, Schriften, vol I, pagg. 269 e seguenti.

1057 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 334.

1058 A. K. Wucherer-Huldenfeld, Il pensiero fondamentale di Ferdinand Ebner, cit., pag. 25-26. Il rapporto dell'uomo

con Dio non consiste per Ebner, come hanno ritenuto alcuni interpreti, tra cui Buber che lo ha accusato di anantropismo, in un isolamento mistico, perché l'amore di Dio serve a motivare l'amore del prossimo. “ Il rapporto dell'uomo con Dio nella parola generata dallo Spirito, nel Logos, non consiste per Ebner -come si é ritenuto- in un isolamento dello spirito o dell'Io di fronte a Dio che passa accanto al Tu del prossimo ” Ivi, pag. 25. Ebner rifiuta “con la stessa radicalitá di Buber” il “ripiegamento mistico che volge le spalle al mondo illudendosi in tal modo di trovare Dio: un deleterio spostamento del centro di gravitá nella vita spirituale dal regno di Dio che é sempre in mezzo a noi nell'Io-Tu degli uomini «alla propria anima», vale a dire in ultima analisi all'autosolipsismo dell'Io” (S. Zucal, Quel «sottile e ripido pensiero» etc., in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 93). In effetti Ebner ha sempre denunciato ecclesiasticità e misticismo come derive del

Si dà, in definitiva, un'intima connessione tra le due dimensioni dell'amore. “L'uomo deve

esprimere nella relazione all'uomo la sua relazione a Dio; e la relazione all'uomo deve avere la sua base nella relazione a Dio” - ha scritto E. Ducci1059. Senza l'una si ridurrebbe l'amore

verso Dio ad un misticismo disincarnato. Senza l'altra l'amore verso il prossimo si ridurrebbe

a filantropia a-tea1060. Pertanto, seppure il pensiero di Ebner mostri i tratti di una filosofia

esperienziale, intendendo per esperienza il vissuto, l'intimo, esso non può essere tacciato di

disimpegno o di evasione mistica.

Ma per capire fino in fondo Ebner, nella sua specificità cristiana, occorre precisare che per lui l'amore non è un concetto o un'idea o una prescrizione, ma piuttosto un evento, che coincide a sua volta con una persona. L'evento è, innanzitutto, l'incarnazione, il momento in cui il Logos si è fatto carne o, detto intermini paolini, la kenosi divina. “L'evento dell'amore

non é l'evento di un amore qualsiasi. É piuttosto, sebbene in modo del tutto storico, l'evento dell'amore assoluto”1061. L'amore assoluto ha il volto del Cristo crocifisso. Per Ebner, il

motivo dell'amore non è, quindi, la Legge né qualsiasi altra motivazione umana, ma

esclusivamente l'amore di Dio espresso in Gesù Cristo1062. Solo questo amore costituisce la

condizione di possibilità dell'amore verso il prossimo. E' Cristo che “ci ha insegnato a vedere

Dio nell'uomo”1063.

Ed è esattamente qui che sta la quintessenza dell'Evangelo. Scrive Ebner: “Ed é questo

l'imperativo del Cristianesimo: che l'uomo fondi il proprio rapporto con l'altro uomo sul suo rapporto con Dio e che esprima questo in quello. Solo nell'adempimento del precetto divino dell'amore trova il vero Tu del suo vero Io. Lo trova in Dio e nell'altro uomo e trova Dio nell'altro uomo. Egli ama l'uomo perché ama Dio. Solo per questo motivo. Non esiste però amore più grande con cui l'uomo potrebbe venir amato”1064. E nell'adempiere l'amore l'uomo

“non ha più bisogno della «legge», dell'«idea» e vive della grazia. Chi ama il prossimo, ha

adempiuto la legge, si trova nella lettera ai Romani. Chi però ama il prossimo, non é solo «uditore» della parola in cui troviamo la grazia e la verità della nostra vita, bensì é anche suo «facitore»”1065.

La carità “é il vero amore e l'unico che non rappresenti un autoinganno dell'Io prigioniero

nella propria solitudine”. Essa si distingue dagli estetismi dei poeti, dagli amori romantici, in

quanto intrascendibilmente personale, anzi tuale. “Non la bellezza e l'idea e nemmeno la

verità (che dobbiamo conoscere) e il bene (che dobbiamo fare); non la natura e l'arte, non la sapienza e nemmeno la scienza, ma esclusivamente il Tu”1066 – afferma Ebner. La Legge è

espressione della solitudine dell'io ed è incapace di creare comunione: "É l'amore, e non la

cristianesimo. “Se l'uomo «esperisce» Dio, allora ne fa esperienza nell'uomo; non però in se stesso, come ritengono i mistici, bensì nell'altro, nel quale esperisce il vero Tu del proprio Io ” F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 330. “Tutti i mistici vogliono aggirare questa realtá (del regno di Dio in mezzo a voi) oppure non riescono ad attingerla” F. Ebner, Nachwort zur Mitarbeit am «Brenner», in Schriften, vol. I, cit., pag. 626.

1059 E. Ducci, La parola nell'uomo, cit., pag. 34.

1060 N. Petrovich, Il rapporto tra amore verso Dio e amore verso il prossimo etc., cit..

1061 B. Casper, Indigenza dell'Altro ed esperienza di Dio etc., in Ferdinand Ebner, Communio, cit., pag. 42-43. "Il

cristiano pensa così dell'amore, perché pensa così di Dio. E pensa così di Dio perché lo ha essenzialmente visto all'opera nella storia di Gesù di Nazaret. (...) non è pertanto l'amore praticato dagli uomini a stare all'origine della concezione di Dio, ma, al contrario, è la dimostrazione di un inedito amore divino che semmai diventa archetipo e norma di un nuovo comportamento umano". R. Penna, Il DNA del cristianesimo, cit., pag. 175.

1062 L'amore era prima della «legge» e sta al di sopra di essa. Quando esso si smarrì e morì nell'uomo, quando 1'Io si chiuse di fronte al Tu, venne la legge" F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 325.

1063 F. Ebner, Schriften, cit., vol. II, pag. 197.

1064 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 322-23. 1065 Ivi, pag. 286.

legge, a creare la vera comunione tra gli uomini, la comunione della vita spirituale, che non può avere altra base che il rapporto con Dio”. La carità è un’esclusività di amore per il Tu:

“Il nostro amore non dev'essere predilezione per qualcosa o qualcuno e nemmeno uno stato

d'animo che viene prima dell'amore, bensì proprio l'amore stesso, realizzato per nostro tramite. Questo amore non ha nulla a che vedere con il desiderio, poiché il suo senso risiede unicamente nel fatto che in esso l'Io si dischiude al Tu”1067.

Ciò esclude che l'amore possa essere confinato nelle illusioni del puro sentimento o pensato nei termini dell'astratto. Nel comandamento dell’amore vi è sia il rifiuto del soggettivismo

egoista, sia il rifiuto di ogni concezione nichilista dell’essere umano. “Lo spirito dell'insegnamento di Gesú – annota nei suoi scritti Ebner - non esige affatto dall'uomo un amore astratto verso gli uomini, ma l'amore per il "prossimo" concretissimo. L'umanitá é qualcosa di pensato. Mentre il "prossimo" diventa sempre per noi, in qualche modo, un esperire”1068. Ciò proietta una nuova luce sul regno di Dio pensato non come fruizione

solitaria dell'io, ma come apertura al Tu, come comunione che si realizza nella parola e nell'amore: “il regno di Dio non é nell'uomo nell'intima solitudine della sua esistenza, nella

solitudine del suo Io, bensì nel fatto che 1'Io si sia aperto al Tu nella parola e nell'amore e nella parola e nella prassi dell'amore..."1069.

L'amore realizza la forma di comunicazione più profonda, che supera la distanza che ci divide dall'altro e, nello stesso tempo, dilata il nostro io al di là del proprio mondo chiuso. Nell’amore l’altro diventa il prossimo, che ci chiama a fare esodo dal nostro egoismo, a superare le barriere dell’incomunicabilità e della diffidenza. E, dal momento che noi siamo il prossimo di altri, occorre farsi prossimo, avendo la capacità di infrangere la prigionia della propria individualità. Come per il buon samaritano si fa prossimo “chi usa

misericordia” (Luca 10, 25-37), chi cioè ha nel proprio cuore quella straordinaria debolezza e delicatezza per la sofferenza e il bisogno dell’altro.

Questa dimensione dell’essere dell’uomo, che lo porta alla comunicazione e alla relazione fino al prendersi cura degli altri è quella che il Vangelo designa come il cuore della Legge: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con

tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti” (Matteo 22,37-40)1070.

1066 “Essi amano sempre e soltanto in maniera «platonica» - anche se poi di fatto non amano poi in maniera

tanto «platonica». Essi amano sempre un «ideale» e mai una realtà spirituale e in tal modo oltrepassano con lo sguardo, «come in sogno», la realtà di una vita umana”. F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 323- 24.

1067 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 325. “Vicini (Nebenmenschen) e "co-uominí" (Mitmenschen)

- noi tutti cerchiamo colui con il quale possiamo essere uomini. Non dobbiamo vivere accanto, vicino all'uomo, ma con l'uomo [...], vivere reciprocamente (einander leben)” F. Ebner, Schriften, vol. I, cit., pag. 920.

1068 F. Ebner, Schriften, cit., vol. II, pag. 467.

1069 F. Ebner, Frammenti Pneumatologici, cit., pag. 325.

1070 Il principio ispiratore dell'etica cristiana è il comandamento dell'amore. Nei Vangeli sinottici troviamo la

citazione di Gesù di due testi dell'Antico Testamento con cui egli sintetizza l'intera legge: " Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza »" (Deuteronomio 6,4) e "Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19,18). Tuttavia, in Giovanni, Gesù non deduce il comandamento dell'amore dall'Antico Testamento, ma lo proclama come se fosse nuovo, conferendogli un'esplicita motivazione cristologica: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate vicendevolmente, come io ho amato voi anche voi amatevi vicendevolmente. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri". (Giovanni 13,34-35). La sua prima Lettera offre poi una chiave interpretativa di questo passo: "Noi amiamo, perché egli per primo ha amato noi" (1 Giovanni 4,19). Sull'argomento vedi R. Penna, Il DNA del cristianesimo, edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004, pag. 101-02.

CONCLUSIONI

L'amore che vince la morte

Nel documento Oltre la solitudine dell'Io (pagine 161-164)

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